Il Tribunale dell’Unione europea ha respinto la registrazione del marchio “Nero Champagne” per vini DOP “Champagne”, accogliendo l’opposizione degli enti di tutela francesi. La decisione rafforza la protezione delle denominazioni di origine, escludendo la possibilità di sfruttamento indebito della reputazione anche per prodotti apparentemente conformi al disciplinare.
Con la recente sentenza nella causa T-239/23, il Tribunale dell'Unione europea ha accolto l'opposizione del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne e dell'Institut National de l'Origine et de la Qualité (INAO), respingendo definitivamente la domanda di registrazione del marchio “NERO CHAMPAGNE” presentata nel 2019 dalla società italiana Nero Lifestyle S.r.l. La richiesta, rivolta all'EUIPO, mirava a ottenere la protezione del marchio, tra l'altro, per “vini conformi al disciplinare della DOP Champagne”. Gli organismi rappresentativi francesi avevano contestato la registrazione, sostenendo che l'uso della denominazione “Champagne” avrebbe potuto indebitamente sfruttare la notorietà e la garanzia di qualità associate alla DOP, protetta a livello europeo sin dal 1973. L'EUIPO, in prima battuta, aveva parzialmente rigettato l'opposizione, ma i ricorrenti hanno ottenuto dal Tribunale UE l'annullamento di tale decisione anche per i vini apparentemente conformi al disciplinare. Il Tribunale ha chiarito che, sebbene il diritto dell'Unione non vieti in modo assoluto l'inserimento di una DOP all'interno di un marchio, la registrazione deve essere esclusa quando: il prodotto non sia conforme al disciplinare; si sfrutti indebitamente la notorietà della DOP; il marchio trasmetta indicazioni ingannevoli sull'origine del prodotto. Esiste una presunzione secondo cui un marchio contenente una DOP, richiesto per prodotti effettivamente conformi, non sfrutti indebitamente la reputazione della denominazione; tuttavia, tale presunzione può essere superata se emergono elementi contrari. Pertanto, quando vengono presentati elementi in tal senso, l’EUIPO è tenuto a esaminarli per verificare se ricorrano le condizioni per superare tale presunzione. Nel caso in esame, il Tribunale ha censurato la Commissione di ricorso dell'Ufficio per la Proprietà Intellettuale dell’Unione Europea per aver considerato la presunzione come assoluta e per non aver motivato adeguatamente il rigetto delle prove presentate dagli opponenti. In particolare, è stato ritenuto che il termine “Nero” potesse essere percepito dal consumatore italiano come evocativo di un vitigno o del colore, inducendo così erroneamente a credere nell'esistenza di uno “champagne nero”, opzione non prevista dal disciplinare che ammette solo versioni bianche o rosate.
Sentenza 1 Con il loro ricorso fondato sull'articolo 263 TFUE, il Comité interprofessionnel du vin de Champagne e l'Institut national de l'origine et de la qualité (INAO), ricorrenti, chiedono l'annullamento parziale della decisione della seconda commissione di ricorso dell'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), del 17 febbraio 2023 (procedimento R 531/2022-2) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Fatti 2 Il 19 febbraio 2019 la Nero Lifestyle Srl ha presentato all'EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell'Unione europea per il marchio denominativo NERO CHAMPAGNE. 3 Il marchio richiesto designava i prodotti e i servizi appartenenti alle classi 33, 35 e 41 ai sensi dell'accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione: – classe 33: «Vini conformi al disciplinare della denominazione d'origine protetta “Champagne”»; – classe 35: «Pubblicità; gestione d'affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori d'ufficio; servizi di vendita, al dettaglio e all'ingrosso, on-line ed in negozio, di vini a denominazione d'origine protetta “Champagne”, di birre e di bevande analcoliche»; – Classe 41: «Educazione, formazione, divertimento, attività culturali; edizione e pubblicazione di testi (esclusi quelli pubblicitari), d'illustrazioni, di periodici, comprese le pubblicazioni elettroniche e digitali, di CD-ROM, di libri, di riviste, di riviste professionali, di giornali, di periodici, di rotocalchi e di pubblicazioni d'ogni genere (escluse quelle pubblicitarie) e sotto qualsiasi forma, comprese pubblicazioni elettroniche e digitali; gestione di pubblicazioni elettroniche on-line non caricabili da un sistema remoto; produzione di film su videonastri; organizzazione di convegni, seminari, laboratori, conferenze, congressi, stage per scopi culturali o educativi, organizzazione d'esposizioni e di saloni professionali o per il grande pubblico a scopi culturali o educativi; pubblicazione di libri; pubblicazioni tramite computer; organizzazione di ricevimenti; organizzazione di programmi di formazione; organizzazione di concorsi e di giochi (istruzione o divertimento); presentazione al pubblico d'opere d'arte visive o letterarie a fini culturali o educativi; manifestazioni di degustazione di vini a scopi educativi; insegnamento e formazione in materia di commercio, di industria e di tecnologie dell'informazione; organizzazione e direzione di convegni, congressi, conferenze, seminari, stage a scopo commerciale e/o pubblicitario; tutti i suddetti servizi sono destinati a presentare e valorizzare i vini a denominazione d'origine protetta “Champagne”». 4 Il 2 agosto 2019 i ricorrenti hanno proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e i servizi di cui al punto 3 supra. 5 L'opposizione era fondata sulla denominazione di origine protetta (DOP) n. AOP-FR-A1359 «Champagne», registrata nell'Unione europea per taluni vini dal 18 settembre 1973, conformemente all'articolo 107, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 671). 6 I motivi dedotti a sostegno dell'opposizione erano quelli di cui all'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell'Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1), e all'articolo 103, paragrafo 2, lettere da a) a d), del regolamento n. 1308/2013. 7 Il 1º febbraio 2022 la divisione di opposizione ha parzialmente accolto l'opposizione per i servizi di «vendita, al dettaglio e all'ingrosso, on-line ed in negozio, di birre e di bevande analcoliche», rientranti nella classe 35, sulla base dell'articolo 103, paragrafo 2, lettere c) e d), del regolamento n. 1308/2013 e ha respinto l'opposizione per gli altri prodotti e servizi di cui al punto 3 supra. 8 Il 31 marzo 2022 i ricorrenti hanno proposto ricorso dinanzi all'EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione nella parte in cui ha respinto l'opposizione. 9 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha annullato la decisione della divisione di opposizione nella parte in cui ha respinto l'opposizione per i servizi «pubblicità; gestione d'affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori d'ufficio» rientranti nella classe 35 e ha accolto l'opposizione per tali servizi. Per contro, essa ha respinto l'opposizione per i prodotti rientranti nella classe 33 e per i servizi rientranti nella classe 41 di cui al punto 3 supra, nonché per i servizi di «vendita, al dettaglio e all'ingrosso, on-line ed in negozio, di vini a denominazione d'origine protetta “Champagne”» rientranti nella classe 35 (in prosieguo, congiuntamente: i «prodotti e servizi di cui trattasi»). Conclusioni delle parti 10 I ricorrenti, sostenuti dalla Repubblica francese e dalla Repubblica italiana, chiedono che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata nella parte in cui respinge l'opposizione; – respingere la domanda di registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi di cui trattasi o, in subordine, rinviare il caso a un'altra commissione di ricorso per riesame; – condannare l'EUIPO e la Nero Lifestyle a farsi carico delle proprie spese, nonché le spese sostenute dai ricorrenti nell'ambito dei procedimenti dinanzi alla divisione di opposizione, alla commissione di ricorso e al Tribunale. 11 L'EUIPO chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare i ricorrenti alle spese in caso di convocazione a un'udienza. 12 La Nero Lifestyle chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare i ricorrenti alle spese. 13 La oriGIn, organization for an International Geographical Indication network (in prosieguo: la «oriGIn») sostiene le conclusioni dei ricorrenti e chiede che il Tribunale voglia condannare l'EUIPO e la Nero Lifestyle alle spese, comprese quelle da essa sostenute. In diritto Sulle conclusioni di annullamento 14 I ricorrenti deducono, in sostanza, quattro motivi di ricorso, vertenti, il primo, articolato in tre parti, sulla violazione dell'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013; il secondo, su una violazione dell'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), i), del regolamento n. 1308/2013; il terzo, articolato in due parti, su una violazione dell'obbligo di motivazione enunciato agli articoli 263 e 296 TFUE e all'articolo 94, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 e, il quarto, su una violazione dei principi di parità di trattamento e di buona amministrazione. 15 Occorre esaminare anzitutto il primo motivo di ricorso e la prima parte del terzo motivo di ricorso congiuntamente, poi la seconda parte del terzo motivo di ricorso. Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, e sulla prima parte del terzo motivo di ricorso, vertente su una violazione dell'obbligo di motivazione 16 Con la prima parte del primo motivo di ricorso, i ricorrenti sostengono che l'uso e la registrazione della DOP «Champagne» come parte del marchio richiesto snaturerebbero le funzioni della DOP e sarebbero, in quanto tali, contrari all'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, in combinato disposto con l'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001. 17 Nell'ambito della seconda parte del primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono che la commissione di ricorso avrebbe erroneamente ritenuto che, poiché la domanda di registrazione del marchio richiesto riguardava esclusivamente prodotti conformi al disciplinare della DOP «Champagne» e servizi relativi a simili prodotti, l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non si applicasse. Pertanto, la commissione di ricorso avrebbe erroneamente escluso la possibilità che un marchio registrato per prodotti conformi a tale disciplinare o per servizi relativi a simili prodotti potesse sfruttare la notorietà della DOP di cui trattasi, ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013. 18 Con la terza parte del primo motivo di ricorso, i ricorrenti contestano alla commissione di ricorso di non aver effettuato una valutazione complessiva del marchio richiesto, in violazione dell'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, e deducono un insieme di indizi che dimostrano, a loro avviso, che tale marchio sfrutta la notorietà della DOP «Champagne», ai sensi di detta disposizione. 19 Inoltre, i ricorrenti sostengono, con la prima parte del terzo motivo di ricorso, in sostanza, che la commissione di ricorso è venuta meno al suo obbligo di motivazione in quanto, al punto 37 della decisione impugnata, essa non ha esposto i motivi per i quali ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova del fatto che l'uso del marchio richiesto rientrasse nell'ambito di applicazione dell'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013. 20 In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, in seguito all'opposizione di qualunque persona autorizzata dal diritto pertinente a esercitare i diritti conferiti da una denominazione di origine o da un'indicazione geografica, il marchio depositato è escluso dalla registrazione se e in quanto, ai sensi della legislazione dell'Unione o del diritto di uno Stato membro in materia di protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, da un lato, era già stata presentata una domanda di registrazione della denominazione di origine o dell'indicazione geografica, conformemente alla legislazione dell'Unione o al diritto nazionale, anteriormente alla data della domanda di registrazione del marchio UE o alla data in cui è stato invocato un diritto di priorità per la domanda, purché successivamente sia avvenuta la registrazione e, dall'altro, la denominazione di origine o l'indicazione geografica conferisce il diritto di vietare l'uso di un marchio successivo. 21 L'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001 deve essere letto alla luce delle disposizioni pertinenti del diritto dell'Unione in materia di determinazione e di protezione delle DOP per quanto concerne i prodotti vitivinicoli. Di conseguenza, occorre fare riferimento, nel caso di specie, alle DOP registrate conformemente al regolamento n. 1308/2013 [v., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2021, Esteves Lopes Granja/EUIPO – IVDP (PORTWO GIN), T‑417/20, non pubblicata, EU:T:2021:663, punto 24]. 22 L'articolo 102, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013, intitolato «Relazione con i marchi commerciali», prevede quanto segue: «La registrazione di un marchio commerciale che contiene o è costituito da una [DOP] o da un'indicazione geografica protetta [IGP] non conforme al corrispondente disciplinare di produzione o il cui uso rientra nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2, e riguarda un prodotto che rientra in una delle categorie elencate nell'allegato VII, parte II: a) è rigettata (...), o b) è annullata». 23 L'articolo 103 del regolamento n. 1308/2013, intitolato «Protezione», nella versione che era in vigore alla data dell'opposizione, enuncia quanto segue: «1. Le [DOP] e le [IGP] possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializza vino prodotto in conformità con il relativo disciplinare di produzione. 2. Le [DOP] e le [IGP] e i vini che usano tali denominazioni protette in conformità con il relativo disciplinare sono protette contro: a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto: i) per prodotti comparabili non conformi al disciplinare del nome protetto, o ii) nella misura in cui tale uso sfrutti la notorietà di una denominazione di origine o di una indicazione geografica; (…); c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto vitivinicolo in esame nonché l'impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sulla sua origine; (…)». 24 Dalla giurisprudenza risulta che il regime di protezione delle DOP e delle IGP previsto dal regolamento n. 1308/2013 mira essenzialmente a garantire ai consumatori che i prodotti agricoli muniti di una denominazione registrata presentino, a causa della loro provenienza da una determinata zona geografica, talune caratteristiche particolari e, pertanto, offrano una garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica, allo scopo di consentire agli operatori agricoli che abbiano compiuto effettivi sforzi qualitativi di ottenere in contropartita migliori redditi e di impedire che terzi si avvantaggino abusivamente della notorietà discendente dalla qualità di tali prodotti (sentenze del 14 settembre 2017, EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto, C‑56/16 P, EU:C:2017:693, punto 82, e del 9 settembre 2021, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑783/19, EU:C:2021:713, punto 49). 25 È alla luce di tali principi che occorre esaminare gli argomenti dei ricorrenti. – Sulla prima parte del primo motivo di ricorso 26 I ricorrenti, sostenuti dalla Repubblica italiana, fanno valere che il diritto di utilizzare una DOP, ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013, riguarda il diritto di utilizzarla come DOP, vale a dire conformemente alla funzione di una DOP. Per contro, tale disposizione non autorizzerebbe i terzi a registrare una DOP come parte di un marchio, in quanto un simile utilizzo sarebbe contrario all'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013. In udienza, i ricorrenti, sostenuti dalla Repubblica francese e dalla oriGIn, hanno mitigato la loro posizione, ammettendo, da un lato, che, a determinate condizioni, una DOP può far parte di un marchio, pur sostenendo, dall'altro, che la commissione di ricorso deve effettuare un'analisi caso per caso al fine di valutare se il marchio richiesto sfrutti la notorietà della DOP in questione ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), di detto regolamento. 27 L'EUIPO e la Nero Lifestyle contestano gli argomenti dei ricorrenti. In particolare, in udienza, l'EUIPO ha sostenuto che l'argomento dei ricorrenti secondo cui la commissione di ricorso avrebbe dovuto effettuare un'analisi caso per caso al fine di valutare se il marchio richiesto sfruttasse la notorietà della DOP «Champagne» era irricevibile, in quanto è stato dedotto per la prima volta in occasione di detta udienza. 28 Dal combinato disposto dell'articolo 76, lettera d), e dell'articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale risulta, in particolare, che è vietata la deduzione di motivi o argomenti nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento o costituiscano l'ampliamento di un motivo già enunciato, direttamente o implicitamente, nell'atto introduttivo del giudizio e strettamente connesso con questo (v. sentenza del 22 novembre 2017, von Blumenthal e a./BEI, T‑558/16, non pubblicata, EU:T:2017:827, punto 48 e giurisprudenza citata). 29 Orbene, a tal riguardo, l'argomento dei ricorrenti secondo cui la commissione di ricorso avrebbe dovuto, in virtù dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, effettuare un'analisi caso per caso al fine di valutare se il marchio richiesto sfruttasse la notorietà della DOP «Champagne» mira unicamente a precisare l'argomento presentato nel ricorso, e sviluppato nell'ambito della terza parte del primo motivo, secondo il quale la commissione di ricorso avrebbe dovuto applicare detta disposizione nel caso in cui il marchio contenesse una DOP e riguardasse prodotti conformi al disciplinare di tale DOP nonché servizi connessi a simili prodotti, ed è quindi ricevibile. 30 Nel merito, per quanto riguarda la questione se la registrazione di un marchio che contiene o è costituito da una DOP sia, in quanto tale, contraria agli articoli 102 e 103 del regolamento n. 1308/2013, occorre ricordare che l'articolo 102, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013 prevede che la registrazione di un marchio commerciale che contiene o è costituito da una DOP o da una IGP non conforme al corrispondente disciplinare di produzione o il cui uso rientra nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2, di detto regolamento, e riguarda un prodotto che rientra in una delle categorie elencate nell'allegato VII, parte II, di tale regolamento, è vuoi rigettata, se la domanda di registrazione del marchio è presentata posteriormente alla data di presentazione della domanda di protezione della denominazione di origine o dell'indicazione geografica alla Commissione e se la denominazione di origine o l'indicazione geografica ottiene successivamente la protezione, vuoi annullata. 31 Da tale disposizione risulta che essa non osta, in linea di principio, a che un marchio possa contenere o essere costituito da una DOP. Al contrario, ne deriva che un marchio che contiene o è costituito da una DOP può essere registrato a determinate condizioni, nel senso che la registrazione di un marchio del genere è rigettata o annullata unicamente in due ipotesi, ossia, in primo luogo, qualora la DOP non sia conforme al corrispondente disciplinare di produzione o, in secondo luogo, qualora il suo uso rientri nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 e riguardi un prodotto che rientra in una delle categorie elencate nell'allegato VII, parte II, di tale regolamento. 32 L'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 prevede, dal canto suo, in sostanza, un elenco tassativo di pratiche contro le quali le DOP sono protette. 33 In particolare, l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, al quale i ricorrenti fanno riferimento nell'ambito della prima parte del primo motivo di ricorso per sostenere che l'uso e la registrazione di un marchio che contiene o è costituito da una DOP sarebbero «in quanto tali» incompatibili con tale disposizione, si limita a prevedere che una DOP è protetta contro qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto della stessa «nella misura in cui tale uso sfrutti la notorietà [della DOP]». Ne consegue che tale disposizione, in combinato disposto con l'articolo 102, paragrafo 1, di detto regolamento, non osta alla registrazione di un marchio che contiene o è costituito da una DOP in quanto tale, bensì unicamente a che tale registrazione sfrutti la notorietà della DOP in questione. 34 Pertanto, dal combinato disposto dell'articolo 102, paragrafo 1, e dell'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 risulta che tali disposizioni non ostano alla registrazione di un marchio che contiene o è costituito da una DOP in quanto tale, salvo che una simile registrazione contrasti con una delle ipotesi espressamente previste a tal fine. 35 Del resto, come indicato al punto 26 supra, interrogati in udienza, i ricorrenti hanno, in sostanza, ammesso che l'articolo 102, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013 non osta alla registrazione di marchi che contengono o consistono in una DOP in quanto tale, ma che esso richiede un esame caso per caso, al fine di verificare se le condizioni che consentono una simile registrazione siano state soddisfatte, esame che la commissione di ricorso avrebbe omesso di svolgere nel caso di specie. 36 Pertanto, la prima parte del primo motivo di ricorso dev'essere respinta in quanto infondata. – Sulla seconda e sulla terza parte del primo motivo di ricorso e sulla prima parte del terzo motivo di ricorso 37 Nel caso di specie, al punto 37 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, da un lato, che l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non si applicasse, in quanto, conformemente alla limitazione dell'elenco dei prodotti e dei servizi, la DOP era utilizzata in conformità al disciplinare di produzione e, dall'altro, che non vi fosse alcuna prova del fatto che l'uso del marchio richiesto rientrasse nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2, di detto regolamento. 38 A tal riguardo, ai punti da 38 a 41 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, da una lettura a contrario dell'articolo 102, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1308/2013, che, qualora la DOP in questione fosse utilizzata per prodotti conformi al disciplinare della DOP «Champagne», l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non si applicasse e che ciò si verificasse nel caso di specie, dato che l'elenco dei prodotti e dei servizi in questione si limitava ai prodotti che rispettavano detto disciplinare. 39 I ricorrenti, sostenuti dalla Repubblica francese e dalla oriGIn, affermano che è errato desumere dall'articolo 102, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013, il cui ambito di applicazione sarebbe circoscritto ai marchi che contengono o sono costituiti da una DOP non conforme al corrispondente disciplinare di produzione, che l'ambito di applicazione dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), di tale regolamento sia parimenti limitato a un uso di tale DOP per prodotti non conformi al disciplinare. Pertanto, il mero fatto che il marchio richiesto riguardi prodotti conformi al disciplinare della DOP «Champagne» e servizi connessi non sarebbe sufficiente, in assenza di una valutazione caso per caso, per escludere l'applicabilità dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), di detto regolamento al caso di specie. 40 L'EUIPO e la Nero Lifestyle contestano gli argomenti dei ricorrenti. 41 Secondo l'EUIPO, nell'ambito dell'esame degli impedimenti alla registrazione assoluti dei marchi che contengono o sono costituiti da una DOP viene da molti anni applicata quella che i ricorrenti chiamano la «teoria della limitazione». Secondo tale teoria, le obiezioni sollevate sulla base dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera j), del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l'articolo 103 del regolamento n. 1308/2013, possono essere revocate se i prodotti pertinenti sono limitati in modo tale da soddisfare i requisiti del disciplinare della DOP o della IGP in questione. Inoltre, dalla struttura dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1308/2013 discenderebbe necessariamente che la nozione di «sfruttamento della notorietà» di una DOP enunciata all'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), di detto regolamento sarebbe circoscritta, in primo luogo, se non esclusivamente, alle situazioni in cui la DOP è utilizzata per prodotti o servizi non comparabili a quelli che beneficiano della DOP in questione. Ciò risulterebbe peraltro dalla sentenza del 6 ottobre 2021, PORTWO GIN (T‑417/20, non pubblicata, EU:T:2021:663, punto 52), in base alla quale la notorietà di una DOP può essere sfruttata quando è utilizzata per prodotti diversi da quelli protetti dalla DOP e quando l'immagine particolare e le qualità distintive di una DOP sono trasferibili ai prodotti designati dal marchio richiesto. 42 La Nero Lifestyle sostiene l'interpretazione dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1308/2013 adottata dall'EUIPO, sulla base di varie decisioni dell'EUIPO. 43 Anzitutto, secondo la «teoria della limitazione» applicata dalla commissione di ricorso ai punti da 37 a 41 della decisione impugnata, si presume, in sostanza, che un marchio che include una DOP non possa, in linea di principio, sfruttare la notorietà di tale DOP qualora tale marchio sia esclusivamente registrato per prodotti conformi al disciplinare di tale DOP nonché per servizi connessi a simili prodotti. 44 Tale teoria trae origine dalle direttive dell'EUIPO concernenti l'esame dei marchi dell'Unione europea [parte C (Opposizione), sezione 6 (Indicazioni geografiche), punto 3.1.3 (Limiti all'ambito di protezione delle IG per impedimenti relativi)], secondo le quali «ove l'indicazione di una domanda di [marchio] si limiti, in rapporto a prodotti identici a quelli coperti dalla [DOP o IGP], a prodotti in conformità all'indicazione della relativa [DOP o IGP], la funzione della [DOP o IGP] in questione è tutelata in relazione a tali prodotti. Questo perché la domanda di [marchio] copre soltanto prodotti di quella particolare origine geografica e le speciali qualità ad essa connesse. Di conseguenza, un'opposizione contro una domanda di [marchio] che sia stata opportunamente limitata non sarà accolta». 45 A tal riguardo, occorre rilevare che la decisione impugnata manca di chiarezza nella sua applicazione di tale «teoria della limitazione», come applicata nel caso di specie. In particolare, non è chiaro se, secondo la commissione di ricorso, la «teoria della limitazione» costituisca, in sostanza, una presunzione relativa di assenza di sfruttamento della notorietà della DOP, come risulta dal punto 37 della decisione impugnata, o assoluta, come risulta dai punti 40 e 41 di detta decisione. 46 Interrogato in udienza, l'EUIPO non è stato in grado di chiarire se detta teoria consistesse in una presunzione relativa o assoluta e se, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso avesse applicato il primo o il secondo tipo di presunzione. Pertanto, sebbene l'EUIPO abbia ribadito che, in linea di principio, un marchio che designa unicamente prodotti conformi al disciplinare della DOP non può sfruttare la notorietà di quest'ultima, esso ha tuttavia ammesso che non si poteva escludere che, in rari casi, un simile sfruttamento potesse comunque essere dimostrato. 47 In tali circostanze, occorre rilevare che, secondo una prima lettura, basata sui punti 40 e 41 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha applicato la «teoria della limitazione» come una presunzione assoluta di assenza di sfruttamento della notorietà di una DOP, quando il marchio richiesto designa solo prodotti conformi al disciplinare nonché servizi connessi. Infatti, la commissione di ricorso ha rilevato ai suddetti punti della decisione impugnata che, poiché il marchio richiesto riguardava prodotti conformi al disciplinare della DOP nonché servizi connessi a simili prodotti, l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non si applicava. 48 Procedendo in tal modo, la commissione di ricorso ha commesso un errore di diritto. Infatti, da un lato, come ricordato al punto 22 supra, l'articolo 102, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013 prevede, in sostanza, due impedimenti alla registrazione di un marchio che contiene o è costituito da una DOP e che riguarda un prodotto che rientra in una delle categorie elencate nell'allegato VII, parte II, di tale regolamento. Un marchio contenente o costituito da una DOP non potrà essere registrato, in primo luogo, qualora non sia conforme al corrispondente disciplinare di produzione o, in secondo luogo, qualora il suo uso rientri nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2, di detto regolamento. 49 Dall'altro lato, le ipotesi elencate all'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013, ricordate al punto 23 supra, non riguardano – ad eccezione di quella prevista all'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), i), di tale regolamento – i prodotti comparabili non conformi al disciplinare. Infatti, nulla nel testo dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), e lettere da b) a d), del regolamento n. 1308/2013 indica che le ipotesi ivi previste non possano applicarsi a un uso di una DOP per prodotti conformi al disciplinare di quest'ultima. 50 A differenza dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), i), del regolamento n. 1308/2013, che circoscrive il proprio ambito di applicazione ai «prodotti comparabili non conformi al disciplinare», l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), di detto regolamento non specifica che esso si applichi unicamente a un uso della DOP in questione per prodotti comparabili o per prodotti e servizi non conformi al disciplinare di tale DOP (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 9 settembre 2021, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑783/19, EU:C:2021:713, punto 54). Infatti, dalla formulazione dell'articolo 103, paragrafo 2), lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, che non si riferisce né ai «prodotti comparabili» né a qualsiasi altra categoria specifica di prodotti o servizi, risulta che tale disposizione è applicabile a tutti i tipi di prodotti e servizi, compresi i prodotti comparabili che rispettano il disciplinare della DOP in questione. 51 Ne consegue che il semplice fatto che un marchio contenente una DOP limiti la sua registrazione a prodotti conformi al disciplinare nonché a servizi connessi a simili prodotti non osta di per sé all'applicazione degli impedimenti alla registrazione o dei motivi di cancellazione previsti all'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), e lettere da b) a d), del regolamento n. 1308/2013. Pertanto, non si può escludere ab initio che il marchio richiesto possa sfruttare la notorietà della DOP ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, qualora i prodotti o i servizi cui esso si riferisce sono conformi al disciplinare. Pertanto, e contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso ai punti 40 e 41 della decisione impugnata, l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013 può essere invocato per opporsi alla registrazione di un marchio che contiene o è costituito da una DOP, nonostante il fatto che i prodotti e i servizi connessi a simili prodotti, designati dal marchio richiesto, siano conformi al disciplinare della DOP di cui trattasi. 52 Sotto tale profilo, e come giustamente sostenuto dai ricorrenti, alla luce dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, la commissione di ricorso avrebbe dovuto, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti nel caso di specie, effettuare un'analisi al fine di valutare se il marchio richiesto sfruttasse la notorietà della DOP «Champagne». A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che lo sfruttamento della notorietà di una DOP, ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, presuppone un utilizzo di tale DOP volto a sfruttare indebitamente la notorietà di quest'ultima (sentenze del 20 dicembre 2017, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑393/16, EU:C:2017:991, punto 40, e del 6 ottobre 2021, PORTWO GIN, T‑417/20, non pubblicata, EU:T:2021:663, punto 50). 53 Peraltro, come correttamente rilevato dai ricorrenti, la commissione di ricorso si è contraddetta nella decisione impugnata allorché ha constatato, da un lato, al punto 40 della decisione impugnata, che «l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non si applica[va]» a un marchio designante unicamente prodotti conformi al disciplinare, pur esaminando poi, dall'altro, ai punti 47 e seguenti della decisione impugnata, se la registrazione dello stesso marchio fosse contraria all'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), di detto regolamento. La commissione di ricorso sembra quindi aver ammesso, implicitamente ma necessariamente, che talune delle ipotesi previste all'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 possono essere applicate a un simile marchio e quindi ostacolare la sua registrazione, il che contraddice l'esistenza di una presunzione assoluta consistente nella negazione dell'applicabilità dell'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 ai marchi che contengono o sono costituiti da una DOP avente ad oggetto esclusivamente prodotti conformi al disciplinare e servizi connessi. 54 Pertanto, la commissione di ricorso, introducendo, in sostanza, ai punti 40 e 41 della decisione impugnata, una presunzione assoluta, in forza della quale si ritiene che la registrazione di un marchio contenente o costituito da una DOP per prodotti conformi al disciplinare nonché per servizi connessi a simili prodotti non sfrutti la notorietà di tale DOP ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, ha commesso un errore di diritto nell'interpretazione di tale disposizione. 55 In base a una seconda lettura della decisione impugnata, distinta da quella esposta al punto 47 supra e fondata sul punto 37 di detta decisione, la «teoria della limitazione» introdurrebbe una presunzione relativa, in forza della quale si può presumere che un marchio registrato unicamente per prodotti conformi al disciplinare e servizi connessi a tali prodotti non sfrutti la notorietà di una DOP, a meno che non possa essere dimostrato il contrario. 56 Come ricordato al punto 37 supra, la commissione di ricorso ha indicato, al punto 37 della decisione impugnata, che l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non si applicava nel caso di specie, in quanto la DOP era utilizzata conformemente al disciplinare e non vi era alcuna prova del fatto che l'uso del marchio richiesto rientrasse nell'ambito di applicazione dell'articolo 103, paragrafo 2, di detto regolamento. Così facendo, la commissione di ricorso sembra ammettere che detta presunzione possa essere confutata sulla base di elementi idonei a dimostrare, nel caso di specie, che l'uso del marchio può sfruttare la notorietà della DOP. 57 A tal riguardo, occorre ricordare, come constatato al punto 24 supra, che il regime di protezione delle DOP e delle IGP previsto dal regolamento n. 1308/2013 mira essenzialmente a garantire ai consumatori che i prodotti agricoli muniti di una denominazione registrata presentino, a causa della loro provenienza da una determinata zona geografica, talune caratteristiche particolari e, pertanto, offrano una garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica. 58 Quindi, si può presumere che un marchio che contiene o è costituito da una DOP, registrato unicamente per prodotti che rispettano il disciplinare di tale DOP o per servizi connessi, non sfrutterà indebitamente la notorietà di tale DOP, ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, dato che esso dovrà teoricamente essere utilizzato sul mercato solo per prodotti che soddisfano i requisiti di qualità di cui a tale DOP o per servizi connessi a simili prodotti. Pertanto, l'obiettivo di tutela della qualità dei prodotti designati da una DOP, perseguito dal regolamento n. 1308/2013, si presume soddisfatto in tale ipotesi. 59 Tuttavia, una presunzione del genere può essere confutata qualora possa essere dimostrato, sulla base di elementi concreti, suffragati e concordanti, che un determinato marchio può sfruttare indebitamente la notorietà di una DOP, quand'anche esso designi unicamente prodotti conformi al disciplinare di tale DOP o servizi connessi. Dunque, quando simili elementi sono portati a conoscenza degli organi dell'EUIPO, questi ultimi devono esaminarli al fine di verificare se essi consentano di confutare detta presunzione. 60 Pertanto, nella misura in cui la decisione impugnata è interpretata nel senso che essa introduce una presunzione relativa, detta decisione non è viziata da un errore di diritto. Ciononostante, come giustamente rilevato dai ricorrenti, occorre esaminare se la commissione di ricorso abbia esposto in modo giuridicamente sufficiente le ragioni che l'hanno indotta a concludere che tale presunzione non era confutata nel caso di specie. 61 A tal riguardo va rammentato che, ai sensi dell'articolo 94, paragrafo 1, prima frase, del regolamento 2017/1001, le decisioni dell'EUIPO devono essere motivate. Tale obbligo ha la stessa portata dell'obbligo derivante dall'articolo 296, secondo comma, TFUE, il quale esige che la motivazione debba far apparire in forma chiara e inequivocabile l'iter logico seguito dall'autore dell'atto, senza che sia necessario che detta motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, atteso che, per stabilire se essa soddisfi tali requisiti, occorre prendere in considerazione non solo il suo tenore letterale, ma anche il contesto in cui essa si inserisce e il complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 28 giugno 2018, EUIPO/Puma, C‑564/16 P, EU:C:2018:509, punto 65 e giurisprudenza citata). 62 Peraltro, la commissione di ricorso non è tenuta a rispondere espressamente e in modo esaustivo a tutti gli argomenti dedotti dalle parti nel procedimento dinanzi ad essa (v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2012, Rubinstein e L'Oréal/UAMI, C‑100/11 P, EU:C:2012:285, punto 112, e del 6 settembre 2012, Storck/UAMI, C‑96/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:537, punto 88), a condizione tuttavia che essa esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell'economia della decisione [v. sentenza del 24 novembre 2015, Intervog/UAMI (meet me), T‑190/15, non pubblicata, EU:T:2015:874, punto 48 e giurisprudenza citata]. 63 In merito a ciò, la commissione di ricorso ha constatato, al punto 37 della decisione impugnata, che i ricorrenti non avevano prodotto alcuna prova a tal fine. 64 Tuttavia, dalle memorie dei ricorrenti risulta che diversi elementi, diretti a dimostrare che il marchio richiesto poteva sfruttare la notorietà della DOP «Champagne», sono stati dedotti nella fase del procedimento amministrativo. Si tratta, in primo luogo, della notorietà particolarmente elevata della DOP «Champagne»; in secondo luogo, dell'argomento secondo cui un servizio non può essere, per definizione, conforme al disciplinare di una DOP, cosicché la «teoria della limitazione» non può valere per i servizi; in terzo luogo, della menzione del fatto che il marchio richiesto è un marchio denominativo, che può quindi essere utilizzato in numerosi modi diversi sul mercato, anche in maniera contraria agli obiettivi della DOP; in quarto luogo, degli argomenti in base ai quali, in sostanza, il termine «nero» qualificava il termine «champagne» all'interno del marchio richiesto e, in quinto luogo, degli argomenti relativi all'etichettatura dei prodotti commercializzati dalla Nero Lifestyle. Infine, i ricorrenti avevano rinviato, nella loro memoria dinanzi alla commissione di ricorso, agli elementi di prova già prodotti dinanzi alla divisione di opposizione ed elencati al punto 6 della decisione impugnata. 65 Orbene, la commissione di ricorso ha esaminato, ai punti da 42 a 46 della decisione impugnata, uno solo di tali elementi, ossia quello secondo cui il marchio richiesto violava le norme in materia di etichettatura previste nel disciplinare della DOP «Champagne». 66 Pertanto, indipendentemente dalla fondatezza degli argomenti e degli elementi dedotti dai ricorrenti ed elencati al punto 64 supra, la commissione di ricorso, allorché si è limitata a constatare che «non vi è alcuna prova del fatto che l'uso del marchio [richiesto] rientri nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2», ha violato l'obbligo di motivazione ad essa incombente alla luce della giurisprudenza citata ai punti 61 e 62 supra, in quanto non ha sufficientemente esposto in che modo gli elementi prodotti dai ricorrenti non fossero idonei a confutare, nel caso di specie, la presunzione delineata al punto 58 supra. 67 Tutte le considerazioni che precedono non sono messe in discussione dagli argomenti dell'EUIPO e della Nero Lifestyle. Infatti, in primo luogo, dalla sentenza del 6 ottobre 2021, PORTWO GIN (T‑417/20, non pubblicata, EU:T:2021:663, punto 31), invocata dall'EUIPO, non risulta che il Tribunale, indicando che l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1308/2013 accorda una protezione contro qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto di una DOP «sia per prodotti comparabili che non rispettano il disciplinare relativo alla denominazione protetta sia per prodotti non comparabili nella misura in cui detto uso sfrutti la notorietà di tale DOP», abbia interpretato l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013 nel senso che esso si applica solo ai prodotti non comparabili a quelli oggetto di una determinata DOP. Infatti, la questione se quest'ultima disposizione sia applicabile a un utilizzo di tale DOP per prodotti comparabili conformi al disciplinare non si poneva in detta causa. Pertanto, il Tribunale ha interpretato l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1308/2013 alla luce delle circostanze di fatto di tale causa, ossia l'utilizzo di una DOP in un marchio per designare alcolici con caratteristiche non corrispondenti a quelle dei vini protetti da tale DOP. Peraltro, il Tribunale ha altresì considerato che l'ambito di applicazione della tutela prevista da detta disposizione era «particolarmente ampio». 68 In secondo luogo, e contrariamente a quanto sostiene la Nero Lifestyle, la sentenza del 14 settembre 2017, EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto (C‑56/16 P, EU:C:2017:693, punti da 81 a 84), non consente di invalidare le conclusioni precedenti. Infatti, se è vero che, conformemente a tale sentenza, le DOP «sono dirette a garantire che il prodotto cui sono attribuite provenga da una zona geografica determinata e possieda talune caratteristiche particolari», detta sentenza precisa altresì che «la normativa pertinente tutela i beneficiari contro l'uso illegittimo di dette denominazioni da parte di terzi che intendano profittare della reputazione da esse acquisita», circostanza che la commissione di ricorso ha omesso di esaminare, come risulta dal punto 65 supra. Quindi, il solo fatto che i prodotti e i servizi connessi a simili prodotti siano conformi al disciplinare non è sufficiente ab initio per concludere che un marchio registrato per prodotti o servizi del genere non possa profittare abusivamente della notorietà della DOP ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1308/2013, in assenza di un previo esame concreto delle caratteristiche specifiche di tale marchio nonché di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie. 69 Per tutte le precedenti ragioni, occorre accogliere congiuntamente la seconda e la terza parte del primo motivo di ricorso e la prima parte del terzo motivo di ricorso e annullare, di conseguenza, la decisione impugnata nella parte in cui la commissione di ricorso ha respinto il ricorso proposto dinanzi ad essa dai ricorrenti. 70 Resta tuttavia necessario esaminare anche la seconda parte del terzo motivo di ricorso, in quanto essa, a differenza dell'errore di diritto e del difetto di motivazione testé rilevati, incide sulla risposta da dare in merito al secondo capo delle conclusioni dei ricorrenti, diretto alla riforma della decisione impugnata. Sulla seconda parte del terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013 71 I ricorrenti, sostenuti dalla Repubblica francese e dalla oriGIn, ritengono che la commissione di ricorso abbia erroneamente concluso che i consumatori di lingua italiana non siano indotti in errore circa la natura e le qualità essenziali del vino menzionato nell'elenco dei prodotti e dei servizi oggetto del marchio richiesto, ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013. A loro avviso, da un lato, il termine «nero» potrebbe essere percepito dal pubblico di riferimento vuoi come un'indicazione del colore del vino, vuoi come un'indicazione del vitigno di detto vino, dal quale si evincerebbe ad esempio che esso sia prodotto unicamente a partire da uve nere, o presenti una maggiore proporzione di uve «pinot nero». Pertanto, l'espressione «nero champagne» potrebbe essere intesa nel senso di «champagne nero», espressione facente riferimento a una nuova varietà di champagne, e ciò nonostante risulti dal disciplinare della DOP che il vino Champagne può essere solamente bianco o rosato. Orbene, la commissione di ricorso non avrebbe fornito altre spiegazioni convincenti circa il modo in cui il pubblico percepirebbe il termine «nero» associato alla denominazione «Champagne». A tal riguardo, non sarebbe sufficiente la semplice constatazione che lo «champagne nero» non esiste. Al contrario, sarebbe proprio a causa del fatto che una simile varietà di champagne non esiste che la commissione di ricorso avrebbe dovuto affermare il rischio che il pubblico di riferimento potesse essere indotto in errore. Infine, i ricorrenti contestano la conclusione della commissione di ricorso che esclude che il marchio richiesto possa indurre in errore i consumatori, sulla base del rilievo che esso farebbe parte del «NERO Lifestyle Project» e apparterrebbe ad una famiglia di marchi NERO detenuta dalla Nero Lifestyle. 72 L'EUIPO e la Nero Lifestyle contestano gli argomenti dei ricorrenti. 73 L'EUIPO sostiene che i motivi per i quali la commissione di ricorso ha respinto l'opposizione sulla base dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013 sono enunciati chiaramente ai punti 47 e seguenti della decisione impugnata. Inoltre, la motivazione della decisione impugnata a tal riguardo sarebbe corretta, poiché non vi sarebbe alcuna ragione per cui il pubblico di riferimento intenda la parola «nero» come un aggettivo qualificativo della parola «champagne», in quanto, in italiano, gli aggettivi che descrivono i colori sono normalmente collocati dopo il nome che essi qualificano, e non prima di esso. Secondo l'EUIPO, la formulazione «champagne nero» è manifestamente non ingannevole, dato che fa riferimento a un concetto inesistente. Inoltre, l'affermazione dei ricorrenti secondo cui i consumatori comprenderebbero la parola «nero» come un riferimento ad una varietà di uve non sarebbe stata suffragata da alcun elemento di prova. Infine, per quanto riguarda l'argomento relativo alla famiglia di marchi, secondo l'EUIPO, il punto 49 della decisione impugnata deve essere inteso come una valutazione supplementare sul modo in cui l'espressione «nero champagne» è compresa dal pubblico italiano, ma la decisione impugnata resta la stessa in assenza di tali considerazioni. 74 Il Tribunale ritiene che occorra riqualificare tale seconda parte del terzo motivo di ricorso, in base al suo contenuto, come vertente, in sostanza, su una violazione dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013. 75 Come ricordato al punto 23 supra, dall'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013 risulta che una DOP e i vini che utilizzano tale denominazione protetta in conformità con il relativo disciplinare sono protetti contro qualsiasi indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto vitivinicolo in esame nonché contro l'impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sulla sua origine. 76 Nel caso di specie, al punto 48 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha indicato che le affermazioni dei ricorrenti non erano suffragate. Inoltre, la commissione di ricorso ha sottolineato che la parte di lingua italiana del pubblico di riferimento faceva correntemente riferimento al colore dei vini come «rosso» o «rossi» (vino rosso), «bianco» o «bianchi» (vino bianco) e «rosato» o «rosati» (vino rosato), per concludere, in sostanza, che il pubblico di riferimento non sarebbe indotto in errore, dato che non esiste uno champagne «nero». Infine, al punto 49 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha constatato l'esistenza di una famiglia di marchi NERO appartenente alla Nero Lifestyle, il che costituirebbe un'«altra ragione» per comprendere che il termine «nero» non fa riferimento al colore del vino, ma alla famiglia di marchi detenuta dalla Nero Lifestyle. 77 In primo luogo, occorre indicare che il marchio richiesto è composto da un primo elemento denominativo, ossia «nero», che è un aggettivo comune in italiano, e da un secondo elemento denominativo, ossia «champagne». 78 In secondo luogo, dal disciplinare della DOP «Champagne», invocato dai ricorrenti, risulta che i vini Champagne possono essere bianchi o rosati, con l'utilizzo di tre vitigni: il pinot nero, il pinot meunier e lo chardonnay, senza norme specifiche che disciplinino la proporzione da rispettare nella produzione del vino Champagne. A tal riguardo, i ricorrenti hanno indicato in udienza, senza essere contraddetti dall'EUIPO, che era molto raro che uno champagne fosse costituito esclusivamente da pinot nero, che, in tal caso, esso era designato con l'espressione «blanc de noirs» e che un simile champagne sarebbe in realtà un vino bianco, ottenuto da uve nere. Pertanto, il pubblico di riferimento potrebbe pensare che l'espressione «nero champagne» descriva uno champagne costituito esclusivamente da pinot nero, il che non sarebbe necessariamente vero. 79 In terzo luogo, dalla giurisprudenza risulta che la limitazione della base fattuale dell'esame effettuato dalla commissione di ricorso non esclude che questa prenda in considerazione, oltre ai fatti esplicitamente dedotti dalle parti del procedimento di opposizione, fatti notori, ossia fatti conoscibili da qualsiasi persona o che possono essere conosciuti tramite mezzi generalmente accessibili [v. sentenze del 22 giugno 2004, Ruiz-Picasso e a./UAMI – Daimler Chrysler (PICARO), T‑185/02, EU:T:2004:189, punto 29, e del 9 aprile 2014, Pico Food/UAMI – Sobieraj (MILANÓWEK CREAM FUDGE), T‑623/11, EU:T:2014:199, punto 19]. 80 A tal riguardo, il termine «nero» è utilizzato nel nome di diversi noti vitigni italiani, come «Nero d'Avola» o «Nero Buono», ed è addirittura incluso nel nome di DOP italiane come «Pinot Nero dell'Oltrepò Pavese» o «Castel del Monte Bombino Nero». Questo fatto notorio è confermato dalla decisione della divisione di opposizione, nella quale viene indicato che esistono molteplici varietà di viti che includono l'attributo «nero» nella loro denominazione, come «Albana nera», «Bombino nero», «Greco nero», «Nero buono» o ancora «Nero d'Avola». 81 Di conseguenza, il pubblico di riferimento potrebbe essere indotto in errore, ritenendo che il marchio richiesto evochi il vitigno di champagne in parola, per i motivi esposti al punto 78 supra. 82 Peraltro, come sostengono giustamente i ricorrenti, il termine «nero» verrà inteso dal pubblico di riferimento di lingua italiana nel senso del colore nero. Pertanto, nei limiti in cui il marchio richiesto riguarda vini conformi al disciplinare della DOP «Champagne», detto pubblico può essere indotto in errore e ritenere che detto termine indichi il colore di tale vino, tanto più che esistono già, sul mercato, champagne bianchi e champagne rosati. Pertanto, il pubblico di riferimento potrebbe essere indotto in errore quanto al colore del vino Champagne commercializzato con il marchio richiesto e ritenere che si tratti di una nuova varietà di champagne, ossia uno «champagne nero», sebbene, secondo il disciplinare della DOP, uno champagne possa essere solamente bianco o rosato. 83 Contrariamente a quanto sostiene l'EUIPO, il fatto che lo champagne di colore nero non esista non esclude che l'espressione «champagne nero» possa essere ingannevole. Infatti, è usuale che lo champagne, e più in generale il vino, sia descritto in base al suo colore. Il pubblico di riferimento potrebbe quindi essere indotto a ritenere che si tratti di un prodotto nuovo sul mercato. 84 Infine, dai documenti del fascicolo non risulta che la famiglia di marchi NERO, asseritamente detenuta dalla Nero Lifestyle, sia particolarmente rinomata o conosciuta dal pubblico di riferimento, sicché non è stato dimostrato che tale pubblico, esposto al marchio richiesto, comprenda immediatamente che detto marchio fa riferimento a tale famiglia di marchi. Peraltro, la commissione di ricorso non ha affatto spiegato le considerazioni che le hanno consentito di constatare l'esistenza di una simile famiglia di marchi, né, del resto, di quali marchi tale famiglia sarebbe composta. Inoltre, quand'anche una parte del pubblico di riferimento fosse a conoscenza di tale presunta famiglia di marchi e stabilisse un nesso tra quest'ultima e il marchio richiesto, resta il fatto che, per un'altra parte del pubblico di riferimento, che non ne è a conoscenza, il termine «nero» potrebbe essere percepito come evocativo del vitigno dello champagne o del suo colore, di modo che, per tale parte del pubblico di riferimento, il marchio richiesto potrebbe essere percepito come veicolante un'indicazione falsa o ingannevole ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013. 85 Pertanto, e per le summenzionate ragioni, la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione allorché ha ritenuto che il marchio richiesto non rientrasse nella fattispecie dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013. 86 Occorre dunque accogliere la seconda parte del terzo motivo di ricorso e, di conseguenza, annullare, anche per questo motivo, la decisione impugnata, nella parte in cui la commissione di ricorso ha respinto il ricorso proposto dinanzi ad essa dai ricorrenti, senza che sia necessario esaminare il secondo e il quarto motivo di ricorso. Sulle conclusioni di riforma 87 Con il secondo capo delle loro conclusioni, i ricorrenti chiedono al Tribunale, in via principale, di respingere la domanda di registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi di cui trattasi. 88 Occorre considerare che tale capo delle conclusioni mira, in sostanza, a che il Tribunale eserciti il suo potere di riforma per annullare la decisione della divisione di opposizione e accogliere l'opposizione alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi di cui trattasi, adottando così la decisione che, secondo i ricorrenti, la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere allorché è stata investita del ricorso. 89 In effetti, risulta dall'articolo 71, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento 2017/1001 che la commissione di ricorso può annullare la decisione dell'organo dell'EUIPO che ha adottato la decisione impugnata ed esercitare le competenze di tale organo, nella fattispecie pronunciarsi sull'opposizione e accoglierla. Di conseguenza, tali provvedimenti rientrano fra quelli che il Tribunale può ordinare in base al suo potere di riforma, sancito dall'articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 [v. sentenza del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, punto 40 e giurisprudenza citata; sentenza del 13 dicembre 2018, Monster Energy/EUIPO – Bösel (MONSTER DIP), T‑274/17, EU:T:2018:928, punto 97 (non pubblicata)]. 90 Orbene, occorre ricordare che il potere di riforma, riconosciuto al Tribunale in forza dell'articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, non ha come effetto di conferire a quest'ultimo la facoltà di procedere a una valutazione non ancora effettuata dalla commissione di ricorso. Pertanto, in linea di principio, l'esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni in cui il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta da detta commissione, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto quali accertati, la decisione che la commissione di ricorso era tenuta a prendere [v. sentenza del 24 ottobre 2019, ZPC Flis/EUIPO – Aldi Einkauf (Happy Moreno choco), T‑498/18, EU:T:2019:763, punto 129 e giurisprudenza citata)]. 91 Nel caso di specie, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha esaminato, nella decisione impugnata, tutti gli elementi di prova presentati dai ricorrenti al fine di dimostrare l'indicazione falsa o ingannevole ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013, veicolata dal marchio richiesto per i prodotti e i servizi per i quali è chiesta la registrazione, cosicché il Tribunale dispone del potere di riformare detta decisione su tale punto [v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2024, Supermac's/EUIPO – McDonald's International Property (BIG MAC), T‑58/23, non pubblicata, EU:T:2024:360, punto 109]. 92 Orbene, come risulta dai punti 77, 78, 80, 83 e 84 supra, la commissione di ricorso era tenuta a considerare, in esito ad una valutazione complessiva degli elementi di prova presentati dai ricorrenti, che questi ultimi erano sufficienti a dimostrare che il termine «nero» avrebbe potuto essere percepito come evocativo del vitigno dello champagne o del suo colore, di modo che, quanto meno per una parte del pubblico di riferimento, il marchio richiesto potrebbe essere percepito come veicolante un'indicazione falsa o ingannevole ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1308/2013. 93 Ciò premesso, in riforma della decisione impugnata, occorre annullare la decisione della divisione di opposizione nella parte in cui ha respinto l'opposizione alla registrazione del marchio richiesto e accogliere detta opposizione per i prodotti e servizi di cui trattasi. Sulle spese 94 Ai sensi dell'articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 95 L'EUIPO e la Nero Lifestyle, rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese sostenute dai ricorrenti e dalla oriGIn, conformemente alla domanda di questi ultimi. 96 Inoltre, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di condannare l'EUIPO e la Nero Lifestyle alle spese da essi sostenute dinanzi alla commissione di ricorso. A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Pertanto, è altresì necessario condannare l'EUIPO e la Nero Lifestyle alle spese indispensabili sostenute dai ricorrenti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso. 97 Tuttavia, ciò non vale per le spese sostenute nel procedimento dinanzi alla divisione d'opposizione. Pertanto, la domanda dei ricorrenti diretta ad ottenere la condanna dell'EUIPO e della Nero Lifestyle alle spese del procedimento amministrativo dinanzi all'EUIPO può essere accolta solo limitatamente alle spese indispensabili sostenute dai ricorrenti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso [sentenza del 12 gennaio 2006, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), T‑147/03, EU:T:2006:10, punto 115]. 98 In applicazione dell'articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dalla Repubblica francese e dalla Repubblica italiana restano a loro carico. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata) dichiara e statuisce: 1) La decisione della seconda commissione di ricorso dell'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 17 febbraio 2023 (procedimento R 531/2022-2) è annullata nella parte in cui essa ha respinto il ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione del 1º febbraio 2022 relativa al marchio dell'Unione europea denominativo NERO CHAMPAGNE. 2) L'opposizione è accolta per i prodotti e i servizi appartenenti alle classi 33, 35 e 41 e corrispondenti, per ciascuna di dette classi, alla descrizione seguente: – classe 33: «Vini conformi al disciplinare della denominazione d'origine protetta “Champagne”»; – classe 35: «Servizi di vendita, al dettaglio e all'ingrosso, on-line ed in negozio, di vini a denominazione d'origine protetta “Champagne”»; – classe 41: «Educazione, formazione, divertimento, attività culturali; edizione e pubblicazione di testi (esclusi quelli pubblicitari), d'illustrazioni, di periodici, comprese le pubblicazioni elettroniche e digitali, di CD-ROM, di libri, di riviste, di riviste professionali, di giornali, di periodici, di rotocalchi e di pubblicazioni d'ogni genere (escluse quelle pubblicitarie) e sotto qualsiasi forma, comprese pubblicazioni elettroniche e digitali; gestione di pubblicazioni elettroniche on-line non caricabili da un sistema remoto; produzione di film su videonastri; organizzazione di convegni, seminari, laboratori, conferenze, congressi, stage per scopi culturali o educativi, organizzazione d'esposizioni e di saloni professionali o per il grande pubblico a scopi culturali o educativi; pubblicazione di libri; pubblicazioni tramite computer; organizzazione di ricevimenti; organizzazione di programmi di formazione; organizzazione di concorsi e di giochi (istruzione o divertimento); presentazione al pubblico d'opere d'arte visive o letterarie a fini culturali o educativi; manifestazioni di degustazione di vini a scopi educativi; insegnamento e formazione in materia di commercio, di industria e di tecnologie dell'informazione; organizzazione e direzione di convegni, congressi, conferenze, seminari, stage a scopo commerciale e/o pubblicitario; tutti i suddetti servizi sono destinati a presentare e valorizzare i vini a denominazione d'origine protetta “Champagne”». 3) L'EUIPO e la Nero Lifestyle Srl sono condannati alle spese, comprese quelle sostenute dinanzi alla commissione di ricorso da parte del Comité interprofessionnel du vin de Champagne e dell'Institut national de l'origine et de la qualité (INAO), e quelle sostenute dalla oriGIn, organization for an International Geographical Indication network. 4) La Repubblica francese e la Repubblica italiana si fanno carico delle proprie spese.