Lecito negare la filiazione tra minore e madre d’intenzione, soprattutto se non richiede la stepchild adoption

La CEDU conferma l’orientamento costante, anche della CGUE, che nega il legame di filiazione tra genitore omosessuale e figlio del partner in assenza di una stepchild adoption. Nel caso in esame il divieto della nostra legge di PMA per le coppie dello stesso sesso è lecito e la responsabilità per l’assenza di filiazione è ascrivibile alla madre d’intenzione in quanto, dopo cinque anni, ancora non aveva richiesto l’adozione del minore, che non ha subito pregiudizi dato che ha continuato a vivere con entrambe le madri.

È quanto deciso dalla CEDU nel caso X. c. Italia del 9 ottobre escludendo una deroga all'art.8 Cedu nel rifiuto di riconoscere il legame di filiazione tra la madre d'intenzione ed il figlio partorito all'estero dalla compagna, avuto tramite PMA, vietata in Italia. L'atto di nascita redatto in Spagna, nel 2018, era stato fatto registrare dall'ufficio dello stato civile dalla madre biologica, che agisce per conto ed a nome del minore, ricorrente presso la CEDU . Nello stesso giorno l'altra madre lo aveva riconosciuto innanzi a detto ufficio ed al bambino erano stati assegnati entrambi i cognomi. Il PG della Repubblica ne aveva chiesto l'annullamento arrivato dopo 3 gradi di giudizio nel 2023. Le Corti interne, richiamando la prassi nazionale conforme a quella internazionale della CGUE e CEDU (A.L. e Callamand c. Francia, C.E ed altri c. Francia nelle rassegne del 8/4 e 25/03/22, K.K. ed altri c. Danimarca, Valdìs Fjolnisdottir ed altri c. Islanda, Honner c. Francia,  e Hämäläinen c. Finlandia  [GC] nei quotidiani del 12/12/22,21/5/21,11/12/20 e 17/7/14; EU:C:2021:1008 nel quotidiano del 14/12/21 e Menesson c. Francia del 2014), avevano negato il legame di filiazione tra X e la madre sociale, che, per altro, come era suo dovere, non ne aveva chiesto l'adozione ( Cass. civ.7668/20 ,6383 e 7412/22 ): il genitore d'intenzione per essere riconosciuto tale deve adottare il figlio del partner. La Corte Cost.79/2022 , cui era stata sollevata una questione di legittimità in seno al gravame sollevato dalla madre biologica, aveva confermato la validità del divieto e ribadito che « l'adozione era un meccanismo adeguato per stabilire legami giuridici con la famiglia del genitore intenzionale senza escludere quelli con la famiglia del genitore biologico» (neretto, nda). La Consulta ha anche chiarito che laddove la madre intenzionale non abbia richiesto l'adozione del minore, quella biologica (o il minore stesso) non ha alcun diritto di chiederla in sua vece come nella fattispecie. No adozione, no filiazione La CEDU , richiamando il suo Parere consultivo n.P16-2018-001 , chiarisce che «l'interesse superiore del minore comprende, tra l'altro, l'identificazione giuridica delle persone che hanno la responsabilità di allevarlo , di provvedere ai suoi bisogni e di garantire il suo benessere, nonché la possibilità di vivere e svilupparsi in un ambiente stabil e. Per questo motivo, il rispetto della vita privata del figlio richiede che il diritto interno preveda la possibilità di riconoscere un rapporto di filiazione tra il figlio e il genitore intenzionale. Di conseguenza, il margine di discrezionalità degli Stati è limitato per quanto riguarda il principio stesso dell'istituzione o del riconoscimento della filiazione. La Corte ritiene inoltre che, nelle questioni che coinvolgono gli interessi del minore, l'orientamento sessuale dei genitori non possa essere preso in considerazione. D'altra parte, essa ritiene che, sebbene il principio stesso di stabilire o riconoscere la filiazione lasci agli Stati solo un margine di discrezionalità limitato, tale margine è maggiore per quanto riguarda i mezzi da utilizzare a tal fine » (neretto, nda). Il 25/5/2025 la Corte Cost. n. 68 ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il bambino nato in Italia a seguito di procreazione medicalmente assistita svolta all'estero e quindi sino ad allora i divieti di riconoscere un legale di filiazione tra minore e madre sociale in assenza di adozione e di ricorrere a PMA o maternità surrogata all'estero erano leciti. La prassi costante della CEDU «ha adottato un approccio globale che tiene conto non solo della situazione alla data di nascita del minore o anche alla data dell'esame del reclamo, ma anche dell'esistenza di una possibilità di successivo riconoscimento giuridico». In sintesi, nei casi di PMA o maternità surrogata vietati nel paese di residenza della famiglia, ma leciti in quelli ove sono effettuati, lo Stato ha il dovere di adottare meccanismi per il riconoscimento del legame di filiazione con entrambi i genitori omosessuali stante l'interesse superiore di un minore ad avere un legame stabile con entrambi. L'Italia ha rispettato questo dovere. La nostra prassi (nonché il Parere della CEDU ) ha ritenuto che ciò si possa raggiungere con l'adozione in casi particolari ex art.44 l. n. 184/1983 . Orbene nella fattispecie l'Italia non era venuta meno ai suoi doveri ed il diniego di riconoscimento del legame di filiazione era perfettamente lecito e supportato da una solida base legale (ivi compresa la prassi interna): nulla poteva essere ascritto all'Italia se la madre d'intenzione per oltre 5 anni aveva rifiutato di ricorrere all'adozione, che poteva essere proposta all'atto della rettifica giudiziale ordinato dal giudice interno. L'evoluzione del diritto positivo interno ha consolidato la correttezza dell'operato del Governo e delle Corti italiane cui spetta scegliere i mezzi per riconoscere e garantire il legame di filiazione tra figlio e genitore d'intenzione. Infine, l'interesse del minore non è stato leso perché ha continuato a vivere con entrambe le madri. In limine quanto sopra è valido anche per il padre d'intenzione.

CEDU, sez. I, X c. Italia, 9 ottobre 2025, ric. n. 42247/23