In materia di responsabilità disciplinare dell’avvocato, la pronuncia del CNF ribadisce che l’omessa anticipazione del contributo unificato da parte del difensore non costituisce illecito deontologico in assenza di obblighi normativi specifici e di elementi di scorrettezza professionale, così riaffermando il principio costituzionale della tutela della difesa e la centralità del rapporto fiduciario con il cliente, specie in presenza di comprovate difficoltà economiche di quest’ultimo.
La sentenza in esame, emessa dal Consiglio Nazionale Forense, prende avvio dal ricorso proposto da un avvocato del Foro di Catania, destinatario della sanzione disciplinare della censura per aver omesso, al momento dell'iscrizione a ruolo di 126 cause civili presso il Tribunale di Catania, il pagamento del contributo unificato. L'organo territoriale aveva ritenuto tale condotta in violazione degli articolo 9 e 37 del Codice Deontologico Forense, sostenendo che l'avvocato avrebbe dovuto, se necessario, anticipare di tasca propria la spesa, e che il comportamento in questione avrebbe favorito l'accaparramento di clientela, suggestionata dalla prospettiva di non dover sostenere costi di avvio del processo. Nel ricorso, il professionista ribadiva la situazione di difficoltà economica dei clienti, l'impossibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato, la trasparenza verso le Cancellerie circa le ragioni della mancata corresponsione del tributo e la regolarità dei pagamenti in oltre mille altre cause trattate nello stesso periodo. La difesa sottolineava inoltre, l'assenza di un obbligo normativo per il difensore di anticipare il contributo unificato, richiamando la funzione sociale della professione forense e il diritto costituzionale alla difesa. Il Consiglio Nazionale Forense, analizzati gli atti e la normativa di riferimento, ha accolto il ricorso, annullando la decisione impugnata e stabilendo che la mera iscrizione a ruolo di cause senza il pagamento del contributo unificato non viola, di per sé, gli articolo 9 e 37 del Codice Deontologico Forense. La pronuncia valorizza l'assenza di un obbligo di legge in capo all'avvocato di anticipare le spese processuali per conto del cliente e chiarisce che la responsabilità disciplinare può sussistere solo in presenza di elementi quali la mancata informazione al cliente sulle conseguenze della condotta o la pubblicizzazione della disponibilità a promuovere cause senza spese come strumento di accaparramento di mandati. La decisione del CNF si sofferma ampiamente sui principi regolatori degli obblighi dell'avvocato in materia di spese processuali, chiarendo che l'articolo 13 della Legge 247/2012 riconosce il diritto dell'avvocato a ottenere il rimborso delle spese eventualmente anticipate, ma non impone un obbligo di anticipazione delle stesse; il versamento del contributo unificato grava esclusivamente sulla parte che instaura il giudizio, come stabilito dagli articolo 14 e 248 del D.P.R. 115/2002, e la mancata corresponsione non comporta responsabilità solidale a carico del difensore né costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La pronuncia richiama anche il principio costituzionale dell'articolo 24 Cost. sull'inviolabilità del diritto di difesa e censura ogni interpretazione che, ponendo a carico dell'avvocato obblighi non previsti dalla legge, rischi di compromettere l'effettività di tale diritto e la funzione sociale dell'avvocatura. Il Collegio osserva altresì che, nel caso concreto, non risultano provati né la mancata informativa ai clienti sulle conseguenze della condotta, né un'attività di pubblicizzazione finalizzata ad attrarre clientela; la percentuale delle cause trattate senza pagamento del contributo unificato era limitata rispetto al totale delle iscrizioni a ruolo operate dall'avvocato. In assenza di tali presupposti, il solo fatto di aver iscritto a ruolo cause senza anticipare il contributo unificato non può integrare illecito disciplinare, né sotto il profilo della lealtà e correttezza, né sotto quello della correttezza e decoro nei rapporti con i colleghi.
CNF, sentenza n. 410/2024