Tutela dell’immagine dei minori: chiusura del profilo Facebook per uso improprio e senza consenso materno

Il padre deve rimuovere da Facebook le immagini dei figli minori e provvedere all’immediata chiusura dei profili aperti a nome degli stessi, senza il consenso della madre, dei quali il padre aveva fatto un uso improprio e sconveniente.  

Nell'ambito di un procedimento di divorzio, il Tribunale di Foggia (sent. n. 242/2024), dopo aver emesso sentenza sul vincolo e proseguito il giudizio in merito alle domande sull'affidamento dei figli, richiesto in forma condivisa dal padre, e in via (super) esclusiva dalla madre, nell'accogliere le domande di quest'ultima anche ex articolo 330 c.c., dichiarava la decadenza dalla responsabilità genitoriale del padre a causa delle condotte pregiudizievoli per i minori, tra le quali, per ciò che qui interessa, aver aperto, senza il consenso della madre, delle pagine Facebook intestate ai minori inerendovi le loro immagini e facendone un uso sconveniente. Detto pregiudizio, ritenuto dal Tribunale insito nella diffusione dell'immagine dei minori sui social senza necessità di ulteriori accertamenti, integra una violazione della loro privacy, per porre rimedio alla quale, in accoglimento della domanda materna di immediata inibitoria ex articolo 709-ter c.p.c., è stata ordinata al padre la rimozione da Facebook delle immagini ritraenti i minori, l'oscuramento e la chiusura dei profili aperti dal medesimo a nome dei figli (infra14enni) e dallo stesso utilizzati direttamente, nonostante l'opposizione della madre. A motivo della propria decisione, il Tribunale ha richiamato i principi giuridici nazionali e sovranazionali violati dal comportamento pregiudizievole del padre (e così: l'articolo10 c.c. sulla tutela dell'immagine, gli articolo 1 e 6 della Convenzione di New York del 1989, l'articolo 10 Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, l'articolo 24 Carta di Nizza del 2000, l'articolo 2 quinquies del Dlgs.196/2003, come riformato dal Dlgs.101/2028, e l'articolo 8 GDPR), in ragione dei quali, per il trattamento dei dati personali (che comprendono anche l'immagine) del minore infra14enne, è necessario il consenso dei genitori che sul medesimo esercitano la responsabilità genitoriale. Il Tribunale ha aderito all'orientamento giurisprudenziale maggioritario (ex multis: Tribunale Rieti 7.3.2019, Tribunale Mantova 19.09.2017, Tribunale Roma 23.12.2017) che richiede il consenso espresso di entrambi i genitori alla pubblicazione delle immagini dei figli, evidenziando, comunque, la fondatezza della domanda della madre anche alla luce del più rigoroso orientamento del Tribunale di Torino (secondo il quale la pubblicazione della foto di un minore su un social network rientrando nell'attuale contesto sociale è atto di ordinaria amministrazione, esercitabile da ciascuno genitore in caso di esercizio separato della responsabilità, salvo, in caso di opposizione dell'altro genitore, l'eventuale verifica da parte del Giudice del pregiudizio specifico e concreto al minore). Nella pronuncia in commento, il Tribunale non solo ha acclarato che il semplice inserimento di foto dei minori sui social costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole, determinando la diffusione di immagini degli stessi fra un numero indeterminato di persone, senza tuttavia che, alla base, vi sia un consenso consapevolmente prestato al trattamento dei dati, ma ha accertato come, anche in concreto, la condotta posta in essere dal padre risulti pregiudizievole per i figli, ove si consideri che il genitore oltre ad aver effettuato l'accesso a gruppi di incontri, facendo uso del profilo intestato ai minori aperti alla consultazione di tutti gli utenti, ha creato un forte disagio ai minori stessi nel loro ambiente scolastico, ove sono divenuti oggetto di scherno. La pronuncia risulta di particolare interesse, in quanto nell'affrontare il tema della violazione dell'immagine dei minori evidenzia quali possono essere le tutele di fronte all'abitudine diffusa (talora inconsapevole) ma rischiosa dei genitori di condividere foto e video dei figli minori sui social (whatsapp compreso), meglio nota con il neologismo inglese sharenting, derivato dalla crasi tra share (condividere sui social) e parenting (fare i genitori).   Pur in assenza di una specifica normativa sul tema - essendovi diverse proposte di legge per regolamentare lo sharenting, con previsione anche di innalzamento (dagli attuali 14 anni) dell'età per il consenso digitale - i principi giuridici applicati dal Tribunale di Foggia, non lasciano priva di tutela giudiziaria e di conseguenze (in caso di dissenso di uno dei genitori) la pubblicazione di immagini fotografiche e video dei figli minori sui social che, da ultimo, il Garante Privacy (provv.13.11.2024) ha qualificato come atto di straordinaria amministrazione, per il quale è necessario il preventivo consenso esplicito di entrambi i genitori, a prescindere dall'affido condiviso.