Detenuto con figlia disabile: non concessa la detenzione domiciliare

Niente detenzione domiciliare speciale per il detenuto che a casa ha una figlia disabile se ad occuparsi di quest’ultima può provvedere la madre. Impossibile pretendere una parificazione delle figure genitoriali nell’ottica della cura della prole con annesso riconoscimento, in automatico, della possibilità per il padre detenuto di tornare a casa per contribuire alla cura della figlia.

A prendere una posizione netta, nel caso in esame, provvede già il Tribunale di Sorveglianza, respingendo la richiesta, avanzata da un uomo, di detenzione domiciliare a fronte della necessità di accudire la figlia minore, affetta da disabilità . A ‘tradire’ l’uomo è l’ accertata presenza della madre della ragazza . Per i giudici, difatti, la donna si può dedicare esclusivamente alla cura dei figli , inclusa la figlia affetta da una forma lieve di disabilità, e pertanto non vi sono i presupposti, checché ne dica il detenuto, per la concessione della detenzione domiciliare speciale. Questa visione viene così censurata in Cassazione dal legale che rappresenta l’uomo. Secondo l’avvocato infatti, risultava evidente l ’errore compiuto dal Tribunale di Sorveglianza, perché il suo cliente «deve essere ammesso alla detenzione domiciliare per consentirgli di ricoprire il ruolo di ‘caregiver ’, esattamente come è consentito alla figura materna», anche tenendo presente che oggi è sempre più evidente «l’equivalenza fra i ruoli parentali» . Ragionando in questa ottica, quindi, il quadro delineato dall’ordinamento penitenziario «deve essere letto quale istituto teso alla tutela della prole e anche all’assolvimento di un ruolo di cura paritario da parte dei genitori , al fine di evitare che lo stato detentivo di uno dei due possa riverberare negativamente sullo sviluppo psico-fisico del figlio minore portatore di handicap», sostiene il legale. Chiaro l’obiettivo dell’avvocato: vedere riconosciuto «rilievo alla uguaglianza morale e giuridica fra coniugi » e, quindi, nella specifica vicenda, vedere promossa «la possibilità per il padre detenuto di contribuire, in uno con la madre, alla cura della minore disabile». Prima di esaminare il singolo caso, i magistrati di Cassazione ribadiscono un punto fermo fissato dall’ordinamento penitenziario, alla luce di quanto precisato dalla Corte Costituzionale nel 2020: «la detenzione domiciliare speciale può essere concessa – alle stesse condizioni previste per la madre – anche al padre detenuto , se», però, «la madre è deceduta o è impossibilitata e non vi è modo di affidare ad altri che al padre i figli, anche se questi sono gravemente disabili, a prescindere dall’età anagrafica». Di conseguenza, «in materia di concessione della detenzione domiciliare speciale a detenuto padre di prole affetta da handicap grave, quando la madre versi nell’impossibilità di prestarle assistenza e non vi sia altro modo di affidarla ad altri che al padre, la nozione di siffatta condizione di impossibilità della madre deve identificarsi con quella che – per l’emersione di oggettivi fattori impeditivi inerenti alla sfera di azione della donna – determina il rischio concreto per la prole di un grave deficit assistenziale e di un’irreversibile compromissione del processo evolutivo ed educativo». Per essere precisi, sono stati anche individuati i connotati della condizione di assoluta impossibilità per il genitore: « la situazione di impedimento va intesa come l’impossibilità per il genitore non detenuto di garantire una presenza in famiglia che assicuri la continuità affettiva , avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo». A fronte di tale quadro, è corretta, secondo i giudici di Cassazione, la valutazione compiuta dal Tribunale di Sorveglianza. Ciò perché si è accertato, da un lato, «uno stato di handicap lieve della figlia della coppia» e, dall’altro, si è appurato «l’impegno continuativo e esclusivo della madre all’accudimento dei figli e, in particolare, di quella disabile». Escluse legittimamente, quindi, le condizioni richieste per la concessione del beneficio della detenzione domiciliare speciale. Prive di efficacia le obiezioni sollevate dal detenuto, poiché «non si tratta di mancata parificazione del ruolo genitoriale» femminile e di quello maschile, «ma di accertata mancanza delle condizioni per l’operatività della norma, indipendentemente dal ruolo dell’uomo» costretto in carcere.

Presidente Boni - Relatore Zoncu Ritenuto in fatto Il Tribunale di sorveglianza di Roma con provvedimento in data 21 febbraio 2025 rigettava l'istanza di detenzione domiciliare ex articolo 47 quinquies ord. pen proposta nell'interesse di M.  M. . Originariamente l'istanza era stata presentata anche ai sensi degli articolo 47 ter ord. pen.   e 16 nonies L. 8/91, tali istanze sono state poi rinunciate ed era stata coltivata unicamente la richiesta in oggetto fondata sulla necessità di accudire la figlia minore, affetta da disabilità in ragione della impossibilità della madre di accudirla. L'istanza veniva rigettata in quanto, a seguito degli esperiti accertamenti, era emerso che la madre della minore si dedicava esclusivamente alla cura dei figli e pertanto non sussistevano i presupposti per detta concessione. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso il condannato tramite il difensore di fiducia lamentando con unico motivo il vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, infatti, l'istante avrebbe dovuto essere ammesso alla detenzione domiciliare per consentire allo stesso di ricoprire il ruolo di caregiver, esattamente come è consentito alla figura materna, essendosi evidenziata sempre di più l'equivalenza fra i ruoli parentali.L' articolo 47 quinquies ord. pen. deve essere letto dunque quale istituto teso alla tutela della prole e anche all'assolvimento di un ruolo di cura paritario da parte dei genitori, al fine di evitare che lo stato detentivo di uno dei due possa riverberare negativamente sullo sviluppo psico fisico del figlio minore portatore di handicap. Sarebbe stato necessario dare rilievo alla uguaglianza morale e giuridica fra coniugi e promuovere la possibilità per il padre di  contribuire alla cura della minore in  uno con la  madre. Il sostituto procuratore generale Luigi Cuomo depositava conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. L' articolo 47 quinquies comma 7 ord. pen. , (come modificato dalla pronuncia della Corte cost. n. 18 del 2020 ) stabilisce che la detenzione domiciliare speciale può essere concessa - alle stesse condizioni previste per la madre - anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare ad altri che al padre i figli, anche se questi sono gravemente disabili, a prescindere dall'età anagrafica. In tema di concessione della detenzione domiciliare speciale ex articolo 47-quinquies ord. pen. , come inciso dalla sentenza della Corte cost. n. 18 del 2020 , a detenuto padre di prole affetta da handicap grave, quando la madre versi nell'impossibilità di prestarle assistenza e non vi sia altro modo di affidarla ad altri che al padre, la nozione di siffatta condizione di impossibilità della madre deve identificarsi con quella che – per l'emersione di oggettivi fattori impeditivi inerenti alla sfera di azione della medesima – determina il rischio concreto per la prole di un grave deficit assistenziale e di un'irreversibile compromissione del suo processo evolutivo ed educativo. (Sez. 1, n. 4796 del 10/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280789 - 01) In motivazione è contenuta una articolata disamina del concetto di impossibilità, come elaborato in relazione all' articolo 275 comma 4 cod. proc. pen. che ha condotto alle seguenti affermazioni circa i connotati della assoluta  impossibilità  :  la  situazione  impediente  viene intesa come l'impossibilità per il genitore non detenuto di garantire una presenza in famiglia che assicuri la continuità affettiva, avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest'ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo (Sez. 4, n. 23268 del 19/04/2019, Rao, Rv. 276366 - 01, Sez. 6, n. 35806 del 23/06/2015, Pepe, Rv. 264725 - 01). Date le premesse, il Tribunale di sorveglianza ha motivatamente escluso che nel caso in esame l'istante versasse nelle condizioni richieste dall' articolo 47 quinquies ord. pen. , come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte. Del tutto correttamente, infatti, il provvedimento impugnato, in ragione degli esiti dell'integrazione probatoria richiesta di ufficio, avendo accertato, da un lato, uno stato di handicap lieve della figlia della coppia, Anna e dall'altro, l'impegno continuativo e esclusivo della madre all'accudimento dei figli e, in particolare, di Anna, ha rilevato l'insussistenza delle condizioni richieste per la concessione del beneficio invocato e ha, conseguentemente, rigettato l'istanza. Conclusivamente, le critiche mosse dal ricorrente al provvedimento impugnato non colgono nel segno, poiché non si tratta di mancata parificazione del ruolo genitoriale, ma di insussistenza delle condizioni per l'operatività della norma, indipendentemente dal ruolo del richiedente. In ragione delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. PQM rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 10 giugno 2025