Con l'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità della clausola che, nell’ambito di una assicurazione contro i danni per conto altrui, neghi all’assicurato la facoltà di agire in giudizio per ottenere l’accertamento del diritto all’indennizzo e la relativa condanna al pagamento.
I fatti A otto giorni dall'esecuzione dello sfratto per morosità, la società Beta, quale conduttrice dell'immobile di proprietà della società Alfa, stipula con la compagnia assicuratrice Gamma una polizza per coprire il rischio per “danni materiali al fabbricato tenuto in locazione”. Scelta questa più che opportuna: il giorno prima dell'esecuzione dello sfratto, si verifica un incendio che danneggia l'immobile. I giudizi di merito Tre anni dopo, la proprietaria Alfa conviene dinanzi al Tribunale di Monza: (i) la conduttrice Beta per ottenere la condanna al risarcimento dei danni all'immobile ai sensi dell'articolo 1588 c.c.; (ii) la compagnia assicuratrice Gamma per ottenere la condanna al pagamento dell'indennizzo previsto dalla polizza. Il Tribunale di Monza rigetta la domanda nei confronti della conduttrice Beta, ritenendo raggiunta la prova che l'incendio non le fosse imputabile e accoglie la domanda nei confronti della compagnia assicuratrice Gamma, sul presupposto che l'assicurazione stipulata da Beta fosse per conto di Alfa e che dunque quest'ultima, stante l'articolo 1891, comma 2, c.c., potesse ottenere direttamente l'indennizzo. A seguito dell'impugnazione della compagnia assicuratrice Gamma, la Corte d'Appello di Milano riforma la decisione: viene altresì rigettata la domanda proposta da Alfa nei confronti dell'assicurazione, perché la polizza conteneva una clausola per cui «leazioni, le ragioni e i diritti nascenti dalla polizza» spettavano al contraente; tale clausola era opponibile all'assicurata Alfa e lecita ai sensi dell'articolo 1932 c.c. che non contempla l'articolo 1891, comma 2, c.c. tra le disposizioni inderogabili se non a favore dell'assicurato. La decisione della Cassazione Dinanzi al ricorso proposto da Alfa per la cassazione della decisione, la Suprema Corte si interroga sul se, nell'assicurazione per conto altrui, il contraente e l'assicuratore possano escludere la legittimazione processuale dell'assicurato. A tal fine, la Cassazione riepiloga quattro orientamenti interpretativi: un primo orientamento considera l'articolo 1891, comma 2, c.c. derogabile perché escluso dall'elenco delle previsioni che l'articolo 1932 c.c. definisce inderogabili se non a favore dell'assicurato (Cass. 21 gennaio 1995, n. 709; Cass. 19 luglio 2004, n. 13359; Cass. 1° dicembre 2004, n. 22599; Cass. 10 dicembre 2009, n. 25822); un secondo orientamento ritiene che una clausola quale quella contenuta nella polizza non dovrebbe precludere all'assicurato di agire in giudizio nei confronti dell'assicuratore per ottenere il pagamento dell'indennizzo. Invero, tale clausola dovrebbe interpretarsi nel senso che sia riservata al contraente la sola attività di gestione del sinistro, ferma restando la titolarità del credito indennitario in capo all'assicurato; pertanto, l'assicurato potrebbe agire per la condanna al pagamento dell'indennizzo, ma non già per l'accertamento del suo credito (Cass. 30 settembre 2016, n. 19409; Cass. 14 luglio 2017, n. 17447); un terzo orientamento esclude la derogabilità dell'articolo 1891, comma 2, c.c. mediante la sottoscrizione di una clausola quale quella contenuta nella polizza. Del resto, questa clausola sarebbe inidonea a manifestare il consenso espresso dell'assicurato alla rinuncia all'esercizio del diritto all'indennizzo (Cass., ord., 2 marzo 2018, n. 4923); un quarto orientamento attribuisce al conduttore la facoltà di chiedere il pagamento dell'indennizzo all'assicurazione, perché il contratto di locazione gli addossa la responsabilità per il perimento del bene locato; ciò, a prescindere dall'esistenza di una clausola derogatoria dell'articolo 1891, comma 2, c.c., renderebbe il conduttore un soggetto assicurato (Cass. 3 ottobre 2007, n. 20751). Esaurita la descrizione del quadro, la Corte di Cassazione conclude per la nullità della clausola della polizza che deroga all'articolo 1891, comma 2, c.c., sulla base delle seguenti argomentazioni: l'assicurazione contro i danni ha una funzione indennitaria, essendo volta a ristorare il pregiudizio patito dall'assicurato, inteso dall'articolo 1904 c.c. come il titolare dell'interesse contrario all'avverarsi del rischio. Stante l'intrinseca natura dell'operazione assicurativa, l'assicurato è allora inderogabilmente l'unico titolare del diritto all'indennizzo; è irrilevante il fatto che l'articolo 1932 c.c. non menzioni l'articolo 1891 c.c., perché l'elenco contenuto nella norma non è esaustivo delle ipotesi di nullità in materia assicurativa; non può argomentarsi che la clausola pattizia di deroga all'articolo 1891, comma 2, c.c. impedisca all'assicurato di chiedere l'accertamento del diritto all'indennizzo, ma non la condanna al pagamento. Del resto, è contraddittorio estromettere l'assicurato dalla partecipazione alle operazioni di stima dell'indennizzo per poi consentirgli esigerne il pagamento. La sentenza viene cassata e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Milano che, nel decidere, dovrà attenersi al principio di diritto per cui «nell'assicurazione contro i danni per conto altrui è nulla la clausola che neghi all'assicurato – nella specie, accordandoli al solo contraente – la facoltà di partecipare alle operazioni di stima del danno e la liquidazione dell'indennizzo e, in ogni caso, il diritto di agire in giudizio per ottenere il pagamento».
Presidente De Stefano – Relatore Tassone Fatti di causa 1. La società La Cicala di Zu.Ma. E c. Sas (d'ora innanzi, Cicala ) concesse in locazione alla società Lime di Pa.Te. e C. Snc (d'ora innanzi, la Lime ) un immobile sito a C, via (Omissis). La conduttrice non pagò il canone e le fu intimato sfratto per morosità. L'ufficiale giudiziario fissò per l'esecuzione dello sfratto la data del 27.3.2014. 2. Otto giorni prima di tale data la Lime stipulò con la società Groupama Spa un contratto di assicurazione a copertura di molteplici rischi: tra questi, il rischio di danni materiali al fabbricato tenuto in locazione dall'assicurato (così il contratto, articolo 23). Il giorno prima della data fissata per l'esecuzione dello sfratto nell'immobile si sprigionò un incendio che lo danneggiò. 3. Tre anni dopo questi fatti La Cicala convenne dinanzi al Tribunale di Monza la Lime e la Groupama, chiedendo: a) nei confronti della prima, la condanna al risarcimento dei danni all'immobile, ai sensi dell'articolo 1588 c.c.; b) nei confronti della seconda, la condanna al pagamento dell'indennizzo contrattualmente previsto per l'ipotesi di danno all'immobile causato da incendio. A tal riguardo La Cicala dedusse che essa, in quanto proprietaria dell'immobile, doveva ritenersi il soggetto assicurato (ex articolo 1904 c.c.) e, come tale, avente diritto al pagamento dell'indennizzo. 4. La Groupama si costituì ed eccepì che La Cicala non aveva titolo per pretendere il pagamento dell'indennizzo. Dedusse che la polizza copriva il c.d. rischio locativo (cioè, il rischio che il conduttore fosse tenuto a risarcire il locatore per danni da lui arrecati alla cosa locata); che, nella specie, l'incendio era doloso e non vi era perciò colpa in vigilando della Lime; che, in ogni caso, l'assicurazione del rischio locativo è un'assicurazione della responsabilità civile, in cui la qualifica di assicurato spetta al conduttore. Infine, eccepì che il condominio nel quale era compreso l'immobile danneggiato aveva anch'esso stipulato un'assicurazione a copertura dei danni alle proprietà dei singoli condòmini. 5. La Lime restò contumace. 6. Con sentenza 6.11.2019 n. 2416 il Tribunale di Monza rigettò la domanda nei confronti della Lime, ritenendo raggiunta la prova che l'incendio fosse dovuto a causa non imputabile al conduttore. Accolse invece la domanda nei confronti della Groupama. Il Tribunale ritenne che: ▪) il contratto di assicurazione stipulato dalla Lime copriva (anche) il rischio di danni all'immobile; ▪) per tale rischio, pertanto, il contratto andava qualificato come assicurazione per conto altrui, ex articolo 1891 c.c.; ▪) la veste di assicurato , e creditore dell'indennizzo, spettava dunque alla Cicala, in quanto proprietaria dell'immobile danneggiato. La sentenza fu appellata dalla Groupama. 7. Con sentenza 11.1.2022 n. 28 la Corte d'Appello di Milano accolse il gravame e rigettò la domanda proposta dalla Cicala nei confronti della Groupama. La Corte d'Appello ha ritenuto assorbente la circostanza che il contratto contenesse una clausola in virtù della quale le azioni, le ragioni e di diritti nascenti dalla polizza spettano al contraente. Ha ritenuto tale clausola opponibile all'assicurato (La Cicala) e lecita ai sensi dell'articolo 1932 c.c. 8. La sentenza d'appello è stata impugnata per Cassazione dalla Cicala con ricorso fondato su tre motivi. La Groupama ha resistito con controricorso. 9. Con atto del 22.12.2023 è stata formulata proposta di definizione accelerata per improcedibilità del ricorso ex articolo 380-bis c.p.c., sul presupposto che mancasse il deposito dell'originale del provvedimento impugnato. La società ricorrente ha chiesto che il ricorso fosse deciso. 10. All'esito dell'adunanza camerale del 22.10.2024, con ordinanza interlocutoria del 29.10.2024 n. 27928, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza sia per acquisire dalla cancelleria della Corte d'Appello di Milano l'originale della sentenza impugnata, sia ai sensi dell'articolo 101, secondo comma, c.p.c., invitando le parti a dedurre in merito alla liceità della clausola che, nell'assicurazione contro i danni per conto altrui ex articolo 1891 c.c., abbia l'effetto di dissociare la titolarità del diritto all'indennizzo dalla titolarità dell'azione per ottenerlo. 11. Ambo le parti hanno depositato memoria. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso sia ritenuto procedibile e accolto nel merito. Ragioni della decisione 1. Ordine delle questioni. Va esaminata per prima, ex articolo 276, secondo comma, c.p.c., la procedibilità del ricorso. Andrà quindi esaminato il secondo motivo di ricorso, col quale è denunciato un error in procedendo, ed è dunque pregiudiziale rispetto agli altri. Segue in ordine logico il terzo motivo di ricorso, il quale pone una questione preliminare di merito; per ultimo andrà esaminato il primo motivo di ricorso, col quale è denunciato l'omesso esame d'un fatto ritenuto decisivo. 2. Procedibilità del ricorso. Il ricorso è procedibile. Questa Corte, infatti, ha, successivamente alla formulazione della proposta di definizione anticipata, infine stabilito - con pronuncia di portata nomofilattica - che, in relazione all'evoluzione della disciplina del processo civile telematico applicata al giudizio di legittimità, non possa più sostenersi l'originario orientamento di questa Corte, che qualificava privo di data il documento informatico depositato telematicamente costituente un duplicato informatico della sentenza impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 12971 del 13/05/2024; da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 33402 del 19/12/2024). Il deposito di copia autentica del provvedimento impugnato è assolto anche col deposito del suo duplicato informatico. Il duplicato informatico, infatti, ha il medesimo valore giuridico dell'originale informatico e non può essere alterato. Inoltre, i dati relativi alla pubblicazione del provvedimento impugnato, necessari per stabilire se l'impugnazione sia stata tempestiva, sono desumibili dai sistemi informatici in uso alla Corte di cassazione, e nel presente caso risulta dal provvedimento depositato dalla ricorrente che esso fu firmato digitalmente dal consigliere estensore il 5 gennaio, dal presidente il 9 gennaio e dal cancelliere - con conseguente pubblicazione - l'11 gennaio del 2022. In doveroso ossequio al richiamato indirizzo nomofilattico, va escluso, così, che possa applicarsi la sanzione dell'improcedibilità alla fattispecie in esame. 3. Il secondo motivo di ricorso. Col secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Deduce la ricorrente che la Groupama in primo grado aveva contrastato la domanda attorea assumendo che, mancando la colpa della Lime nella causazione dell'incendio, non poteva sorgere l'obbligo dell'assicuratore di tenerla indenne dalle pretese risarcitorie della locatrice La Cicala. In appello, invece, la Groupama mutò inammissibilmente le proprie difese, iniziando a sostenere che, ai sensi dell'articolo 66 delle condizioni generali del contratto, le azioni da questo scaturenti potevano essere esercitate solo dalla società contraente (Lime), non dalla società assicurata (Cicala). 3.1. Il motivo è infondato. La Corte d'Appello ha accolto il gravame ritenendo La Cicala carente di legittimazione (sostanziale) ad agire , cioè non titolare del credito azionato. La titolarità del credito fatto valere in giudizio è questione rilevabile d'ufficio e la contestazione di essa è una mera difesa, come tale proponibile in ogni fase del giudizio (salvi gli effetti della non contestazione o del giudicato), come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U., 16/02/2016, n. 2951). La contestazione della qualità di creditore in capo alla Cicala, inoltre, così come il suo rilievo officioso, non si fondarono sulla deduzione di fatti nuovi , dal momento che il fatto costitutivo di quella contestazione era la polizza, e la polizza era stata ritualmente depositata sin dal primo grado. 4. Il terzo motivo di ricorso. Col terzo motivo La Cicala denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente, ex articolo 132 c.p.c. Sostiene una tesi così riassumibile: ▪) in grado di appello La Cicala aveva contrastato l'impugnazione dell'assicuratore sostenendo che la società contraente (Lime) aveva consegnato la polizza alla Cicala; ▪) questo atto costituiva una manifestazione tacita della volontà di attribuire alla Cicala il diritto ad esigere l'indennizzo; ▪) questa eccezione era stata trascurata dalla Corte d'Appello. 4.1. Il motivo è infondato. Innanzitutto, quel che viene denunciato come vizio di motivazione è in realtà - secondo la stessa prospettazione della ricorrente - una omessa pronuncia su un'eccezione. Omessa pronuncia che in realtà non vi fu, in quanto la Corte d'Appello ha ritenuto decisiva la previsione contrattuale secondo cui le azioni scaturenti dal contratto spettano al contraente . Questa statuizione è incompatibile con la tesi secondo cui la consegna della polizza costituì una sorta di cessione del credito indennitario; dunque, sull'eccezione sollevata dalla Cicala non vi fu una omessa pronuncia, ma un implicito rigetto. 4.2. In secondo luogo, il vizio di motivazione è normalmente concepibile con riferimento agli accertamenti di fatto, non con riferimento alle valutazioni in diritto: ma nel caso di specie l'appello della Groupama fu accolto per una questione di puro diritto, quale era l'esistenza d'un patto contrattuale che escludesse il diritto della Cicala a pretendere il pagamento dell'indennizzo. 5. Rilievo officioso della nullità. La disamina del primo motivo (con il quale parte ricorrente si duole, in sostanza, dell'omesso esame del fatto della consegna della polizza dalla conduttrice alla locatrice e dell'inerzia della prima, tale da configurare una volontà della contraente di legittimare l'originaria attrice) si incentra sulla legittimazione dell'assicurata: legittimazione che le parti, nel mezzo di censura, intendono ricostruire in applicazione di una clausola della polizza azionata che dissocia la titolarità del diritto all'indennizzo da quella dell'azione per ottenerlo. La decisione sul motivo impone, però, di stabilire preliminarmente se quella clausola, della cui applicazione in concreto le parti dibattono, sia valida, secondo quanto prospettato nella richiamata ordinanza interlocutoria. Al riguardo, deve concludersi che la clausola in virtù della quale la domanda proposta dalla Cicala è stata rigettata è una clausola nulla. Tale nullità non è stata rilevata e non ha formato oggetto di dibattito processuale nei gradi di merito. Su essa, pertanto, non si è formato il giudicato interno e deve essere rilevata d'ufficio in questa sede, come imposto dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U., 12/12/2014, n. 26242). Ciò per le ragioni di seguito elencate. 5.1. La Corte d'Appello ha ritenuto che il contratto stipulato dalla Lime non attribuisse alla Cicala il diritto di agire nei confronti dell'assicuratore per pretendere il pagamento dell'indennizzo. Ha raggiunto tale conclusione in base all'articolo 66 delle condizioni generali di polizza, che recita: le azioni, le ragioni e i diritti nascenti dalla polizza non possono essere esercitati che dal Contraente (Lime) e dalla Società (assicuratrice). Spetta in particolare al Contraente compiere gli atti necessari all'accertamento e alla quantificazione dei danni. L'accertamento e la liquidazione dei danni così effettuati sono vincolanti anche per l'Assicurato, restando esclusa ogni sua facoltà di impugnativa. L'indennizzo liquidato a termini di polizza non può tuttavia essere pagato se non nei confronti o con il consenso dei titolari dell'interesse assicurato . 6. I contrapposti orientamenti. L'interpretazione di clausole come quella sopra trascritta ha visto dividersi la giurisprudenza di questa Corte, circostanza che ha giustificato la trattazione del presente ricorso in pubblica udienza. Lo stabilire se, nell'assicurazione per contro altrui, il contraente e l'assicuratore possano escludere la legittimazione processuale dell'assicurato, è problema che ha generato ben quattro diversi orientamenti. 6.1. Un primo orientamento ritiene che l'articolo 1891, secondo comma, c.c. sia derogabile dalle parti, perché non compreso nell'elenco di previsioni che l'articolo 1932 c.c. proclama inderogabili se non a favore dell'assicurato. La sentenza capostipite di questo orientamento fu Cass. sez. 1, 21/01/1995, n. 709, il richiamo alla quale rappresentò negli anni successivi l'unica e scarna motivazione di tutte le decisioni che condivisero il principio (Sez. 3, Sentenza n. 25822 del 10.12.2009; Sez. 3, Sentenza n. 22599 del 1.12.2004; Sez. 3, Sentenza n. 13359 del 19.7.2004). Quella sentenza di trent'anni fa aveva ad oggetto un caso in cui la richiesta di indennizzo fu formulata dal depositario di merce altrui, il quale aveva stipulato un'assicurazione contro il furto a beneficio del proprietario, ma aveva però convenuto in giudizio l'assicuratore chiedendone la condanna al pagamento dell'indennizzo e dichiarando di agire in nome proprio. A fronte dell'impugnazione dell'assicuratore, che in quel caso rifiutava di pagare il contraente, la sentenza 709/95 si limitò a rilevare che l'articolo 1891 c.c. non è ricompreso tra le norme inderogabili ex articolo 1932 c.c., e che tanto bastasse per escludere che la deroga all'articolo 1891 c.c. potesse ritenersi preclusa in virtù del principio che di regola l'esercizio del diritto all'indennizzo compete al titolare di questo stesso . In questo orientamento può inscriversi anche l'isolata decisione di Sez. 3, Sentenza n. 1362 del 31.1.2012, la quale pure richiamò il principio sopra trascritto, per trarne la conclusione che il proprietario d'un immobile, assicurato contro l'incendio per effetto di polizza stipulata da un terzo, non fosse legittimato ad agire contro l'assicuratore. Nella motivazione di questa sentenza, tuttavia, non sono trascritti i patti contrattuali, sicché è impossibile stabilire se questi contemplassero una clausola analoga a quella oggi in esame. 6.2. Un secondo orientamento ha ritenuto che la clausola la quale neghi all'assicurato l'esercizio di azioni, ragioni e diritti nascenti dalla polizza , se interpretata alla lettera, sarebbe nulla: essa deve perciò interpretarsi nel senso che quella clausola riservi al contraente la sola attività amministrativa e, cioè, quella consistente nelle operazioni di gestione del sinistro, ferma restando la titolarità del credito indennitario in capo all'assicurato (Sez. 3, Sentenza n. 17447 del 14.7.2017; sostanzialmente conforme è Sez. 3, Sentenza n. 19409 del 30.9.2016). Secondo questa interpretazione, pertanto, in presenza della suddetta clausola l'assicurato potrebbe convenire l'assicuratore in giudizio per domandarne la condanna al pagamento dell'indennizzo, ma non per domandare l'accertamento del proprio credito. 6.3. Un terzo orientamento ha ritenuto non condivisibile l'affermazione secondo cui l'articolo 1891, secondo comma, c.c. sarebbe derogabile dalle parti, osservando che tale asserto, sino ad oggi affermato solo in via ipotetica in alcune pronunce, non si coordina però con le norme di sistema, perché non tiene conto del fatto che l'articolo 1891, comma 2, cod. civ. configura un'ipotesi di sostituzione processuale, la quale può trovare titolo in uno specifico mandato dell'avente diritto che, quanto all'incasso, può avere ad oggetto sia i crediti già sorti che crediti eventuali e futuri, ma non in una rinuncia per la cui validità ed efficacia sarebbero necessarie l'esistenza del diritto e la consapevolezza di tale esistenza . Da questa premessa si è tratta la conclusione che la sottoscrizione d'una clausola come quella di cui si discorre non consenta di ritenere che l'assicurato abbia dato il proprio consenso espresso a che il contraente esercitasse i diritti nascenti dalla polizza (Sez. 3, Ordinanza n. 4923 del 2.3.2018). Questo orientamento, dunque, si è limitato a negare la legittimazione del contraente che non avesse ottenuto il consenso dell'assicurato, ma non si è pronunciato espressamente sul diverso problema della legittimazione dell'assicurato. 6.4. Un quarto orientamento, anch'esso sorto con riferimento all'ipotesi in cui il conduttore d'un immobile lo assicuri contro il rischio di incendio, ha ritenuto che il contraente fosse legittimato a domandare l'indennizzo non perché il contratto contenesse una clausola di deroga all'articolo 1891, secondo comma, c.c., ma sul diverso presupposto che il contratto di locazione addossava al conduttore la responsabilità del perimento della cosa locata, e che tanto bastasse per ritenere che anche il conduttore fosse un soggetto assicurato (Cass. Sez. 3, 03/10/2007, n. 20751). 7. Il giudizio della Corte. Ritiene il Collegio che l'articolo 1891, secondo comma, c.c. sia inderogabile; che, con riferimento al caso in esame, la clausola 66 del contratto oggetto del presente giudizio sia nulla nella parte in cui sottrae all'assicurato il diritto di convenire l'assicuratore per domandare il pagamento dell'indennizzo e che, di conseguenza, la sentenza impugnata debba essere cassata con rinvio. 7.1. L'assicurazione contro i danni è un contratto indennitario: può ristorare il pregiudizio patito dall'assicurato, ma mai arricchirlo. Per garantire il rispetto del principio indennitario la legge eleva ad elemento costitutivo del contratto, richiesto a pena di nullità, l'indissolubile connubio tra la titolarità dell'interesse contrario all'avverarsi del rischio e la qualità di assicurato (articolo 1904 c.c.). Mentre, dunque, negli altri contratti la qualità di creditore dipende dalla libera contrattazione delle parti, nell'assicurazione contro i danni la qualità di creditore ha un presupposto di fatto che precede l'accordo delle parti e non è da queste disponibile: la titolarità del suddetto interesse. L'assicurato è il creditore del diritto all'indennizzo non perché designato dalle parti, ma per la intrinseca natura dell'operazione assicurativa. Scisso il vincolo tra interesse e rischio, l'assicurazione inammissibilmente si trasformerebbe in una scommessa. 7.2. Il contratto di assicurazione può consentire all'assicurato di cedere, dare in pegno o vincolare a beneficio di terzi il proprio diritto all'indennizzo. Queste pattuizioni, tuttavia, non derogano al principio indennitario. Esse assolvono solo una funzione circolatoria a posteriori d'un credito già sorto in capo all'assicurato e, quindi, ne presuppongono appunto la disponibilità da parte di quest'ultimo. Non potrebbe, invece, un contratto di assicurazione contro i danni prevedere che il credito indennitario non sorga affatto in capo all'assicurato. Una pattuizione di questo tipo costituirebbe una degenerazione causale del contratto di assicurazione, perché trasferirebbe le conseguenze del rischio in capo ad un soggetto diverso dal titolare dell'interesse. In definitiva, trasformerebbe il contratto di assicurazione in altro tipo contrattuale: ma un contratto (definito) di assicurazione che non attribuisse il diritto all'indennizzo al titolare dell'interesse esposto al rischio sarebbe nullo ai sensi dell'articolo 1895 c.c., né potrebbe convertirsi in un contratto diverso (ad es., fideiussio indemnitatis), dal momento che all'assicuratore è vietato stipulare contratti non assicurativi, salve le sole eccezioni tassativamente previste dalla legge ex articolo 11, comma 2, cod. ass. (Cass. ord. 6.3.2025 n. 5990) e che, con ogni evidenza, qui non ricorrono. 7.3. Questi princìpi restano immutati anche nell'assicurazione per conto altrui (che ha la funzione di consentire la copertura dei rischi senza osservare le formalità della rappresentanza negoziale) e nell'assicurazione per conto di chi spetta (che ha la funzione di consentire la circolazione della copertura senza osservare le formalità della cessione del contratto). Anche in queste ipotesi la qualità di assicurato va ravvisata nel soggetto titolare dell'interesse contrario all'avverarsi del rischio. 7.4. Nel caso di specie la società controricorrente non nega che il contratto da essa stipulato fosse un'assicurazione contro i danni; non nega che il rischio coperto fosse (anche) quello dell'incendio ad un immobile; non nega che l'immobile fosse di proprietà della Cicala. Nega, tuttavia, che La Cicala potesse convenirla in giudizio, invocando il patto contrattuale in virtù del quale le azioni, le ragioni e i diritti nascenti dalla polizza non possono essere esercitati che dal contraente e dalla società . Osserva, in contrario, questa Corte che negare l'esercizio di ragioni, azioni e diritti nascenti dal contratto significa tout court negare il diritto all'indennizzo. Un diritto non esercitabile mai è un diritto inesistente: e il diritto di credito si esercita riscuotendolo. Dunque, una clausola che nega l'esercizio del diritto di credito incondizionatamente e senza limiti di tempo è una clausola che nega il credito. Né è sostenibile che la clausola in esame neghi all'assicurato soltanto la legittimazione a domandare l'accertamento del proprio credito, ma non quella ad esigerne il pagamento. Estromettere l'assicurato dalla partecipazione alle operazioni di stima del danno e dell'indennizzo, per ammetterlo ad esigere il pagamento dell'indennizzo, è infatti conclusione contraddittoria. A condividerla, si perverrebbe all'aporia per cui l'assicurato diverrebbe titolare d'un credito del quale non potrebbe chiedere in giudizio l'accertamento. Ma poiché ogni azione di condanna presuppone di necessità un accertamento, ecco che l'orientamento in esame finirebbe per scindere condanna e accertamento, e sottrarre all'assicurato una delle facoltà tipicamente inerente alla titolarità dei crediti di valore: domandarne l'accertamento. Anche sul piano fattuale, poi, la scissione tra il diritto di domandare l'indennizzo e quello di farlo accertare provocherebbe effetti paradossali: all'assicurato, infatti, verrebbe impedito un tempestivo accesso alle fonti di prova e si lascerebbe al contraente (e cioè colui che paga il premio, la cui entità può dipendere anche dagli indennizzi pagati) la titolarità esclusiva di contestare o prestare acquiescenza all'accertamento di un credito che non è suo. 7.5. L'argomento speso (in modo apodittico) dall'orientamento che fa leva sulla pretesa derogabilità dell'articolo 1891, secondo comma, c.c., perché non compreso nell'articolo 1932 c.c., è insostenibile per due ragioni. 7.5.1. In primo luogo, l'articolo 1932 c.c. non esaurisce tutte le ipotesi di nullità in materia assicurativa. Anche l'articolo 1895 c.c., ad es., non compare tra le norme dichiarate inderogabili dall'articolo 1932 c.c.: e certo nessuno vorrà sostenere che sia derogabile dalle parti la norma che esige l'esistenza del rischio per la validità del contratto. 7.5.2. In secondo luogo, l'articolo 1932 c.c. prende in esame, per dichiararle inderogabili in pejus rispetto all'assicurato, soltanto previsioni di legge che disciplinano il compimento di dichiarazioni contrattuali (articolo 1892, 1893, 1897, 1898), oppure gli effetti del contratto nel tempo (articolo 1901 c.c.) o la misura dell'indennizzo (articolo 1917 c.c.). L'articolo 1932 c.c. non richiama invece le norme che disciplinano la causa e l'oggetto del contratto: di prevedere l'inderogabilità di tali norme infatti non v'era bisogno, per la semplice ragione che derogare agli articolo 1882 o 1904 c.c. comma primo, c.c., significherebbe stipulare un contratto che non è più un'assicurazione contro i danni. 7.6. Va da sé che anche le ragioni della praticità e della speditezza nei rapporti commerciali hanno il loro rilievo e che, specie nell'assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta, l'assicuratore potrebbe trovarsi nella oggettiva impossibilità di individuare l'assicurato (ipotesi comunque non ricorrente nel nostro caso). Per fronteggiare tali inconvenienti non sarebbe vietato alle parti attribuire al contraente una rappresentanza gestoria dell'assicurato nelle trattative con l'assicuratore, ad instar dell'articolo 2028 c.c.; quel che invece deve escludersi è che per soddisfare un'esigenza di tipo pratico possano concludersi accordi sostanzialmente espropriativi di una parte preponderante delle facoltà spettanti al titolare d'un diritto di credito. Il contraente d'una assicurazione per conto altrui, pertanto, può in teoria assumere la veste di delegato o mandatario dell'assicurato, se sia quest'ultimo a conferirgli tale potere, ed è legittimato a compiere gli atti negoziali che non potrebbero essere compiuti se non da lui personalmente (pagamento del premio, denuncia di sinistro, denuncia di aggravamento del rischio ex articolo 1898 c.c.); non è invece legittimato - salva l'ipotesi residuale della negotiorum gestio - a pretendere dall'assicuratore il pagamento dell'indennizzo, né a convenirlo in giudizio, se questo potere non gli sia conferito dall'assicurato. 7.7. La sentenza impugnata, decidendosi sul primo motivo di ricorso ed a seguito del rilievo ufficioso della questione, va dunque cassata con rinvio, in applicazione del seguente principio di diritto, cui si atterrà il giudice di rinvio (che si identifica nello stesso giudice che ha pronunciato la qui gravata sentenza) nel tornare ad esaminare l'appello della Cicala: nell'assicurazione contro i danni per conto altrui è nulla la clausola che neghi all'assicurato - nella specie, accordandoli al solo contraente - la facoltà di partecipare alle operazioni di stima del danno e liquidazione dell'indennizzo e, in ogni caso, il diritto di agire in giudizio per ottenerne il pagamento . 8. Il primo motivo di ricorso resta assorbito, ferma la reiezione degli altri. 9. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione: (▪) decidendo d'ufficio sul primo motivo di ricorso e rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.