In materia di crediti professionali degli avvocati, gli interessi moratori decorrono dalla messa in mora, che può avvenire sia tramite domanda giudiziale sia con una diffida stragiudiziale, anche qualora la liquidazione avvenga al termine del procedimento previsto dall’articolo 14 d.lgs. 150/2011. Il riconoscimento di tali interessi non è automatico, ma presuppone che il ritardo nel pagamento non sia dovuto a cause indipendenti dalla volontà del debitore.
Con l'ordinanza in commento, la Cassazione ha chiarito che, in materia di crediti professionali degli avvocati, gli interessi previsti dall'articolo1224 c.c. decorrono dalla data di messa in mora. Tale data può coincidere sia con la proposizione della domanda giudiziale, sia con una precedente richiesta stragiudiziale di adempimento, anche qualora la liquidazione del credito avvenga al termine del procedimento previsto dall'articolo 14 d.lgs. 150/2011. La Suprema Corte ha così accolto il ricorso di due professionisti che avevano assistito una società e che si erano visti riconoscere dal Tribunale di Bergamo solo gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale, nonostante le numerose richieste stragiudiziali inviate alla controparte. Il Tribunale, infatti, aveva condannato la società al pagamento della somma richiesta degli accessori di legge e delle spese di lite, ma aveva limitato il riconoscimento degli interessi a quelli legali, calcolati dal giorno della domanda giudiziale fino al saldo. I professionisti avevano, invece, contestato sia la mancata applicazione degli interessi moratori, sia la scelta della data di decorrenza, sostenendo che la messa in mora fosse già avvenuta tramite diverse richieste stragiudiziali. La Suprema Corte, riconoscendo la fondatezza della loro doglianza, ha ribadito che la disciplina contro i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali – e dunque anche gli interessi moratori previsti dal d.lgs. 231/2002 – si applica anche ai contratti d'opera professionale. Tuttavia, il riconoscimento di tali interessi non è automatico: è necessario verificare che il ritardo nel pagamento non sia dovuto a una causa indipendente dalla volontà del debitore, secondo quanto stabilito dall'articolo 3 del decreto. La Cassazione ha chiarito che non rileva la data di liquidazione giudiziale, né l'eventuale differenza fra quanto richiesto e quanto effettivamente riconosciuto: la decorrenza degli interessi è ancorata alla messa in mora, che può avvenire tramite domanda giudiziale o diffida stragiudiziale. Il Tribunale, quindi, avrebbe dovuto riconoscere gli interessi previsti dal d.lgs. 231/2002 anche sulla base delle diffide documentate dai professionisti. L'errore del giudice di merito è stato, dunque, quello di limitarsi ai soli interessi legali, senza motivare il mancato riconoscimento di quelli moratori e senza verificare l'esistenza di cause giustificative dell'inadempimento. Sul fronte della rivalutazione monetaria, invece, i Giudici hanno respinto il motivo di ricorso: la liquidità del debito non è una condizione essenziale per la costituzione in mora. Anche se il credito non è ancora determinato nel suo ammontare, la mora si esclude solo se il debitore era realmente impossibilitato, secondo l'ordinaria diligenza, a quantificare la prestazione dovuta. Se invece il credito può essere stimato – ad esempio, tramite le tariffe professionali e la documentazione delle attività svolte – la condotta del debitore viene considerata dilatoria e giustifica il riconoscimento degli interessi moratori dalla data della domanda, limitatamente alla parte di credito riconosciuta o accertata in giudizio. La Suprema Corte ha, quindi, escluso l'applicazione del principio romanistico «in illiquidis non fit mora»: la mora non viene meno solo perché il credito non sia liquido, ma può essere riconosciuta anche in presenza di contestazioni, a patto che il debitore abbia la possibilità di stimarne l'ammontare. In presenza di una condotta ingiustificatamente dilatoria, gli interessi moratori spettano dalla data della domanda, sia pure limitatamente alla parte di credito riconosciuta o accertata in giudizio. In definitiva, i Giudici hanno evidenziato che, in tema di compensi professionali, la mora non opera in automatico, ma presuppone una condotta colpevole del debitore e una puntuale costituzione in mora, elemento particolarmente rilevante nei casi in cui il credito sia stato oggetto di contestazione.
Presidente Manna - Relatore Giannaccari Rilevato che Con ricorso ex articolo 14 D. Lgs. n. 150/2011, gli avvocati P.C. e D.F.C., chiesero al Tribunale di Bergamo la liquidazione dei compensi spettanti per l'assistenza professionale svolta in un giudizio civile in favore della (OMISSIS) s.r.l e la conseguente condanna della società al pagamento della somma di € 10.248,99. Il Tribunale di Bergamo, nella contumacia della (OMISSIS) s.r.l., con sentenza n. 2411/2023, resa ai sensi dell'articolo 281-sexies c.p.c., condannò la predetta società al pagamento della somma di € 10.248,99, a titolo di compensi professionali, compresi gli accessori di legge, oltre gli interessi legali da calcolarsi a far data dalla domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle spese di lite. P.C. e D.F.C. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. (OMISSIS) s.r.l. è rimasta intimata. Considerato che Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione di legge ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., con riferimento agli articolo 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e agli articolo 4 e 5 del D. Lgs. n. 231/2002, nonché all'articolo 1284 c.c., per erronea applicazione degli interessi legali in luogo di quelli moratori, oltreché della decorrenza degli stessi dalla data della domanda e non dalla messa in mora, avvenuta con diverse richieste stragiudiziali. Nel rigettare la richiesta degli interessi ex D. Lgs n.231/2002, il Tribunale non avrebbe addotto alcuna ragione giustificativa del diverso computo effettuato, sicché la sentenza sarebbe viziata per carenza di motivazione. Il motivo è fondato. Come affermato da questa Corte, in base alla formulazione letterale degli articolo 1 e 2 del D.Lgs. n. 231 del 2002, la disciplina contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali si applica anche ai contratti d'opera professionale, sebbene la spettanza degli interessi moratori non sia automatica, dovendosi verificare, ai fini del relativo riconoscimento, che, come prescritto dall'articolo 3 del menzionato D.Lgs., il ritardo nel pagamento non sia stato determinato dalla impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (Cass., Sez. 6 - 2, 31/10/2019, n. 28151; Cass. Sez. 2 19-8-2022 n. 24973 Rv. 665548-01, in motivazione). Il quarto comma dell'articolo 1284 cod. civ., nello stabilire che se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali , richiama il D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, il quale recepisce la Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che è chiamato appunto ad attuare, prevedendo all'articolo 3, rubricato responsabilità del debitore , che il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull'importo dovuto, ai sensi degli articolo 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile . L'orientamento di questa Corte è, altresì, consolidato nell'affermare che, in relazione ai crediti professionali derivanti dallo svolgimento dell'attività di avvocato, gli interessi di cui all'articolo 1224 cod. civ. decorrano dalla data di messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale o con la richiesta stragiudiziale di adempimento, anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all'esito del procedimento di cui all'articolo 14 D.Lgs. 150/2011 (Cassazione civile sez. II, 18/12/2024, n.33198; Cassazione civile sez. II, 07/02/2024, n. 3457, non massimata, che si pone in continuità con i precedenti affermati da Cass. Civ., Sez. II, 9.11.2022, n.32929, Cass. Sez. II, 19.8.2022, 24973; Cass. Civ., Sez. II, 10.10.2022, n.29351). Non ha, invero, rilievo, la successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'articolo 14 del D. Lgs. n. 150/2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore. Il Tribunale di Bergamo ha errato nel riconoscere agli avvocati P.C. e D.F.C. gli interessi nella misura legale e non gli interessi previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002, omettendo di esaminare, al fine della decorrenza degli interessi, gli atti stragiudiziali di costituzione in mora del 29.6.2018 e le successive diffide, regolarmente trascritte nel ricorso per cassazione, come previsto dall'articolo366, comma 1, n.6 c.p.c. Con il secondo motivo si denunzia la violazione di legge ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., dell'articolo 112 c.p.c., con riferimento agli articolo 4 e 5 del D. Lgs. n. 231/2002, nonché degli articolo 1224, comma 2 c.c., 1284 c.c., e del D.M. 31 ottobre 1985 in materia di rivalutazione monetaria. Richiamando quanto illustrato nel primo motivo, le ricorrenti si dolgono della violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, non avendo il tribunale emesso alcuna pronuncia sulla domanda afferente alla rivalutazione monetaria del credito professionale, dal momento che gli importi richiesti nella parcella non sarebbero stati contestati. Secondo le ricorrenti, pertanto, gli interessi moratori decorrevano automaticamente dalla scadenza del termine per il pagamento, senza necessità di costituzione in mora. Il motivo è infondato alla luce della citata giurisprudenza che, discostandosi dagli arresti precedenti, ha aderito a quell'orientamento secondo cui la liquidità del debito non è condizione necessaria della costituzione in mora, con la conseguenza che, in caso di contestazione dell'entità del credito, l'atto di costituzione in mora produce i suoi effetti tipici, con riguardo agli interessi moratori, limitatamente alla parte del credito riconosciuta (Cassazione civile sez. II, 18/12/2024, n.33198) In sostanza, posto che nel nostro ordinamento non opera il principio romanistico in illiquidis non fit mora, anche quando oggetto della domanda sia un'obbligazione di valuta, la mora del debitore va esclusa solo quando questi si sia trovato nell'assoluta impossibilità, alla stregua dell'ordinaria diligenza, di quantificare la prestazione dovuta, ma non anche quando, pur a fronte di un credito ancora illiquido, sia data al debitore la possibilità di compierne una stima, anche sulla scorta, nel caso di crediti professionali, delle tariffe ed in relazione ad attività certe nell'avvenuto espletamento e nella qualificazione, con la conseguenza che va ravvisata la colpa del debitore in presenza di una condotta ingiustificatamente dilatoria, come ad esempio, nel caso in cui la contestazione giudiziale del credito sia radicale ovvero riguardi elementi essenziali del rapporto, ancorché le prove confortino la loro esistenza. Ciò comporta che, sussistendo in siffatte situazioni il ritardo colpevole ad adempiere, siccome derivante dalla condotta ingiustificatamente dilatoria del debitore, devono essere riconosciuti gli interessi moratori a decorrere dalla domanda, sia pure limitatamente alla parte di credito non contestata ovvero a quella che risulterà all'esito dell'accertamento giudiziale (Cass., Sez. 2, 19/8/2022, n. 24973 cit.). In conclusione, il primo motive di ricorso deve essere accolto, mentre deve essere rigettato il secondo motivo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Bergamo in diversa composizione P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Bergamo in diversa composizione.