Rimessione nei termini: fatto ostativo e immediatezza della reazione

In tema di deposito telematico degli atti processuali, ai fini della rimessione in termini prevista dall’articolo 153, comma 2, c.p.c. - attesi il suo carattere eccezionale e la necessità di garantire certezza e stabilità al sistema delle impugnazioni e alla formazione del giudicato - debbono concorrere l’esistenza di un fatto ostativo oggettivamente estraneo alla volontà del soggetto richiedente e non superabile neppure con uno sforzo diligente, e l’immediatezza della sua reazione, ossia deve essersi attivato prontamente per porre rimedio alla situazione determinatasi.

Il fatto Un agente veniva condannato in appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, al pagamento in favore della società per cui prestava la propria attività di una determinata somma (oltre accessori) a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e di un'altra somma a titolo di restituzione di somme erogatagli in relazione al sistema incentivante . L'agente soccombente proponeva così ricorso per Cassazione, a cui resisteva la società con controricorso. Il ricorso, notificato il giorno 8 aprile 2021, veniva depositato telematicamente dal legale dell'agente il successivo 24 aprile, ricevendo solo la prima e la seconda PEC. Il 26 maggio, il difensore della società segnalava al procuratore dell'agente che il ricorso non risultava iscritto al ruolo generale della Cassazione. Il procuratore avviava, quindi, una interlocuzione , via mail , con gli uffici della Corte di Cassazione. Il Gruppo Referenti Processo Telematico comunicava che il deposito non era pervenuto per una «anomalia sulla lunghezza dell'oggetto del deposito, che superava una certa dimensione», risolta il 27 aprile. Il 31 maggio la parte ricorrente depositava istanza di rimessione in termine, provvedendo ad un secondo deposito che si perfezionava il 1° giugno. La Consigliera delegata eccepiva l'improcedibilità del ricorso, sostenendo che era stato depositato in cancelleria oltre il termine di 20 giorni di cui all' articolo 369, comma 1, c.p.c. Inquadramento giuridico L'applicazione della rimessione nei termini richiede due verifiche . La prima consiste nell'accertare l'esistenza di un impedimento oggettivamente estraneo alla volontà della parte richiedente e non superabile neppure con uno sforzo diligente (cfr. Cass. SS.UU. n. 4135/2019 ; Cass. n. 27773/2020 ; Cass. n. 11062/2006 ). La seconda riguarda l' immediatezza della reazione da parte del soggetto richiedente, cioè la tempestività con cui esso si attiva dopo il verificarsi del fatto ostativo. La ratio sottesa alla tempestività risiede nella necessità di realizzare un bilanciamento tra due valori ; da un lato, l'esigenza di garantire un giusto processo , non appesantito da un eccessivo formalismo che può ostacolare  l'accertamento della verità e, dall'altro, il rispetto delle regole procedurali , indispensabili per garantire la parità di trattamento tra le parti. In sostanza l'istanza di rimessione nei termini deve essere presentata entro un “ termine ragionevolmente contenuto ” , rispettoso del principio della durata ragionevole del processo. Tale parametro, intrinsecamente flessibile e duttile, implica inevitabilmente un apprezzamento di merito riservato al giudice adito che è chiamato a valutare le circostanze del caso concreto (cfr. Cass. n. 14348/2025 ). Sempre in punto di diritto, occorre soffermarsi sull'orientamento giurisprudenziale formatosi sul deposito telematico degli atti processuali. Tale meccanismo avvia una procedura all'esito della quale il depositante riceve quattro messaggi di posta certificata, ossia : (i) un primo messaggio di conferma dell'avvenuto inoltro del deposito, la c.d. “ ricevuta di accettazione” (“ RAC ”); (ii) un secondo messaggio che certifica l'avvenuta consegna del deposito al server di posta elettronica dell'ufficio giudiziario destinatario, la c.d. “ ricevuta di avvenuta consegna ” (“RdAC”); (iii) un terzo messaggio attestante il superamento dei controlli automatici e formali da parte del gestore del sistema informatico dell'ufficio ricevente, la c.d. terza PEC e (iv) un quarto messaggio che conferma l' esito positivo dei controlli manuali effettuati dalla Cancelleria, con conseguente definitiva accettazione del deposito e sua visibilità al giudice e alle controparti,  la c.d. quarta PEC . Orbene, la generazione della “ricevuta di avvenuta consegna” individua il momento in cui si perfeziona il deposito e rappresenta il riferimento temporale in base al quale deve essere valutata la tempestività dell'adempimento. Tale efficacia ha natura meramente provvisoria , essendo subordinata al generarsi con esito positivo delle successive PEC , ossia della terza (“esito controlli automatici deposito”) e della quarta (“accettazione deposito”) PEC. Infatti, «lo scopo del deposito non può dirsi compiutamente realizzato fino a quando non intervenga l' accettazione dell'atto da parte della Cancelleria», la quale appunto determina la conoscibilità per le altre parti coinvolte e per il giudice. In caso di mancato completamento dell' iter del deposito telematico - specie quando l'esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura risulti negativo - il deposito , pur considerandosi formalmente perfezionato sotto il profilo temporale, non può dirsi efficace . Questo principio ha trovato l'avvallo delle Sezioni Unite, secondo le quali «in tema di deposito telematico del ricorso in cassazione, il definitivo consolidarsi dell' effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), è subordinato all' esito positivo dei successivi controlli , la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria (cd. quarta PEC, con sequenza rimasta nella sostanza immutata nell' articolo196-sexies disp. att. c.p.c. )» (cfr. Cass., Sez. Un., 28403/2023 ; conf. Cass. n. 11706/2024 ; Cass. n. 33258/2024 e Cass. n. 69/2025 ).  La parte, qualora sia decaduta incolpevolmente dalla facoltà di depositare l'atto, ha due possibili rimedi . Il primo consiste nella ripresa della procedura di deposito entro 20 giorni dalla data in cui il depositante ha avuto conoscenza dell'esito negativo del primo deposito (cfr. Cass. n. 16552/2024 ). In tal caso, la rinnovazione dell'atto impedisce la decadenza e gli effetti del nuovo deposito, una volta completato con successo, retroagiranno alla data della prima ricevuta di avvenuta consegna (“RdAC”). Il secondo rimedio consiste appunto nel chiedere la rimessione in termini ex articolo 153, comma 2, c.p.c., qualora ne ricorrano i presupposti sopra esposti. Decisione della Corte di Cassazione Nella fattispecie in esame, secondo la Corte di Cassazione adita, ricorre il fatto ostativo oggettivamente estraneo alla volontà della parte, individuato in una temporanea anomalia tecnica interna al sistema informatico della Corte stessa che ha impedito il perfezionamento del primo deposito telematico. Tuttavia, a suo avviso, non ricorre l'altra condizione, ossia l'“immediatezza della reazione”, non essendosi la parte prontamente attivata per porre rimedio alla situazione determinatasi. La valutazione della tempestività, continua la Corte di Cassazione, deve essere effettuata con riferimento al momento in cui la parte istante, usando la diligenza e la perizia richiesta ad un operatore professionale (cfr. Cass. n. 9269 del 2025), avrebbe dovuto accorgersi del mancato perfezionamento del deposito , desumibile dalla mancata ricezione della terza e della quarta PEC. E a nulla può rilevare il momento in cui il procuratore si è concretamente reso conto del mancato perfezionamento del deposito. Diversamente opinando, si finirebbe per legittimare un utilizzo improprio di tale istituto, avente natura eccezionale. Si arriverebbe, infatti, ad ammettere la rimessione anche in favore del difensore che, pur in difetto di ricezione della terza e della quarta PEC, provi di aver avuto conoscenza effettiva del mancato perfezionamento del deposito anche a distanza di un notevole lasso temporale dalla scadenza, pretendendo di misurare la tempestività della sua reazione su tale concreta circostanza. Ne deriva che - anche a voler ammettere l'esistenza di una sfasatura temporale tra la ricezione delle prime due PEC (“RAC” e “RdAC”) e quella delle successive - almeno dal momento in cui risultavano scaduti i 20 giorni dalla notifica del ricorso, il difensore dell'agente, in assenza della ricezione della terza e della quarta PEC, avrebbe dovuto attivarsi. Tanto più se si considera che il deposito è avvenuto in una fase iniziale di applicazione del Processo Civile Telematico presso la Corte di Cassazione, circostanza che gli imponeva un onere di particolare diligenza e vigilanza. In tale contesto, egli avrebbe dovuto tempestivamente verificare l'esito del deposito e l'avvenuta iscrizione a ruolo dell'atto, anche mediante accesso diretto ai registri informatici della Corte. Invece, ha atteso la sollecitazione della controparte che è giunta a quasi un  mese di distanza. Pertanto, l' istanza di rimessione in termini , proposta soltanto il 31 maggio, non può ritenersi rispettosa del requisito della tempestività della reazione . Analogamente - e a maggior ragione - deve escludersi che il secondo deposito, perfezionato il 1° giugno 2021, possa qualificarsi come legittima ripresa della procedura di deposito , essendo decorsi ben oltre venti giorni dal momento in cui il depositante, usando l'ordinaria diligenza richiesta a un professionista, avrebbe dovuto rendersi conto dell'esito infruttuoso del primo deposito, desumibile sempre dalla mancata ricezione della terza e della quarta PEC. In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione dichiara improcedibile il ricorso presentato dall'agente, condannandolo alle spese di lite.

Presidente Doronzo – Relatore Amendola Fatti di causa 1. La Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l'agente Ca.Gi. al pagamento, in favore di Azimut Capital Management SGR Spa, della somma di Euro 134.948,62, oltre accessori, a titolo di indennità di preavviso, e di Euro 45.420,11, oltre accessori, a titolo di restituzione di somme erogate all'agente in relazione al sistema incentivante Azimut, confermando nel resto le statuizioni di merito. 2. Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il soccombente con dodici motivi; ha resistito l'intimata società con controricorso. 3. La Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c., rilevandone l'improcedibilità in quanto il ricorso per cassazione, notificato in data 8 aprile 2021, risulta depositato nella cancelleria della S.C. in data 1 giugno 2021, decorso il termine perentorio di venti giorni prescritto dall' articolo 369, comma 1, c.p.c. 4. Il difensore di parte ricorrente ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., reiterando la richiesta di rimessione in termini già depositata il 31 maggio 2021; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell' articolo 380 bis.1 c.p.c. Le parti hanno comunicato memorie. All'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è improcedibile in quanto il Collegio non reputata accoglibile l'istanza di rimessione in termini formulata dalla difesa del ricorrente. 1.1. Opportuno premettere che l'istanza di rimessione in termini, in quanto preordinata alla pronuncia d'un atto ordinatorio del processo, non può essere adottata che dal Collegio giudicante, mentre il Presidente della Sezione o della Corte non ha il potere di assumere la relativa decisione (v.  Cass. n. 28176 del 2023  e  Cass. n. 16552 del 2024 , entrambe in motivazione). L'istituto della rimessione in termini, nelle diverse formulazioni dei suoi referenti normativi che si sono succeduti nel corso del tempo l'articolo 184-bis e successivamente l' articolo 153 c.p.c.  presuppone la presenza di un errore ascrivibile ad un fattore impeditivo estraneo alla volontà della parte nei cui confronti si sia verificata una decadenza. Affinché tale istituto possa trovare applicazione, anche con riguardo al termine per proporre impugnazione (cfr.  Cass., Sez. Un. n. 16598 del 2016 , richiamata da  Cass. n. 24180 del 2019 ), l'impedimento deve assumere carattere di assolutezza, escludendo quindi situazioni di mera difficoltà, e deve porsi in un nesso di causalità diretta con la decadenza in cui, incolpevolmente, la parte sia incorsa ( Cass. Sez. un. n. 4135 del 2019 ). Secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte la concreta applicazione dell'istituto della rimessione in termini passa attraverso l'espletamento di due necessarie verifiche (v. Cass. n. 36001 del 2023): la prima attiene alla presenza, in fattispecie, di un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte (che l'applicazione della rimessione chiede) e che dalla stessa non risulti goverrmabile neppure con difficoltà (ancora Cass.  SS.UU. n. 413 2019 Cass. SS.UU. n. 27773 del 2020 ;  Cass. n. 11062 del 2006  tanto che neanche la malattia del procuratore rileva di per sé come legittimo impedimento (in tal senso  Cass. SS.UU. n. 32725 del 2018 ;  Cass. n. 12544 del 2015 ; Cass. n. 14586 del 2005); l'altra condizione attiene alla c.d. immediatezza della reazione , da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del fatto ostativo in sé rilevante: nella prontezza dell'attivarsi, appunto, per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare (cfr., oltre alla già citata pronuncia delle  Sezioni Unite n. 4135/2019, v. Cass . n. 21304 del 2019 e  Cass. n. 22342 del 2021 ). La ratio sottesa alla tempestività dell'istanza, intesa in termini di immediata reazione, si impone al fine di realizzare un ragionevole contemperamento tra l'esigenza di garantire un giusto processo, che non sia appesantito da un eccessivo formalismo, ostativo all'accertamento della verità, e la necessità di rispettare regole procedurali, che assicurino la parità di trattamento tra le parti (da ultimo,  Cass. n. 14348 del 2025 ). L'immediata reazione consente di armonizzare tali valori, evitando che il rigoroso rispetto delle forme procedimentali si traduca in un ingiusto sacrificio del diritto di difesa e, a contrario, che un'eccessiva flessibilità si traduca in una destrutturazione della scansione ordinata in cui si articola il processo, compromettendone l'efficienza e pregiudicando a monte la certezza del diritto (così Cass. n. 21282 del 2024). Sovente viene ribadito che unicamente rileva la circostanza che la presentazione della richiesta avvenga in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo ( Cass. n. 9114 del 2012 ;cass n. 25289 del 2020; Cass. n. 2473 del 2023). Tuttavia, quello dell'immediata reazione è un concetto temporalmente relazionale, che si lega al manifestarsi della necessità di svolgere l'attività processuale ormai preclusa ( Cass. n. 23561 del 2011 ;  Cass. n. 19290 del 2016 ;  Cass. n. 6102 del 2019 ;  Cass. n. 25289 del 2020 ;  Cass. n. 22342 del 2021 ; Cass. n. 1102 del 2023 ;  Cass. n. 11029 del 2023 ;  Cass. n. 4034 del 2025 ). Il referente temporale al quale ancorare la valutazione circa la tempestività dell'istanza è sganciato dai termini e dalle scansioni processuali, identificandosi invece con il parametro del termine ragionevolmente contenuto . Tale parametro, caratterizzato da duttilità ed elasticità, veicola inevitabilmente un apprezzamento di merito, che il giudice al quale viene rivolta l'istanza deve compiere valorizzando le peculiarità del caso concreto (in termini  Cass. n. 14348/2025  già citata; analogamente compete al giudice del merito l'accertamento che l'evento addotto per integrare una causa non imputabile abbia carattere di impedimento assoluto, v.  Cass. Sez. un. n. 6431 del 2025 ). 1.2. Sempre in punto di diritto, al fine di delibare l'istanza di parte ricorrente, occorre rammentare la giurisprudenza di legittimità che si è formata in tema di deposito telematico degli atti processuali. È noto che il meccanismo di deposito telematico di atti del processo civile avvia una procedura informatica all'esito della quale il depositante deve ricevere quattro messaggi di posta elettronica certificata: I) il messaggio che attesta l'inoltro del deposito (ricevuta di accettazione, comunemente detta RAC ); II) il messaggio di avvenuta consegna del messaggio al server di posta elettronica dell'ufficio giudiziario ricevente (ricevuta di avvenuta consegna, comunemente detta RdAC ); il messaggio attestante il superamento dei controlli automatici e (formali da parte del gestore del sistema informatico dell'ufficio giudiziario ricevente (c.d. terza PEC ); IV) il messaggio attestante il superamento dei controlli manuali, a cura della Cancelleria dell'ufficio giudiziario ricevente, e la definitiva accettazione del deposito e conseguente visibilità al giudice ed alle controparti (c.d. quarta PEC ). Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (di recente v., diffusamente,  Cass. n. 15801 del 2025 ), ai fini del deposito telematico di un atto processuale, è necessario distinguere, per ciò che riguarda la valenza delle ricevute p.e.c., tra gli aspetti che concernono la tempestività del deposito e gli aspetti che invece riguardano la definitiva regolarità dello stesso: la generazione della ricevuta di avvenuta consegna individua il momento di perfezionamento del deposito e costituisce il riferimento temporale sulla cui base valutare la tempestività o meno del deposito medesimo ( Cass., Sez. un., 22834 del 2022 ; Cass. n. 12422 del 2022; Cass. n. 19796 del 2021); questa efficacia, tuttavia, costituisce un effetto anticipato meramente provvisorio, in quanto comunque subordinata al generarsi con esito positivo delle successive p.e.c., e cioè quella dell' esito controlli automatici deposito e quella di accettazione deposito (cd. terza e quarta p.e.c. ); lo scopo del deposito - infatti - non può dirsi raggiunto finché non vi sia stata l'accettazione dell'atto da parte della Cancelleria, che ne determina la conoscibilità a beneficio delle parti del processo e del giudice, e la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione (cd. quarta p.e.c.) ; in caso di mancato completamento dell'iter del deposito telematico, ed in particolare ove sia risultato negativo l'esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico pur perfetto, non può dirsi pertanto efficace, poiché inidoneo al raggiungimento dello scopo (così  Cass. n. 19307 del 2023 , in motivazione). Il principio ha trovato l'avallo delle Sezioni unite, secondo cui in tema di deposito telematico del ricorso in cassazione, il definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria (cd. quarta PEC, con sequenza rimasta nella sostanza immutata nell' articolo196-sexies disp. att. c.p.c. ) ( Cass. Sez. un. n. 28403 del 2023 ; conf.  Cass. n. 11706 del 2024 ;  Cass. n. 33258 del 2024 ;  Cass. n. 69 del 2025 ). Ove la parte sia incolpevolmente decaduta dalla facoltà di depositare l'atto, questa Corte ha previsto due possibili rimedi. Il primo consiste nella ripresa della procedura di deposito, entro venti giorni da quello in cui il depositante abbia appreso dell'esito infruttuoso del primo deposito (in termini, Cass. n. 16552 del 2024); la rinnovazione dell'atto in tal caso impedisce la decadenza, e gli effetti del nuovo deposito una volta andato a buon fine retroagiranno alla data della prima RdAC (cfr.  Cass. n. 2972 del 2024 ;  Cass. n. 1348 del 2024 ;  Cass. n. 28176 del 2023 ;  Cass. n. 6743 del 2021 ;  Cass. n. 17328 del 2019 ). La seconda possibilità consiste nel domandare la rimessione in termini,  ex articolo 153 c.p.c. , ove ne ricorrano i presupposti (cfr.  Cass. n. 29357 del 2022 ;  Cass. n. 238 del 2023 ;  Cass. n. 32296 del 2023 ). Ovvero sia l'esistenza di un fatto ostativo che ha impedito il deposito e che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte, sia l'immediatezza della reazione quale tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del fatto ostativo in sé rilevante, comportamento da tenersi in un tempo ragionevolmente contenuto . Così è stato di recente ribadito che: In assenza delle p.e.c. successive alla seconda (ed a maggior ragione nel caso in cui la terza o la quarta p.e.c. diano esito non favorevole), la parte non può ritenersi per ciò solo decaduta dal deposito ma, a fronte del mancato perfezionarsi del medesimo, ha l'onere di attivarsi quanto più tempestivamente possibile (considerata la possibilità di una sfasatura temporale nella generazione della terza e quarta p.e.c.) per rimediare a tale mancato perfezionamento, procedendo ad un nuovo deposito (da ritenersi nei termini, stante il primo tentativo, e quindi dovendosi considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività;  Cass. n. 6743/2021 ) oppure alla tempestiva formulazione di una richiesta di rimessione in termini ( Cass. n. 1348/2024 ) (così Cass. n. 15801 del 2025). 1.3. Ciò posto in diritto, occorre valutare i seguenti fatti processuali, confermati anche dall'istanza di rimessione in termini. Notificato il ricorso per cassazione in data 8 aprile 2021, la parte ha provveduto al deposito telematico in data 24 aprile 2021, ricevendo solo la prima e la seconda p.e.c. In data 26 maggio 2021 il legale della controparte segnalava al procuratore del ricorrente che il ricorso non risultava iscritto al ruolo generale della Cassazione. Questi avviava dunque una interlocuzione mediante mail con gli uffici della Corte e, in particolare, il Gruppo Referenti Processo Telematico comunicava che il deposito non era pervenuto tanto che l'Avv. Carena non aveva ricevuto la terza p.e.c. - per una anomalia sulla lunghezza dell'oggetto del deposito, che superava una certa dimensione , anomalia risolta il 27 aprile successivo. Il 31 maggio 2021, quindi, parte ricorrente depositava istanza di rimessione in termini, provvedendo ad un secondo deposito che si perfezionava il 1 giugno. 1.4. Il Collegio ritiene sussistente, nella fattispecie, il fatto ostativo oggettivamente estraneo alla volontà della parte che ha precluso il perfezionamento del primo deposito, dovuto ad una temporanea anomalia tecnica interna al sistema della Corte. Tuttavia, giudica che non ricorra l'altra condizione, attinente alla immediatezza della reazione , in quanto l'istante non si è prontamente attivato per porre rimedio alla situazione che si era venuta a determinare. Occorre precisare che la valutazione della tempestività, nella specie, deve essere effettuata con riferimento al momento in cui la parte istante, usando la diligenza e la perizia richiesta ad un operatore professionale (cfr. Cass. n. 9269 del 2025), avrebbe dovuto rendersi conto che il deposito non si era perfezionato in mancanza di ricezione della terza e quarta p.e.c.; non, invece, con riferimento al momento in cui il procuratore, sol perché avvisato dalla controparte, si è concretamente reso conto del mancato perfezionamento del deposito. Altrimenti ragionando si consentirebbe l'utilizzo dello strumento eccezionale della rimessione in termini per il deposito telematico di atti processuali, con termini stabiliti a pena di decadenza ed anche incidenti sul sistema delle impugnazioni e sulla formazione del giudicato, anche al difensore che, pur in difetto di ricezione della terza e quarta p.e.c., provi di aver avuto conoscenza effettiva del mancato perfezionamento del deposito anche a distanza di un notevole lasso temporale dalla scadenza del termine stabilito, pretendendo di misurare la tempestività della sua reazione su tale concreta conoscenza. Pertanto, anche a voler considerare una sfasatura temporale eventualmente presente tra le prime due p.e.c. e le successive, quanto meno dal momento (28 aprile 2021) in cui risultava scaduto il termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso previsto, a pena di improcedibilità, dal comma 1 dell' articolo 369 c.p.c. , il difensore, in mancanza della ricezione della terza e quarta p.e.c., avrebbe dovuto allertarsi; tanto più in una fase di avvio del PCT in Cassazione, avrebbe dovuto, con vigile premura, assicurarsi dell'avvenuto perfezionamento del deposito nonché, mediante accesso ai registri informatici, dell'avvenuta iscrizione al ruolo generale della Corte, piuttosto che attendere, invece, la sollecitazione di controparte intervenuta dopo quasi un mese, di modo che l'istanza di rimessione in termini presentata solo il 31 maggio successivo non può ritenersi rispettosa del requisito della immediatezza della reazione . Analogamente e a maggior ragione deve escludersi che il secondo deposito, perfezionato il 1 giugno 2021, possa considerarsi legittima ripresa della procedura di deposito, essendo decorsi ben oltre venti giorni dal momento in cui il depositante avrebbe dovuto diligentemente essere edotto dell'esito infruttuoso del primo deposito in mancanza della ricezione della terza e quarta p.e.c. 2. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo. Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell'articolo 380-bis, comma 2, c.p.c. ma il giudizio non viene definito in conformità alla proposta, atteso che è stata delibata l'istanza di rimessione in termini ivi non esaminata con un esito del giudizio che va oltre le ragioni della proposta (cfr  Cass SS.UU. n. 14986 del 2025 ), non si procede ad applicare l' articolo 96, commi 3 e 4, c.p.c. , come previsto dall'ultima proposizione del comma terzo del citato articolo 380-bis c.p.c. Ai sensi dell' articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 , nel testo introdotto dall' articolo 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012 , occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13 (cfr.  Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020 ). P.Q.M. La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 5.000,00, oltre Euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali nella misura del 15%. Ai sensi dell 'articolo 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115 del 200 2 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.