Il lavoratore affetto da una malattia particolarmente grave, che non viene conteggiata nel periodo di comporto, non può limitarsi a informare l’azienda sul proprio stato di salute tramite messaggi frammentari su WhatsApp.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza in esame, sottolineando che la Corte territoriale ha correttamente rilevato come la documentazione medica inviata dal lavoratore non riportasse l’indicazione di “ patologia grave che richiede terapia salvavita ”. Inoltre, gli scambi tramite WhatsApp tra il lavoratore e il responsabile di filiale non hanno alcun valore medico-legale per attestare la gravità della malattia . Pertanto, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso fondato sulle comunicazioni via WhatsApp , ritenendole inadeguate a dimostrare lo stato di salute del lavoratore . Quanto alla definizione di “malattia particolarmente grave”, la Corte ha chiarito che, analizzando il testo delle singole clausole e delle altre disposizioni presenti nel medesimo contratto collettivo, oltre che confrontando le previsioni di altri contratti collettivi nazionali che fanno riferimento alle “malattie gravi” e al loro conteggio ai fini delle assenze, le uniche patologie che giustificano una deroga parziale ai criteri di calcolo delle assenze sono quelle che richiedono terapie salvavita : si tratta, infatti, di condizioni caratterizzate da particolare gravità e dalla necessità di trattamenti essenziali per la sopravvivenza o per migliorare la qualità della vita, come ad esempio la terapia di emodialisi.
Presidente Manna – Relatore Boghetich Fatti di causa 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Ancona, in riforma del provvedimento del giudice di primo grado, ha respinto le domande proposte da B.M. nei confronti della società (OMISSIS) s.r.l. per la declaratoria di nullità del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto in data 3.6.2021. 2. La Corte territoriale ha premesso che risultava pacifico che l'articolo 63 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni prevedeva, in caso di malattia, la conservazione del posto (per i lavoratori con anzianità inferiore a 5 anni) fino a 245 giorni di calendario e che il lavoratore aveva superato tale soglia; rilevato che doveva ritenersi provato che il B.M. aveva comunicato al datore di lavoro – durante le assenze - notizie concernenti la natura e il decorso della patologia da cui era affetto, in ordine al criterio di computo, i giudici di merito hanno escluso che, nel caso di specie, ricorresse la previsione del comma 8 dell'articolo 63 citato (che esclude dal conteggio le “malattie particolarmente gravi occorse al lavoratore durante un arco temporale di 24 mesi”) in quanto la clausola contrattuale andava interpretata (anche mediante la comparazione con altri CCNL che contenevano clausole di tenore simile) nel senso di far riferimento a patologie che richiedevano la sottoposizione a terapie salvavita e non era stato allegato (né provato) che la malattia sofferta dal B.M. fosse stata particolarmente grave, avesse richiesto una terapia salvavita o assimilabile (visto che i certificati medici inviati all'azienda non vedevano barrata, da parte del medico, la casella “Patologia grave che richiede terapia salvavita”) e avesse impedito lo svolgimento della quotidiana attività di lavoro. 3. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. La società ha resistito con controricorso illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell' articolo 360 cod. proc. civ. , primo comma, n. 3, violazione degli articolo 63 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, 5 della legge n. 604 del 1966, 1175 e 2687 c.c. avendo, la Corte territoriale, ritenuto erroneamente di addossare al lavoratore la prova della “particolare gravità” della malattia che consente di escludere dal periodo di comporto le assenze. 2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell' articolo 360 cod. proc. civ. , primo comma, nn. 3 e 5, violazione degli articolo 63 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, 1175 c.c., 112 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, interpretato la clausola negoziale che fa riferimento a “malattie particolarmente gravi” limitando erroneamente il campo di applicazione alle terapie salvavita (nonostante, nel caso di specie, deve ritenersi ricorrente tale condizione, considerata la terapia di dialisi a cui il lavoratore è stato sottoposto); il datore di lavoro, come statuito dalla sentenza impugnata, è stato costantemente informato della terapia somministrata e irrilevante (oltre che ultronea) appare la circostanza che il medico non abbia barrato la relativa casella nei certificati medici. 3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce omessa valutazione di un fatto decisivo, con riguardo ai messaggi inviati dal lavoratore al Responsabile di filiale, ove il B.M. indicava la patologia per cui era stato ricoverato in ospedale e il secondo ipotizzava l'accesso ai benefici della legge n. 104 del 1992 . 4. Il primo ed il secondo motivo non sono fondati. 5. L'articolo 63 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni recita: “A) Malattia Disposizioni normative ed economiche 1. Vanno considerati nel computo della malattia tutti gli eventi che implichino inabilità temporanea del lavoratore, desunta dall'apposita certificazione medica e derivanti da cause non attinenti all'attività lavorativa occorsi fuori dell'orario di lavoro e come tali riconosciuti dagli istituti previdenziali. 2. L'assenza deve essere comunicata all'azienda entro le prime due ore dall'inizio dell'orario di lavoro del giorno in cui si verifica l'assenza stessa, salvo i casi di giustificato impedimento. Per il personale viaggiante e per il personale che effettua turni continui avvicendati, l'assenza deve essere comunicata almeno quattro ore prima dell'inizio del servizio affidato ovvero dell'orario di lavoro del giorno in cui essa si verifica. In entrambi i casi il lavoratore dovrà altresì comunicare la prognosi tempestivamente e comunque non oltre la giornata di rilascio del certificato. Ai fini delle suddette comunicazioni l'azienda metterà a disposizione un recapito telefonico e/o indirizzo e-mail. In caso di mancato adempimento degli obblighi sopra indicati l'azienda potrà adottare la procedura disciplinare di cui all'articolo 32 del presente CCNL. Ciascun lavoratore è tenuto a comunicare il luogo dove lo stesso è reperibile durante la malattia, se diverso dal domicilio comunicato all'azienda. 3. Il lavoratore è tenuto ad inviare o consegnare all'azienda il certificato medico attestante la malattia entro il secondo giorno successivo a quello del suo rilascio. […] 7. I lavoratori non in prova hanno diritto alla conservazione del posto: 1) per 245 giorni di calendario se aventi anzianità di servizio non superiore a 5 anni; 2) per 365 giorni di calendario se aventi anzianità di servizio superiore ai 5 anni. 8. Ai fini del computo dei diritti di cui sopra si sommano tutti i periodi di assenza per malattia, ad esclusione di quelli per malattie particolarmente gravi occorsi al lavoratore durante un arco temporale di 24 mesi, per i lavoratori di cui al punto 1) del precedente comma, e di 30 mesi, per i lavoratori di cui al punto 2). L'arco temporale da assumere per il calcolo coincide con i 24 o 30 mesi consecutivi immediatamente precedenti qualsiasi momento considerato ove concomitante con lo stato di malattia in corso e con l'esclusione del periodo di prova. […] 6. Questa Corte ha affermato che, in tema di interpretazione della contrattazione collettiva, trovano applicazione i criteri ermeneutici dettati dagli articolo 1362 e ss. c.c. , sicché, seguendo un percorso circolare, occorrerà tener conto, in modo equiordinato, di tutti i canoni previsti dal legislatore, sia di quelli tradizionalmente definiti soggettivi che di quelli oggettivi, confrontando il significato desumibile dall'utilizzo del criterio letterale con quello promanante dall'intero atto negoziale e dal comportamento complessivo delle parti, coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette (Cass. n. 30141 del 2022). 7. La nozione di “malattia particolarmente grave” ha natura elastica (essendo ascrivibile alla tipologia delle clausole generali) e, nell'esprimere il relativo giudizio di valore necessario ad integrare il parametro generale contenuto nella clausola, il giudice deve provvedere all'interpretazione della stessa mediante la valorizzazione sia del senso letterale della disposizione sia di principi che vengono richiamati nell'intero atto negoziale sia di fattori esterni relativi all'evoluzione della scienza medica, dando concretezza a quella parte mobile della medesima che le parti sociali hanno voluto tale per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale, ovvero a determinate situazioni non esattamente ed efficacemente specificabili a priori . 8. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale si è conformata ai principi di diritto innanzi richiamati ed è pervenuta ad una corretta interpretazione del concetto generale di “malattie particolarmente gravi” (che ricevono una disciplina in parte diversa in relazione al computo dei giorni di assenza ai fini del licenziamento per superamento del periodo di comporto). Invero, valutando il tenore testuale della singola clausola e di altre disposizioni contenute nello stesso contratto collettivo (ove, con riguardo ai permessi e congedi, si fa riferimento a situazioni soggettive, anche concernenti patologie, del lavoratore) nonché comparando le previsioni di altri contratti collettivi nazionali che contengono riferimenti a “malattie gravi” del lavoratore e al relativo computo ai fini delle assenze, deve ritenersi che le patologie che consentono una parziale deviazione dai criteri di computo delle assenze siano le terapie salvavita ossia quelle connotate dalla gravità della condizione patologica e dalla necessità di trattamenti indispensabili alla sopravvivenza o al miglioramento della qualità della vita (tra le quali va senz'altro inclusa la terapia di emodialisi). 9. Come espressamente richiesto dal contratto collettivo (lett. A, punti 1 e 2), e come ragionevolmente può comprendersi (nell'ottica di escludere che sia attribuito al datore di lavoro l'onere di classificare e qualificare il tipo di patologia sofferta dal lavoratore), il lavoratore è tenuto ad inviare la certificazione medica dalla quale risulti la sopravvenienza di una patologia grave che richieda una terapia salvavita. 10. La Corte territoriale, secondo apprezzamento di merito insindacabile in questa sede di legittimità, ha rilevato come tutta la documentazione medica inviata dal lavoratore in azienda durante il periodo di assenza per malattia era priva della indicazione “patologia grave che richiede terapia salvavita”, sottolineando, correttamente, che nessun valore di carattere medico-legale poteva essere attribuito allo scambio di messaggi (OMISSIS) tra il lavoratore e il Responsabile di filiale con cui si comunicava l'andamento e la natura della malattia. 11. Consegue, pertanto, alla luce delle considerazioni appena esposte, l'inammissibilità del terzo motivo di ricorso, avendo, la Corte territoriale dato atto di aver esaminato e valutato le “frammentarie comunicazioni a mezzo (OMISSIS)” prodotte in giudizio. 12. Va, inoltre, ribadito l'orientamento consolidato espresso dalle Sezioni Unite secondo cui, all'esito della riformulazione dell' articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c. , in relazione all'apprezzamento delle risultanze processuali rileva solo l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, e che abbia carattere decisivo; l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice ( Cass. S.U. n. 34476/2019 , che richiama Cass. S.U. n. 8053/2014 ; Cass. S.U. nn. 9558 e 33679/2018; Cass. S.U. n. 5556/2023 ). 13. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in applicazione del criterio della soccombenza dettato dall' articolo 91 c.p.c. 14. Sussistono le condizioni di cui all' articolo 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 ; P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall 'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 22 8, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi di B.M. a norma dell 'articolo 52 del d.lgs. n. 196 del 200 3, come modificato dal d.lgs. n. 101 del 201 8.