Nell’ambito della cessione in blocco dei crediti ex articolo 58 TUB, l’intervenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha valore meramente indiziario e non è sufficiente, da sola, a provare la legittimazione del cessionario in giudizio.
La vicenda processuale affrontata dalla Corte Suprema di Cassazione può riassumersi come segue: quattro società avevano prestato ipoteche a garanzia di un credito spettante ad un istituto di credito in relazione ad un finanziamento concesso ad altra società poi caduta in liquidazione. Le società garanti agivano contro la banca creditrice al fine di ottenere la nullità o comunque l'inefficacia delle garanzie ipotecarie da esse prestate, nonché l'accertamento dell'illegittima duplicazione di tassi di interesse applicati al sottostante rapporto di mutuo. Interveniva nel processo anche la società in liquidazione che veniva dichiarata fallita in corso di causa. Interrottosi il processo, questo veniva riassunto delle società garanti che dichiaravano di intervenire anche per avere acquistato dal fallimento le pretese creditorie relative al conto corrente ed al contratto di finanziamento. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda attorea e il gravame non aveva miglior sorte. Al processo di secondo grado si costituiva una società in qualità di procuratrice della cessionaria del credito della banca, ancorché dallo stralcio della Gazzetta Ufficiale prodotta il credito risultasse fare capo ad istituto diverso da quello erogante il finanziamento. Dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni in appello interveniva nel processo ulteriore mandataria di società cessionaria del credito che depositava l'intera Gazzetta Ufficiale contenente l'avviso di cessione del credito. Seguiva il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte capitolina. Il ricorso delle società garanti veniva affidato a dieci motivi di impugnazione. Intervento del successore e produzioni documentali tardive Per quanto qui rileva, la Cassazione ha accolto i motivi di ricorso relativi a profili squisitamente processuali, censurando l'operato della Corte d'Appello di Roma. Inammissibilità dell'intervento tardivo del successore a titolo particolare Le società garanti lamentavano l'inammissibilità dell'intervento in Appello del successore a titolo particolare nel diritto controverso, in quanto avvenuto dopo la precisazione delle conclusioni. La Suprema Corte ha al riguardo ribadito il seguente principio: anche al successore a titolo particolare ex articolo 111 c.p.c. si applica la preclusione generale prevista dall'articolo 268 c.p.c. (richiamato in Appello dall'articolo 359 c.p.c.), che fissa l'udienza di precisazione delle conclusioni come termine ultimo per l'intervento in giudizio (Cass. n. 2812/2018). Nella specie, in accoglimento della censura delle società ricorrenti, tale limite temporale non è stato rispettato dal preteso interventore in Appello che si era spinto a produrre la copia integrale della Gazzetta Ufficiale a dimostrazione della cessione del credito. Viene puntualizzato, al riguardo, come sia preclusa la possibilità di produrre documenti dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni. Nel solco dell'insegnamento di legittimità viene ribadito che «una volta esaurita la fase di trattazione con l'udienza di precisazione delle conclusioni o con la discussione orale o in altro modo compatibile con la chiara conclusione della fase procedimentale d'appello, nelle memorie successive non sono ammissibili produzioni documentali» e ciò «perché la produzione documentale in uno con le memorie finali post discussione determinerebbe un'insanabile violazione del contraddittorio» (Cass. n. 10203/2022). La prova della cessione del credito: il valore indiziario dell'avviso in Gazzetta Ufficiale La Corte di legittimità ha, poi, richiamato il suo consolidato orientamento in materia di prova della titolarità del credito nelle cessioni in blocco ex articolo 58 del Testo Unico Bancario (TUB). Ad avviso della Corte, difatti, ha errato il giudice d'Appello nella parte in cui ha ritenuto raggiunta la prova dell'avvenuta cessione del credito sulla base delle sole risultanze della Gazzetta Ufficiale. La Cassazione ha riaffermato che la pubblicazione dell'avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale ha la funzione di surrogare la notifica individuale ai debitori ceduti ai fini dell'opponibilità della cessione (ex articolo 1264 c.c.), ma non costituisce prova sufficiente dell'esistenza del contratto di cessione né dell'inclusione di uno specifico credito nel perimetro dei rapporti ceduti, specialmente a fronte di una contestazione del debitore. Il cessionario che agisce in giudizio ha l'onere di dimostrare la propria legittimazione sostanziale, producendo il contratto di cessione o fornendo altri elementi probatori idonei. La pubblicazione in G.U. può assumere, al più, un valore indiziario, da valutare nel contesto di un accertamento complessivo delle risultanze di fatto (Cass. n. 17944/2023). Gli effetti della deliberazione societaria di ratifica dell'atto gestorio La Terza Sezione rigetta, infine, il motivo di ricorso delle società ricorrenti le quali sostenevano la nullità delle ipoteche prestate in quanto estranee al loro oggetto sociale, affermando che la delibera assembleare autorizzativa non potesse sanare tale vizio, specie con riferimento alla disciplina anteriore alla riforma del diritto societario del 2003. La Corte Suprema ha disatteso tale tesi, condividendo invece il principio secondo cui, in tema di società di capitali, l'atto compiuto dall'amministratore che eccede i limiti dell'oggetto sociale non è nullo, ma al più inefficace e inopponibile alla società. Di conseguenza, la società stessa ha il potere di appropriarsi degli effetti dell'atto, rimuovendo il limite al potere rappresentativo dell'amministratore. Ciò può avvenire sia ex post, tramite una delibera di ratifica, sia ex ante, tramite una delibera autorizzativa. La Corte ha richiamato al riguardo precedenti conformi (Cass. n. 24547/2016, Cass. n. 17678/2004, Cass. n. 9905/2008), anch'essi relativi a fattispecie anteriori alla riforma, a dimostrazione della continuità di tale indirizzo interpretativo. Pertanto, la presenza di delibere assembleari che autorizzavano il rilascio delle ipoteche ha reso irrilevante ogni questione circa l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale, validando le garanzie prestate. Qualche precedente sulle tematiche affrontate nell'ordinanza in commento L'ordinanza in commento si distingue per la chiarezza con cui affronta e risolve molteplici questioni. In sintesi, la Corte ha stabilito che: l'intervento del successore a titolo particolare è inammissibile se effettuato dopo la precisazione delle conclusioni; è vietata la produzione di nuovi documenti con le memorie conclusionali, a pena di violazione del contraddittorio; la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non è prova sufficiente della titolarità del credito in caso di cessione in blocco, se il debitore contesta la cessione; l'atto eccedente l'oggetto sociale non è nullo ma inefficace, e la società può renderlo efficace tramite delibera autorizzativa o di ratifica, anche nel regime anteriore alla riforma del 2003. Sul valore indiziario dell'avviso in G.U., in allineamento a quanto stabilito in ordinanza, v. Cass. n. 28790/2024 secondo cui: «in caso di cartolarizzazione, se il debitore ceduto contesta l'esistenza stessa del contratto di cessione, grava sul creditore cessionario dimostrare l'esistenza dell'accordo negoziale, con la precisazione che a tal fine non è sufficiente una mera dichiarazione del cessionario o la notifica della cessione mediante avviso pubblicato sulla gazzetta ufficiale, ancorché ciò non vale ad escludere che tale avviso, insieme ad altri elementi, possa eventualmente essere valutato dal giudice come indizio ai fini della prova presuntiva della cessione». Contra v. Cass. n. 22409/2023 ove stabilito che: «in caso di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca ex articolo 58 del decreto legislativo n. 385 del 1993, la produzione dell'avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l'indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze». Sul tema della deliberazione autorizzativa, v. Cass. n. 31663/2019, alla cui stregua: «l'autorizzazione assembleare a favore degli amministratori a compiere un atto estraneo all'oggetto sociale obbliga la società di fronte ai terzi ad adempiere all'obbligazione che ne consegue». Cfr. Cass. n. 5152/2010.
Presidente De Stefano - Relatore Guizzi Fatti di causa 1. Le società Immobiliare Aurora Srl, Immobiliare Ce.ri. Srl, Le.Ro.Gi.St. Srl e Ivesa Srl ricorrono, sulla base di dieci motivi, per la cassazione della sentenza n. 4191/22, del 18 giugno 2002, della Corte d'appello di Roma, che - respingendone il gravame avverso la sentenza n. 17876/15, del 9 settembre 2015, del Tribunale della stessa città - ha rigettato la loro domanda di accertamento e conseguente dichiarazione di nullità, o comunque d'inefficacia, delle garanzie ipotecarie dalle stesse prestate, alla società Banca Nazionale del Lavoro (d'ora in poi, BNL ), in relazione ad un credito da questa vantato nei confronti di Eurosintesi Srl, nonché per l'accertamento dell'illegittima duplicazione di tassi di interesse applicati al rapporto. 2. Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorrenti - sul presupposto di aver prestato ipoteche a garanzia di un credito spettante a BNL, in relazione ad un finanziamento concesso alla società Eurosintesi Srl (poi posta in liquidazione) - di aver convenuto in giudizio la banca creditrice, per l'accertamento e la conseguente dichiarazione di nullità, o comunque d'inefficacia, delle garanzie ipotecarie da esse prestate, nonché per l'accertamento dell'illegittima duplicazione di tassi di interesse applicati al rapporto. Interveniva in giudizio Eurosintesi in liquidazione, chiedendo l'accertamento sia della duplicazione di interessi che BNL aveva applicato al contratto di mutuo, sia dei maggiori oneri complessivamente addebitati dalla Banca in merito al c/c 12000, con condanna di quest'ultima a restituire la somma indebitamente percepita, oltre interessi legali sino al soddisfo. Dichiarata fallita Eurosintesi, il processo - interrottosi - veniva riassunto dalle odierne ricorrenti, che dichiaravano di intervenire nel giudizio di primo grado anche per aver acquistato dal fallimento le pretese creditorie relative al c/c n. 12000 ed al contratto di finanziamento, nonché il diritto di sostituirsi processualmente alla curatela, ex articolo 111 cod. proc. civ. L'adito Tribunale di Roma, tuttavia, dichiarava inammissibile l'intervento in origine dispiegato da Eurosintesi e, dopo aver respinto la richiesta di CTU avanzata dalle allora attrici, rigettava la loro domanda. Esperito gravame dalle attrici soccombenti, il giudice d'appello lo rigettava, all'esito di un giudizio nel quale si costituiva la società CAF, quale procuratrice della società Rubidio SPV Srl, dichiaratasi cessionaria del credito di BNL, ancorché, sulla base della copia della Gazzetta Ufficiale da essa prodotta, il credito oggetto di cessione risultasse, in realtà, fare capo a Unicredit e non a BNL. Dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni, nelle more dei termini ex articolo 190 cod. proc. civ., con comparsa di costituzione ex articolo 111 cod. proc. civ., si costituiva nel giudizio Neprix Srl, in qualità di procuratrice e mandataria di APORTI Srl, anch'essa asserita cessionaria del credito di BNL, e ciò in forza di contratto di cessione intervenuto con la suddetta Rubidio SPV Srl, ai sensi della Legge 30 aprile 1999, n. 130, depositando l'interveniente un nuovo documento, costituito dall'intera Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 dicembre 2015 (e non lo stralcio in precedenza prodotto, dal quale risultava quale cedente la società Unicredit e non BNL), contenente l'avviso dell'asserita cessione dei crediti tra BNL e Rubidio SPV. 3. Avverso la sentenza della Corte capitolina hanno proposto ricorso per cassazione le società già attrici e poi appellanti, sopra meglio individuate, sulla base - come detto - di dieci motivi. 3.1. Il primo motivo denuncia nullità e/o invalidità e/o irregolarità della sentenza in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., per omessa indicazione di BNL nell'epigrafe della sentenza, nel dispositivo, nonché nelle parti dedicate allo svolgimento del processo di secondo grado e nei motivi della decisione, oltre a violazione degli articolo 101,132,156 e 383 cod. proc. civ. 3.2. Il secondo motivo denuncia nullità e/o invalidità e/o irregolarità del procedimento in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. per violazione degli articolo 132,291 e 101 cod. proc. civ., per aver omesso la Corte territoriale di dichiarare la contumacia della parte appellata BNL. 3.3. Il terzo motivo denuncia, in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli articolo 111,112,268 e 356 cod. proc. civ., per omesso esame dell'eccezione di inammissibilità dell'intervento, effettuato ex articolo 111 cod. proc. civ. da APORTI e, per essa, dalla mandataria Neprix, intervento avvenuto, in appello, dopo che le parti avevano precisato le conclusioni davanti al collegio e la causa era stata trattenuta in decisione. 3.4. Il quarto motivo denuncia, in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli articolo 101 e 190 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale utilizzato nella decisione un documento - vale a dire, copia dell'intera Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 dicembre 2015 - prodotto da Neprix per la prima volta, tardivamente, nel giudizio di appello, unitamente alla memoria di replica, in violazione del principio del contraddittorio e di difesa. 3.5. Il quinto motivo denuncia omesso esame dell'estratto della Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 dicembre 2015 allegato alla comparsa di risposta di Rubidio SPV e, per essa, da CAF, in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., in violazione dell'articolo 2697 cod. civ. e degli articolo 101,115, e 116 cod. proc. civ. 3.6. Il sesto motivo denuncia nullità e/o invalidità e/o irregolarità della sentenza ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., per mancata individuazione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, in violazione degli articolo 132 cod. proc. civ., 118 disp att. cod. proc. civ. e 111 Cost., per avere la Corte territoriale adottato una motivazione meramente apparente, inidonea a rivelare il percorso logico-giuridico seguito ai fini della sua decisione, in particolare in relazione alla ritenuta legittimazione dapprima della società Rubidio SPV e poi della società Aporti. 3.7. Il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1260,1262 e 2697 cod. civ., degli articolo 112,115 e 116cod. proc. civ. e dell'articolo 58TUB, in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., per non avere la Corte d'Appello di Roma accolto l'eccezione sulla carenza di legittimazione attiva di Rubidio SPV e della mandataria CAF, e per l'effetto di APORTI e della mandataria Neprix, in difetto della produzione del contratto di cessione e/o di altre prove idonee a dimostrare l'inclusione del credito controverso tra i rapporti ceduti, a tal scopo non bastando la produzione della sola Gazzetta Ufficiale, che assolve funzione solo corrispondente a quella della notificazione dell'avvenuta cessione. 3.8. L'ottavo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, ex articolo 360 comma 1, n. 3), cod. proc. civ., in relazione all'articolo 117 TUB e agli articolo 1284,1418,1325,1343,1346 e 2697 cod. civ., oltre che agli articolo 163,112,113 e 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto generica l'eccezione di nullità della clausola di pattuizione dei tassi di interesse di cui all'articolo 2 del contratto di mutuo del 28 giugno 2002 e, per l'effetto, declinato la richiesta di CTU contabile. 3.9. Il nono motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 1325 cod. civ. e degli articolo 2384 e 2384-bis cod. civ., nel regime anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. del 17 gennaio 2003, n. 6, oltre che dell'art 2697 cod. civ. e degli articolo 112,115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere la Corte capitolina ritenuto valide le garanzie ipotecarie in virtù delle delibere assembleari autorizzative delle società garanti. Reputano, infatti, le ricorrenti che il principio giurisprudenziale richiamato dalla sentenza impugnata - a mente del quale l'eccedenza di un atto rispetto ai limiti dell'oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti agli amministratori, non integra un'ipotesi di nullità, ma, al più, di inefficacia e di opponibilità nei rapporti con i terzi, sicché, essendo rimesso alla società, e solo ad essa, di respingere gli effetti dell'atto, deve correlativamente essere riconosciuto ad essa il potere di assumere ex tunc quegli effetti, attraverso una delibera di ratifica ovvero di farli preventivamente propri, attraverso una delibera autorizzativa - si riferirebbe unicamente ai casi (diverso da quello in esame, visto che le delibere assembleari, che hanno autorizzato il rilascio delle garanzie ipotecarie in favore di Eurosintesi, risalgono tutte all'11 giugno 2002) in cui trova applicazione il diritto societario riformato per effetto del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Né, d'altra parte, ad escludere la nullità denunciata dalle ricorrenti potrebbe valere la circostanza - valorizzata dalla sentenza impugnata - che essa non sarebbe mai stata dedotta in giudizio . Invero, ed a prescindere dalla constatazione che si tratta di nullità rilevabile d'ufficio, le odierne ricorrenti evidenziano di avere, con l'appello, specificamente eccepito la nullità, sostenendo che l'assunto del Giudice di prime cure , secondo cui le garanzie sarebbero state validamente realizzate poiché autorizzate dall'assemblea , era del tutto errato, giacché la delibera dell'assemblea dei soci non può di certo sostituire e legittimare l'estraneità delle stesse all'oggetto sociale indicato nello statuto della società né alla mancanza del vantaggio compensativo che la Banca aveva l'onere di conoscere e controllare . 3.10. Infine, il decimo motivo denuncia violazione degli articolo 91,92 e 132 cod. proc. civ. nonché dell'articolo 13, commi 1-bis e 1- quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, in relazione all'articolo 360. comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per avere la Corte d'Appello di Roma ritenuto la soccombenza delle odierne ricorrenti, senza accogliere la domanda delle stesse di riforma della sentenza di prime cure in punto di condanna alle spese di lite e condannando, a sua volta, le società appellanti alle spese del secondo grado di giudizio, con condanna al versamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato versato per l'appello. 4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, la società APORTI, in persona della sua mandataria, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. 5. Sono rimaste sole intimate le società CAF e Rubidio. 6. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ., inizialmente per l'adunanza del 3 luglio 2024, in vista della quale le ricorrenti hanno depositato memoria. All'esito della stessa, con ordinanza interlocutoria n. 29295/24, del 19 novembre 2024, questa Corte ha ordinato di integrare il contraddittorio nei confronti di BNL, all'uopo assegnando un termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza interlocutoria. Le ricorrenti hanno ottemperato all'ordine in data 3 dicembre 2024. 7. Le ricorrenti hanno presentato memoria anche in vista della presente adunanza. 8. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 9. Il ricorso va accolto, sebbene nei limiti di seguito precisati. 9.1. Il primo motivo non è fondato. 9.2. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato. 9.2.1. La mancata declaratoria di contumacia di BNL - il cui ruolo nella presente vicenda (e nel giudizio, trattandosi di soggetto al quale è succeduta l'interveniente APORTI, a norma dell'articolo 111 cod. proc. civ.) è stato adeguatamente chiarito dalla sentenza impugnata - non incide sulla validità di quest'ultima. Deve, infatti, darsi ulteriore corso al principio secondo cui, non la mancanza di un provvedimento formale di dichiarazione di contumacia non è di per sé causa di nullità del procedimento o della sentenza, quando risulti che il contraddittorio sia stato comunque ritualmente costituito nei confronti della parte non costituita (Cass. Sez. 2, sent. 5 settembre 2013, n. 20406, Rv. 628073-01). Evenienza, quest'ultima, della quale sono proprio le odierne ricorrenti a dare atto, affermando - cfr. pag. 16 del loro atto di impugnazione - che il giudizio di appello è stato instaurato nei confronti di BNL Spa con atto di appello ritualmente notificato a mezzo pec in data 8 marzo 2016 . Né si allegano, o risultano, ulteriori conseguenze negative per parte ricorrente della mancata formale adozione della dichiarazione di contumacia. 9.3. Il terzo motivo è, invece, fondato, per quanto di ragione. 9.3.1. Il motivo lamenta, sia sub specie di violazione degli articolo 111,112,268 e 356 cod. proc. civ., sia sotto il profilo dell'omessa pronuncia della relativa eccezione, che la Corte territoriale abbia ritenuto ammissibile l'intervento compiuto in appello da Aporti (o meglio, per essa, dalla mandataria Neprix), sebbene avvenuto dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni. Ciò premesso, la censura di violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. non coglie nel segno, giacché il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 15 aprile 2019, n. 10422, Rv. 653579- 01; nello stesso senso Cass. Sez. 3, sent. 11 ottobre 2018, n. 25154, Rv. 651158-01; Cass. Sez. 2, ord. 25 gennaio 2018, n. 1876, Rv. 647132-01, nonché tra le altre, anche Cass. Sez. 3, sent. 23 gennaio 2009, n. 1701, Rv. 606407-01), dal momento esso si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass. Sez. 6-2, sent. 12 gennaio 2016, n. 321, Rv. 638383-01, da ultimo pure Cass. Sez. 3, ord. 16 ottobre 2024, n. 26913, Rv. 672535-01). Fondata è, invece, la prima censura, relativa al merito della eccezione di inammissibilità dell'intervento, valendo anche per il successore a titolo particolare la regola generale prevista dall'articolo 268 cod. proc. civ. - applicabile anche nel giudizio di appello ai sensi dell'articolo 359 cod. proc. civ. - a tenore della quale l'intervento può avere luogo sino a quando non vengano precisate le conclusioni (Cass. Sez. 1, ord. 6 febbraio 2018, n. 2812, non massimata). È evidente, infatti, che tale limite temporale non risulta rispettato dal preteso interventore. 9.4. Anche il quarto motivo di ricorso è fondato. 9.4.1. Premesso, come appena illustrato, che l'intervento in appello di Neprix (quale mandataria di Aporti) era inammissibile, essa, in ogni caso, non poteva produrre il documento - il testo integrale della Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 dicembre 2015 - con la quale intendeva documentare che proprio il credito facente capo a BNL (e non altro, spettante, invece, a Unicredit, come risultava dall'estratto in origine prodotto dalla mandataria di Rubidio, CAF) aveva formato oggetto di cessione in favore di Rubidio, la quale lo avrebbe, a propria volta, poi ceduto ad Aporti. Difatti, una volta esaurita la fase di trattazione con l'udienza di precisazione delle conclusioni o con la discussione orale o in altro modo compatibile con la chiara conclusione della fase procedimentale d'appello, nelle memorie successive non sono ammissibili produzioni documentali e ciò perché la produzione documentale in uno con le memorie finali post discussione determinerebbe un'insanabile violazione del contraddittorio (così, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 30 marzo 2022, n. 10203, Rv. 664536-01). 9.5. Il quinto motivo di ricorso - che lamenta l'omesso esame dell'estratto di quello stesso numero 149 del 2015 della Gazzetta Ufficiale, che indicherebbe Rubidio come cessionaria di Unicredit e non di BNL - resta assorbito dall'accoglimento del quarto invero, il documento mirerebbe a comprovare la legittimazione a dispiegare un intervento che, invece, era inammissibile. 9.6. Il sesto e il settimo motivo - suscettibili di trattazione congiunta, data la loro connessione, involgendo il tema della prova della cessione dei crediti in blocco ex articolo 58 D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 - sono anch'essi fondati. 9.6.1. Deve, infatti, darsi seguito al principio secondo cui nell'ipotesi di cessione di crediti in blocco ex articolo 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l'esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'articolo 58 del citato D.Lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell'ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente (Cass. Sez. 3, ord. 22 giugno 2023, n. 17944, Rv. 668451-01). Erra, dunque, la sentenza impugnata nel motivare essere stata raggiunta la prova dell'avvenuta cessione sulla base delle sole risultanze della Gazzetta Ufficiale (che, peraltro, neppure avrebbe potuto utilizzare, per le ragioni indicate al par. 9.4.). 9.7. L'ottavo motivo di ricorso è, invece, inammissibile. 9.7.1. Esso, infatti, non coglie né contrasta la ratio decidendi alla base del rigetto dell'eccezione di nullità della clausola di pattuizione dei tassi di interesse di cui all'articolo 2 del contratto di mutuo del 28 giugno 2002 (declinando, per l'effetto, la richiesta delle società odierne ricorrenti di dare corso ad una CTU contabile), ovvero l'inammissibilità della proposizione di tale eccezione quale successore a titolo particolare della mutuataria Eurosintesi. Poiché tale affermazione è rimasta non censurata, il presente motivo, in quanto estraneo al decisum della sentenza impugnata, si presenta, per ciò, solo inammissibile (cfr. Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01; Cass. Sez. 2, ord. 9 aprile 2024, n. 9450, Rv. 670733-01). 9.8. Il nono motivo non è fondato. 9.8.1. Questa Corte - tra l'altro, proprio con specifico riferimento ad una fattispecie che ricadeva sotto l'applicazione della disciplina anteriore alla riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 - ha affermato il condivisibile principio secondo cui, in tema di società di capitali, l'eccedenza dell'atto rispetto ai limiti dell'oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti, non ne integra un'ipotesi di nullità, ma, al più, di inefficacia e di opponibilità nei rapporti con i terzi, e, posto che è rimesso alla società, e solo ad essa, di respingere gli effetti dell'atto, deve correlativamente essere riconosciuto alla società il potere di assumere ex tunc quegli effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente propri, attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del potere rappresentativo dell'amministratore , sicché ogni questione relativa all'estraneità dell'atto compiuto dall'amministratore rispetto all'oggetto sociale è da ritenersi irrilevante a seguito e per effetto dell'adozione di una delibera di autorizzazione preventiva adottata dalla società, atteso che tale delibera impegna la società medesima alla condotta di essa esecutiva e ad essa conforme posta in essere dall'organo di gestione, idonea o meno che sia rispetto al perseguimento dell'oggetto sociale (Cass. Sez. 1, sent. 1 dicembre 2016, n. 24547, Rv. 642662-02; nello stesso senso, e sempre con riferimento a delibere societarie adottate anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003, si vedano anche Cass. Sez. 1, sent. 2 settembre 2004, n. 17678, Rv. 576632-01 e Cass. Sez. 1, sent. 15 aprile 2008, n. 9905 Rv. 602637-01). Di conseguenza, una volta esclusa la nullità dell'atto diventano irrilevanti le ulteriori questioni, poste dal presente motivo, circa il preteso rilievo della stessa, nel corso del giudizio, da parte delle odierne ricorrenti (esclusa, come detto, dalla sentenza impugnata) e sulla possibilità che la nullità fosse dichiarata ex officio . 9.9. Il decimo motivo - sulle spese di lite - resta assorbito dall'accoglimento dei motivi terzo, quarto, sesto e settimo. Difatti, la statuizione del giudice di appello sulle spese di lite resta travolta dalla cassazione della sentenza impugnata, a norma dall'articolo 336, comma 1, cod. proc. civ., e dalla necessità di una loro rinnovata, totale, regolamentazione alla stregua dell'esito finale della lite (tra le molte, Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2016, n. 4887, Rv. 639295-01). 10. In conclusione, il ricorso è accolto quanto ai motivi terzo, quarto, sesto e settimo, sicché la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte – accoglie il terzo, il quarto, il sesto e il settimo motivo di ricorso, rigettando il primo, il secondo e il nono, dichiarando inammissibile l'ottavo e assorbiti il quinto e il decimo; –cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.