Transidentità e rilascio di documenti: le conclusioni dell’Avvocato generale

L’Avvocato generale Richard de la Tour ha affermato che lo Stato membro di origine di una persona  transgender  è tenuto a rilasciare documenti di identità conformi all’identità di genere vissuta dalla persona interessata e la modifica dei dati dello stato civile deve avvenire indipendentemente dalla sottoposizione a trattamenti chirurgici di riassegnazione sessuale.

Il caso riguarda una cittadina bulgara, registrata alla nascita come maschio, la quale – dopo aver intrapreso un percorso ormonale e presentando oramai lineamenti femminili – si è vista rifiutare dai giudici nazionali la modifica del sesso riconosciuto, del nome e del numero identificativo personale negli  atti di stato civile , in quanto la normativa bulgara, come interpretata, non ne ammette la possibilità. La Corte Suprema di Cassazione bulgara, dubitando della compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione, ha adito la Corte di Giustizia. Nelle conclusioni depositate, l’Avvocato generale Jean Richard de la Tour suggerisce che il  diritto dell’Unione osti a una normativa nazionale che , come interpretata dai giudici interni nel caso di specie,  non consente il riconoscimento  giuridico  del cambiamento di identità di genere , anche in assenza di intervento chirurgico, né la modifica del nome e del numero identificativo personale. Il diritto dell’Unione, inoltre, si oppone a prassi che precludano l’annotazione di tali modifiche nell’atto di nascita, poiché da quest’ultima dipende la possibilità di aggiornamento dei dati nei documenti d’identità. Pertanto, la menzione del sesso nei documenti di identità, fondata sull’atto di nascita, comporta che lo Stato membro debba  riconoscere  e annotare l’ identità di genere vissuta , in considerazione della funzione dei documenti di identità: consentire l’identificazione del titolare, garantendo l’autenticità e la veridicità delle informazioni. Una normativa che neghi il riconoscimento dell’identità di genere e impedisca l’ottenimento di documenti conformi limita il diritto del cittadino di circolare e soggiornare liberamente nell’Unione. Tale limitazione può essere ammessa solo in presenza di motivazioni oggettive e proporzionate a un obiettivo legittimo – condizione che, nel caso di specie, non ricorre. L’Avvocato generale propone che spetti al giudice del rinvio – senza attendere eventuali modifiche legislative – interpretare la normativa nazionale alla luce del diritto dell’Unione, conformandosi ai principi stabiliti su libertà di circolazione, rispetto della vita privata e rilascio dei documenti di identità, o, se necessario, disapplicare la normativa interna contrastante. Infine, l’esercizio del diritto di far registrare la transidentità nello stato civile, per ottenere documenti conformi all’identità di genere, non deve essere subordinato alla prova di avvenuto  trattamento chirurgico  di riassegnazione sessuale, poiché tale prescrizione lederebbe il diritto all’integrità personale e al rispetto della vita privata.                                                                                                                                                                                                                                                               IUS/ UE e Internazionale

I.       Introduzione 1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell'ambito di un procedimento avviato da K. M. H. contro l'Obshtina Stara Zagora (comune di Stara Zagora, Bulgaria), al fine di ottenere una sentenza che dichiari il suo cambiamento di sesso ordinando il cambiamento del suo nome (2) e l'annotazione di tale cambiamento nel suo atto di nascita. 2.        Tale rinvio pregiudiziale verte quindi sul riconoscimento e sull'iscrizione nello stato civile, da parte delle autorità di uno Stato membro competenti a modificare il suo atto di nascita, della transidentità di una persona cittadina di detto Stato membro. Sebbene tale persona abbia esercitato la sua libertà di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro, la sua domanda non ha ad oggetto il riconoscimento di un cambiamento di un elemento della sua identità legalmente acquisito in un altro Stato membro. 3.        Orbene, in materia di registrazione nello stato civile, fino alla sentenza del 4 ottobre 2024, Mirin (3), la giurisprudenza della Corte si è sviluppata unicamente nell'ambito del riconoscimento da parte di uno Stato membro degli effetti di un atto o di una decisione ottenuta in un altro Stato membro e principalmente sulla base del diritto dei cittadini dell'Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, sancito dall'articolo 21 TFUE , ricordando al contempo che il diritto dell'Unione non pregiudica la competenza di tali Stati in materia di stato civile. 4.        Inoltre, secondo tale giurisprudenza, per quanto riguarda il riconoscimento di vincoli giuridici, la Corte si è adoperata a precisare espressamente che il riconoscimento da parte di uno Stato membro di una situazione giuridica legalmente costituita in un altro Stato membro non al impone primo Stato membro nel quale tale situazione produce effetti previsti dal diritto dell'Unione di modificare la propria normativa in materia di stato delle persone (4). Infine, in altri settori, la Corte ha sottolineato la competenza degli Stati membri in materia di riconoscimento giuridico dell'identità di genere (5). 5.        Nella causa all'origine della sentenza Mirin, una procedura nazionale di cambiamento di identità di genere era prevista nello Stato membro di cui la persona era cittadina (6). Ciò non si verifica nel caso di specie, in quanto lo Stato membro di cui la persona è cittadina si oppone fermamente al riconoscimento dei cambiamenti di identità di genere. 6.        La domanda di pronuncia pregiudiziale invita quindi la Corte a pronunciarsi sulla conformità al diritto dell'Unione della normativa di uno Stato membro, come interpretata dai giudici nazionali, che non riconosce né il cambiamento dell'identità di genere di uno dei suoi cittadini né le sue conseguenze, qualora tale cambiamento dell'identità di genere non sia stato legalmente accertato in un altro Stato membro (7). La problematica, poiché riguarda la competenza degli Stati membri in materia di stato delle persone, è di primaria importanza. 7.        Pertanto, la Corte dovrà stabilire in che modo la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione, quale sia l'ostacolo all'esercizio di diritti dei quali può avvalersi la persona interessata e se tale ostacolo possa essere giustificato. 8.        Esporrò le ragioni per le quali la Corte possa ritenere, alla luce di talune disposizioni del diritto dell'Unione, che uno Stato membro sia tenuto a porre rimedio agli ostacoli alla libertà di circolazione e di soggiorno creati dall'assenza in tale Stato membro di riconoscimento giuridico dell'identità di genere vissuta da uno dei suoi cittadini, modificando il suo atto di nascita nonché i suoi documenti d'identità, anche in assenza di un accertamento legale del cambiamento di identità di genere ottenuto in un altro Stato membro. II.     Contesto normativo A.       Diritto dell'Unione 9.        Nell'ambito delle presenti conclusioni, farò riferimento all'articolo 20 e all'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , all' articolo 7 e all'articolo 45, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  (8), nonché all'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE (9). B.       Diritto bulgaro 1.       Legge su ll'iscrizione allo stato civile 10.      Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, della legge sull'iscrizione allo stato civile, nella versione applicabile al procedimento principale: «L'iscrizione allo stato civile consiste nell'iscrizione della nascita, del matrimonio e del decesso nei registri degli atti di stato civile e nell'iscrizione delle persone nel registro anagrafico». 11.      L'articolo 2, paragrafo 1, di tale legge così dispone: «L'iscrizione allo stato civile delle persone nella Repubblica di Bulgaria si fonda sui dati contenuti nei loro atti di stato civile e sui dati contenuti in altri atti indicati in una legge». 12.      L'articolo 3 di detta legge prevede quanto segue: «1.      Nei registri degli atti di stato civile sono iscritti gli eventi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, riguardanti tutte le persone che, al momento del verificarsi dell'evento, sono cittadini bulgari, e riguardanti le persone che non sono cittadini bulgari, ma che al momento del verificarsi dell'evento si trovano nel territorio della Repubblica di Bulgaria. 2.      Sono iscritti nel registro anagrafico: 1.      tutti i cittadini bulgari; (...) [(10)]». 13.      Secondo l'articolo 8, paragrafo 1, della medesima legge, i principali dati di iscrizione allo stato civile delle persone sono il loro nome,       data e luogo di nascita, sesso, cittadinanza e numero di identificazione personale. 14.      L'articolo 9, paragrafo 1, della legge sull'iscrizione allo stato civile dispone quanto segue: «Il nome di un cittadino bulgaro nato nel territorio della Repubblica di Bulgaria è composto da un prenome, da un patronimico e da un cognome. Le tre parti del nome sono iscritte nell'atto di nascita». 15.      L'articolo 13 di detta legge così recita: «Il patronimico di ogni persona è costituito dal prenome del padre con l'aggiunta del suffisso -ov o -ev e di una desinenza a seconda del sesso del figlio, a meno che il prenome del padre non consenta di apporre tali aggiunte o a meno che esse siano contrarie alle tradizioni familiari, etniche o religiose dei genitori». 16.      Ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 1, di detta legge: «Il cognome di ogni persona è il cognome o il patronimico del padre, con il suffisso -ov o -ev e una desinenza a seconda del sesso del figlio, a meno che le tradizioni familiari, etniche o religiose dei genitori non richiedano diversamente». 17.      L'articolo 19, paragrafo 1, della medesima legge dispone quanto segue: «Il cambiamento del prenome, del patronimico o del cognome è autorizzato dall'autorità giudiziaria sulla base di una richiesta scritta della persona interessata, quando è ridicolo, vergognoso o socialmente inaccettabile, e nei casi in cui lo richiedano circostanze importanti». 18.      Ai sensi dell'articolo 45, paragrafo 1, punti da 6 a 8, della legge sull'iscrizione allo stato civile, l'atto di nascita riporta il nome del bambino, il numero di identificazione personale del bambino (solo per i cittadini bulgari) nonché il sesso e la cittadinanza. 19.      L'articolo 73 di tale legge prevede che la modifica dei dati relativi allo stato civile delle persone contenuti in atti di stato civile già rilasciati sia effettuata per via giudiziaria o amministrativa. 20.      Conformemente all'articolo 76, paragrafo 5, di detta legge, il nome e il sesso sono modificati per via giudiziaria. 21.      Ai sensi dell'articolo 100 della medesima legge, il sistema unico di iscrizione allo stato civile e di servizi amministrativi alla popolazione (ESGRAON) è un sistema nazionale di registrazione nello stato civile delle persone fisiche nella Repubblica di Bulgaria e una fonte di dati personali relativi a tali persone. 22.      Ai sensi dell'articolo 101, punti da 1 a 4, della legge sull'iscrizione allo stato civile: «Le funzioni dell'ESGRAON sono: 1.      la costituzione e la tenuta dei registri degli atti di stato civile; 2.      la costituzione e la tenuta di un registro elettronico nazionale degli atti di stato civile; 3.      la costituzione e la tenuta di un registro anagrafico; 4.      la costituzione del sistema di generazione e di attribuzione dell'identificativo amministrativo unico (numero d'identificazione personale) delle persone fisiche, nonché la costituzione e la tenuta del registro dei numeri di identificazione personale». 2.       Legge sui documenti d'identità bulgari 23.      Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, dello Zakon za bulgarskite lichni dokumenti (legge sui documenti d'identità bulgari) (11), del 1° aprile 1999, nella versione applicabile al procedimento principale, ciascun cittadino bulgaro ha diritto a un documento d'identità. 24.      L'articolo 9, paragrafo 1, di tale legge così dispone: «In caso di cambiamento del nome, del numero di identificazione personale (numero personale/numero personale dello straniero), del sesso, della cittadinanza o di modifica sostanziale e permanente dei connotati, la persona è tenuta a chiedere nuovi documenti d'identità bulgari entro un termine massimo di 30 giorni». 25.      L'articolo 13, paragrafo 1, di detta legge elenca i tipi di documenti d'identità. Si tratta in particolare della carta d'identità, del passaporto e della patente di guida. 26.      Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della medesima legge, i documenti d'identità devono contenere il nome, la data di nascita, il numero di identificazione personale, il sesso e la cittadinanza dell'interessato. I paragrafi 2 e 6 di tale articolo precisano che il passaporto e la carta d'identità devono contenere altresì dati biometrici. 27.      Il paragrafo 1, punto 16, delle disposizioni integrative della legge sui documenti d'identità bulgari aggiunge che i dati biometrici sono l'immagine del volto del cittadino e le sue impronte digitali. III.  Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali 28.      K. M. H. è una persona nata il 7 agosto 1990 in Bulgaria e registrata alla nascita come persona di sesso maschile con un nome, composto da un prenome, da un patronimico e da un cognome (12), corrispondente a tale sesso. Le è stato altresì attribuito un numero di identificazione personale e rilasciato un documento d'identità, che la identificano anch'essi come persona di sesso maschile. Tuttavia, K. M. H. sostiene che ella(13) «si è sempre sentita come una donna nell'aspetto, nel comportamento, nella percezione, nelle emozioni e negli atteggiamenti(14)» sin dalla sua infanzia. 29.      Tale persona abita attualmente in Italia e vive stabilmente con un partner italiano(15) che provvede alle sue necessità. Ha seguito un trattamento ormonale grazie al quale presenta i lineamenti di una donna e desidera sottoporsi ad un intervento chirurgico per cambiare sesso, il che comporterebbe un cambiamento di stato civile. La discordanza tra il suo aspetto e il suo comportamento propri di una persona di sesso femminile, da un lato, e la titolarità di documenti d'identità ufficiali, tra cui la sua carta d'identità, propri di una persona di sesso maschile, dall'altro, le causano inconvenienti e problemi quotidiani in particolare nella ricerca di un lavoro. 30.      Per tale ragione, nel 2017, K. M. H. ha chiesto al Rayonen sad Stara Zagora (Tribunale distrettuale di Stara Zagora, Bulgaria), ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, della legge sull'iscrizione allo stato civile, di dichiarare che ella è una persona di sesso femminile, disponendo il cambiamento del suo nome da K. M. H. (prenome, patronimico e cognome maschili) in K. M. H. (prenome, patronimico e cognome femminili) e l'annotazione di tale cambiamento nell'atto di nascita che le è stato rilasciato. 31.      Tale Tribunale, che disponeva di vari pareri medici e di una perizia giudiziaria che confermavano le dichiarazioni di K. M. H. relative all'identità di genere rivendicata, ha respinto la sua domanda il 28 febbraio 2018. Esso ha stabilito che K. M. H. è una persona transgender e ha constatato che tale domanda di riconoscimento del suo cambiamento di identità di genere(16) derivava da una volontà libera e da una scelta informata. Tuttavia, secondo detto Tribunale, il criterio giuridico che consentiva di accogliere tale domanda ai sensi dell'articolo 73 della legge sull'iscrizione allo stato civile, in combinato disposto con l'articolo 19 della stessa legge, non era soddisfatto. Esso ha ritenuto che il diritto oggettivo bulgaro non preveda la possibilità di modificare su basi psicologiche i fatti attestati in un atto di stato civile. 32.      Tale decisione è stata confermata in appello dall'Okrazhen sad Stara Zagora (Tribunale regionale di Stara Zagora, Bulgaria), il 15 giugno 2018, con la motivazione che, anzitutto, il legislatore bulgaro ha previsto la registrazione del sesso determinato alla nascita sulla base di caratteristiche sessuali primarie. È possibile autorizzare un cambiamento di sesso solo se è imposto da una modifica corporea. Inoltre, le disposizioni della legge sull'iscrizione allo stato civile sono perfettamente chiare e non lasciano spazio ad una diversa interpretazione. Infine, spetta allo Stato, nel suo ruolo di legislatore, adottare misure per rispettare la vita privata e familiare dei cittadini, conformemente alla regola enunciata dall' articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (17), che è direttamente applicabile. 33.      A seguito di impugnazione autorizzata con ordinanza del 7 febbraio 2019, il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria) ha dichiarato, con decisione del 28 giugno 2019, che, nonostante l'assenza di una normativa nel diritto nazionale, il principio del rispetto della vita privata e familiare impone al Tribunale di valutare, caso per caso, se siano soddisfatte le condizioni sostanziali del cambiamento di identità di genere di una persona alle quali è soggetto un cambiamento giuridico nei dati relativi allo stato civile contenuti nell'atto di nascita, al fine di raggiungere il giusto equilibrio necessario tra l'interesse pubblico e quello dell'individuo, alla luce dell'articolo 8 della CEDU . Il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) ha deciso di rinviare il procedimento dinanzi all'Okrazhen sad Stara Zagora (Tribunale regionale di Stara Zagora) affinché quest'ultimo raccogliesse nuovi elementi di prova relativi alla situazione medica di K. M. H. 34.      Con decisione del 21 novembre 2019, tale giudice, il quale disponeva di una seconda perizia che confermava che K. M. H. è una persona transgender, ha nuovamente respinto la sua domanda di cambiamento di stato civile ribadendo la motivazione della sua prima decisione fondata sull'assenza di una procedura che consentisse di annotare in un atto di nascita il «sesso psicologico». 35.      K. M. H. ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione). Tale impugnazione è stata autorizzata il 26 giugno 2023 a motivo dell'incompatibilità di detta decisione con la sentenza del 30 aprile 1996, P./S.(18), invocata da K. M. H., concernente le seguenti questioni giuridiche sulle quali verte la controversia, così riepilogate dal giudice del rinvio: «Se le persone fisiche abbiano diritto a decidere la loro propria identità, compresa l'appartenenza a un determinato sesso; se il rifiuto da parte di un giudice di concedere un cambiamento di sesso, di nome e di numero di identificazione personale negli atti di stato civile a un richiedente che afferma di essere transgender costituisca una disparità di trattamento». 36.      Tale procedimento era stato riassunto dopo che le Sezioni unite civili del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) hanno emesso la decisione interpretativa n. 2/2020, del 20 febbraio 2023 (19), vincolante per tutte le autorità dello Stato e per tutti gli organi giurisdizionali, compresi i collegi del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione). È stato dichiarato(20), in risposta alla questione se i presupposti per la modifica dei dati contenuti negli atti di stato civile di una persona che afferma di essere transgender discendano dall'articolo 8 della CEDU , anzitutto, che il diritto sostanziale vigente in Bulgaria non prevede la possibilità di un cambiamento dei dati relativi al sesso, al nome e al numero di identificazione personale contenuti negli atti di stato civile in un caso siffatto. Inoltre, il diritto dell'Unione non implica una conclusione diversa, poiché le norme relative allo stato civile delle persone rientrano nella competenza degli Stati membri. Infine, tale decisione si fonda sulla sentenza n. 15, del 26 ottobre 2021, del Konstitutsionen sad (Corte costituzionale, Bulgaria), dalla quale risulta che il termine «sesso» nella Costituzione può essere inteso solo nel sua accezione biologica e che l'interesse pubblico prevale sull'interesse delle persone transgender, in considerazione delle norme e dei principi morali e/o religiosi, che comprendono le concezioni e i valori invalsi nella società di cui devono essere garantite la stabilità e la continuità. In proposito, tale sentenza sottolinea l'incidenza della modifica dell'atto di nascita di una persona che afferma di essere «transessuale» sullo stato civile di altre persone, comprese le persone minori e incapaci, quali i figli di tale persona, nonché del suo coniuge. 37.      Il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) esprime tuttavia dubbi sull'interpretazione seguita nella decisione interpretativa. In primo luogo, esso evidenzia, riferendosi all'articolo 8 della CEDU e all' articolo 9 TUE , che una discriminazione ai sensi di tali disposizioni si configurerebbe se l'ambito di applicazione del diritto nazionale che vieta la discriminazione fondata sul sesso fosse limitato alle persone intersessuali e ad altre persone per talune ragioni mediche. Esso menziona anche casi identici o analoghi trattati diversamente in altri Stati membri, al fine di invocare una violazione del diritto a un processo equo delle persone transgender bulgare. 38.      In secondo luogo, tale giudice solleva la questione se il divieto di modificare giuridicamente i dati contenuti nell'atto di nascita non violi i principi di uguaglianza dei cittadini dell'Unione e di libera circolazione enunciati agli articoli 8 e 21 TFUE, «sanciti dalle disposizioni dell'articolo 7 della Carta (...) e dell'articolo 8 della CEDU », in quanto le persone interessate non sono in grado di provare la loro identità con i loro documenti d'identità in cui figurano come persone di sesso opposto. 39.      Infine, detto giudice ritiene che spetti alla Corte valutare se un'interpretazione vincolante della Costituzione, fornita da una decisione del Konsitutsionen sad (Corte costituzionale), secondo la quale il termine «sesso» va inteso solo nella sua accezione biologica, sia conforme alle prescrizioni del diritto dell'Unione e possa costituire un ostacolo giuridico alla presa in considerazione dell'identità di genere nei documenti di stato civile. 40.      Ciò posto, il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1)      Se i principi di uguaglianza dei cittadini dell'Unione e di libera circolazione, sanciti dall'articolo 9 [ TUE ] e dagli articoli 8 e 21 [ TFUE ] e ribaditi dall'articolo 7 della [Carta] e dall'articolo 8 della [ CEDU ], ostino a una normativa nazionale di uno Stato membro che esclude la possibilità di modificare le iscrizioni relative al proprio sesso, al proprio nome e al proprio numero di identificazione [personale] contenute nei documenti anagrafici di un richiedente che indichi di essere [una persona transgender]. 2)      Se i principi di uguaglianza dei cittadini dell'Unione e di libera circolazione sanciti dall'articolo 9 [ TUE ] e dagli articoli 8 e 21 [ TFUE ] nonché il divieto di discriminazione in base al sesso, alla razza o all'origine etnica, alla religione o alle convinzioni personali, alla disabilità, all'età o all'orientamento sessuale sancito dall'articolo 10 del TFUE , ribaditi dall'articolo 7 della [Carta] e dall'articolo 8 della [ CEDU ], nonché il principio di tutela giurisdizionale effettiva, ostino ad una giurisprudenza nazionale [nel caso di specie, la decisione interpretativa (…)], secondo la quale il diritto oggettivo sostanziale applicabile nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea non prevede alcuna possibilità di modificazione del sesso, del nome e del numero di identificazione [personale] negli atti di stato civile di un richiedente che si dichiari [persona transgender], ponendolo così in una situazione diversa da quella in cui si troverebbe in un altro Stato membro la cui giurisprudenza ammetta il contrario. Se sia ammissibile una giurisprudenza nazionale la quale, sulla base di valori religiosi e concezioni morali, non consenta la modificazione dell'identità di genere della persona, salvo il caso in cui ciò sia necessario per motivi medici nel caso di determinate persone (intersessuali). Se sia ammissibile una giurisprudenza nazionale la quale, sulla base di valori religiosi e concezioni morali, consenta la modificazione del sesso solo per ragioni mediche in determinati casi e per determinate persone (intersessuali), escludendola tuttavia in altri casi di cambiamento dell'identità di genere dettato da altre e distinte ragioni mediche. 3)      Se l'obbligo degli Stati membri dell'Unione europea, riconosciuto dalla giurisprudenza della [Corte] (con le sentenze [del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, e Pancharevo] ) con riguardo all'applicazione della direttiva [2004/38] e dell'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , di riconoscere lo stato civile di una persona accertato in un altro Stato membro conformemente alla legge dello Stato medesimo, si applichi anche con riguardo al sesso della persona, quale elemento essenziale delle registrazioni anagrafiche, e se il mutamento di sesso da parte di una persona avente parimenti la cittadinanza bulgara, accertato in un altro Stato membro, esiga l'annotazione di tale circostanza nei pertinenti registri della Repubblica di Bulgaria. 4)      Se, a fronte del diritto a un equo processo sancito dalla Carta e dalla CEDU , sia ammissibile un'interpretazione vincolante della Costituzione, risultante da una sentenza del Konstitutsionen sad (Corte costituzionale), secondo la quale la nozione di “sesso” dev'essere intesa esclusivamente in senso biologico; se tale interpretazione sia compatibile con i requisiti del diritto dell'Unione e se essa possa costituire un ostacolo giuridico alla registrazione di un mutamento del sesso [nello stato civile]». 41.      Il giudice del rinvio ha risposto il 27 maggio 2024 a una richiesta di informazioni della Corte. 42.      Osservazioni scritte sono state depositate da K. M. H., dai governi estone, ungherese, dei Paesi Bassi e portoghese nonché dalla Commissione europea. K. M. H., i governi bulgaro e dei Paesi Bassi nonché la Commissione hanno partecipato all'udienza tenutasi il 22 maggio 2025, durante la quale hanno altresì risposto ai quesiti per risposta orale loro rivolti dalla Corte. IV.     Analisi 43.      In via preliminare, rilevo che, sebbene la prima questione pregiudiziale abbia ad oggetto la normativa nazionale che esclude la registrazione nello stato civile della transidentità, le altre questioni vertono sulla giurisprudenza nazionale secondo la quale l'interpretazione di tale normativa non consente la modifica dello stato civile di una persona transgender. 44.      In tale contesto, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del diritto dell'Unione relative all'uguaglianza dei cittadini dell'Unione, alla loro libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri, alla non discriminazione e a una tutela giurisdizionale effettiva, diritti sanciti nella Carta, ostino a che la normativa nazionale nonché l'interpretazione che ne è data dai giudici nazionali non consentano la «modificazione dell'identità di genere»(21) di un cittadino bulgaro ai fini dell'annotazione di quest'ultima nel suo atto di nascita e nei suoi documenti d'identità, anche senza trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale. 45.      Poiché tale domanda di pronuncia pregiudiziale si inserisce nell'ambito di una controversia tra un cittadino bulgaro e l'autorità bulgara competente in materia di iscrizione allo stato civile, che non verte sul riconoscimento di un atto o di una decisione registrata in un altro Stato membro, occorre precisare ciò che giustifica la competenza della Corte (22). 46.      A mio avviso, è sufficiente constatare che la situazione di K. M. H. rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 21, paragrafo 1, TFUE (23). Infatti, in quanto cittadina bulgara (24), K. M. H. ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione in un altro Stato membro, vale a dire la Repubblica italiana. Ella intende soggiornare e lavorare in quest'ultimo Stato nonché circolare liberamente nel territorio degli Stati membri con un'identità che risulti dal riconoscimento giuridico nel suo Stato membro di origine della sua identità di genere e aspira a che sia garantita la sua vita familiare con il suo partner italiano. La Repubblica di Bulgaria è l'unica competente a rilasciare a K. M. H. una carta d'identità o un passaporto che ne indichi la cittadinanza. 47.      K. M. H. può quindi godere in particolare del diritto fondamentale e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito a ciascun cittadino dell'Unione conformemente all'articolo 20, paragrafo 2, lettera a), e all'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , fatte salve, secondo quest'ultima disposizione, le limitazioni e le condizioni previste dai Trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi (25). Al riguardo, la direttiva 2004/38 è intesa segnatamente a determinare le modalità di esercizio di tali diritti e le relative limitazioni (26). In particolare, essa prevede, all'articolo 4, paragrafo 3, il rilascio di una carta d'identità o di un passaporto. 48.      Per quanto riguarda le questioni sollevate dal giudice del rinvio e, anzitutto, le prime due, rilevo che quest'ultimo ha presentato la sua domanda di pronuncia pregiudiziale e la sua risposta alla richiesta di informazioni formulata dalla Corte prima della pronuncia della sentenza Mirin relativa all'annotazione nell'atto di nascita di un cittadino dell'Unione del cambiamento del suo prenome e della sua identità di genere da parte dell'autorità competente dello Stato membro di cui tale cittadino dell'Unione ha la cittadinanza. La Corte ha dichiarato che «l'articolo 20 e l'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , letti alla luce degli articoli 7 e 45 della Carta, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro che non consente di riconoscere e di annotare nell'atto di nascita di un cittadino di tale Stato membro il cambiamento di prenome e di identità di genere legalmente acquisito in un altro Stato membro durante l'esercizio della sua libertà di circolazione e di soggiorno, con la conseguenza di costringerlo ad avviare un nuovo procedimento, di tipo giudiziario, per il cambiamento di identità di genere in tale primo Stato membro, procedimento che prescinde da tale cambiamento già legalmente acquisito in tale altro Stato membro» (27). 49.      Tuttavia, esiste una differenza importante tra la causa all'origine della sentenza Mirin e la presente causa, vale a dire l'assenza, nel caso di specie, di un cambiamento di identità di genere legalmente acquisito in un altro Stato membro. Pertanto, la prima e la seconda questione pregiudiziale restano pertinenti. 50.      Inoltre, sebbene la sentenza Mirin consenta di dissipare i dubbi del giudice del rinvio espressi nella sua terza questione pregiudiziale, quest'ultima è irricevibile, in quanto essa esula dall'oggetto della controversia, ed è quindi ipotetica. Infatti, K. M. H. non ha ottenuto alcuna decisione giudiziaria o amministrativa in Italia, dove soggiorna, come risulta dalla risposta del giudice del rinvio alla richiesta di informazioni della Corte. 51.      Infine, mi sembra che la quarta questione pregiudiziale possa essere intesa come volta a chiarire se il giudice del rinvio si trovi nell'impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell'Unione per il solo fatto che tale disposizione è stata interpretata dal Konsitutsionen sad (Corte costituzionale) in un senso che non sarebbe compatibile con tale diritto. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, occorre dare una risposta negativa. 52.      Infatti, la Corte ha dichiarato, da un lato, che il giudice nazionale che abbia esercitato la facoltà ad esso attribuita dall' articolo 267, secondo comma, TFUE deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni di un organo giurisdizionale nazionale di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione dell'interpretazione fornita dalla Corte, che queste ultime non siano conformi al diritto dell'Unione, disapplicando all'occorrenza la norma nazionale che gli impone di rispettare le decisioni di tale organo giurisdizionale di grado superiore. Dall'altro lato, tale soluzione trova applicazione in particolare nel caso in cui un giudice ordinario sia vincolato da una decisione di una corte costituzionale nazionale che esso ritenga in contrasto con il diritto dell'Unione(28). 53.      Di conseguenza, propongo alla Corte di concentrare la mia analisi sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale, nella parte in cui si riferiscono all'articolo 21 TFUE e all'articolo 7 della Carta, e di esaminarle congiuntamente. 54.      Poiché K. M. H. può invocare l'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , talune norme richiamate dal giudice del rinvio potrebbero, a mio avviso, essere escluse, vale a dire le disposizioni relative all'uguaglianza ( articolo 9 TUE e articolo 8 TFUE ), alla non discriminazione (articolo 10 TFUE ) e al diritto a un ricorso effettivo (articolo 47 della Carta). 55.      Propongo pertanto di riformulare la prima e la seconda questione pregiudiziale. Inoltre, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall' articolo 267 TFUE e al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio per dirimere la controversia di cui è investito, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell'Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la sua questione (29). 56.      Si dovrebbe quindi ritenere, sulla base della finalità della domanda di pronuncia pregiudiziale(30), che il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l'articolo 20 e l'articolo 21, paragrafo 1, TFUE nonché l'articolo 7 e l'articolo 45, paragrafo 1, della Carta, in combinato disposto con l'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come interpretata dai giudici nazionali, che non consente che il cambiamento di identità di genere dei suoi cittadini, anche senza trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale, nonché il cambiamento del nome e del numero di identificazione personale di questi ultimi siano giuridicamente riconosciuti e annotati nel loro atto di nascita, mentre da tale annotazione dipende la modifica delle indicazioni contenute nei loro documenti d'identità. 57.      In materia di stato civile e di riconoscimento giuridico della transidentità, la Corte si è già pronunciata sugli obblighi degli Stati membri ai sensi del diritto dell'Unione in circostanze specifiche, vale a dire il cambiamento di identità di genere legalmente acquisito in un altro Stato membro (31). La logica sottesa a tale giurisprudenza è identica a quella relativa al nome. Essa si basa sulla constatazione che l'esercizio dei diritti conferiti dall'articolo 20 e dall'articolo 21, paragrafo 1, TFUE è ostacolato qualora l'identità di un cittadino «mobile» dell'Unione riconosciuta in uno Stato membro sia diversa da quella registrata nello Stato membro di cui ha la cittadinanza (32). 58.      Tale ostacolo giustifica l'introduzione di un limite alla competenza degli Stati membri in materia di status delle persone. Infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte, allo stato attuale del diritto dell'Unione, lo status delle persone, in cui rientrano le norme sul cambiamento di prenome, di cognome e di identità di genere di una persona, è una questione di competenza degli Stati membri e il diritto dell'Unione non incide su tale competenza. Tuttavia, nell'esercizio di detta competenza, ciascuno Stato membro deve rispettare il diritto dell'Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà riconosciuta a ogni cittadino dell'Unione di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, riconoscendo, a tal fine, lo status delle persone stabilito in un altro Stato membro conformemente al diritto di quest'ultimo (33). 59.      Tuttavia, in mancanza di un atto o di una decisione legalmente ottenuta in uno Stato membro diverso da quello di cui l'interessato è cittadino, non si tratta più di risolvere difficoltà connesse allo stato civile di una persona che, per il solo fatto che quest'ultima ha esercitato la sua libertà di circolazione e di soggiorno in uno Stato membro, differisce a seconda degli Stati membri di cui trattasi. 60.      La questione inedita sottoposta alla Corte mira a stabilire come garantire l'effettività dell'esercizio di tale libertà qualora l'identità di genere vissuta da un cittadino dell'Unione differisca dall'identità di genere risultante dall'indicazione del suo sesso contenuta nel suo atto di nascita, la quale è riportata nella sua carta d'identità o nel suo passaporto. Nel caso di specie, in concreto, come sostenuto da K. M. H. dinanzi ai giudici nazionali, ella non dispone di documenti d'identità che le consentano di circolare e di soggiornare nonché di lavorare nel territorio degli Stati membri, senza dover fugare il dubbio suscitato dalla discordanza tra, da un lato, l'indicazione del suo sesso in tali documenti, conforme a quella contenuta nel suo atto di nascita e, dall'altro, la sua identità di genere vissuta. 61.      Di conseguenza, si pone la questione di determinare quale possa essere il fondamento nel diritto dell'Unione di un obbligo per gli Stati membri di riconoscere giuridicamente il cambiamento di identità di genere di uno dei loro cittadini nato nel loro territorio. 62.      In mancanza di un atto o di una decisione adottata in un altro Stato membro, mi sembra che non si possa estendere a una siffatta situazione l'ambito di applicazione dell'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , come interpretato in materia di identità dei cittadini «mobili» dell'Unione, qualora tale identità sia diversa a seconda degli Stati membri interessati. Decidere unicamente su tale fondamento normativo, anche letto alla luce dell'articolo 7 della Carta, che uno Stato membro ha l'obbligo di riconoscere giuridicamente l'identità di genere equivarrebbe a rimettere in discussione il principio della competenza degli Stati membri in materia di stato delle persone e, di conseguenza, di stato civile. Una siffatta decisione implicherebbe in definitiva il riconoscimento senza limiti di diritti connessi alla cittadinanza dell'Unione, ancorché nessuna disposizione dei Trattati lo preveda. Inoltre, un'interpretazione fondata sull'articolo 45, paragrafo 1, della Carta trova i suoi limiti nell'articolo 51, paragrafo 2, della Carta. 63.      Ritengo pertanto, al pari della Commissione che si è espressa in tal senso in udienza, che una risposta fondata sull'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , in combinato disposto con l'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38, appaia preferibile. 64.      Una tale risposta presenta il vantaggio fondamentale di restare entro le limitazioni e le condizioni di esercizio da parte dei cittadini dell'Unione della loro libertà di circolazione e di soggiorno, previste dall'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , le quali sono stabilite dalla direttiva 2004/38 (34). Inoltre, detta risposta può richiamarsi a tre decisioni della Corte, vale a dire, da un lato, la sentenza Direcţia pentru Evidenţa Persoanelor şi Administrarea Bazelor de Date, relativa alle condizioni di rilascio di una carta d'identità valida per l'espatrio all'interno dell'Unione europea, e, dall'altro, le sentenze Mirin e Deldits, sull'iscrizione della transidentità in registri pubblici. 65.      Infatti, la Corte ha precisato che si inserisce nella realizzazione dello spazio senza frontiere interne offerto dall'Unione ai suoi cittadini il diritto, conferito direttamente a ciascuno di essi dall'articolo 20, paragrafo 2, lettera a), e dall'articolo 21, paragrafo 1, TFUE , di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, diritto di cui la direttiva 2004/38 mira, secondo costante giurisprudenza, ad agevolare l'esercizio (35). 66.      Pertanto, le carte d'identità e i passaporti, che contengono in particolare un'immagine del volto dei loro titolari, servono all'identificazione dei cittadini dell'Unione (36) al fine, segnatamente, di attestare la loro qualità di beneficiari del diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri e quindi di esercitare tale diritto (37). 67.      Di conseguenza, se è vero che le carte d'identità e i passaporti rilasciati dallo Stato membro interessato contengono un'indicazione relativa al sesso del loro titolare desunta dal suo atto di nascita, dovrebbero allora riportare l'identità di genere vissuta dal titolare stesso qualora quest'ultima sia differente da quella assegnata alla nascita (38). Lo stesso vale per il prenome, il cognome e, eventualmente, il numero di identificazione personale concordanti con il cambiamento di identità di genere. A tal riguardo, occorre ricordare che l'indicazione del sesso ha ripercussioni psicosociali (39), tenuto conto che esse determinano l'identità di genere maschile o femminile. Pertanto, se, in una situazione concreta, tale indicazione non corrisponde all'identità di genere vissuta dalla persona interessata (40), il documento presentato per provare la propria identità (carta d'identità o passaporto) suscita necessariamente dubbi sulla sua autenticità o veridicità (41). 68.      Su tale aspetto, per quanto riguarda l'indicazione del sesso nelle carte d'identità o nei passaporti, mi sembra opportuno fornire alcune precisazioni essenziali. 69.      Occorre distinguere la legislazione europea in materia di rilascio, da un lato, dei passaporti e, dall'altro, delle carte d'identità. I primi sono disciplinati dal regolamento (CE) n. 2252/2004 (42). Per le seconde, è attualmente applicabile il regolamento 2025/1208. 70.      Anche se, in entrambi i casi, tali regolamenti rinviano alle raccomandazioni dell'Organizzazione internazionale per l'aviazione civile (ICAO) (43) e, in particolare, a quelle contenute nel documento 9303, sui documenti di viaggio leggibili a macchina (44), occorre sottolineare alcune differenze. 71.      Per quanto riguarda i passaporti, nella sezione 4 del documento 9303, intitolata «Specifiche per i passaporti leggibili a macchina (Machine readable passports, MRP) e altri MRTD [(45)] di formato TD3 [(46)]» (47), nella zona II, contenente gli «[e]lementi di dati anagrafici, obbligatori e facoltativi», è prevista una voce 11 relativa al sesso del titolare del passaporto, nella seguente forma in lingua francese: « F (féminin) (femminile), M (masculin) (maschile) oppure X (sexe non spécifié) (sesso non specificato)» (48). Pertanto, secondo tale disposizione, gli Stati membri hanno l'obbligo di prevedere una voce per l'inserimento di un dato concernente il sesso. Tuttavia, essi possono essere dispensati dal compilarla (49). 72.      Per quanto riguarda le carte d'identità, le stesse prescrizioni relative all'indicazione del sesso figurano nella sezione 5 del documento 9303, intitolata «Specifiche per i documenti di viaggio ufficiali leggibili a macchina (Machine readable official travel documents, MROTD) di formato TD1 [(50)]» (51). 73.      Tuttavia, per le carte d'identità dei cittadini dell'Unione, gli Stati membri possono derogare a tali prescrizioni, come previsto dall'articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento 2025/1208, letto alla luce del suo considerando 25. Pertanto, per tali carte d'identità, il legislatore dell'Unione ha scelto: –        di utilizzare il termine «genere» anziché il termine «sesso» di cui al documento 9303 per indicare tale dato da inserire in una voce della carta d'identità, e –        di rendere facoltativa l'indicazione da parte degli Stati membri del «genere» (nell'accezione di «sesso» secondo il documento 9303) di una persona nella sua carta d'identità. In altre parole, gli Stati membri non sono tenuti a includere in tale documento una voce relativa al genere (o sesso) (52). 74.      Pertanto, per proseguire l'analisi relativa alle condizioni alle quali deve essere rilasciata a un cittadino dell'Unione transgender una carta d'identità concordante con l'identità di genere vissuta dallo stesso, si deve porre l'ipotesi che lo Stato membro di cui è cittadino indichi il genere (o sesso) nelle carte d'identità. 75.      In un caso siffatto, come nel caso di specie in Bulgaria (53), l'ostacolo all'esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri subito da un cittadino dell'Unione transgender deriva dal rilascio, da parte dell'unica autorità competente, vale a dire quella del suo Stato membro di origine, di una carta d'identità che riporta obbligatoriamente l'indicazione del suo sesso contenuta nell'atto di nascita, sebbene essa non corrisponda più alla sua identità di genere vissuta. In tali circostanze, detto documento d'identità non è conforme alla sua finalità. Ricordo che quest'ultima è quella di consentire l'identificazione del suo titolare senza che possa essere rimessa in discussione l'autenticità dei documenti presentati da quest'ultimo o la veridicità dei dati in essi contenuti (54). 76.      Tale constatazione dovrebbe quindi indurre la Corte a rilevare una nuova forma di ostacolo all'esercizio, da parte di un cittadino dell'Unione, dei diritti garantiti dall'articolo 21 TFUE e dall'articolo 45, paragrafo 1, della Carta, letti alla luce dell'articolo 7 di quest'ultima. Tale ostacolo deriva non dall'esistenza di due atti in materia di stato civile discordanti relativi alla stessa persona, bensì dall'indicazione obbligatoria nella carta d'identità del sesso riportato nell'atto di nascita senza alcuna possibilità di inserirvi un'identità di genere diversa, vale a dire quella vissuta. 77.      La Corte potrebbe allora prendere in considerazione che, in una simile situazione, uno Stato membro non può invocare l'assenza, nel proprio diritto nazionale, di una procedura di riconoscimento giuridico della transidentità per ostacolare il diritto di ottenere un documento d'identità che agevoli l'esercizio del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri del cittadino dell'Unione interessato (55). 78.      Dovrebbe essere respinto, a mio avviso, anche l'argomento, sostenuto dal governo bulgaro in udienza, secondo cui, poiché il documento d'identità riflette l'atto di nascita, esso può contenere solo l'indicazione del sesso registrata alla nascita della persona interessata. È pur vero che l'atto di nascita costituisce la base sulla quale sono redatti i documenti d'identità (56) per la loro finalità probatoria comune, in materia di identità, in quanto il contenuto del primo è esaustivo, mentre quello dei secondi costituisce una sintesi (57). 79.      Infatti, in un atto di nascita sono registrati una constatazione, vale a dire la nascita di una persona di un sesso generalmente determinato e l'identità che le è stata data (cognome, prenome), nonché i legami con uno o due genitori. Le indicazioni del sesso, del prenome e del cognome servono a identificare la persona la cui nascita è stata registrata. Secondo gli Stati membri, tali indicazioni possono essere collegate tra loro in misura diversa a seconda che siano sociologiche, ad esempio per la scelta di un prenome, o giuridiche, ad esempio in Bulgaria, per il cognome (58), o in Ungheria, secondo le osservazioni scritte relative al prenome presentate dal governo ungherese. 80.      Inoltre, la scelta di attribuire all'atto di nascita la funzione di documento di riferimento nel quale sono annotate le modifiche dei dati in esso contenuti, a fini probatori, in particolare per il rilascio di documenti d'identità, rientra nell'esercizio da parte degli Stati membri della loro competenza, in materia sia di stato civile (59) sia di rilascio di documenti d'identità (60). 81.      Nell'esercizio di detta competenza in tali due materie, gli Stati membri devono nondimeno rispettare il diritto dell'Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà riconosciuta a qualsiasi cittadino dell'Unione di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri (61). 82.      Di conseguenza, in un sistema giuridico in cui l'atto di nascita è l'unico documento di riferimento per tutta la vita di una persona, l'emissione di una carta d'identità di una persona transgender con l'indicazione di un'identità di genere vissuta, che non è quindi concordante con l'indicazione del suo sesso contenuta nell'atto di nascita, può essere solo preceduta, alla luce dei forti requisiti che conferiscono alla carta d'identità il suo valore probatorio (62) ai fini dell'esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, da una registrazione ufficiale del cambiamento di identità di genere. In altri termini, poiché il documento d'identità contiene un'indicazione relativa al sesso e poiché quest'ultima è desunta unicamente dall'atto di nascita della persona, quale legalmente redatto nello Stato membro competente in base alla sua cittadinanza, tale Stato ha l'obbligo, in considerazione della finalità del documento d'identità, di riconoscere giuridicamente l'identità di genere vissuta e di annotarla in tale atto (63). 83.      In tali circostanze, una normativa nazionale, come interpretata dai giudici nazionali, che non consente a una persona transgender, in mancanza del riconoscimento della sua identità di genere, di beneficiare di un diritto tutelato dal diritto dell'Unione come, nel caso di specie, il diritto di disporre di un documento d'identità che le permetta di esercitare liberamente il suo diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, costituisce una limitazione del diritto di circolare e di soggiornare liberamente previsto dall'articolo 21, paragrafo 1, TFUE (64). 84.      Inoltre, la Corte ha dichiarato che «[u]na siffatta restrizione deve altresì essere constatata per quanto riguarda il diritto sancito dall'articolo 45, paragrafo 1, della Carta» (65). 85.      Secondo costante giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale idonea a limitare l'esercizio di tale diritto, sancito dall'articolo 21 TFUE , può essere giustificata solo se è basata su considerazioni oggettive e se è proporzionata all'obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale (66). 86.      Oltre a ciò, una normativa nazionale che impedisce che una persona transgender, a causa del mancato riconoscimento della sua identità di genere, possa soddisfare una condizione necessaria per l'esercizio di un diritto tutelato dal diritto dell'Unione dev'essere considerata in linea di principio incompatibile con il diritto dell'Unione (67). 87.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio menziona la sentenza del Konstitutsionen sad ( Corte costituzionale) n. 15, del 26 ottobre 2021 , sulla quale si fonda la decisione interpretativa (68), la quale si basa, da un lato, sul principio secondo cui solo il «sesso biologico» è iscritto nell'atto di nascita nonché, dall'altro, su valori religiosi e norme morali in relazione alle conseguenze del cambiamento dello stato civile di una persona transgender per i suoi familiari (69). 88.      Il governo bulgaro non ha addotto in udienza alcuna giustificazione specifica. Esso ha sostenuto che il riconoscimento giuridico dell'identità di genere rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri, che deve essere rispettata all'interno dell'Unione. 89.      Anche supponendo che la normativa nazionale, come interpretata dal Konstitutsionen sad (Corte costituzionale) e dalle Sezioni unite civili del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) nella sua decisione interpretativa, persegua un obiettivo legittimo, essa può, in ogni caso, essere considerata giustificata solo se è conforme ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta di cui la Corte garantisce il rispetto e, in particolare, al diritto al rispetto della vita privata di cui all'articolo 7 della Carta (70). 90.      Poiché i diritti garantiti dall'articolo 7 della Carta hanno, conformemente all'articolo 52, paragrafo 3, della Carta, lo stesso significato e la stessa portata di quelli garantiti dall'articolo 8 della CEDU , in quanto quest'ultima costituisce una soglia di protezione minima (71), occorre rilevare che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (72) risulta che, in forza degli obblighi positivi a loro carico derivanti dall'articolo 8 della CEDU (73), gli Stati sono tenuti ad assicurare il riconoscimento del cambiamento dell'identità di genere, in particolare consentendo agli interessati di far modificare il loro stato civile, con le conseguenze che ne derivano (74), nei documenti ufficiali, in modo rapido, trasparente e accessibile. 91.      Inoltre, nella sentenza P.H. c. Bulgaria, la Corte EDU ha fatto riferimento alla sua sentenza del 9 luglio 2020, Y.T. c. Bulgaria (75), sottolineando di aver concluso che, «rifiutando di riconoscere giuridicamente la riassegnazione sessuale del ricorrente senza addurre al riguardo una motivazione sufficiente e pertinente e senza spiegare per quale ragione in altre cause decise da giudici nazionali una siffatta riassegnazione fosse stata riconosciuta, le autorità interne avevano arrecato una lesione ingiustificata al diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata» (76). 92.      Successivamente, la Corte EDU ha statuito nello stesso senso rilevando che «[i]l mancato bilanciamento degli interessi individuali della ricorrente con l'interesse pubblico, in un contesto di prassi eterogenea dell'alto giudice bulgaro, dimostra, al pari della causa [che ha dato luogo alla sentenza] Y.T. c. Bulgaria (...), una rigidità di ragionamento sul riconoscimento dell'identità sessuale. Nel caso di specie, tale rigidità ha posto la ricorrente, per un periodo irragionevole e continuo, in una situazione angosciosa che le ha provocato inutilmente sensazioni di vulnerabilità, umiliazione e ansia (v.,  mutatis mutandis , [sentenze dell'11 luglio 2002,] Christine Goodwin c. Regno Unito [CE:ECHR:2002:0711JUD002895795], §§ 77 e 78 (...), e Y.T. c. Bulgaria (...), § 72)»(77). 93.      Peraltro, sempre nella sentenza P.H. c. Bulgaria, la Corte EDU, informata del procedimento relativo alla decisione interpretativa ancora pendente al momento della sua pronuncia (78), ha ricordato «la necessità di fare riferimento alle raccomandazioni formulate da organi internazionali, in particolare il Comitato dei Ministri e l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, nonché l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, su misure dirette a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere, tra le quali figura la raccomandazione rivolta agli Stati al fine di consentire il cambiamento di nome e di sesso nei documenti ufficiali in modo rapido, trasparente e accessibile» (79). 94.      In tale contesto, propongo alla Corte di dichiarare che spetta, in linea di principio, al giudice del rinvio, senza attendere che la normativa nazionale di cui trattasi sia modificata in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale, dare piena esecuzione all' obbligo di cui al paragrafo 82 delle presenti conclusioni interpretando tale normativa alla luce del diritto dell'Unione e, in particolare, delle norme in materia di libertà di circolazione e di soggiorno, di rispetto della vita privata nonché di rilascio dei documenti di identità o disapplicando, se necessario, detta normativa (80). Ritengo che, tuttavia, non venga messa in discussione o trattata come un errore da rettificare l'indicazione relativa al sesso della persona interessata contenuta nel suo atto di nascita dopo che quest'ultimo è stato redatto (81). 95.      A tal riguardo, da un lato, il riferimento reiterato nella sentenza P.H. c. Bulgaria all'indirizzo giurisprudenziale precedente alla decisione interpretativa secondo cui «il diritto interno consentiva il riconoscimento giuridico della riassegnazione sessuale» (82) nonché l'opinione dissenziente espressa da numerosi giudici al momento dell'adozione di tale decisione da parte di un'esigua maggioranza (83) rivestono grande importanza (84), in quanto dimostrano che la normativa nazionale non è stata, in maniera costante, interpretata in un senso incompatibile con il diritto dell'Unione. 96.      Dall'altro lato, è necessario sottolineare che, nella sentenza del 17 febbraio 2022, Y c. Polonia (85), la Corte EDU ha tenuto conto del fatto che il sistema di registrazione delle nascite presenta un carattere storico e che il riferimento al sesso assegnato alla nascita può, in determinate situazioni, essere utile per provare taluni fatti precedenti alla riassegnazione sessuale, anche se può derivarne una certa difficoltà per la persona interessata (86). 97.      Peraltro, a prescindere dalla procedura seguita dallo Stato membro interessato, sembra opportuno ricordare, in primo luogo, che la Corte EDU ha dichiarato che «il mantenimento del principio dell'indisponibilità dello stato delle persone, della garanzia dell'affidabilità e della coerenza dello stato civile e, più in generale, dell'esigenza di certezza del diritto è di interesse generale e giustifica l'introduzione di procedure rigorose allo scopo, in particolare, di verificare le motivazioni profonde di una richiesta di cambiamento legale di identità (v.,  mutatis mutandis , [sentenze del 6 aprile 2017,] A.P., Garçon e Nicot c. Francia, [CE:ECHR:2017:0406JUD007988512], § 142, [dell'11 ottobre 2018,] S.V. c. Italia, [CE:ECHR:2018:1011JUD005521608], § 69 (...), e Y.T c. Bulgaria (...), § 70)» (87). 98.      In secondo luogo, sebbene spetti agli Stati membri determinare le condizioni per il riconoscimento giuridico del cambiamento di sesso di una persona (88), occorre precisare, in considerazione degli elementi informativi forniti dal governo bulgaro in udienza, che non è ammissibile subordinare l'esercizio, da parte di una persona transgender, del suo diritto di far registrare nello stato civile la sua transidentità per ottenere una carta d'identità o un passaporto corrispondente alla sua identità di genere alla produzione di prove di un trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale. 99.      Infatti, la Corte ha dichiarato che un siffatto requisito probatorio pregiudicherebbe l'essenza dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta e, in particolare, l'essenza del diritto all'integrità della persona e del diritto al rispetto della vita privata, di cui rispettivamente agli articoli 3 e 7 di quest'ultima (89). Inoltre, la stessa ha ricordato che la Corte EDU aveva stabilito che il riconoscimento dell'identità di genere di una persona transgender non poteva essere subordinato alla realizzazione di un trattamento chirurgico non desiderato da tale persona (90) e che un certificato medico, ivi compresa una previa diagnosi psicologica, può costituire un elemento di prova pertinente e sufficiente al riguardo (91). 100. Di conseguenza, qualsiasi procedura che comporti l'integrazione dello stato civile di una persona transgender al fine di ottenere un documento d'identità concordante non deve essere subordinata alla produzione di prove di un trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale. 101. Da tutte tali considerazioni risulta che deve essere prevista, se necessario mediante un'interpretazione giurisprudenziale della normativa nazionale, una procedura adeguata in materia di stato civile affinché possano essere rilasciati ai cittadini bulgari documenti d'identità corrispondenti all'identità di genere vissuta dagli stessi. V.       Conclusione 102. Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria) nei seguenti termini: L'articolo 20 e l'articolo 21, paragrafo 1, TFUE nonché l' articolo 7 e l'articolo 45, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea , in combinato disposto con l'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE , devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a una normativa nazionale, come interpretata dai giudici nazionali, che non consente che il cambiamento di identità di genere dei suoi cittadini, anche senza trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale, nonché il cambiamento del nome e del numero di identificazione personale di questi ultimi siano giuridicamente riconosciuti e annotati nel loro atto di nascita, mentre da tale annotazione dipende la modifica delle indicazioni contenute nei loro documenti d'identità.