L’azione di ripetizione nei confronti dei creditori, a piano di riparto ormai approvato, costituisce una grave negligenza del professionista: pertanto, l’avvocato è responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge, ed in genere nei casi in cui per negligenza o imperizia comprometta il buon esito del giudizio.
La vicenda L'avvocato, incaricato dall'attore, agiva al fine di ottenere la restituzione della somma corrisposta in eccesso rispetto al valore di un bene acquistato tramite asta dal Fallimento. A seguito del mancato ottenimento del credito nei confronti della Curatela, l'avvocato aveva provveduto ad un ulteriore giudizio nei confronti dei creditori assegnatari del ricavato della vendita, al fine di sentirli condannare alla restituzione della somma. Tuttavia, il Tribunale rigettava la domanda promossa nei confronti dei predetti creditori in ragione dell'irripetibilità dei pagamenti effettuati in esecuzione del piano di riparto ai sensi dell'articolo 114 l. fall. Per queste ragioni, parte attrice, dopo aver atteso invano la soddisfazione di quanto riconosciutogli con la precedente sentenza e dell'avere inutilmente instaurato nei confronti delle parti un giudizio civile dal prevedibile esito negativo, con il giudizio in esame, ha chiesto al giudicante la condanna dell'avvocato alla restituzione della somma corrisposta a titolo di compensi e al risarcimento del danno patrimoniale. L'irripetibilità dei pagamenti effettuati in esecuzione dei riparti L'articolo 114 l. fall. fissa in maniera inequivoca il principio della irripetibilità dei pagamenti effettuati in esecuzione dei riparti, salvo il caso dell'accoglimento delle domande di revocazione dei crediti ammessi. Pertanto, una volta che il provvedimento di ammissione al passivo da parte del giudice delegato diventa definitivo, i successivi pagamenti in favore dei creditori ammessi diventano insindacabili ex post, a meno che la stabilità dell'atto esecutivo della ripartizione venga travolta dalla revocazione del titolo originario giustificativo della partecipazione al riparto stesso. La valenza pro iudicato endofallimentare della pronuncia sulla verifica del credito e la preclusione stabilita nella fase della distribuzione dall'articolo114 l. fall. impedisce la proposizione di azioni di ripetizione e di restituzione di quanto percepito dai creditori all'interno del concorso, ed opera nei confronti di tutti i soggetti astrattamente legittimati ad esperirle, curatore, imprenditore fallito tornato in bonis e creditori concorrenti. Il dovere di diligenza del professionista Come è noto, le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non al suo conseguimento. Ne deriva che l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto ipso facto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del tradizionale criterio della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'articolo 1176, comma 2, c.c. da commisurarsi alla natura dell'attività esercitata. Sul professionista incombe la prova di avere esattamente adempiuto le obbligazioni derivanti dall'incarico professionale. La negligenza dell'avvocato Nella vicenda in esame, la richiesta diligenza qualificata nell'espletamento dell'incarico avrebbe dovuto portare il difensore a non intraprendere un siffatto giudizio, essendo ormai stato approvato il piano di riparto ed eseguiti i pagamenti. Invero, l'aver promosso l'azione di ripetizione nei confronti dei creditori, a piano di riparto ormai approvato, costituiva una grave negligenza del professionista tenuto conto del chiaro disposto dell'articolo 114 l. fall. che, come si è detto, sancisce espressamente la regola della intangibilità delle attribuzioni patrimoniali eseguite a favore dei creditori in sede di riparto, salvo il caso dell'accoglimento delle domande di revocazione dei crediti ammessi (ipotesi non ricorrente nel caso di specie). Difatti, a parere del giudice, era chiaramente enucleabile la conclusione secondo cui l'azione di ripetizione promossa fosse, con alta probabilità, destinata a produrre effetti pregiudizievoli per il cliente. Trattasi di condotta non conforme alla diligenza media esigibile dal professionista; quest'ultimo, del resto, non poteva utilmente invocare l'asserita responsabilità del Curatore, per aver questi effettuato il riparto dell'attivo senza attendere l'esito della domanda proposta nei confronti della Curatela, e ciò perché l'eventuale responsabilità del Curatore non elide la colposa condotta del Professionista. In conclusione, alla luce delle considerazioni esposte, il Tribunale ha accolto l'azione di responsabilità professionale avanzata dall'attore e, per l'effetto, oltre alla risoluzione del contratto, il giudice ha condannato l'avvocato alla restituzione di quanto percepito a titolo di compensi. Invece, parzialmente accolta la domanda di condanna al risarcimento dei danni derivati dall'inesatto adempimento della prestazione defensionale, consistiti nell'esborso sostenuto dell'attore per il rimborso alle controparti delle spese legali del giudizio.
Giudice Cea Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.