Commette illecito disciplinare l’avvocato che non restituisce la documentazione ricevuta dai clienti

L’obbligo di restituzione della documentazione in possesso del professionista legale, quale condotta imposta deontologicamente, si raccorda alle previsioni di legge ordinaria di cui agli articolo 66 del r.d.l. n. 1578/1933 e 2235 c.c., sul divieto di ritenzione, rispettivamente, dell’avvocato e del lavoratore autonomo, della documentazione ricevuta dai clienti. Trova, quindi, rilievo, a fini disciplinari, una condotta omissiva che permane sino alla avvenuta restituzione, da effettuare comunque “senza ritardo”, di tutti gli atti e documenti in possesso dell’avvocato che siano relativi al mandato conferitogli.

I fatti di causa Il Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto comminò all'avvocato V. la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per sei mesi, riconoscendo sussistenti gli addebiti, riferiti a condotte realizzate nell'arco temporale di circa cinque anni, di omesso, nonché ritardato e/o negligente compimento di atti inerenti ai mandati ricevuti da A.P, di omessa adeguata informazione del cliente sullo svolgimento dei mandati affidatigli (con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 27 CDF) e di omessa restituzione degli atti e dei documenti richiestigli dal cliente e, successivamente, dai colleghi subentrati nel mandato (con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 33 CDF). Il Consiglio Nazionale Forense rigettava il gravame interposto dall'avvocato V. avverso detta decisione, che veniva integralmente confermata. I motivi di ricorso Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'avvocato V., affidando le sorti dell'impugnazione a sei motivi. In particolare, con il primo motivo di ricorso, l'avvocato V. sostiene che, essendovi stata un'interlocuzione per e-mail sia con l'avv. M. (il 25 maggio 2016) – che « non richiese mai la restituzione della documentazione » -, sia con l'avv. F. (il 31 maggio 2016) – che «aveva richiesto solamente copia di alcuni atti processuali in vista di un'udienza prossima» e ritenendosi «soddisfatta nella mail del 04/06/2016» -, la condotta contestata dovrebbe reputarsi di «carattere istantaneo alle date citate, a fronte della manifestata disponibilità» di esso V., con conseguente maturazione del termine di prescrizione degli addebiti nel novembre o nel dicembre dell'anno 2023. Il ricorrente evidenzia, infine, di non esser stato più interpellato per la restituzione di documenti, se non nel dicembre 2019, «con riferimento ad uno specifico oggetto , e cioè una copia di un CD già prodotto in giudizio, di cui P. sosteneva di aver dato copia ulteriore» ad esso V., che, però, non la riveniva nel proprio archivio; in quella stessa occasione – soggiunge l'incolpato – l'avv. F. «non chiedeva la restituzione di altra documentazione», così da rassicurarlo «che non gli fosse stata richiesta la restituzione della documentazione». La decisione delle Sezioni Unite L'articolo 33 del CDF (già articolo 42 del CDF previgente), quale violazione contestata all'avvocato V., stabilisce (per quanto interessa in questa sede) che «(l)'avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti ed i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per l'espletamento dell'incarico e consegnare loro copia di tutti gli atti e documenti , anche provenienti da terzi, concernenti l'oggetto del mandato e l'esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale». L'obbligo di restituzione della documentazione in possesso del professionista legale, quale condotta imposta deontologicamente, si raccorda alle previsioni di legge ordinaria di cui agli articolo 66 del r.d.l. n. 1578/1933 e 2235 c.c., sul divieto di ritenzione , rispettivamente, dell'avvocato e del lavoratore autonomo , della documentazione ricevuta dai clienti. Trova, quindi, rilievo, a fini disciplinari, una condotta omissiva che permane sino alla avvenuta restituzione, da effettuare comunque “senza ritardo”, di tutti gli atti e documenti in possesso dell'avvocato che siano relativi al mandato conferitogli . La difesa del ricorrente erra, dunque, a ritenere soddisfatto l'obbligo di restituzione degli atti e documenti, imposto deontologicamente dal citato articolo 33, con la mera disponibilità alla restituzione , senza che a ciò segua un'attività volta a rendere effettivo l'adempimento dell'obbligo con l'avvenuta restituzione ovvero senza che sopravvenga un'impossibilità oggettiva di adempiervi. Del resto, il termine “restituire” utilizzato dalla disposizione anzidetta pone in risalto la necessità di un comportamento attivo da parte dell'avvocato e non soltanto la messa a disposizione della documentazione nel proprio studio. Nella specie, il CNF ha accertato che l'avvocato non ha provveduto alla restituzione della documentazione in suo possesso in prossimità della revoca dei mandati (nel maggio 2016), mancando anche di adempiere ad una successiva richiesta di restituzione di un CD nel 2019, adducendo la “indisponibilità del materiale richiesto” (p. 4 sentenza C.N.F.). Peraltro, nella stessa e-mail del 31 maggio 2016 inviata dall'incolpato al nuovo legale - e richiamata a sostegno delle ragioni del ricorso (pp. 22 e 23) -, lo stesso avvocato chiedeva una moratoria di una settimana per la restituzione «di tutti i fascicoli inerenti numerosi procedimenti», senza, però, che ne sia seguita l'effettiva restituzione. Deve, quindi, ritenersi che, in ragione dei principi sopra rammentati, la cessazione della permanenza dell'illecito contestato al capo C) dell'incolpazione si sia avuta soltanto con la decisione del C.D.D. del 24 maggio 2021, con la conseguenza che l'azione disciplinare relativa all'illecito in esame non è prescritta. Osservazioni La decisione in commento si pone in linea di continuità con la precedente giurisprudenza di legittimità. E' stato, infatti osservato che il nuovo codice deontologico forense stabilisce, per la mancata tempestiva restituzione al cliente degli atti e documenti ricevuti, anche da terzi, e concernenti l'oggetto e l'esecuzione del mandato, la sanzione dell'avvertimento , meno grave di quella della censura prevista soltanto nell'ipotesi in cui la consegna della documentazione sia stata subordinata al pagamento del compenso, sicché la nuova disciplina, essendo più favorevole per l'incolpato di quella del regime previgente relativamente alla medesima condotta, è applicabile, giusta il criterio del favor rei desumibile dall' articolo 65, comma 5, della l. n. 247 del 2012 , anche nei procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore per fatti ad essa anteriori ( Cass. n. 13982 del 06/06/2017 ).

Presidente Manna – Relatore Vincenti Fatti di causa 1. – Il Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto, con decisione del 24 maggio 2021, comminò all'avv. En.Va. la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per mesi sei, riconoscendo sussistenti gli addebiti, riferiti a condotte realizzate nell'arco temporale dall'anno 2013 all'anno 2018, di omesso, nonché ritardato e/o negligente compimento di atti inerenti ai mandati ricevuti da Pe.An. (in particolare: per non aver depositato due denunzie penali nei confronti di soggetti che avevano reso dichiarazioni mendaci e/o calunniose nei confronti del Signor Pe.An. e per aver promosso procedure esecutive con esito infausto in dipendenza di errore professionale consistente nell'aver erroneamente individuato la competenza territoriale dell'Autorità Giudiziaria , con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 26 del codice deontologico forense - CDF), di omessa adeguata informazione del cliente sullo svolgimento dei mandati affidatigli (con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 27 CDF) e di omessa restituzione degli atti e dei documenti richiestigli dal cliente e, successivamente, dai colleghi subentrati nel mandato (con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 33 CDF). 2. – Il Consiglio Nazionale Forense (C.N.F.), con sentenza n. 50/2025, resa pubblica il 27 febbraio 2025, rigettava il gravame interposto dall'avv. Varali avverso detta decisione, che veniva integralmente confermata. Il C.N.F. evidenziava che le difese dell'incolpato erano orientate, piuttosto, a ridurre la gravità degli addebiti ricevuti , avendo egli ammesso parzialmente quanto gli è stato imputato . E ciò, sia nel caso delle contestazioni relative alle procedure esecutive intraprese per conto dell'assistito (in particolare, quattro pignoramenti), il cui esito negativo era da ascrivere all'inosservanza delle più elementari norme che regolano la procedura per simili azioni ; sia in riferimento all'addebito della mancata proposizione di denunce a carico di testimoni mendaci , essendosi l'avv. Varali giustificato adducendo la perseguibilità d'ufficio di un simile reato , quale difesa risultata non... convincente in relazione alla circostanza di aver ricevuto tale incarico e l'esclusione dell'effettiva omissione da parte del legale . Infine, il C.N.F. sosteneva che l'incolpato non aveva fornito alcuna giustificazione circa la omessa restituzione del materiale contenuto nei fascicoli dopo aver ricevuto la revoca dei mandati , essendosi limitato ad una risposta solo interlocutoria alla mail del 31 maggio 2016 del nuovo legale del Pe.An. (avv. Fr.Si., incaricata unitamente all'avv. Mo.Na.) e non avendo risposto a una successiva richiesta di documenti nel dicembre 2019 in ragione dell'asserita indisponibilità del materiale richiesto , là dove, poi, non era concludente l'affermazione di essere in possesso di fatto quasi solo di copie. 3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'avv. Enrico Varali, affidando le sorti dell'impugnazione a sei motivi e chiedendo, ai sensi dell' articolo 36, comma 7, della legge n. 247 del 2012 , la sospensione dell'efficacia esecutiva della decisione impugnata; richiesta, quest'ultima, reiterata con successiva istanza del 16 aprile 2025. 4. – Con ordinanza interlocutoria n. 11990 del 7 maggio 2025, queste Sezioni Unite, su parere conforme del pubblico ministero, hanno sospeso l'esecuzione della sentenza del C.N.F. n. 50/2025. Ragioni della decisione 1. – Il Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto, con decisione del 24 maggio 2021, comminò all'avv. Enrico Varali la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per mesi sei, riconoscendo sussistenti gli addebiti, riferiti a condotte realizzate nell'arco temporale dall'anno 2013 all'anno 2018, di omesso, nonché ritardato e/o negligente compimento di atti inerenti ai mandati ricevuti da Pe.An. (in particolare: per non aver depositato due denunzie penali nei confronti di soggetti che avevano reso dichiarazioni mendaci e/o calunniose nei confronti del Signor Pe.An. e per aver promosso procedure esecutive con esito infausto in dipendenza di errore professionale consistente nell'aver erroneamente individuato la competenza territoriale dell'Autorità Giudiziaria , con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 26 del codice deontologico forense - CDF), di omessa adeguata informazione del cliente sullo svolgimento dei mandati affidatigli (con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 27 CDF) e di omessa restituzione degli atti e dei documenti richiestigli dal cliente e, successivamente, dai colleghi subentrati nel mandato (con violazione degli articolo 10, 12, 14 e 33 CDF). 2. – Il Consiglio Nazionale Forense (C.N.F.), con sentenza n. 50/2025, resa pubblica il 27 febbraio 2025, rigettava il gravame interposto dall'avv. Varali avverso detta decisione, che veniva integralmente confermata. Il C.N.F. evidenziava che le difese dell'incolpato erano orientate, piuttosto, a ridurre la gravità degli addebiti ricevuti , avendo egli ammesso parzialmente quanto gli è stato imputato . E ciò, sia nel caso delle contestazioni relative alle procedure esecutive intraprese per conto dell'assistito (in particolare, quattro pignoramenti), il cui esito negativo era da ascrivere all'inosservanza delle più elementari norme che regolano la procedura per simili azioni ; sia in riferimento all'addebito della mancata proposizione di denunce a carico di testimoni mendaci , essendosi l'avv. Varali giustificato adducendo la perseguibilità d'ufficio di un simile reato , quale difesa risultata non... convincente in relazione alla circostanza di aver ricevuto tale incarico e l'esclusione dell'effettiva omissione da parte del legale . Infine, il C.N.F. sosteneva che l'incolpato non aveva fornito alcuna giustificazione circa la omessa restituzione del materiale contenuto nei fascicoli dopo aver ricevuto la revoca dei mandati , essendosi limitato ad una risposta solo interlocutoria alla mail del 31 maggio 2016 del nuovo legale del Pe.An. (avv. Fr.Si., incaricata unitamente all'avv. Mo.Na.) e non avendo risposto a una successiva richiesta di documenti nel dicembre 2019 in ragione dell'asserita indisponibilità del materiale richiesto , là dove, poi, non era concludente l'affermazione di essere in possesso di fatto quasi solo di copie. 3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'avv. Enrico Varali, affidando le sorti dell'impugnazione a sei motivi e chiedendo, ai sensi dell' articolo 36, comma 7, della legge n. 247 del 2012 , la sospensione dell'efficacia esecutiva della decisione impugnata; richiesta, quest'ultima, reiterata con successiva istanza del 16 aprile 2025. 4. – Con ordinanza interlocutoria n. 11990 del 7 maggio 2025, queste Sezioni Unite, su parere conforme del pubblico ministero, hanno sospeso l'esecuzione della sentenza del C.N.F. n. 50/2025. Ragioni della decisione 1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell' articolo 360, comma primo, n. 4, c.p.c. , violazione dell' articolo 56 della legge n. 247/2012 , inerente alla prescrizione dell'azione disciplinare , nonché dell'obbligo di motivazione di cui agli articolo 111 Cost. e 59, lett. m), della legge n. 247/12, per non aver il CNF rilevato che i fatti di incolpazione di cui ai capi A) e C) si sono prescritti il 30/05/2023 e che i fatti di cui al capo B) al 04/05/2022 o, al più tardi, al 30/05/2023 . Il ricorrente, in riferimento al capo A) di incolpazione, rappresenta che i mandati difensivi (in numero di 19) conferitigli dal Pe.An. erano stati tutti revocati nel maggio 2016, essendo ciò comprovato dalla e-mail dell'avv. Fraizzoli del 31 maggio 2016, ove viene preso atto di detta revoca. Ne conseguirebbe che le condotte contestate con l'anzidetto capo A) di incolpazione sono da ritenersi tutte prescritte al più tardi il 30/11/2023 . L'avv. Varali soggiunge, poi, che gli addebiti relativi alla negligenza nell'espletamento del mandato nelle procedure esecutive, essendo riferiti alla procedura di esecuzione mobiliare dinanzi al Tribunale di Vicenza n. 3502/2014, promossa il 4 novembre 2014 ed estintasi il 12 novembre 2014, sarebbero prescritti nel termine massimo del 4 maggio 2020. Quanto al capo B) di incolpazione, gli addebiti contestati, di omessa o inadeguata informazione del cliente circa i mandati conferiti, sarebbero anch'essi prescritti al più tardi il 30 novembre 2023, stante la revoca dei mandati stessi nel maggio 2016. In riferimento, poi, al capo C) di incolpazione, l'avv. Varali sostiene che, essendovi stata un'interlocuzione per e-mail sia con l'avv. Modena (il 25 maggio 2016) – che non richiese mai la restituzione della documentazione -, sia con l'avv. Fraizzoli (il 31 maggio 2016) – che aveva richiesto solamente copia di alcuni atti processuali in vista di un'udienza prossima e ritenendosi soddisfatta nella mail del 04/06/2016 -, la condotta contestata dovrebbe reputarsi di carattere istantaneo alle date citate, a fronte della manifestata disponibilità di esso Varali, con conseguente maturazione del termine di prescrizione degli addebiti nel novembre o nel dicembre dell'anno 2023. Il ricorrente evidenzia, infine, di non esser stato più interpellato per la restituzione di documenti, se non nel dicembre 2019, con riferimento ad uno specifico oggetto, e cioè una copia di un CD già prodotto in giudizio, di cui Pe.An.sosteneva di aver dato copia ulteriore ad esso Varali, che, però, non la riveniva nel proprio archivio; in quella stessa occasione – soggiunge l'incolpato – l'avv. Fraizzoli non chiedeva la restituzione di altra documentazione , così da rassicurarlo che non gli fosse stata richiesta la restituzione della documentazione . 2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c. , violazione degli articolo 111 Cost. e 59, lett. m), della legge n. 247/2012, per motivazione apparente nonché per eccesso di potere per travisamento dei fatti in relazione all'errata valutazione degli elementi probatori: per non aver motivato sulla sussistenza dei fatti di incolpazione di cui al capo C) e per aver omesso di valutare i riscontri probatori costituiti dalla documentazione allegata al ricorso (doc. 3) avverso il provvedimento del CDD del Veneto nonché omesso di considerare l'insussistenza della condotta sia sotto il profilo oggettivo (l'avvocato Varali si rese disponibile a restituire gli atti) sia dell'elemento soggettivo (consistito nell'affidamento sul comportamento delle colleghe subentrate nella difesa che non vi fosse necessità di restituire alcunché). Il C.N.F. non avrebbe considerato gli elementi probatori acquisiti agli atti (le e-mail con i subentrati difensori del Pe.An.), comprovanti la richiesta di una copia di un CD solo nel dicembre 2019, non rinvenuta nell'archivio di esso incolpato, senza che gli venisse chiesta la restituzione di altra documentazione , rendendosi comunque disponibile a restituire tutta la documentazione, fatto non avvenuto per inerzia di Pe.An. , lamentatosi di ciò soltanto con l'esposto al Consiglio dell'ordine. 2.1 – Vanno congiuntamente scrutinati il primo e secondo motivo. Il primo motivo è fondato solo in relazione ai capi A) e B) di incolpazione, mentre è infondato quanto al capo C) di incolpazione, al pari del secondo motivo (che investe lo stesso capo C dell'incolpazione), che in parte è anche inammissibile. 2.1.1. – Giova premettere che la prescrizione dell'azione disciplinare nei confronti degli avvocati è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, qualora non comporti indagini fattuali che sarebbero precluse in sede di legittimità. Ne consegue che l'omessa pronuncia da parte del C.N.F. sull'eccezione di prescrizione sollevata dall'incolpato non determina, di per sé, l'invalidazione della sentenza impugnata, trattandosi, per l'appunto, di eccezione rilevabile anche in sede di legittimità e, comunque, di omissione alla quale può e deve rimediarsi in quest'ultima sede processuale (tra le altre: Cass., S.U., 12447/2022 e Cass., S.U., n. 36204/2023 ). Tanto premesso, va, altresì, rammentato che, nella specie, essendo gli illeciti contestati risalenti al periodo 2013-2018 e, quindi, successivamente alla data di entrata in vigore dell' articolo 56 della legge n. 247 del 2012 , il regime di prescrizione applicabile è, ratione temporis, quello introdotto dalla citata disposizione. Dunque, la prescrizione, al di là degli effetti della sospensione e dell'interruzione, non può, comunque, essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nell'articolo 56, comma 1; pertanto, il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi pari a sette anni e mezzo (tra le molte: Cass., S.U., n. 23239/2022 ; Cass., S.U., n. 32634/2022 ; Cass., S.U., n. 20464/2023 ; Cass., S.U., n. 30782/2024 ; Cass., S.U., n. 4850/2025 ). Quanto, poi, alla decorrenza della prescrizione dell'azione disciplinare, occorre avere riguardo alla data di commissione del fatto e, nell'ipotesi di illecito permanente, alla data di cessazione della permanenza. Tuttavia, al fine di evitare una irragionevole, e non prevista dalla legge, imprescrittibilità dell'azione disciplinare nei casi in cui la permanenza dell'illecito si protragga indefinitamente, si è reso necessario stabilire un c.d. limite alternativo alla permanenza , che è stato individuato nell'intervento della decisione disciplinare di primo grado, dalla quale inizia a decorrere il termine prescrizionale massimo di cui all' articolo 56, comma 3, della legge n. 247/2012 (tra le altre: le citate Cass., S.U., n. 23239/2022 e Cass., S.U., n. 30782/2024 ). 2.1.2. – Nella specie, il C.N.F. ha affermato che in seguito alla revoca del mandato (l'avv. Varali), avrebbe ricevuto le richieste di produrre i documenti dal nuovo legale del sig. Pe.An., con mail del 31.05.2016 ; circostanza, questa, confermata dallo stesso ricorrente e comprovata dalla anzidetta e-mail il cui contenuto è trascritto in ricorso (p. 22) e una copia della quale è stata (ri)depositata in questa sede come doc. 3. Ne consegue che, al più tardi, nella stessa data del 31 maggio 2016 all'incolpato erano stati revocati i mandati già affidatigli dal Pe.An. Ciò ha, dunque, comportato che alla data del 31 maggio 2016, anche là dove le condotte contestate di aver omesso atti inerenti ai mandati ricevuti dal cliente, averne ritardato il compimento o averli espletati con grave negligenza (capo A, dell'incolpazione), nonché di non aver adeguatamente informato il medesimo cliente circa lo svolgimento dei predetti mandati (capo B, dell'incolpazione), fossero state ancora in atto – e, dunque, avessero integrato degli illeciti di natura permanente -, si sarebbe determinata la cessazione della permanenza, poiché l'avv. Varali (come già posto in rilievo dal pubblico ministero con la memoria depositata il 28 aprile 2025), una volta revocati i mandati professionali conferitigli, non poteva più porre in essere attività per conto del Pe.An. e, dunque, rendere la prestazione professionale e informare il cliente circa il relativo svolgimento. Ne consegue, altresì, che, decorrendo (al più tardi) dal 31 maggio 2016 il termine di prescrizione dell'azione disciplinare, la stessa è maturata, in ragione del termine massimo di sette anni e mezzo, il 30 novembre 2023. Gli illeciti di cui ai capi di incolpazione A) e B) sono, dunque, prescritti. 2.1.3. – Non è, invece, maturata la prescrizione dell'azione disciplinare in relazione al capo C) dell'incolpazione e non possono trovare accoglimento le ulteriori censure svolte, segnatamente, con il secondo motivo. L'articolo 33 del CDF (già articolo 42 del CDF previgente), quale violazione contestata all'avv. Varali, stabilisce (per quanto interessa in questa sede) che (l)'avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti ed i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per l'espletamento dell'incarico e consegnare loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l'oggetto del mandato e l'esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale . L'obbligo di restituzione della documentazione in possesso del professionista legale, quale condotta imposta deontologicamente, si raccorda alle previsioni di legge ordinaria di cui agli articolo 66 del r.D.L. n. 1578/1933 e 2235 c.c., sul divieto di ritenzione, rispettivamente, dell'avvocato e del lavoratore autonomo, della documentazione ricevuta dai clienti. Trova, quindi, rilievo, a fini disciplinari, una condotta omissiva che permane sino alla avvenuta restituzione, da effettuare comunque senza ritardo , di tutti gli atti e documenti in possesso dell'avvocato che siano relativi al mandato conferitogli. La difesa del ricorrente erra, dunque, a ritenere soddisfatto l'obbligo di restituzione degli atti e documenti, imposto deontologicamente dal citato articolo 33, con la mera disponibilità alla restituzione, senza che a ciò segua un'attività volta a rendere effettivo l'adempimento dell'obbligo con l'avvenuta restituzione ovvero senza che sopravvenga un'impossibilità oggettiva di adempiervi. Del resto, il termine restituire utilizzato dalla disposizione anzidetta pone in risalto la necessità di un comportamento attivo da parte dell'avvocato e non soltanto la messa a disposizione della documentazione nel proprio studio. Nella specie, il C.N.F. ha accertato che l'avv. Varali non ha provveduto alla restituzione della documentazione in suo possesso in prossimità della revoca dei mandati (nel maggio 2016), mancando anche di adempiere ad una successiva richiesta di restituzione di un CD nel 2019, adducendo la indisponibilità del materiale richiesto (p. 4 sentenza C.N.F.). Peraltro, nella stessa e-mail del 31 maggio 2016 inviata dall'incolpato al nuovo legale del Pe.An.- e richiamata a sostegno delle ragioni del ricorso (pp. 22 e 23) -, lo stesso avv. Varali chiedeva una moratoria di una settimana per la restituzione di tutti i fascicoli inerenti numerosi procedimenti , senza, però, che ne sia seguita l'effettiva restituzione. Deve, quindi, ritenersi che, in ragione dei principi sopra rammentati, la cessazione della permanenza dell'illecito contestato al capo C) dell'incolpazione si sia avuta soltanto con la decisione del C.D.D. del 24 maggio 2021, con la conseguenza che l'azione disciplinare relativa all'illecito in esame non è prescritta. Del resto, a fronte dell'accertamento in fatto operato dal C.N.F. con motivazione sebbene sintetica, ma rispettosa del c.d. minimo costituzionale e in armonia con i principi innanzi evidenziati, le doglianze del ricorrente, volte a sottoporre allo scrutinio di queste Sezioni Unite la non condivisa natura permanente dell'illecito (primo motivo) e i vizi di motivazione nei quali sarebbe incorso il C.N.F. nel ritenere sussistente l'illecito disciplinare di cui all'articolo 33 CDF (secondo motivo), richiedono, in sostanza, un complessivo riesame della condotta rilevante disciplinarmente e della valutazione compiuta dal giudice disciplinare: ma non rientra nell'alveo del controllo di legittimità l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento della loro rilevanza ai fini della concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza (tra le molte: Cass., S.U., n. 34351/2023 ). 3. – Con il terzo mezzo è prospettata la violazione degli articolo 111 Cost. e 59, lett. m), della legge n. 247/2012, per motivazione apparente nonché per eccesso di potere in relazione all'errata valutazione degli elementi probatori in riferimento all'adeguatezza della comminata sanzione disciplinare, essendosi il C.N.F. limitato ad un richiamo per relationem alla decisione del C.D.D., non considerando, peraltro, la necessità di applicare una sanzione meno afflittiva per la intervenuta prescrizione anche solo dei fatti di cui ai capi A e B dell'incolpazione. 4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c. , violazione degli articolo 111 Cost. e 59, lett. m), della legge n. 247/2012, in relazione all'omessa motivazione o motivazione apparente e per omesso esame di un fatto decisivo in punto di responsabilità dell'incolpato di cui al capo di incolpazione A), nella parte in cui si lamenta di aver eseguito negligentemente il mandato in merito alle procedure esecutive, con ciò non valutando l'effettiva condotta dell'incolpato e con ciò non rispondendo al doveroso quesito se costituisca o meno illecito disciplinare (sub specie imperizia o incompetenza rilevanti) il fatto dell'avvocato che, affidandosi ad un orientamento giurisprudenziale, utilizza nella procedura esecutiva il titolo esecutivo (sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva) ottenuto nel procedimento (civile o penale) nel quale ha assistito e rappresentato la parte vittoriosa . 5. - Con il quinto mezzo è dedotta violazione dell'articolo 59, n. 2, lett. d), della legge n. 247/2012 per nullità del capo di imputazione B) in quanto generico , nonché, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, n. 3 e n. 4, c.p.c. , violazione degli articolo 111 Cost. e 59, lett. m), della legge n. 247/2012, motivazione assente e omesso esame su un fatto decisivo in merito al capo di incolpazione B inerente all'omessa adeguata informazione sugli incarichi: per aver il CNF del tutto omesso di valutare le difese dell'avvocato Varali e i docc. 6,7,8 e 9 del Fascicolo della Suprema Corte attestanti il fitto scambio di mails e corrispondenza con l'esponente a dimostrare l'assolvimento dell'obbligo informativo . 6. – Con il sesto mezzo è prospettata, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, n. 4 e n. 5, c.p.c. , motivazione apparente e omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti, per aver il CNF aver dato credito acriticamente alle dichiarazioni dell'esponente in ordine al capo di incolpazione di cui alla lettera A) (omessa presentazione di una denuncia per falsa testimonianza e omessa informazione in ordine alla sanzione pecuniaria stabilita nella sentenza della Corte d'Appello civile di Venezia, proc. civile 2492/2013) senza valutare la versione dell'incolpato e la documentazione prodotta . 7. – L'esame dei restanti motivi è assorbito dalla accertata prescrizione dell'azione disciplinare relativamente agli illeciti di cui ai capi di incolpazione A) e B) e ciò in quanto: a) il quarto, quinto e sesto motivo veicolano doglianze in ordine all'accertamento della sussistenza materiale di detti illeciti; b) il terzo motivo censura l'adeguatezza della comminata sanzione disciplinare, su cui il C.N.F. – stante il venir meno degli illeciti rispetto ai quali ha operato la prescrizione – si dovrà nuovamente pronunciare. 8. – Dunque il primo motivo di ricorso va accolto solo in parte, cioè nei sensi di cui alla motivazione che precede, mentre per la restante parte detto motivo va rigettato, così come va rigettato il secondo motivo, con assorbimento dei restanti motivi di ricorso. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto – che ha comportato, in ragione dell'accertata prescrizione, l'estinzione degli illeciti di cui ai capi A) e B) di incolpazione - e la causa rinviata al C.N.F., in diversa composizione, che dovrà pronunciarsi in punto di conseguenze sanzionatorie relativamente al capo C) d'incolpazione. Il parziale accoglimento del ricorso è ragione idonea per dichiarare non ripetibili le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, rigetta il secondo motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi del medesimo ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento in qualsiasi forma, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi di Enrico Varali ivi riportati.