DASPO urbano: l'atto amministrativo ha natura meramente anticipatoria

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, torna ad occuparsi della tutela dei diritti fondamentali nella ripartizione dei poteri tra autorità amministrativa e giudiziaria nei casi di convalida delle misure limitative della libertà personale, con particolare riguardo all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria previsto dal DASPO urbano.

Il caso trae origine dall'imposizione, da parte del Questore di Trieste, di un divieto di frequentazione di pubblici esercizi e dell'obbligo di presentazione settimanale presso il comando dei Carabinieri, misura non convalidata dal GIP per carenza di congruità e proporzione rispetto alle condotte pregresse. In Cassazione, il Collegio ribadisce la legittimità della mancata convalida: il giudice per le indagini preliminari non svolge un controllo meramente formale, ma deve verificare la sussistenza dei presupposti di legittimità e la ragionevolezza della misura, alla luce degli articolo 13-bis d.l. n. 14/2017 e 6 l. n. 401/1989. Il giudice è tenuto ad accertare: la necessità e l'urgenza che hanno motivato il provvedimento amministrativo; la concreta e attuale pericolosità del soggetto destinatario; l'attribuibilità delle condotte e la loro riconducibilità alle ipotesi di legge; la congruità e la proporzione della durata e delle modalità della misura rispetto alle esigenze di sicurezza pubblica. La giurisprudenza di legittimità infatti, richiamata anche per il parallelo daspo sportivo, sancisce la nullità dell'ordinanza di convalida priva di una motivazione specifica sui presupposti e sulla durata della misura. Il provvedimento restrittivo della libertà personale può essere disposto solo su motivazione puntuale dell'autorità giudiziaria, in ottemperanza all'articolo 13 Cost., mentre l'atto amministrativo ha natura meramente anticipatoria. Ciò posto, il secondo punto cardine della pronuncia riguarda il principio di legalità e la tutela delle garanzie costituzionali nella limitazione della libertà personale. Secondo la Corte, il controllo del giudice sulle misure di prevenzione ad opera dell'autorità amministrativa si configura come un obbligo costituzionale (articolo 13 Cost.) e trova fondamento anche nell'articolo 125 c.p.p. in tema di motivazione dei provvedimenti. Il giudice non solo può, ma deve sindacare in concreto la proporzionalità e adeguatezza dell'obbligo imposto, potendo anche modificarne le prescrizioni. La motivazione generica, fondata su affermazioni non collegate a parametri oggettivi (come la sola massima affluenza nei locali pubblici), non legittima la compressione della libertà personale. Si conferma così che la convalida costituisce il momento in cui il controllo di legalità si realizza pienamente, distinguendo l'efficacia provvisoria del provvedimento amministrativo da quella definitiva che può provenire solo da un atto motivato del giudice. La sentenza, rigettando il ricorso del procuratore, riafferma il ruolo centrale dell'autorità giudiziaria quale garante dei diritti individuali nelle misure di prevenzione, ponendo un argine a possibili arbitrii amministrativi.

Presidente Santalucia - Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste non ha convalidato, per quanto qui interessa, il provvedimento assunto dal Questore di Trieste in data 24 gennaio 2025 con il quale, nell'imporre a S.H. il divieto di frequentare (tutti i giorni dalle ore 18 alle ore 6) i pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, è stato disposto anche l'obbligo di comparire tra le ore 19:00 e le ore 20:00 di ogni venerdì presso il Comando Stazione dei Carabinieri, a sensi dell'articolo 13-bis, comma 4, decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, ritenendo ingiustificata e sproporzionata l'imposizione dell'obbligo di presentazione. 2. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste che chiede l'annullamento del provvedimento impugnato, denunciando l'esercizio da parte del giudice di una potestà riservata a organi amministrativi nonché la violazione di legge, in riferimento agli articolo 13-bis d.l. n. 14 del 2017 e 6, comma 3, legge 13 dicembre 1989, n. 401. Ad avviso del ricorrente, il giudice, investito della convalida tempestivamente richiesta dal pubblico ministero, avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto della legittimità del provvedimento del Questore, non potendo l'autorità giudiziaria sindacare la adeguatezza e proporzionalità dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 3. Il difensore di S.H., avv. Gian Paola Maria Coccia, ha depositato una memoria con la quale conclude per l'inammissibilità del ricorso del pubblico ministero. 4. Il Procuratore generale ha concluso per l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Va anzitutto ricordato che il “daspo urbano”, introdotto dall'articolo 13-bis, decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, sotto la rubrica «Disposizioni per la prevenzione di disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento», stabilisce: «1. Fuori dei casi di cui all'articolo 13, nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, oppure per i reati di cui all'articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, o per i reati di cui agli articoli 336 e 337 del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati. Il Questore può altresì disporre, per motivi di sicurezza, la misura di cui al presente comma anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati. 1-bis. Il Questore può disporre il divieto di accesso ai pubblici esercizi o ai locali di pubblico trattenimento presenti nel territorio dell'intera provincia nei confronti delle persone che, per i reati di cui al comma 1, sono state poste in stato di arresto o di fermo convalidato dall'autorità giudiziaria o sottoposte a una delle misure cautelari di cui agli articoli 284 e 285 del codice di procedura penale, ovvero condannate, anche con sentenza non definitiva. 1-ter. In ogni caso, la misura disposta dal Questore, ai sensi dei commi 1 e 1-bis, ricomprende anche il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze dei pubblici esercizi e dei locali di pubblico trattenimento ai quali è vietato l'accesso. 2. Il divieto di cui ai commi 1 e 1-bis può essere limitato a specifiche fasce orarie e non può avere una durata inferiore a un anno né superiore a tre anni. Il divieto è disposto, con provvedimento motivato, individuando comunque modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell'atto. 3. Il divieto di cui ai commi 1 e 1-bis può essere disposto anche nei confronti di soggetti minori di diciotto anni che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età. Il provvedimento è notificato a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. 4. Il questore può prescrivere, per la durata massima di due anni, alle persone alle quali è notificato il divieto previsto dai commi 1 e 1-bis di comparire personalmente una o più volte, negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato. 5. In relazione al provvedimento di cui al comma 4 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 6, commi 3 e 4, della legge 13 dicembre 1989, n. 401. 6. La violazione dei divieti e delle prescrizioni di cui al presente articolo è punita con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 a 24.000 euro.» 2.1. La sottoposizione all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, a mente del comma 4, richiede l'applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni procedimentali in tema di “daspo sportivo” stabilite dalla legge n. 401 del 1989. I commi 3 e 4, dell'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, stabiliscono: «3. La prescrizione di cui al comma 2 ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica all'interessato ed è immediatamente comunicata al Procuratore della Repubblica presso il tribunale, o al Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, se l'interessato è persona minore di età, competenti con riferimento al luogo in cui ha sede l'ufficio di questura. Il pubblico ministero, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive. Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari può modificare le prescrizioni di cui al comma 2. 4. Contro l'ordinanza di convalida è proponibile il ricorso per Cassazione. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza». 3. Tanto premesso, va sottolineato che il controllo di legittimità attribuito al giudice della convalida riguarda proprio l'applicazione dell'obbligo di presentazione e i presupposti del provvedimento. Infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal pubblico ministero ricorrente, costituisce uno specifico obbligo del giudice di verificare la congruità della misura rispetto alle esigenze rappresentate dal Questore, né una tale verifica esorbita dai poteri dell'autorità giudiziaria, trattandosi, piuttosto, di una specifica attribuzione costituzionale dell'ordine giudiziario. 3.1. La giurisprudenza ha stabilito che «i presupposti della convalida del provvedimento del Questore, impositivo dell'obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia in occasione dello svolgimento di manifestazioni sportive, sono: a) le ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il Questore ad adottare il provvedimento; b) la pericolosità concreta ed attuale del soggetto; c) l'attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e la loro riconducibilità alle ipotesi previste dall'articolo 6, legge 13 dicembre 1989, n. 401; d) la congruità della durata della misura» (Sez. 3, n. 17753 del 06/03/2018, Fici, Rv. 272778 – 01). 3.2. Il principio, costantemente ribadito nella correlativa materia del cd. “daspo sportivo”, è pacificamente applicabile anche al cd “daspo urbano” che viene qui in esame. In particolare, la giurisprudenza ha sottolineato che è nulla l'ordinanza di convalida del provvedimento del questore, impositivo dell'obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia, emessa senza una specifica motivazione in ordine a tutti i presupposti di legittimità della misura e alla congruità della sua durata (Sez. 3, n. 23514 del 08/07/2020, Bozzi, Rv. 279823 – 01; in precedenza Sez. 3, n. 20789 del 15/04/2010, Beani, Rv. 247186). La prevista nullità del provvedimento di convalida, derivante dall'assenza di una specifica motivazione sui presupposti di legittimità della misura limitativa della libertà personale che può avvenire soltanto per decisione motivata dell'autorità giudiziaria ex articolo 13, secondo comma, Cost., rende palese che la suddetta verifica costituisce uno specifico obbligo del giudice, non rientrando affatto la possibilità di limitare la libertà personale nelle prerogative, meno che meno insindacabili, dell'autorità amministrativa e di polizia. Ciò vale a escludere la denunciata violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. 4. L'esistenza di uno specifico obbligo di legge, riconducibile alla richiamata previsione costituzionale dell'articolo 13 Cost. e dell'articolo 125 cod. proc. pen., dimostra, altresì, l'inconsistenza della denunciata violazione di legge. 4.1. La prescrizione imposta dal Questore deve qualificarsi come misura di prevenzione (diretta ad evitare la consumazione di reati attinenti alla tutela dell'ordine pubblico da parte di soggetti che, per precedenti condotte, siano ritenuti socialmente pericolosi), che - come tutti i provvedimenti provvisori restrittivi della libertà che l'autorità di polizia può adottare a norma dell'articolo 13, terzo comma, Cost. – ha natura anticipatoria rispetto all'intervento di competenza dell'autorità giudiziaria, da identificarsi nel controllo di legalità devoluto al giudice della convalida. 4.2. Soltanto l'atto motivato dell'autorità giudiziaria costituisce il provvedimento idoneo a incidere definitivamente sulla posizione soggettiva della persona, mentre quello dell'autorità di polizia non può che avere effetti anticipatori e preparatori, derivanti dalla ritenuta urgenza di provvedere alla provvisoria limitazione della libertà personale. La convalida, quindi, richiede un pieno controllo di legalità sull'esistenza dei presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento da parte dell'autorità amministrativa, compresi quelli che la natura di misura di prevenzione richiede, non differenziandosi, nella sostanza, da quello previsto per altri provvedimenti provvisori attribuiti alla competenza dell'autorità amministrativa (quale, in particolare, quello avente a oggetto l'arresto operato dalla polizia). 5. Nel caso in esame, ferma la infondatezza della critica secondo la quale il giudice non avrebbe il potere di sindacare l'atto amministrativo impositivo dell'obbligo di presentazione, il Giudice per le indagini preliminari ha rilevato, con motivazione specifica e logica, l'illegittimità dell'obbligo imposto a causa dell'assenza di qualunque relazione e proporzione tra le condotte precedentemente agite (porto di una pistola; rissa e porto di oggetti atti a offendere), evocative di pericolosità sociale, e l'obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria ogni venerdì tra le ore 19 e le ore 20. La specifica indicazione di un frangente temporale, cui collegare l'obbligo di presentazione, è legittima in quanto si dia conto delle ragioni per le quali in detto contesto dovrebbe ritenersi accresciuto il pericolo, similmente a quanto accade nel “daspo sportivo” che è collegato allo svolgimento di eventi pubblici nell'ambito dei quai si possono manifestare condotte violente, cosicché l'obbligo di presentazione impedisca al prevenuto di prendere parte a detti eventi. Viceversa, la generica indicazione, posta a sostegno dell'individuazione dell'obbligo di presentazione, secondo la quale nell'orario prescelto sarebbe «massima l'affluenza presso gli esercizi pubblici», risulta obiettivamente sganciata da qualunque logico parametro di riferimento che possa giustificare la limitazione della libertà personale. Tale inconsistente giustificazione dell'obbligo limitativo della libertà personale è stata rilevata dal giudice cui è attribuito il potere di limitarla soltanto per atto (logicamente) motivato ex articolo 13 Cost. 5.1. Il ricorso è privo di capacità critica sul punto poiché pretende, invece, che il giudice si debba limitare a prendere atto della legalità formale dell'atto amministrativo. P.Q.M. Rigetta il ricorso.