L'articolo 12 §.2, Direttiva 2004/80, relativa all'indennizzo delle vittime di reato, deve essere interpretato nel senso che osta a un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti che, in linea di principio, esclude, per quanto riguarda i danni morali, qualsiasi risarcimento per il dolore e la sofferenza sopportati da queste vittime.
Fatta salva la necessità di garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi nazionali di indennizzo, cosicché non spetta necessariamente agli Stati membri prevedere un risarcimento integrale dei danni materiali e morali subiti da tali vittime, un indennizzo equo e adeguato, ai sensi di tale disposizione, esige che, nel determinare tale risarcimento, si tenga conto della gravità delle conseguenze, per le vittime, i reati commessi nonché il risarcimento che tali vittime possono ottenere in virtù della responsabilità da fatto illecito dell'autore del reato. È quanto deciso dalla CGUE nella EU:C:2025:741, C-284/24 del 2 ottobre. Il procedimento principale riguarda la violenta aggressione commessa da un gruppo di persone davanti all'abitazione, a Dublino, di LD cittadino spagnolo. Il ricorrente, perciò, si era rivolto alla competente autorità per ottenere l'equo indennizzo per i danni morali e materiali subiti . Nello specifico, «ha precisato che, a seguito di tale aggressione, egli aveva subito un trauma oculare significativo che gli aveva provocato una perdita parziale della vista, in modo permanente, nonché varie altre lesioni, in particolare alla mascella, alla spalla e al braccio sinistro, alla vita e al tronco. Soffrirebbe anche di disturbi psicologici e ansia. Dopo essere stato assente dal lavoro a seguito della suddetta aggressione, LD è stato licenziato dal suo datore di lavoro ed era disoccupato al momento della presentazione della suddetta domanda». Pur non avendo ottenuto altri indennizzi da altre fonti ed essendo vittima di un reato intenzionale violento e quindi rispettando i requisiti di legge per ottenere detto indennizzo, gli sono state refuse solo le spese vive. Ne è nato, quindi, un contenzioso da cui è scaturita la pregiudiziale volta ad appurare se tra le varie voci liquidabili c'erano anche le sofferenze ed il dolore subiti (da noi sussumibili anche sotto la voce di danno esistenziale). Indennizzo per reati intenzionali violenti Il Legislatore dell'UE con la suddetta Direttiva ha istituito un indennizzo che ha un carattere sussidiario a quello che la vittima di reati intenzionali violenti può ottenere dall'aggressore quale responsabilità da fatto illecito. Con tale Direttiva si dà atto che la vittima non sempre può essere risarcita direttamente dall'autore del reato intenzionale violento perché questi non dispone dei mezzi necessari per soddisfare una sentenza di risarcimento del danno o perché non può essere identificato o perseguito. L'articolo 12 Direttiva 2004/80 riconosce alle vittime un indennizzo equo ed adeguato. Si noti che «il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato (spetta, nda) non solo alle vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio di uno Stato membro che si trovino in una situazione transfrontaliera , ai sensi dell'articolo 1 di tale direttiva, ma anche sulle vittime che risiedono abitualmente nel territorio di tale Stato membro» come nella fattispecie (neretto, nda). Vanno risarciti i danni morali e patrimoniali subiti dalle vittime, lasciando margine discrezionale ai singoli Stati sulle modalità e sull'entità fermo restante che esso deve tenere conto della sostenibilità finanziaria dello Stato. No a risarcimenti simbolici od insufficienti La CGUE evidenzia che «uno Stato membro eccederebbe il potere discrezionale ad esso conferito da tale disposizione se le disposizioni nazionali prevedessero un indennizzo alle vittime di un reato intenzionale violento puramente simbolico o manifestamente insufficiente rispetto alla gravità delle conseguenze, per le vittime, del reato commesso (Presidenza del Consiglio dei Ministri, C-129/19, EU:C:2020:566 e Burdene, C-126/23, EU:C:2024:937). Poiché l'indennizzo concesso a tali vittime rappresenta un contributo al risarcimento dei danni materiali e morali da esse subiti, «un siffatto contributo può essere considerato “equo e adeguato” solo se compensa , in misura adeguata, le sofferenze alle quali tali vittime sono state esposte». Non c'è dubbio che nel nostro caso il risarcimento sia stato irrisorio e simbolico poiché limitato alla refusione delle sole spese vive sostenute dalla vittima ricorrente. In breve, l'importo dell'indennizzo deve essere fissato tenendo conto della gravità delle conseguenze per le vittime, del reato commesso e rappresentare, pertanto, un contributo adeguato alla riparazione di tali danni materiali e morali subiti. Orbene la CGUE fa notare che l'articolo 12 non fa alcun riferimento esplicito al danno morale , ma che lo stesso deriva dal danno materiale subito. L'articolo12 de facto non pone limiti alle voci indennizzabili, salvo il rispetto dei suddetti criteri, vista la sua ampia interpretazione letterale. Le stesse sono ricavabili dalla definizione stessa di vittima data dall'articolo 2 Direttiva 2012/29/UE 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio: «una persona fisica che ha subito un danno, compresi danni fisici, mentali o emotivi o perdite economiche direttamente causate da un reato» (neretto,nda). «Dalla giurisprudenza della Corte risulta quindi che non può essere operata alcuna distinzione a seconda dei tipi di danno che le vittime dei reati commessi possono aver subito o delle conseguenze alle quali tali vittime possono essere esposte». Ergo , alla lice di quanto sinora esplicato, escludere il danno morale che comprende anche le sofferenze ed il dolore patiti dalla vittima in conseguenza di un reato violento snaturerebbe la ratio di queste disposizioni ed il fine di garanzia specifica della vittima stessa.