Lavoratore turnista: la Cassazione sulla prova presuntiva per il danno da usura psicofisica

In tema di danno da usura psico-fisica per mancata pausa lavorativa, è legittimo il ricorso alla prova presuntiva ove la condotta datoriale sia reiterata e sistematica.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 27307/2025, si è pronunciata sulla controversia tra ARES 118 e un nutrito gruppo di lavoratori avente ad oggetto il riconoscimento del danno da usura psico-fisica correlato alla mancata fruizione delle pause lavorative previste per turni superiori a sei ore . La vicenda prende le mosse dall'accertamento, in primo grado, del diritto dei dipendenti a usufruire della pausa giornaliera e dalla conseguente condanna dell'azienda sanitaria al risarcimento del danno, da liquidarsi in separato giudizio. La Corte d'appello ha confermato la decisione del Tribunale, sottolineando la differenza tra la pausa pranzo e la pausa breve di 10 minuti, che deve essere garantita in occasione di turni prolungati. In particolare, la Corte territoriale ha valorizzato la possibilità di ricorrere alla prova presuntiva per la dimostrazione del danno da usura psico-fisica , considerando la reiterazione della condotta datoriale e la durata pluriennale dell'inadempimento, che ha comportato l'assegnazione di turni di oltre sei ore senza la pausa spettante. Secondo i giudici, la lesività intrinseca di tale condotta giustifica la presunzione del danno, con correlato diritto al risarcimento in capo ai lavoratori. Nel ricorso per cassazione, l'azienda regionale sanitaria ha dedotto la violazione degli articolo 2697, 2087 e 1218 c.c. , contestando che il danno non può essere ritenuto in re ipsa e che i lavoratori avrebbero dovuto fornire prova specifica delle conseguenze negative subite. In secondo luogo, ha lamentato che la Corte d'appello avrebbe trascurato elementi quali la predisposizione di locali per il riposo, la qualità e quantità delle mansioni svolte, la presenza di poltrone relax e la specificità delle postazioni di lavoro. La Suprema Corte, richiamando la propria giurisprudenza ( Cass. n. 9054/2022 ) sull' articolo 2729 c.c. , ha ribadito che la prova presuntiva impone l'esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti , e che il controllo in sede di legittimità si limita alla verifica dell' iter logico seguito dal giudice di merito. Nel caso di specie , la Cassazione ha ritenuto insindacabile la valutazione della Corte d'appello, che aveva fondato la presunzione del danno sulla continuità pluriennale della violazione datoriale e sulla conseguente compromissione dell'integrità psico-fisica dei lavoratori , come evidenziato dall' articolo 8 d.lgs. n. 66/2003 . Ne consegue, quindi, l'inammissibilibilità del ricorso e la condanna dell'azienda al pagamento delle spese processuali e del contributo unificato, riaffermando il valore della prova presuntiva in casi di reiterata violazione degli obblighi di tutela della salute e sicurezza nei rapporti di lavoro subordinato.

Presidente Di Paolantonio - Relatore Garri Fatti di causa 1. La Corte di appello di Roma ha respinto l'appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale che, accertato il diritto dei dipendenti a fruire della pausa giornaliera, aveva condannato l'agenzia al risarcimento del danno da liquidare in separato giudizio. La Corte territoriale ha ritenuto infondato (se non inammissibile) il primo motivo di appello, perché non specificamente riferibile al decisum, ed in particolare perché incentrato sulla pausa pranzo, mentre il Tribunale aveva chiarito la diversità fra quest'ultima e la pausa di 10 minuti in occasione del turno lavorativo. Quanto poi al risarcimento del danno la Corte di merito, richiamati i precedenti della stessa corte, ha rilevato che in caso di danno da usura psicofisica è ammesso il ricorso alla prova presuntiva ai fini della dimostrazione del danno, nella specie ritenendolo provato in considerazione delle modalità della condotta datoriale, protrattasi per molti anni, della assegnazione dei dipendenti a turni consecutivi per oltre sei ore senza fruizione della pausa spettante di diritto al superamento della sesta ora di lavoro. Ad avviso della corte di merito “L'intrinseca lesività della condotta datoriale così accertata consente di ritenere presuntivamente provato il danno da usura psico-fisica subito dai lavoratori nonché il loro corrispondente diritto al risarcimento del danno”. 2. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori. 3. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 c.c. , 2087 c.c. e 1218 c.c., in riferimento all' articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. . Deduce la ricorrente che la corte distrettuale ha ritenuto provato il danno senza che i dipendenti (OMISSIS) avessero allegato e provato in alcun modo le conseguenze derivanti dalla condotta datoriale, non essendo configurabile nel caso di specie un danno in re ipsa determinato dall'inadempimento della convenuta. In altri termini, premesso che il danno non può essere in re ipsa e che il pregiudizio derivato dall'inadempimento datoriale deve essere dimostrato, si assume che la Corte territoriale ha errato nel ritenere provato il danno. 2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli articolo 2087, 2059, 2697 e 2729 c.c. in riferimento all' articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. . L'azienda sostiene che ha errato la Corte d'appello nel valorizzare solo la mancata fruizione della pausa e la durata dell'inadempimento, senza tener conto dell'allestimento di locali nei quali era consentito ai dipendenti riposarsi in attesa delle chiamate, con conseguente violazione delle regole poste a base del procedimento presuntivo. La corte di merito avrebbe ritenuto erroneamente raggiunta la prova senza valutare ulteriori elementi quali la quantità e qualità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura dell'attività prestata da ciascun lavoratore e le ore effettive di impegno, la postazione di lavoro e la presenza di poltrone relax per l'attesa, tutti elementi suscettibili di valutazione ai fini dell'accertamento circa la sussistenza del danno di natura psico-fisica. 3. I motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro intima sono inammissibili. 3.1 Va al riguardo premesso che ( Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022 ) in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell' articolo 2729 c.c. , ad ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti , laddove il requisito della precisione è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della gravità al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della concordanza , richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un'analisi atomistica degli stessi. 3.2 Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato articolo 2729 c.c. , ai sensi dell' articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma. 3.3 Ciò posto, nel caso di specie la corte con un accertamento di merito presuntivo insindacabile in sede di legittimità ha ritenuto l'illegittimità della condotta datoriale protrattasi in maniera continuativa per molti anni sin dal 2008 attraverso la predisposizione di turni di lavoro consecutivi oltre le sei ore senza la fruizione della pausa di 10 minuti spettante di diritto con conseguente danno da integrità psico-fisica determinato dalla eccessiva gravosità del lavoro e, come evidenziato dall' articolo 8 del d.lgs. n. 66/2003 , tale da impedire il recupero delle energie psico fisiche del lavoratore. Tali elementi presuntivi sono idonei a supportare l'impianto motivazionale della sentenza impugnata e a ritenere non violati i principi in materia di prova presuntiva, concretandosi le censure dedotte nel ricorso in una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali e comunque nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta ed applicata dal giudice di merito. 4. Conclusivamente, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile, con addebito al ricorrente (parte soccombente) delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 4.000,00, a titolo di compensi ed in € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge, da distrarre in favore dell'avvocato Antonio Rosario Bongarzone dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell 'articolo13, comma 1 quater del DPR 115/200 2, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo13.