La perdita di un proprio congiunto in un sinistro stradale determina la presunzione che vi sia una sofferenza psicologica, in capo ai superstiti, che è connaturata con la natura stessa del rapporto parentale troncato […].
[…] Trattandosi di presunzione, però, è data la possibilità di f ornire prova dell'assenza o della scarsa intensità del legame affettivo tra vittima e superstite . Al tal fine, tuttavia, non può assumere rilievo determinante il fatto che la vittima ed il superstite non convivessero o che fossero distanti , poiché tale circostanza va considerata quale semplice misura del danno, ma non certo come requisito indispensabile per provare la sua esistenza. Nella sentenza in commento, del 29 luglio 2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione propone un prezioso riepilogo di alcuni importanti principi, in tema di responsabilità dell'automobilista e del pedone , nei sinistri in cui si verifica un investimento pedonale, nonché in tema di danno da perdita di un congiunto . Il fatto La sentenza della Suprema Corte si inserisce a completamento di un lungo procedimento giudiziale, avviato dagli eredi di uno sfortunato pedone , che aveva perso la vita a seguito di investimento, da parte di veicolo non identificato. In primo grado, il Tribunale adito aveva accolto le richieste degli eredi della vittima ed aveva riconosciuto loro il diritto a vedersi corrisposto un risarcimento per danno da perdita del rapporto parentale , ponendo il relativo onere in capo all'impresa territorialmente designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. La pronuncia, oggetto di impugnazione in appello, veniva parzialmente riformata dalla Corte Territoriale, che riduceva il risarcimento accordato, sulla scorta della valorizzazione del concorso di colpa della vittima, nonché per l'assenza di prova dell'intensità del rapporto affettivo parentale tra quest'ultima e i suoi congiunti superstiti, che non convivevano con la vittima. Avverso tale pronuncia, gli eredi ricorrevano innanzi alla Corte di Cassazione. La diversa incidenza delle condotte sulla responsabilità In prima battuta, i giudici della Terza Sezione hanno voluto riprendere dei principi giurisprudenziali consolidati , secondo cui, per i casi di investimento di pedone, vige una presunzione di responsabilità esclusiva , in capo al conducente di veicolo a motore , che, secondo l' articolo 2054 c.c. , comma primo, deve fornire la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, stante la sproporzione tra la pericolosità del suo mezzo e la situazione inerme del pedone (sentenze nn. 8663/2017 e 20137/2023 ). In ogni caso, anche se la lettura combinata degli articolo 1227 e 2054 c.c. delinea una responsabilità prevalente, a carico del conducente del veicolo (sentenza n. 2433/2024 ), ove il giudice di merito, con riguardo alle peculiarità del singolo caso specifico, accerti che vi sia stata una condotta abnorme ed imprevedibile del pedone , dovrà operare una riduzione della responsabilità del conducente (sentenza n. 9856/2022 ). Tuttavia, non è sufficiente il mero accertamento del comportamento colposo o anomalo del pedone investito, per far sì che il conducente del veicolo possa essere esentato da responsabilità, perché a suo carico resiste comunque la presunzione di responsabilità assoluta, prevista dal primo comma dell' articolo 2054 c.c. A tal fine, invece, sarà necessario riuscire a dimostrare che, nonostante l'adozione di tutte le cautele esigibili, in relazione alle circostanze del caso concreto, la condotta del pedone è stata del tutto imprevedibile . La presunzione connaturata con la perdita del congiunto Fatta questa importante precisazione, i giudici della Terza Sezione della Suprema Corte sono passati ad approfondire gli aspetti riguardanti il danno da perdita del rapporto parentale : se da un lato, spetta al danneggiato il compito di dimostrare l'effettività e l'intensità della relazione affettiva c on il congiunto deceduto (sentenza n. 5769/2024 ), tuttavia, il fatto stesso che vi sia stata una siffatta perdita, lascia presumere che vi sia una sofferenza psicologica, in capo ai superstiti, che è connaturata con la natura stessa del rapporto parentale troncato . Trattandosi di una presunzione , però, è data la possibilità di fornire prova dell'assenza o della scarsa intensità del legame affettivo tra vittima e superstite (sentenza 26140/2023). Al tal fine, tuttavia, non può assumere rilievo determinante il fatto che la vittima ed il superstite non convivessero o che fossero distanti, poiché tale circostanza va considerata quale semplice misura del danno, ma non certo come requisito indispensabile per provare la sua esistenza (sentenza n. 9010/2022 ).
Presidente Rubino – Relatore Tassone Fatti di causa 1. Hr.Ni., nella qualità di procuratore speciale dei congiunti del defunto Ma.Va., conveniva innanzi al Tribunale di Trieste ALLIANZ Spa, quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni tutti conseguenti al sinistro stradale - al quale aveva assistito Ra.Va., conoscente dell'infortunato, anch'egli investito dal medesimo veicolo ma con conseguenze meno gravi - verificatosi il (Omissis), alle ore 21,30 circa, nel Comune di Foggia, a seguito del quale di Ma.Va. veniva investito da un veicolo non identificato mentre si accingeva ad attraversare la strada e pochi giorni dopo decedeva. Si costituiva, resistendo, ALLIANZ Spa. 2. Con sentenza del 27 giugno 2020 il Tribunale riconosceva il diritto degli attori al risarcimento del danno per perdita del rapporto parentale, condannando al pagamento ALLIANZ Spa, quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. 3. Avverso tale sentenza ALLIANZ Spa proponeva appello. Si costituiva, resistendo, l'appellato, in qualità di procuratore speciale dei congiunti del de cuius . 3.1. Con sentenza n. 331/2022 la Corte di Appello di Trieste riformava parzialmente l'impugnata sentenza e rideterminava, nella misura del minimo tabellare, l'importo dovuto a titolo di perdita del rapporto parentale, sia sul rilievo di un concorso di colpa della vittima nella causazione del sinistro sia per la ritenuta assenza di convivenza tra la vittima ed i prossimi congiunti e per la rilevata mancanza di allegazione e prova dell'intensità del rapporto affettivo familiare. 4. Avverso tale sentenza Hr.Ni., nella dedotta qualità, propone ora ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. Resiste ALLIANZ Spa, in qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. 5. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'articolo 380-bis.1, cod. proc. civ. Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato rispettive memorie illustrative. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex articolo 360 comma II n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 190 del codice della strada e dell'articolo 2054 comma I c.c. in punto di attribuzione al Ma.Va. di un concorso di colpa pari ad un terzo nella determinazione dell'evento . Lamenta che nel ritenere la concorrente responsabilità del pedone nella causazione del sinistro, la corte di merito è incorsa nella violazione dell' articolo 190 del codice della strada e dell'articolo 2054 cod. civ. 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ex articolo 360 comma II n. 4 c.p.c. nullità della sentenza in ragione della assenza/apparenza, irriducibile contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla violazione dell' articolo 132 comma II n. 4 c.p.c. , in punto di sussistenza di concorso di colpa ascrivibile al Ma.Va. e stimato in un terzo . Lamenta che là dove ha affermato il concorso di colpa del pedone, la sentenza impugnata, oltre ad incorrere nella violazione dell' articolo 190 del codice della strada , sarebbe altresì affetta da palese contraddittorietà della motivazione, che viene prospettata in questi termini: Da un lato, infatti, i giudici della Corte territoriale affermano l'inesistenza di strisce pedonali sul luogo dell'evento (v. annotazione dei carabinieri di Cerignola Doc. 10 fascicolo attore in primo grado), d'altro canto ritengono che l'attraversamento della carreggiata intrapreso dal Ma.Va. sia stato, in re ipsa ed a prescindere dalle concrete modalità di compimento della sfortunata operazione, illecito e negligente (v. p. 21 del ricorso). 3. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, sono in parte inammissibili ed in parte infondati. 3.1. Va ricordato che, secondo gli insegnamenti di questa Suprema Corte, nell'accertare l'eventuale concorso di colpa del pedone rispetto alla condotta colposa del conducente, il giudice di merito deve: – presumere, anzitutto, la colpa del conducente nell'integrale misura del 100%, essendo onere del conducente medesimo provare ex articolo 2054, comma primo, cod. civ. , di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, stante la sproporzione tra la pericolosità del mezzo meccanico (veicolo) e la situazione inerme del pedone (v. Cass., n. 20137/2023 che riprende Cass., n. 8663/2017 ); – ridurre, progressivamente, la responsabilità del conducente nella misura in cui accerta il concorso di colpa del pedone: sotto tale profilo va attribuito rilievo alla condotta imprevedibile ed abnorme dello stesso ( Cass., 9856/2022 ); – svolgere - in forza di una lettura combinata dell' articolo 2054 cod. civ. - che pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente del veicolo investitore - e dell' articolo 1227 cod. civ. - uno specifico accertamento delle rispettive colpe, del conducente investitore e del pedone investito, in relazione alla particolarità del singolo caso in esame ( Cass., n. 2433/2024 ). E questo perché l'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da un veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall' articolo 2054, primo comma, cod. civ. , dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l'anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta (v. Cass., n. 2433/2024 ; Cass., 5627/2020 , non massimata, nonché Cass., 22/02/2017, n. 4551 ; Cass., 28/03/2022, n. 9856 ). 3.2. Orbene, nel caso di specie la corte di merito si è pronunciata conformemente ai suindicati principi e, sulla base delle risultanze probatorie acquisite in giudizio, ha analiticamente e motivatamente ricostruito l'accaduto, appurando la veridicità del sinistro, o meglio, dell'investimento stradale, data la presenza di segni sulla carreggiata ed in particolare di un segno di frenata (v. p. 7 dell'impugnata sentenza), e pervenendo ad affermare il concorso di colpa del pedone deceduto, per avere il medesimo effettuato l'attraversamento in ora notturna e con insufficiente visibilità di una strada a scorrimento veloce al di fuori delle strisce pedonali, dunque tenendo una condotta del tutto anomala e senza valutare le conseguenze del proprio agire. Siffatta motivata valutazione del fatto e della prova è riservata al giudice di merito e ne è precluso il riesame nella presente sede di legittimità. È infatti opportuno ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni ribadito che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, Cass., 23/02/2006, n. 4009 ; Cass., 25/01/2012, n. 1028 ; Cass., 05/06/2018, n. 14358 ). Le censure in esame, quindi, sostanzialmente investono l'esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, il cui cattivo esercizio non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che - per il tramite dell' articolo 132 cod. proc. civ. , n. 4, - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v., tra le altre, Cass., 31/03/2021, n. 8824 ). 3.3. Il primo motivo, poi, è anche infondato, là dove lamenta la violazione dell' articolo 190 codice della strada , poiché dalla lettura della menzionata disposizione (ed in particolare del secondo comma: I pedoni, per attraversare la carreggiata, devono servirsi degli attraversamenti pedonali, dei sottopassaggi e dei sovrapassaggi. Quando questi non esistono, o distano più di cento metri dal punto di attraversamento, i pedoni possono attraversare la carreggiata solo in senso perpendicolare, con l'attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri ) risulta che, in assenza di strisce pedonali, il pedone può sì effettuare l'attraversamento, ma pur sempre prestando la massima attenzione per sé e per gli altri, che nel caso di specie è invece mancata, secondo la motivata ed insindacabile valutazione in fatto svolta dalla corte di merito. 3.4. Anche il secondo motivo è, oltre che inammissibile, comunque infondato, dato che denuncia una motivazione apparente, non solo in maniera non corretta e non conforme agli insegnamenti delle note pronunce delle Sezioni Unite (v. Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014), ma anche senza tenere conto che la motivazione - nel valorizzare la presenza del pedone, in orario notturno e in assenza di illuminazione, su strada a scorrimento veloce, non illuminata ed a doppio senso di marcia - è stata congruamente svolta e dunque esiste, non solo graficamente, dato che ricostruisce la dinamica del sinistro con ampia analisi delle risultanze processuali, per cui contiene la disamina logica e giuridica degli elementi sulla base dei quali da cui la corte territoriale ha formato il proprio convincimento (v. Cass., 17 gennaio 2020, n. 842 ; Cass., 13/09/2022, n. 26873 ; Cass., 17/05/2024, n. 13786 ). 4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ex articolo 360 comma II n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 345 c.p.c. in merito all'inammissibilità di eccezioni formulate per la prima volta in appello in punto di supposto concorso di colpa della vittima e di diminuzione del risarcimento per difetto di convivenza tra vittima e superstiti danneggiati . Lamenta che la corte distrettuale non avrebbe potuto decidere sui motivi d'appello relativi, rispettivamente, al concorso di colpa del pedone ed alla mancanza di convivenza tra la vittima ed i prossimi congiunti, siccome domande nuove, mai formulate nel corso del giudizio di primo grado. 4.1. Il motivo è, anzitutto, inammissibile. Il ricorrente non dice se, dove e quando sia stata eccepita, in sede di gravame, la violazione che qui invoca ai sensi dell' articolo 345 cod. proc. civ. e che peraltro, a tutto concedere, sarebbe più correttamente riconducibile alla violazione dell' articolo 112 cod. proc. civ. È poi anche infondato, a mente del consolidato orientamento di legittimità secondo cui l'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all' articolo 1227, comma 1, cod. civ. , non costituisce un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, per cui deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte (cfr., tra le tante, Cass., 02/04/2021, n. 9200 ; Cass., n. 12133/2023 ). 5. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia: ex articolo 360 comma II n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 1226 c.c. in punto di stima del danno nel minimo previsto dalle tabelle milanesi, sulla mera scorta della convivenza tra le parti e senza riferimento alcuno ad altri indici rivelatori dell'intensità del legame affettivo tra vittima e parenti sopravvissuti . Lamenta che la corte distrettuale avrebbe errato nel liquidare il danno da perdita del rapporto parentale nell'importo minimo previsto dalle tabelle milanesi, in considerazione della mancanza di convivenza tra la vittima ed i prossimi congiunti. 6. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ex articolo 360 comma II n. 4 c.p.c. nullità della sentenza a cagione di motivazione solo apparente, o comunque irriducibilmente contraddittoria ovvero manifestamente illogica, con violazione dell' articolo 132 co II n. 4 c.p.c. , in punto di stima del danno nel minimo previsto dalle tabelle milanesi, sulla mera scorta della convivenza tra le parti e senza riferimento alcuno ad altri indici rivelatori dell'intensità del legame affettivo tra vittima e parenti sopravvissuti . Lamenta - per le medesime ragioni illustrate con il quarto motivo del ricorso - che la riduzione del risarcimento del danno al minimo previsto dalle tabelle milanesi si fonderebbe su una motivazione insanabilmente viziata in quanto apparente. 7. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia: ex articolo 360 comma II n. 3, per violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 2727 c.c. in punto di prova del danno subito dai parenti del Signor Ma.Va., nonché ex articolo 360 comma II n. 4 c.p.c. per mancanza/contraddittorietà ovvero illogicità di motivazione sul punto, con violazione dell' articolo 132 comma II n. 4 c.p.c. . Lamenta - per le medesime ragioni illustrate con il quarto motivo del ricorso - l'erroneità della statuizione con cui la corte distrettuale ha evidenziato l'assoluta mancanza di concrete allegazioni in merito alla qualità ed intensità della relazione affettiva familiare. Deduce inoltre che l'asserzione della corte di merito sarebbe palesemente infondata sia sotto il profilo della assoluta carenza di motivazione sia sotto il profilo della violazione dell' articolo 2727 c.c. (v. p. 31 del ricorso). 8. Il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso, che per la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono in parte inammissibili ed in parte infondati. 8.1. Anzitutto, trascurano di censurare tutte le rationes decidendi dell'impugnata sentenza, che ha argomentato non solo in ordine alla assenza di effettiva convivenza tra la vittima ed i prossimi congiunti, ma anche in ordine alla mancanza di allegazione e prova dell'esistenza e della qualità del rapporto affettivo tra i congiunti superstiti ed il deceduto. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l'omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza ( Cass., 28/06/2023, n. 18403 ; Cass., 27.07.2017, n. 18641 ; Cass. 14.02.2012, n. 2108 ; Cass. 3.11.2011, n. 22753 ). 8.2. Inoltre, le censure contenute nel quarto motivo, che lamentano la riduzione del quantum risarcitorio al minimo tabellare, sono ulteriormente inammissibili, perché prive di decisività. Giova anzitutto premettere che, con orientamento ormai consolidato, questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare, il danneggiato ha l'onere di chiedere che la liquidazione avvenga in base alle tabelle, mentre spetterà poi al giudice di merito liquidarlo mediante la tabella conforme a diritto (v. Cass., 10/11/2021, n. 33005 ; Cass., 23/06/2022, n. 20292 ), tale essendo, in tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, una tabella basata sul sistema a punti, idonea a garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi ( Cass., 21/04/2021, n. 10579 ; Cass., 29/09/2021, n. 26300 ). È stato inoltre precisato che In tema di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, quando, all'esito del giudizio di primo grado, l'ammontare del danno sia stato liquidato utilizzando tabelle a forbice , il danneggiato è legittimato a proporre impugnazione per ottenere la liquidazione di un maggiore importo risarcitorio in forza di tabelle a punti , adottate nelle more del giudizio di appello, purché deduca, con specifico motivo di gravame, la differenza tra i valori minimi o massimi tra le tabelle e alleghi che l'applicazione dei nuovi valori-punto nel minimo comporterebbe, per ciò stesso, un risultato più favorevole della liquidazione del danno attribuitagli con la sentenza impugnata (v. Cass., 19/09/2024, n. 25213 ; cfr. anche Cass., 04/10/2018, n. 24155 ). A mente di tali principi, va osservato che, nel caso di specie, il ricorrente omette non solo di indicare le ragioni, ma financo di allegare che la liquidazione effettuata dalla corte distrettuale sulla base delle tabelle milanesi risulterebbe sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri tratti dalle tabelle romane consentirebbe di pervenire, e finisce dunque per dedurre le proprie censure in maniera puramente generica ed assertiva. 8.3. I motivi in scrutinio sono altresì tutti infondati. La Corte di Appello di Trieste ha accolto il terzo motivo d'appello formulato da ALLIANZ Spa e relativo alla misura della liquidazione del danno non patrimoniale iure proprio, sul duplice rilievo tanto della incontroversa carenza di convivenza tra l'infortunato, da tempo residente nel territorio nazionale, e i suoi congiunti, tutti residenti nel Paese di origine, quanto della assoluta mancanza di concrete allegazioni in merito alla qualità ed intensità della relazione affettiva familiare, circostanze alla cui stregua dovrà essere rimodulata l'entità del risarcimento in corrispondenza ai minimi edittali previsti dalle tabelle milanesi per il 2018 (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata). L'impugnata sentenza ha quindi reso una motivazione che non è affatto apparente, ma è scevra da vizi logico-giuridici e conforme agli insegnamenti di questa Suprema Corte, secondo cui: – nel caso di morte di un prossimo congiunto, l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere, secondo l' id quod plerumque accidit , la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è, per comune esperienza, connaturale all'essere umano; naturalmente, trattandosi di una praesumptio hominis , sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite ( Cass., 26140/2023 ; Cass., 30/08/2022, n. 25541 ; Cass., 15/07/2022, n. 22397 ; Cass., 21/03/2022, n. 9010 ; Cass., 11212/2019 ; Cass., 31950/2018 ; Cass., 3767/2018 ; Cass., ( Cass., 14/06/2016, n. 12146 ); – poiché il danno da perdita del congiunto può essere presunto dall'esistenza del solo legame parentale, non assume rilievo ex se il fatto che la vittima ed il superstite non convivessero o che fossero distanti ( Cass., 04/03/2024, n. 5769 ); la circostanza della convivenza va considerata quale misura, ma non requisito indispensabile, né connotato minimo di esistenza, per la valutazione del danno parentale (v. anche Cass., 20/10/2016, n. 21230 ; Cass., 08/04/2020, n. 7743 ); – rileva, pertanto, il vincolo affettivo particolarmente intenso, per cui sulla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale incide la dimostrazione, da parte del danneggiato, dell'effettività, della consistenza e della intensità della relazione affettiva con il congiunto che sia deceduto (v. Cass., 04/03/2024, n. 5769 ; Cass., 21/03/2022, n. 9010 ). 8.3.1. Va quindi osservato che, sotto la formale invocazione della violazione di legge, ed anche, nello specifico, dell' articolo 2727 cod. civ. in tema di ragionamento presuntivo, con i motivi dedotti il ricorrente sostanzialmente pretende un riesame - della motivata valutazione, resa dalla corte di merito, del fatto e della (assenza di) prova - che risulta estraneo al giudizio di legittimità. Peraltro, l'impugnata sentenza ha motivato conformemente ai suindicati principi di diritto. Infatti, la corte territoriale ha liquidato il danno parentale riducendolo al minimo tabellare, ma senza scendere al di sotto di tale minimo edittale, ed ha correttamente motivato la decisione sul rilievo non solo della accertata mancanza di convivenza, ma anche per la considerazione della totale assenza, di allegazione e prova, di ulteriori elementi che consentissero di aumentare il valore tabellare rilevante ai fini della quantificazione del danno. Sebbene sia stato affermato che ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare il danneggiato ha esclusivamente l'onere di fare istanza di applicazione del detto criterio, spettando poi al giudice di merito di liquidare il danno non patrimoniale mediante la tabella conforme a diritto , è altrettanto vero che eventuali correttivi nella liquidazione del danno potranno essere ammissibili solo in ragione della particolarità della situazione di cui sia stata fornita adeguata motivazione ( Cass., 10/11/2021, n. 33005 ; Cass., 30/08/2022, n. 25541 ). 9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. 10. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed accessori di legge.