Omicidio della vittima di un tentativo di rapina impropria: è configurabile l’aggravante del nesso teleologico?

Deve essere rimessa alle Sezioni Unite la questione «se, in caso di rapina o tentata rapina impropria in cui la violenza abbia cagionato la morte della persona offesa, rispetto al delitto di omicidio volontario sia configurabile l’aggravante del nesso teleologico ai sensi dell’articolo 61, comma primo, n. 2, c.p.».

La prima Sezione penale della Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, ha rilevato l'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla possibilità di riconoscere a carico dell'imputato la circostanza aggravante del nesso teleologico, di cui all'articolo 61, comma 1, n. 2 c.p., tra il delitto di rapina impropria, tentata o consumata, e il delitto di omicidio volontario, allorché la violenza usata nel commettere il primo reato abbia cagionato la morte della persona offesa. Nel caso di specie, uno degli imputati era stato condannato in primo e secondo grado di giudizio per aver cagionato la morte della persona offesa, dopo aver fatto irruzione nella di lei abitazione, esplodendo un colpo fatale di arma da fuoco contro di essa nel corso di una colluttazione che aveva impedito la consumazione del delitto di rapina. I giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, hanno qualificato il fatto come rapina impropria, ritenendo che l'imputato avesse agito con violenza allo scopo di guadagnare l'impunità, condannandolo altresì per il delitto di omicidio volontario, rispetto al quale, tuttavia, la Corte d'Appello ha escluso la contestata aggravante del nesso teleologico, rideterminando la pena. Avverso la sentenza di Appello ha proposto ricorso per cassazione l'Avvocato generale presso la Corte d'Appello, censurando – tra gli altri motivi – la qualificazione del fatto come rapina impropria nonché l'esclusione dell'aggravante ex articolo 61, comma 1, n. 2, c.p. Anche l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, invocando, tra gli altri motivi, la riduzione della pena per effetto della richiesta di rito abbreviato che gli era stata rigettata sul presupposto della sussistenza dell'aggravante poi esclusa, che avrebbe comportato la pena dell'ergastolo, preclusiva del rito alternativo. La prima Sezione penale ha, quindi, assegnato carattere decisivo e preliminare ai motivi concernenti la sussistenza o meno della contestata aggravante, rilevando un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sul punto. Un primo orientamento ritiene infatti sussistente la c.d. «aggravante teleologica» qualora la violenza adoperata nel commettere il delitto di rapina impropria risulti esorbitante rispetto allo scopo e sfoci nelle lesioni o nella morte della persona offesa. Viene infatti osservato che, pur presentando in comune con il delitto di lesioni o di omicidio la condotta violenta, il delitto di rapina e quello di lesioni o di omicidio volontari restano strutturalmente autonomi, sicché ove questi ultimi siano stati commessi per conseguire l'impunità rispetto al primo reato, ben potrà configurarsi la predetta aggravante. Difatti, il dolo specifico richiesto per il delitto di rapina esaurisce la sua funzione nell'ambito di tale reato laddove il nesso teleologico svolge una funzione ad esso esterna, connettendo le due fattispecie tra di esse non sovrapponibili. Secondo l'opposto orientamento, al contrario, l'aggravante in questione non sarebbe configurabile altrimenti si finirebbe per chiamare il soggetto agente a rispondere due volte per la medesima condotta, la cui finalità assume già rilievo con riferimento al dolo specifico di rapina. Si invoca in tal senso il principio del bis in idem nella sua accezione sostanziale, sostenendo che il fine di procurarsi l'impunità costituisce di per sé elemento costitutivo del delitto di rapina impropria e non può pertanto essere valorizzato nuovamente nel riconoscere la sussistenza dell'aggravante teleologica. Rilevato il contrasto, nonché richiamando la giurisprudenza intervenuta in materia di reato complesso, di cui si è ipotizzata l'estensione al caso di specie, la prima Sezione penale ha, dunque, rimesso la questione alle Sezioni Unite.

Presidente Rocchi - Relatrice Oggero Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 luglio 2024, la Corte di assise di appello di Torino, in parziale riforma della decisione della Corte di assise di Torino, esclusa l'aggravante del nesso teleologico, ritenuta in primo grado con riferimento al reato di omicidio volontario aggravato ascritto agli imputati, ha rideterminato la pena, nei confronti di Ma.Em., per i delitti di cui ai capi 1), 2), 3 di omicidio aggravato, tentata rapina impropria, detenzione e porto di arma comune da sparo e per gli ulteriori reati, segnatamente, per quanto di rilievo in questa sede, di cui ai capi 4), 5), 7) (detenzione di un fucile con canne segate, ricettazione del fucile stesso, detenzione ai fini di cessione di stupefacente), in trenta anni di reclusione, eliminata la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna, confermando nel resto e, segnatamente, nei confronti del coimputato La.Me., la condanna alla pena di sedici anni di reclusione per i reati di cui ai capi 1) e 2) dell'imputazione. 1.1. All'esito dell'istruttoria svolta in primo grado, i fatti sono stati ricostruiti nei seguenti termini. Nelle prime ore della mattina del 9 giugno 2021, Ma.Em., La.Me. ed altri complici non identificati, si recano in Piossasco, zona residenziale della provincia di Torino, dove, nei giorni precedenti, hanno effettuato alcuni sopralluoghi preliminari: in orario notturno, stimato intorno alle ore 3,40, fanno ingresso, mediante effrazione della finestra del salotto, nella proprietà della famiglia (Omissis), una villetta con giardino, dove si trova l'intero nucleo familiare composto da Mo.Ro., dalla moglie, Ma.La. e dal figlio minore della coppia, To.. L'imprevista attivazione dell'impianto sonoro di allarme provoca il risveglio della signora, che, scesa al piano inferiore, si imbatte in due individui di sesso maschile. La visione scatena la sua reazione vocale ed uno dei due intrusi, con marcato accento est–europeo, le ordina di non urlare, ma la signora, continuando ad urlare, esce sul balcone con l'intenzione di attirare l'attenzione dei vicini. Nel frattempo, si desta il marito Mo.Ro.che scende dabbasso e incappa nei malintenzionati. Nasce una breve colluttazione, all'esito della quale l'uomo è raggiunto da un colpo da arma da fuoco alla zona inguinale destra che, in breve, ne causa la morte. Gli intrusi riescono ad allontanarsi. La ricostruzione dell'accaduto e l'attribuzione di responsabilità nei confronti degli odierni imputati è sintetizzabile nei seguenti termini. A carico diMa.Em. sono stati ritenuti indicativi del suo coinvolgimento e della responsabilità per i reati contestati gli elementi che si vanno ad esporre. Le dichiarazioni di Bu.Sn. Dal mese di marzo 2021, Bu.Sn. è destinatario di attività captativa a seguito del ritrovamento, nella sua disponibilità, di una Audi provento di furto, al cui interno erano presenti arnesi da scasso e materiale utile al travisamento. Sulla base delle captazioni, emerge che Bu.Sn. ha la disponibilità di un'abitazione, in strada (Omissis), priva di elettricità, dove talvolta offre ospitalità; il 7 giugno 2021, due giorni prima dei fatti, Bu.Sn. prende a nolo una Fiat Bravo (munita di sistema GPS), nel cui contratto si indica, come secondo conducente, La.Me., identificato con patente di guida e carta di identità albanese. Nel pomeriggio del 9 giugno, la Fiat Bravo è coinvolta in un sinistro stradale in T, via (omissis): Bu.Sn., che si trova alla guida benché sprovvisto di patente, tenta di darsi alla fuga, ma viene arrestato. Dall'attività captativa si apprende che egli scambia, via whatsapp, alcuni messaggi con l'utilizzatore del numero (Omissis), registrato, nella rubrica di Bu.Sn., sotto il nome (Omissis), utenza che risulta intestata a Er.Gi., nominativo fornito da Ma.Em. in occasione di una precedente fotodattilosegnalazione, Ma.Em., nel corso delle indagini, ammette di avere avuto la disponibilità della indicata utenza e di essere l'autore dei messaggi inviati a Bu.Sn. all'alba del 9 giugno, pur sostenendo di avere prestato l'apparecchio proprio a quest'ultimo, tra il pomeriggio dell'8 e la mattina del 9 giugno, poiché  era rimasto senza internet e doveva andare dalla sua ragazza , telefono che gli sarebbe stato poi restituito alle 6 del mattino del 9 giugno per tramite di uno sconosciuto. La successiva analisi del relativo traffico indica che, nei giorni precedenti il 9 giugno, a partire dal 25 maggio, l'utenza aggancia celle della zona residenziale di T, compatibili con la residenza dei signori (Omissis). Altri messaggi forniscono indicazioni ritenute preziose dalla Corte di assise: alle 6.11 del 9 giugno, Bu.Sn. riceve un messaggio da Ma.Em., il quale gli chiede se può andarlo a prendere e se lo autorizza a fermarsi per un po' di tempo a casa sua. Questi gli risponde che sua madre sarebbe uscita non prima delle 8, ma Ma.Em. ribatte che si trova dove sa , che le cose non vanno bene, che ha bisogno di parlargli, anche più tardi; alle 12.11, Ma.Em. sollecita ancora Bu.Sn. via whatsapp:  Vieni a prendermi! . E, alla risposta dell'amico, che gli dice di aspettare, rincalza:  Non aspetto niente…voglio togliere questo telefono…mi è entrata l'acqua…non lo voglio più. . Ciò premesso, venendo, più specificamente, alle dichiarazioni rese da Bu.Sn., questi spiega i messaggi ricevuti la mattina del 9 giugno da Ma.Em., il quale insiste per un incontro urgente e racconta che l'appuntamento è fissato per la tarda mattinata del 9 giugno, quello stesso giorno, in T, piazza (omissis) Ma.Em. si presenta in compagnia di La.Me. e della fidanzata di quest'ultimo, Dr.Al., entrambi alloggiati al numero 42 di strada (Omissis): in una momentanea assenza della coppia, Ma.Em. racconta a Bu.Sn. che, quella notte,  è successo un casino…è successa una cosa grave…ho fatto per proteggere e ho sparato…ieri siamo andati in un posto a rubare e poi la persona è scesa giù col fucile e poi ho sparato, ho fatti per proteggere… . In quel contesto, Ma.Em. chiede a Bu.Sn. se può eliminare il suo cellulare, ma incassa il suo rifiuto, poiché Bu.Sn. obietta di avere molti contatti memorizzati, pur accettando, su invito dell'amico, di proseguire a comunicare tra loro soltanto mediante l'applicativo Signal. Bu.Sn. si informa dell'eventuale coinvolgimento di La.Me. nella sparatoria, ma Ma.Em. risponde che La.Me. non c'entra. Nel pomeriggio del 9 giugno, Bu.Sn. accompagna Ma.Em. nella casa di via (omissis), e, poco dopo, è coinvolto nel sinistro stradale, a seguito del quale, come si è già riferito, viene arrestato. I rapporti tra Bu.Sn. e Ma.Em. si interrompono nel mese di luglio 2021, a seguito di dissapori per il mancato pagamento, da parte del secondo, dell'affitto relativo alla casa di via (Omissis), 42, della quale continua ad avere la disponibilità. Le dichiarazioni di Bu.Sn. sono state ritenute attendibili e riscontrate da una serie di elementi: i messaggi Bu.Sn. – Ma.Em. che, oltre a contenere informazioni, denotano un rapporto confidenziale e di fiducia tra i due; l'avvenuto incontro di piazza (Omissis), confermato dallo stesso Ma.Em.; la registrazione, tramite GPS installato sulla Bravo, degli spostamenti di Bu.Sn.; le dichiarazioni di Me.Em., trasPo.to sulla Bravo, nel pomeriggio del 9 giugno; la consegna di un telefono da parte di Bu.Sn. a Ma.Em.; il colloquio intercettato presso la sala–visite dell'istituto di pena dove Bu.Sn. è detenuto, nel settembre 2021, in occasione di un incontro con alcuni parenti che commentano l'arresto di Ma.Em., avvenuto proprio in quei giorni (28 settembre 2021). In tale conversazione, Bu.Sn. riferisce delle confidenze a suo tempo ricevute da Ma.Em. in relazione ai fatti del 9 giugno, che descrive in modo coincidente con quanto riferito nel corso dell'istruttoria. Ulteriore elemento di riscontro si evince dalla circostanza che Bu.Sn. rivela a Ho.Ju. la confidenza ricevuta da Ma.Em., dato confermato in istruttoria da Ho.Ju., il quale ha riferito di avere saputo da Bu.Sn. dell'episodio di cui Ma.Em. era stato protagonista e del fatto che aveva sparato, dicendo, testualmente:  Si è impanicato e l'ha ucciso…Me io ha detto Bu.Sn. . Passando ad analizzare la posizione di La.Me., l'affermazione di responsabilità nei suoi confronti è stata articolata dalla Corte di assise intorno ad una serie di elementi probatori, così sintetizzabili. Dr.Al., al tempo legata sentimentalmente a La.Me. – relazione intrattenuta dal 2018 al 2021 –, racconta che, qualche giorno prima del 9 giugno 2021, i due lasciano la C, giungono a T, dove alloggiano nell'appartamento di via (Omissis), sprovvisto di elettricità. La ragazza spiega che spesso viene lasciata sola, sia di giorno, sia di notte, in quanto il fidanzato esce per incontrare l'amico che ha dato loro la casa. Con il fidanzato – riferisce Dr.Al. – si verificano discussioni, lamentando di essere lasciata sola, senza denaro e senza prospettive di lavoro e La.Me. le risponde che, se non troverà un'occupazione, andrà  a rubare . Con riferimento ai fatti del 9 giugno, Dr.Al. riferisce del rientro di La.Me. nell'appartamento, del suo spavento e della decisione di fare ritorno a N, raccontando che, durante il furto in un'abitazione in cui non è entrato, essendo rimasto in attesa all'esterno, Ma.Em. ha sparato al proprietario. La mattina dopo le rivelazioni – racconta Dr.Al. – la coppia incontra Ma.Em., cui consegna le chiavi dell'abitazione; poco dopo, i due lasciano T, in treno, alla volta della C, dove La.Me. si reca a S, presso un amico, mentre la ragazza, che intende cessare la relazione, viene accompagnata a casa di sua madre. La Corte di assise ha formulato, nonostante alcune contraddizioni nel narrato della teste, giudizio di attendibilità nei suoi confronti, alla luce dei seguenti elementi: – Dr.Al. ha reso testimonianza in dibattimento solo a seguito del suo accompagnamento coatto, essendo illogico ipotizzare un suo intento calunniatorio; – Dr.Al. ha introdotto il tema della confidenza del fidanzato sui fatti del 9 giugno in modo spontaneo, senza alcuna specifica domanda, così mostrando la sua sincerità nel riferire, pur tardivamente rispetto alle sommarie informazioni rese il 4 novembre 2021, di quanto era accaduto quella notte. In proposito, la Corte di assise osserva che la parziale reticenza mostrata in sede di sommarie informazioni si ricollega, probabilmente, al perdurante coinvolgimento personale, venuto meno a seguito della successiva rottura della relazione con La.Me. L'attendibilità della testimone è risultata altresì corroborata da ulteriori elementi di prova: nel periodo in questione, le utenze intestate ed in uso a La.Me., Dr.Al. e Dr.Le., madre di Dr.Al. , sono sottoposte ad attività di intercettazione, disposta dall'Autorità giudiziaria di S nell'ambito di un procedimento relativo a furti ascritti ad una serie di persone di nazionalità albanese. Dall'attività captativa, emerge che: – in data 30 maggio, Dr.Al. avverte la madre circa il viaggio a T, dicendo che vi si tratterrà per qualche giorno, insieme al fidanzato La.Me. che  ha qualcosa da fare là , fa presente alla madre della necessità di prendere la macchina e la genitrice la mette in guardia del rischio di essere arrestata; – arrivano a T e si sistemano presso l'appartamento senza luce; – in data 7 giugno, sorge una discussione tra Dr.Al. e La.Me., nel cui corso la ragazza lamenta di essere continuamente lasciata a casa, priva di tutto, senza lavoro, di essere stata Po.ta a Torino come guardia, soltanto per timore del fidanzato di muoversi da solo; – in data 8 giugno, la ragazza parla al telefono con la madre, dicendole che La.Me. si trova al lavoro ed attende che faccia qualcosa, quella sera; – nel periodo compreso tra 8 e il 13 giugno tra Dr.Al. e sua madre non intervengono contatti e, quando il 13 giugno, la mamma le telefona, la rimprovera per non essersi più fatta sentire. In quel frangente, commenta quello che è successo a T ed Dr.Al. le risponde che ne avrebbero parlato dopo. La Corte di primo grado dà altresì conto che le utenze in uso a La.Me. sono 350…782 e 350…304 . L'utenza con finale 782 compare, per la prima volta, il primo giugno 2021, mentre La.Me. è ancora in C e utilizza una terza utenza, (Omissis). Il 3 giugno, percorrendo la autostrada Al, le utenze in uso a La.Me. e Dr.Al. si spostano da S a T, così come l'utenza con finale 782; si ricostruiscono, attraverso i dati del traffico telefonico, gli spostamenti di La.Me. nella zona di T (P, O, C, S la sovrapponibilità di tali movimenti con quelli relativi all'utenza di Ma.Em. le quali attivano, le sere del 7 e 8 giugno, alcune celle della zona di casa (Omissis). Nella notte tra l'8 e il 9 giugno, in orario compreso tra le 2,43 e le 5,30, l'utenza di La.Me. non produce traffico, come parimenti spenta, tra le 1,31 e le 5,30, risulta l'utenza di Ma.Em.: quando, dopo le 5,30, i due numeri sono riattivati, agganciano celle compatibili con il percorso in entrata verso T, dalla periferia in direzione del centro città (celle di V, P, R, V, V), fino a che, alle 6.33 del 9 giugno, l'utenza di Ma.Em. attiva la cella di piazza (Omissis), in T, che copre la zona di strada (Omissis), dove sono ospiti La.Me. e Dr.Al., orario in cui l'utenza di La.Me. aggancia celle attive in quella zona. La Corte di assise dichiara Ma.Em. responsabile del reato di cui al capo 1), riqualificandolo come rapina impropria tentata, sul rilievo della mancata asportazione di beni dall'abitazione di via Campetto. Il colpo mortale d'arma da fuoco si rivela strumentale ad ottenere l'impunità, per essere gli imputati stati scoperti in conseguenza dell'attivazione dell'impianto sonoro: la condotta integra il contestato delitto di omicidio volontario di cui al capo 2), alla luce del mezzo impiegato e della zona attinta, aggravato, tra l'altro, dal nesso teleologico. È affermata la sua responsabilità per il reato di cui al capo 3), in relazione alla detenzione e al porto di una pistola calibro 22, arma comune da sparo, utilizzata nell'offesa mortale ed altresì affermata la responsabilità per i reati di cui ai capi 4), 5). La Corte ritiene provato che La.Me. abbia concorso nei reati di rapina tentata e di omicidio con Ma.Em., in compagnia del quale si è trovato sul luogo e al momento dei fatti, osservando che le dichiarazioni dello stesso Ma.Em., secondo cui il coimputato non sarebbe stato coinvolto nei fatti, si spiegano con il ruolo di autista di La.Me., stazionato, come palo , all'esterno dell'abitazione, aggiungendo che egli può avere negato il coinvolgimento di La.Me. per non allarmare Bu.Sn. il quale, la mattina del 9 giugno, di fronte alla notizia della sparatoria, chiede espressamente aMa.Em. se vi abbia partecipato anche La.Me. Ad avviso della Corte di assise, La.Me. ha fornito il proprio contributo nell'organizzazione del colpo, mediante la partecipazione ai sopralluoghi, la predisposizione dell'attrezzatura da scasso e da travisamento; alla luce delle circostanze di tempo e di luogo (ora notturna, casa di civile abitazione), la Corte ritiene altresì prevedibile la possibile reazione delle vittime e, dunque, la degenerazione del furto in rapina, quanto meno nella prospettiva di guadagnarsi la fuga. Con riferimento al delitto di cui all'articolo 575 cod. pen., la Corte di assise riconosce a La.Me. la circostanza attenuante di cui all'articolo 116 cod. pen., ravvisando l'ipotesi del ed. concorso anomalo, mentre lo assolve dal delitto di cui al capo 3). Il 28 settembre 2021, quando si dispone il fermo di Ma.Em., la sua abitazione di T è sottoposta a perquisizione. Oltre a materiale di vario genere, vengono ritrovati walkie talkie, cocaina ed un fucile, provento di furto presso l'abitazione di Ga.Wa., in R, immobile dal quale risulta essere stata altresì sottratta una pistola del medesimo calibro di quella che ha esploso il colpo mortale ai danni del sig. Mo.Ro. In quella sede, l'analisi del telefono diMa.Em. consente di verificare la presenza di uno screenshot di Google maps della zona di P, Regione (omissis), dove si è compiuta la tragica incursione a casa (Omissis). 1.2. La Corte di assise di appello, investita dell'impugnazione sia del Pubblico ministero, sia degli imputati, per quanto di rilievo in questa sede: – respinge l'appello del Pubblico ministero, volto alla richiesta di riqualificazione del reato di cui al capo 1) quale tentata rapina propria (anziché impropria) aggravata; – respinge l'appello del Pubblico ministero, volto alla affermazione di responsabilità nei confronti di La.Me. ai sensi dell'articolo 110 cod. pen., anziché, come ritenuto dalla Corte di assise, ex articolo 116 cod. pen.; – respinge l'appello del Pubblico ministero, volto alla affermazione di responsabilità di La.Me. per il capo 3) dell'imputazione; – accoglie l'appello diMa.Em., volto all'esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., contestata e ritenuta in primo grado con riferimento al delitto di omicidio di cui al capo 2) e, per l'effetto, ridetermina la pena inflitta al medesimo in trenta anni di reclusione, eliminando la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna. Conferma nel resto la decisione, respingendo tutti i restanti motivi di appello svolti dalle difese degli imputati. 1.3. Con specifico riguardo ai motivi di impugnazione afferenti alla responsabilità degli imputati, la Corte di assise di appello, osserva quanto di seguito esposto. In primis, esclude l'eccepita nullità della sentenza di primo grado per motivazione apparente, dedotta dalla difesa di Ma.Em. sul rilievo dell'omesso deposito in atti della consulenza medico legale, svolta per incarico del Pubblico ministero sulle cause della morte di Mo.Ro. Nel richiamare l'articolo 604 cod. proc. pen., disciplinante le ipotesi tassative di declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, tra le quali neppure rientra il caso di assoluta mancanza di motivazione della sentenza, correndo obbligo per il giudice di appello di provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, alla redazione della motivazione in tesi mancante, osserva la Corte che, nel caso di specie, dato a verbale atto della acquisizione della consulenza sull'accordo delle parti, per mera dimenticanza essa non era stata materialmente allegata, ma successivamente depositata in grado di appello con conseguente utilizzabilità, essendo consentito di integrare la motivazione di primo grado, anche alla luce delle deduzioni difensive introdotte nel giudizio di appello ed altresì rilevato che, in primo grado, non erano state sollevate questioni circa le cause della morte di Mo.Ro. e non era stato sollecitato dalla difesa il deposito della relazione mancante, di cui aveva fatto richiamo il Pubblico ministero nella requisitoria scritta. I motivi di doglianza afferenti alla mancata assoluzione di Ma.Em. per i reati di cui ai capi 1), 2) sono stati ritenuti infondati, sulla base dei seguenti argomenti. La Corte di appello, premesso che la richiesta assolutoria muove dal fallace presupposto che la responsabilità dell'imputato sia stata ritenuta sulla base di soli elementi indiziari, ciò che non risponde al vero alla luce del contenuto delle dichiarazioni del testimone Bu.Sn., stigmatizza il tentativo della difesa di procedere ad una lettura atomistica anche degli elementi indiziari, gravi, precisi e concordanti ed inseriti logicamente nella composita trama probatoria. In riferimento al tema delle risultanze delle celle telefoniche agganciate la sera dei fatti, la Corte evidenzia, a fronte delle indicazioni fornite dal consulente del pubblico ministero, come sia chiara, sulla base di una pluralità di dati, la dinamica degli spostamenti e, più in generale, la collocazione delle utenze interessate. In linea con le indicazioni del consulente tecnico, la Corte territoriale osserva che la lettura di tali dati deve essere effettuata, connettendo l'intera pluralità di eventi telefonici e che, nel caso di specie, la ricostruzione è avvenuta sulla base di più elementi correlati, partendo dalla circostanza che l'utenza in uso a Ma.Em. ha agganciato per tredici giorni consecutivi celle compatibili con l'abitazione dei (Omissis), mentre, dal giorno seguente i fatti, tale sequenza si è interrotta e che, nella giornata del 9 giugno, Ma.Em. ha provveduto alla sostituzione del telefono fino a quel momento utilizzato (pag. 75 della sentenza). Si sofferma, altresì (pag. 61 della sentenza) sullo scarso rilievo della incompleta consegna, da parte di Wind, delle mappe di copertura o della inesattezza di alcune di esse, riguardanti la giornata precedente ai fatti, diffondendosi in ordine agli ulteriori dati, relativi all'avvenuto spegnimento del telefono nella fascia oraria coincidente con la commissione dell'omicidio (ore 1,31–5,34 del 9 giugno 2021) e confutando i rilievi difensivi in ordine ai meccanismi che presiedono le dinamiche di aggancio delle celle telefoniche, allorquando un apparecchio è nuovamente acceso (pag. 62 della sentenza). Evidenzia la natura congetturale della spiegazione alternativa – smentita dal contenuto dei messaggi intercorsi tra Ma.Em. e Bu.Sn. – che pretende di attribuire la sostituzione del telefono dell'imputato ad esigenze connesse all'attività criminosa dell'imputato non collegata, però, all'omicidio del sig. Mo.Ro. Ancora, la Corte di appello rammenta la presenza, all'interno della memoria del telefono marca Oppo, in cui era stata inserita la sim card 350.91.32.767 – entrambi acquistati da Bu.Sn. nel pomeriggio del 9 giugno, consegnati a Ma.Em. e dallo stesso utilizzati continuativamente, a partire dal 9 giugno, fino alla data del sequestro – di screenshot di Google Maps relativi alla regione (omissis), nei pressi dell'abitazione della famiglia (Omissis). Parimenti, procede ad esaminare le censure relative alla attendibilità del teste Bu.Sn., nel dettaglio confutate (pagg. 65, 66, 75 della sentenza), sottolineando, come la lettura proposta dalla difesa si riveli, ancora una volta, viziata dal tentativo di atomizzare i dati e sia inficiata dall'omessa valutazione del contenuto univoco dei messaggi inviati, fin dalla prime ore del 9 giugno, da Ma.Em. a Bu.Sn., dal tenore univoco della testimonianza di Bu.Sn. in incidente probatorio, il quale aveva riferito:  Ma.Em. mi ha detto che ieri sera è successo un casino per proteggere sparato…mi ha detto che guarda Rosh è successa una cosa grave, poi mi ha spiegato e mi ha fatto ho fatti per proteggere e ho sparato … . Indicative della responsabilità di Ma.Em. sono state valutate – anche nell'ambito della sentenza di appello – le dichiarazioni testimoniali di Dr.Al., la quale, avendo saputo dal fidanzato di quanto era accaduto, ha individuato nel medesimo Ma.Em. l'autore dello sparo (pagg. 69, 70 della sentenza). La Corte di assise di appello, accogliendo il relativo motivo, ha escluso la circostanza aggravante del nesso teleologico, contestata e ritenuta, in primo grado, in riferimento al delitto di omicidio volontario, richiamando e aderendo all'orientamento, espresso da Sez. 1, n. 33117 del 11/05/2022, Scancarello, Rv. 283507–01; Sez. 1, n. 37070 del 04/04/2023, Magno, Rv. 285247–01; Sez. 1, n. 51457 del 21/06/2017, P.G. in proc. Tqglio, Rv. 271593–01; Sez. 1, n. 42371 del 16/11/2006, P.G. in proc. Timis. Secondo la tesi condivisa dalla Corte territoriale, nel caso di omicidio commesso immediatamente dopo l'impossessamento o successivamente al tentativo di impossessamento (rapina impropria consumata o tentata) ed al fine di assicurarsi l'impunità, sarebbero in parte coincidenti, non soltanto le modalità commissive (la violenza) dell'azione, ma soprattutto il finalismo dell'azione stessa (violenza per assicurarsi l'impunità), aspetto che finirebbe per essere incriminato due volte, una prima, quale elemento costitutivo della rapina, una seconda, in termini di aggravante dell'omicidio. All'esito dell'esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 61, comma 1, n. 2 cod. pen., la pena è stata rideterminata come sopra indicato. Con riferimento alla posizione di La.Me., sono stati ritenuti infondati i motivi afferenti alla richiesta di assoluzione, avanzati con l'appello della difesa. La Corte, condividendo il giudizio di attendibilità della teste Dr.Al. formulato in primo grado, con riferimento alla spiegazione fornita dalla teste al silenzio serbato, in sede di sommarie informazioni, sullo sparo ai danni di Mo.Ro., osserva che tale lacuna non può considerarsi dirimente, poiché, in quella iniziale fase, a buon titolo ella poteva temere il proprio coinvolgimento nella vicenda: in proposito, la Corte richiama (pag. 79 della sentenza) la precisazione formulata, in sede di esame, dal suo difensore, il quale aveva sentito la necessità di spiegare alla testimone:  Guardi che essere fidanzati non vuol dire essere…come dire…coinvolta in certi episodi . La Corte, ai fini dell'esclusione dell'intento calunniatorio ventilato della difesa, aggiunge che Dr.Al., coattivamente accompagnata davanti alla Corte di assise, aveva cercato di resistere all'escussione dibattimentale, per rendere, infine, una narrazione progressiva dei fatti, incompatibile con finalità di calunniare (pagg. 81–86 della sentenza). In punto attendibilità della teste Dr.Al., si osserva che essa è confermata da una serie di elementi: – dalla presenza a T di La.Me. nei soli giorni precedenti ai fatti, dal rientro in C dopo il tragico episodio, dalla collocazione di La.Me. e Dr.Al. presso l'alloggio di T, strada (Omissis), messo loro a disposizione da Ma.Em. e affittato da Bu.Sn.; – dal contenuto delle conversazioni tra La.Me. e Dr.Al., nei giorni precedenti i fatti, relative ai movimenti dell'uomo e al suo ruolo di autista; – dalle risultanze dei tabulati dell'utenza telefonica di La.Me., da cui emerge la sua presenza, la notte dell'operazione delittuosa, in prossimità del luogo dei fatti e dal percorso parallelo rispetto a quello risultante dai tabulati dell'utenza di Ma.Em.. La Corte si diffonde, altresì (pag. 88 della sentenza), sul fatto che non vi sia alcuna evidenza della cessione del telefono da La.Me. a terze persone. In proposito, dettaglia (pagg. 88–90 della sentenza) le vicende relative alle utenze in uso a La.Me., di cui era risultata la continuativa disponibilità – utenze con finale 304 e 782 – nella prima decade del mese di giugno e definisce  meramente congetturale  la tesi difensiva che pretende, in riferimento alla notte tra l'8 e il 9 giugno, che La.Me. avesse dato il proprio telefono in prestito, rientrandone in possesso la mattina del 9 giugno, anche alla luce dell'ulteriore elemento, indicativo del fatto che le celle agganciate quella notte da 304 e 782 risultano coincidenti rispetto a quelle agganciate nei momenti precedenti, in cui non è contestato che il telefono fosse nelle mani dello stesso. Come affronta, infine, il tema del tentativo di contattare, la sera dell'8 giugno, alcune prostitute, richiamando, sul punto la decisione di primo grado, laddove precisa, tra l'altro, che l'orario delle telefonate, di tre ore anteriore ai fatti (pag. 90 della sentenza) non inficia in alcun modo la ricostruzione del prosieguo della serata; con riguardo, infine, alla mancata dismissione, nell'immediatezza, delle due utenze, la Corte precisa che La.Me. non ne risultava intestatario, sicché l'urgenza di disfarsene appariva per lui meno pressante. Ciò premesso, anche con riguardo alla posizione di La.Me., la Corte accoglie il motivo di ricorso relativo alla esclusione della circostanza aggravante del nesso teleologico, richiamando le considerazioni sopra esposte e rilevando, con precipuo riferimento alla posizione dello stesso, l'incompatibilità di tale circostanza con l'ipotesi di concorso ed. anomalo (pag. 91 della sentenza). 2. Avverso la sentenza della Corte di assise di appello ha interposto ricorso per cassazione l'Avvocato generale presso la Corte di appello di Torino, articolando le seguenti censure. 2.1. Violazione articolo 606 lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen., in relazione all'articolo 628, comma secondo, cod. pen., essendo la Corte di assise di appello incorsa in erronea applicazione della legge penale, laddove ha escluso la sussistenza della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., richiamata all'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen., e, per l'effetto, ha ridotto la pena per il delitto di omicidio, sostituendo l'ergastolo con la reclusione. Il ricorrente, premesso di non contestare la ricostruzione dei fatti operata nei due gradi di giudizio e la riqualificazione del reato di cui al capo 1) quale tentata rapina impropria, evidenzia la non rispondenza al dettato normativo dell'esclusione dell'applicabilità dell'aggravante del nesso teleologico tra la condotta omicidiaria, ritenuta sussistente ed attribuita, pur a diverso titolo, ad entrambi gli imputati, e la fattispecie di tentata rapina impropria. L'Avvocato generale registra la sussistenza di contrasto, in seno alla giurisprudenza di legittimità, circa la compatibilità della circostanza aggravante del nesso teleologico, che rende il delitto di omicidio punibile con l'ergastolo, rispetto al delitto di rapina impropria, tratteggiandone i contorni, così sintetizzati. Secondo l'indirizzo ritenuto maggioritario (Sez. 1, n. 46869 del 25/05/2022, Ursan, Rv. 284038–01; Sez. 1, n. 21458 del 2019, Jakimi, Rv. 276543–01; Sez. 1, n. 36901 del 2011, Kennedy, Rv. 251124–01; Sez. 1, n. 18116 del 2017, Sechi, Rv. 270703–01), la violenza omicidiaria risulta esorbitante rispetto alla violenza idonea ad integrare il delitto di rapina impropria, sicché non si pone alcuna incompatibilità tra rapina impropria ed aggravante teleologica, ove la violenza – pacificamente integrante l'autonomo delitto di omicidio – sia trasmodata nell'omicidio della vittima. Evoca il ricorrente la presenza di diverso orientamento giurisprudenziale che si attesta, invece, sulla incompatibilità della circostanza aggravante teleologica rispetto alla condotta violenta – omicidio, lesioni – commessa in occasione della rapina impropria, affermando che la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, resterebbe assorbita  nel delitto, per il principio di specialità, attesa la coincidenza tra le fattispecie della modalità commissiva dell'uso della violenza e dell'elemento di avere agito allo scopo di assicurarsi il profitto del reato o l'impunità  (Sez. 1, n. 33117 del 11/05/2022, Scancarello, Rv. 283507–01). In proposito, osserva che il richiamo al principio di specialità, da un lato, non sarebbe condivisibile, dall'altro, se applicato secondo i principi generali dell'ordinamento penale, non dovrebbe comPo.re l'assorbimento del fatto più grave nella disposizione che prevede il trattamento sanzionatorio più lieve. E, segnatamente, nel caso di specie non si tratterebbe di applicare il principio di specialità tra una disposizione generale e una speciale, posto che la violenza (o la minaccia, a tale fine sufficiente) impiegata immediatamente dopo l'impossessamento o il tentativo di esso, è altro rispetto alla condotta violenta che determina la morte della vittima, la prima, lesiva del bene giuridico patrimoniale, la seconda, della vita. In tale prospettiva, si comprenderebbero le decisioni che fanno riferimento al profilo dell'esorbitanza, allo scopo di dare conto della impossibilità di inserire la violenza omicidiaria all'interno del perimetro, più limitato, della violenza predatoria. In altra prospettiva, il ricorrente rileva l'anomalia che si annida nel ritenere assorbito un elemento, pur se accidentale, della fattispecie più grave (omicidio), nell'ambito del reato meno grave (rapina impropria), osservando che l'operatività del principio del ne bis in idem sostanziale, ed i connessi principi generali, imporrebbero di applicare la sola previsione più grave. Il ricorso segnala, sotto tale profilo, che, laddove il legislatore intenda evitare ridondanze sanzionatorie, prevede – come si evince, per esempio, dalla disposizione di cui all'articolo 63, comma secondo, cod. pen. – l'applicazione della sola disciplina più grave. Nel caso in oggetto,  a fronte di una violenza speciale , si assisterebbe all'applicazione della fattispecie generale, valevole per condotte violente di modesta entità e per quelle di mera minaccia, con l'effetto di determinare  la riduzione ad una sanzione massima di ventiquattro anni per un reato per cui sarebbe previsto l'ergastolo , e la previsione della reclusione da cinque a dieci anni per il reato satellite di rapina, che, in assenza di violenza, sarebbe punita ai sensi dell'articolo 624–bis cod. pen., con la reclusione da quattro a sette anni. E, infine, il sistema mostrerebbe la sua totale irrazionalità posto che, così opinando, l'omicidio connesso teleologicamente a qualsiasi delitto diverso dalla rapina e aggravato ai sensi dell'articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen., sarebbe punibile con l'ergastolo, mentre la circostanza sarebbe esclusa in riferimento alla rapina impropria. Così, sarebbe punito con l'ergastolo un vagabondo che, commettendo violazione di domicilio, commetta omicidio per non essere arrestato, mentre si applicherebbe la mera reclusione nel diverso caso di rapina impropria. Effetti esegetici illogici, iniqui e forieri di intollerabili diseguaglianze, contrastanti con l'articolo 3 Cost., che pertanto impongono una diversa lettura del dato normativo. Alla luce di quanto argomentato, sul rilievo della sussistenza del contrasto ex articolo 618 cod. proc. pen. ed altresì rimarcando la particolare rilevanza della questione, posto che, nella specie, la contestazione della circostanza aggravante ha determinato effetti preclusivi sulla celebrazione del giudizio abbreviato, chiede che della decisione siano investite le Sezioni unite. 2.2. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per erronea applicazione dell'articolo 116 cod. pen. a favore di La.Me. Osserva il ricorrente che la sentenza, confermando |a decisione di primo grado e respingendo l'appello interposto dal Pubblico ministero, ha riconosciuto la diminuente di cui all'articolo 116 cod. pen. con riferimento al capo 2) dell'imputazione, nei confronti di La.Me., statuizione che sarebbe tuttavia frutto di erronea applicazione del dato normativo. Nell'affermare che La.Me. – pur non essendo raggiunta prova della sua conoscenza del porto dell'arma da parte del complice – era consapevole del possibile impiego della violenza da parte del correo, la sentenza riconosce, a ben vedere, la sussistenza del dolo eventuale in capo all'imputato, essendo noto, laddove taluno sia consapevole, conosca ed accetti l'impiego della violenza da parte di altro soggetto, che gli ulteriori sviluppi della dinamica fattuale si pongono al di fuori dal controllo del concorrente, il quale non può dirsi certo del grado di gravità che assumerà la condotta violenta, così accettandone l'epilogo più grave. Segnala, infine, la sussistenza del vizio di violazione di legge anche sotto il profilo del contestuale riconoscimento della continuazione e della diminuente di cui all'articolo 116 cod. pen., istituti in rapporto di reciproca incompatibilità, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Sez. 1, n. 25445 del 22/03/2024, Velluso, Rv. 286596–01). Il ricorrente osserva che, nel caso di specie, alla luce della pacifica accettazione, nell'ambito del medesimo disegno criminoso, dell'eventualità dell'uso di forza fisica da parte del correo, sarebbe corretto il riconoscimento della continuazione tra i delitti di omicidio volontario e rapina impropria tentata, dovendosi invece escludere la diminuente ex articolo 116 cod. pen. In tale prospettiva, evidenzia come  nel presente processo si giunga ad un risultato paradossale, riconoscendo a La.Me. la diminuente di cui all'articolo 116 cod. pen., sulla base della affermata distinzione quantitativa e qualitativa della violenza di rapina rispetto a quella omicidiaria, negandosi invece tale distinzione nell'escludere l'aggravante di cui all'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen. in capo a Ma.Em. . 3. Interpone ricorso la difesa di Ma.Em., deducendo le esposte censure. 3.1. Violazione articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all'articolo 438, comma 6–ter, 442 cod. proc. pen., articolo 24 Cost. Lamenta che la Corte di appello, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., richiamata dall'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen., abbia omesso di operare la riduzione di un terzo per il rito abbreviato, che avrebbe dovuto conseguire alla luce della proposizione dell'istanza di abbreviato, dichiarata inammissibile all'udienza preliminare del 14 settembre 2022,  non essendo consentita dai limiti di pena previsti  ai sensi dell'articolo 438, comma 1-bis, cod. proc. pen. La Corte di appello, esclusa l'aggravante comportante la pena dell'ergastolo, ha rideterminato la pena nella reclusione di anni trenta, ma ha omesso di operare la riduzione, dovuta, ad avviso del ricorrente, in seguito alla sopravvenuta ammissibilità del rito alternativo, sul rilievo che, ai sensi dell'articolo 438, comma 6-ter, cod. proc. pen.,  …il giudice, se, all'esito del dibattimento, ritiene che per il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato, applica la riduzione… , disposizione che disciplina il caso in cui all'esito del dibattimento, anche di appello, sia esclusa una circostanza aggravante inesattamente contestata o ritenuta insussistente (Sez. 1, n. 35808 del 06/06/2023, Agache, Rv. 285325–01; Sez. 1, n. 26020 del 07/03/2023, Musli, Rv. 284931–01), dovendo essere garantito il recupero dei vantaggi del rito sul piano sanzionatorio. Nella fattispecie, preso atto della proposizione di istanza di giudizio abbreviato, dichiarata inammissibile dal giudice a causa del superamento del limite di pena, la Corte di assise di appello avrebbe dovuto disporre, per effetto degli articolo 438, comma 6–ter, 442, comma 2, cod. proc. pen., la riduzione postuma della pena, la cui omessa applicazione integra violazione della legge processuale. 3.2. Violazione articolo 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla motivazione meramente apparente in ordine alla censura difensiva relativa al vizio argomentativo della sentenza, stante l'omesso deposito della consulenza medico legale nel giudizio di primo grado. La Corte di assise di appello, ritenuta infondata l'eccezione di nullità della sentenza per motivazione apparente, a fronte dell'omesso deposito della consulenza medico-legale, ha dato conto della lacuna motivazionale, provvedendo alla relativa integrazione, alla luce dell'avvenuto deposito, in appello, della consulenza medico legale medesima, Si tratta dell'elaborato relativo alla ricostruzione delle cause della morte di Mo.Ro., consulenza svoltasi davanti alla Corte di assise, che avrebbe dovuto essere acquisita in quella sede e che non era stata prodotta per mero errore materiale: ad avviso del ricorrente, la sentenza di appello non avrebbe adeguatamente superato la doglianza relativa alla apparenza della motivazione e della conseguente nullità della sentenza di primo grado, che aveva statuito la responsabilità dell'imputato anche sulla base di un atto istruttorio non esistente nel fascicolo e sarebbe a sua volta inficiata da analogo vizio. 3.3. Violazione articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale di cui agli articolo 628, comma secondo, nn. 1, 3–bis, 575, 576, comma 1, n. 1 cod. pen., nella parte in cui la Corte di assise di appello ha ritenuto provate le condotte contestate a Ma.Em., nonché, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per travisamento della prova. Con riferimento al vizio di travisamento della prova – di cui il ricorrente assume l'avvenuta censura davanti alla Corte di appello – la denunciata contraddittorietà motivazionale, tradottasi nel contrasto tra le argomentazioni in fatto e le risultanze istruttorie, riguarderebbe, ad avviso della difesa, tre aspetti: le risultanze delle celle telefoniche, l'incompletezza delle mappe di copertura consegnate dai gestori Wind e la loro inesattezza, io spegnimento del telefono, tra le 1.31.30 e le 5.34 del 9 giugno e la cella riagganciata all'atto dell'accensione del dispositivo. a. Risultanze delle celle agganciate la sera dei fatti: si lamenta che la Corte di appello abbia omesso di confrontarsi con il dato della rilevazione sperimentale della copertura delle celle telefoniche della zona d'interesse, travisando l'elemento della cd. triangolazione delle celle medesime, alla luce delle indicazioni fornite dall'attività del consulente, ing. Po., il quale ha spiegato il modus procedendi seguito, considerate le variabili circa la cella che l'apparecchio va ad agganciare, anche secondo la tipologia di telefono in uso. Sarebbe stato travisato il dato, laddove la Corte di appello ha affermato che, grazie alla triangolazione, le celle consentivano di ricollocare la presenza di Ma.Em. all'interno dell'area dell'evento delittuoso, senza considerare, tuttavia, che quei dati potevano non essere dotati della necessaria certezza e trascurando (pag. 18 del ricorso) che le celle maggiormente colpite non risultavano compatibili con il luogo dei fatti in ragione dell'eccessiva distanza da esso. E ciò, a maggior ragione, ove si consideri la mancata produzione, da parte di Wind, di tutte le mappe di copertura della zona. b.  Incompletezza delle mappe di copertura consegnate dai gestori Wind e loro inesattezza: si censura la mancata completezza delle mappe di copertura Wind e la relativa inesattezza, premesso che la Corte ha omesso di tenere in conto che, nottetempo, alcune celle vengono spente dai gestori, con la conseguente necessità di cautela a fronte della maggior ampiezza delle zone di copertura delle altre celle, con raggio fino a circa 30 km. in ambito extraurbano, dove si sono svolti i fatti. Ulteriori conseguenze deriverebbero, in ottica difensiva, dalla mancata o erronea fornitura di tutte le mappe di copertura Wind (pag. 19 del ricorso). c. spegnimento del telefono di Ma.Em., tra le 1.31.30 e le 5.34 del 9 giugno e cella riagganciata all'accensione: l'analisi effettuata sul punto dalla Corte di appello sarebbe viziata,  al fine di elidere la possibilità che l'utenza dell'imputato avesse agganciato, prima dello spegnimento, una radiobase distante dal luogo dei fatti  – così, testualmente – ma non si sarebbe avveduta che lo spegnimento era stato improvviso, impedendo al terminale di inviare alla rete l'informazione di regolare spegnimento e così introducendo un orario spurio, che era poi stato associato alla srb collocata nel Comune di T. L'analisi dell'ing. Po. in riferimento al coimputato La.Me. era stata erroneamente associata allo spegnimento del telefono di Ma.Em., così determinando il denunciato vizio di travisamento (pagg. 21, 22 del ricorso). In margine alle dichiarazioni del teste Fa., si censura l'osservazione della Corte di assise di appello, secondo cui il fatto che il cellulare di Ma.Em. si fosse collegato ad una rete wi–fi potesse ragionevolmente escludersi,  non risultando che Ma.Em. disponesse di abitazioni nella zona , senza motivare circa le altre possibili cause individuate al riguardo da Fa. ed incorrendo, quindi, nel vizio di travisamento della prova. 3.4. Illogicità e manifesta contraddittorietà della motivazione ex articolo 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in ordine alla ritenuta credibilità del teste Bu.Sn. e circa i riscontri esterni alla sua deposizione. Ad avviso del ricorrente – che riporta interi passi della decisione censurata –, sarebbe illogica e tautologica la affermazione per cui, intercorrendo un rapporto di confidenza tra imputato e Bu.Sn., le sue dichiarazioni dovrebbero essere ritenute attendibili. Non sarebbe, d'altronde, neppure corretto fare discendere la attendibilità di Bu.Sn. dalle dichiarazioni captate nel corso dei colloqui in carcere, in quanto – sostiene la difesa – non corrisponderebbe al vero che Bu.Sn. aveva preso le distanze dall'imputato,  considerato che lo avrebbe comprato a Ma.Em. un telefono e una sim successivamente al fatto  e quindi, sembra di intuire, non potrebbe dirsi che s'erano interrotti i rapporti amicali. Sotto altro profilo, il ragionamento della Corte di appello sarebbe viziato nel richiamare la testimonianza della teste Dr.Al. quale riscontro esterno di quella di Bu.Sn., posto che la valutazione di attendibilità della ragazza è stata condotta in riferimento all'imputato La.Me., la cui posizione non è sovrapponibile a quella di Ma.Em.. La Corte, nonostante abbia ritenuto in alcuni passaggi non verosimile la testimonianza di Dr.Al., non ha invece avuto dubbi circa la sua attendibilità in merito al fatto che l'ex fidanzato le aveva narrato che Ma.Em. aveva sparato, che lo aveva raccontato nell'immediatezza dei fatti e che subito aveva deciso di lasciare T. Avrebbe omesso, inoltre, di considerare che Dr.Al. aveva indicato presenti ai fatti Ma.Em., La.Me. e pure Bu.Sn., circostanza che determinerebbe, alla luce di tale elemento, l'illogicità della motivazione, atteso che Bu.Sn. non aveva preso parte all'azione. 3.5. Erronea applicazione della legge penale, ex articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento agli articolo 575 cod. pen. e, sotto altro profilo, violazione articolo 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per la manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine alla prova dell'elemento soggettivo del reato di omicidio. Si lamenta che la Corte territoriale abbia respinto i| motivo di doglianza circa la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di omicidio, contestando che il consulente medico–legale (pagg. 27, 28 del ricorso) avrebbe affermato che la vittima, nel momento dello sparo a lei fatale, si trovasse a terra. In definitiva, la Corte sarebbe incorsa in contraddizione, perché il consulente non avrebbe mai sostenuto che il sig. Mo.Ro. era stato colpito quando era a terra, sia perché avrebbe evidenziato la presenza di lesioni dq colluttazione. 3.6. Violazione della legge penale, ex articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento all'articolo 61 n. 5 cod. pen., anche sotto il profilo della apparenza della motivazione (articolo 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.). Ci si duole che la Corte di appello abbia respinto il motivo relativo all'esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 n. 5 cod. pen., invocando il dictum delle Sez. U, Cardellini, che, pur nell'affermare che, a tale fine, è sufficiente Ig commissione del reato in orario notturno, richiede però sia stata raggiunta la prova che la possibilità di pubblica o privata difesa ne sia in concreto ostacolata e che non ricorrano circostanze che elidano tale effetto deprivante. E ciò, alla luce del fatto che la sig. Ma.La. aveva invocato l'aiuto dei vicini, successivamente intervenuti, dato non irrilevante ai fini che si discutono. 4. Ha interposto ricorso per cassazione la difesa di La.Me., articolando i seguenti motivi di doglianza. 4.1. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli articolo 192, 530 cod. proc. pen., norme di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. La difesa premette che il Tribunale riesame di Torino aveva annullato l'ordinanza cautelare nei confronti dello stesso La.Me., alla luce del quadro indiziario, ritenuto in quella fase deficitario: assume la difesa che, anche all'esito della consulenza dell'ing. Po., non sarebbe possibile ottenere prova della esatta localizzazione dell'utenza telefonica di La.Me., per cui la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore nell'affermare che, accanto alle dichiarazioni di Dr.Al., deponevano a carico dell'imputato le risultanze della consulenza dell'ing. Po.. In altra prospettiva, non sarebbe condivisibile il giudizio di attendibilità formulato dal primo giudice e ribadito dalla Corte di appello della teste Dr.Al., considerato che, alla luce dei principi giurisprudenziali in tema, il narrato non risponderebbe ai tre crismi di logicità e coerenza interna, di assenza di contraddizioni, di assenza di contrasto con altre testimonianze, parimenti attendibili o rispetto ad altri elementi, tratti aliunde, ed aventi il carattere della certezza. E tali considerazioni troverebbero fondamento sulle seguenti circostanze: – le dichiarazioni della teste sono emerse solo in istruttoria dibattimentale, avendo la Corte di appello ritenuta scarsamente credibile, come ella ha provato a sostenere, che durante le indagini aveva già riferito tali circostanze, non trasfuse nel verbale dei Carabinieri. Ciò nonostante, la Corte territoriale ha ribadito il giudizio di positiva attendibilità di Dr.Al., ipotizzando che, al momento delle indagini, la donna sia stata parzialmente reticente per timore di un proprio coinvolgimento nel procedimento, argomento che, secondo la difesa, appare congetturale e inidoneo rispetto alla valutazione di una prova a carico, a tale punto decisiva. Sotto altro profilo, secondo il ricorrente, non sarebbe perspicua la considerazione della Corte, alla luce della circostanza che la relazione sentimentale tra Dr.Al. e La.Me. era stata interrotta da qualche tempo. La motivazione apparirebbe altresì contraddittoria, laddove, dando conto della linearità delle dichiarazioni rese dalla teste in dibattimento, che spontaneamente, come se fosse stata convinta di avere già riferito tale circostanza, aveva introdotto la confidenza ricevuta da La.Me. circa la sparatoria, sarebbe incompatibile con il ragionamento induttivo svolto dalla Corte, laddove ha osservato che ella aveva inizialmente taciuto per timore di un proprio coinvolgimento nelle indagini o a causa del legame sentimentale che ancora l'avrebbe unita a La.Me. Sotto altro profilo, la narrazione di Dr.Al. presenterebbe alcune difformità rispetto alle sommarie informazioni, tali da inficiarne la credibilità: – aveva inizialmente negato di conoscere il fratello di La.Me., per poi ammettere tale conoscenza; – aveva inizialmente detto che il viaggio da S a T era avvenuto in treno, mentre, in dibattimento, aveva parlato dell'uso dell'auto; – aveva riferito che, al rientro da T, si era trasferita all'estero, mentre, in dibattimento, è emerso che il trasferimento non era stato immediato, essendo avvenuto circa un mese dopo un periodo trascorso a M, presso un amico; – aveva collocato Bu.Sn. sul luogo dei fatti, presenza già esclusa in fase di indagini. Orbene, Bu.Sn. – che, nell'assunto difensivo, smentirebbe quanto narrato da Dr.Al. – dà conto di essere stato cercato per telefono da Ma.Em. per necessità di un incontro, la mattina del 9 giugno e descrive il successivo appuntamento in T, piazza (Omissis), cui partecipa insieme a Ma.Em., La.Me. e Dr.Al., sostenendo il ricorrente che le dichiarazioni di Bu.Sn. sarebbero valevoli a scagionare La.Me., in quanto, per suo tramite, era emerso che Ma.Em., riferendogli che La.Me. era rimasto all'esterno dell'abitazione, aveva escluso che costui fosse coinvolto nei fatti. Sul punto, la motivazione della Corte di appello sarebbe congetturale, finendo per sminuire la Po.ta delle dichiarazioni di Bu.Sn., laddove il giudice attribuisce la percezione di estraneità al ruolo di palo svolto da La.Me. Per quanto riguarda i tabulati, le motivazioni a supporto del rigetto delle censure introdotte dalla difensa in appello non sarebbero idonee a fondare, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità di La.Me. La difesa ricorrente contesta le risultanze dei tabulati e delle celle agganciate dalla utenza in uso a La.Me., sia nella fase preparatoria, sia in quella esecutiva, anche alla luce della genericità dei dati offerti da tale strumento cognitivo circa la posizione dell'apparecchio relativo all'utenza finale 782 , che, a dire del difensore, non avrebbe mai agganciato celle esattamente corrispondenti all'abitazione della vittima, né immediatamente prossime alla casa dei signori (Omissis) e, in ogni caso, presentandosi l'area di copertura delle celle così ampia, non permetterebbe di determinare l'esatta posizione dell'utente. Estromesse dall'impianto motivazionale le dichiarazioni della teste Dr.Al., di cui si evoca l'inattendibilità, che sarebbero smentite da altre evidenze probatorie, la motivazione apparirebbe lacunosa e insuscettibile di argomentare la presenza di La.Me. nel contesto dei fatti criminosi – anche a considerare le risultanze relative alle celle agganciate – per cui la Corte avrebbe dovuto giungere a diversa conclusione. 4.2. In subordine, si lamenta violazione articolo 606 lett. b), e), per erronea applicazione della legge penale con riferimento articolo 62–bis, 133 cod. pen., anche sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione. La censura si appunta sulla valorizzazione, ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, della mancata resipiscenza del ricorrente, significando che la motivazione, nell'argomentare in tale prospettiva, finisce col gravare l'imputato della scelta legittima di restare in silenzio nel processo. La Corte di appello sarebbe incorsa in lacuna motivazionale anche sotto il profilo della irrogazione della pena, soprattutto relativamente all'aumento a titolo di continuazione per il delitto di rapina tentata, così violando, tra l'altro, l'articolo 27 Cost. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni unite per la risoluzione del contrasto, delineatosi nella giurisprudenza di questa Corte, in tema di ravvisabilità della circostanza aggravante del nesso teleologico con riferimento al delitto di omicidio, nel caso in cui esso concorra con quello di rapina impropria. 1.1. Con il primo motivo di ricorso, l'Avvocato generale censura la decisione della Corte di Assise di appello, nella parte in cui ha escluso la circostanza aggravante di cui all'articolo 576, comma primo, n. 1, in relazione all'articolo 61 n. 2 cod. pen., lamentando, al riguardo, violazione articolo 606 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen., relativamente all'articolo 628, comma secondo, cod. pen. Il ricorrente prospetta l'erronea applicazione della legge penale per effetto dell'esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., richiamata all'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen., cui è conseguita, sotto il profilo sanzionatorio, la sostituzione dell'ergastolo, irrogato in primo grado, con la pena detentiva della reclusione pari a trenta anni. 1.2. In altra prospettiva, la sentenza è stata impugnata dalla difesa dell'imputato Ma.Em. che, alla luce dell'intervenuta esclusione, all'esito del giudizio di appello, dell'aggravante del nesso teleologico, ostativa, ai sensi dell'articolo 438, comma 1-bis, all'ammissibilità del rito abbreviato, lamenta la mancata applicazione, in sentenza, della riduzione prevista dall'articolo 442, comma 2, cod. proc. pen. Argomenta la difesa a sostegno della censura che, per effetto dell'articolo 438, comma 6–ter, cod. proc. pen., esclusa tale aggravante, avrebbe dovuto essere apportata la conseguente riduzione sanzionatoria, imponendosi il recupero dell'operazione se,  all'esito del dibattimento il giudice ritiene che per il fatto sia ammissibile il giudizio abbreviato… , anche nell'eventualità che sia statuita, in appello, l'esclusione dell'aggravante originante l'inammissibilità del rito alternativo. 2. A fronte del premesso quadro, si rivela prioritaria la questione relativa alla sussistenza della circostanza aggravante del nesso teleologico di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., richiamato dall'articolo 576, comma primo, n. 1 cod. pen., nel caso in cui, nel contesto della commissione della rapina impropria, l'agente commetta l'omicidio della vittima o, più in generale, tenga una condotta violenta che, superando la soglia delle percosse, configuri un autonomo delitto, sia esso di lesioni, di tentato omicidio, di omicidio. 3. Coesistono due contrapposti filoni giurisprudenziali che già ebbero ad essere segnalati con Relazione su contrasto dell'Ufficio del massimario n. 71 del 13/12/2019. In quella sede, muovendo da Sez. 2, n. 21458 del 16/05/2016, Jakimi, Rv. 276543, vien fatto evidenziare che l'orientamento favorevole alla compatibilità, qualora la rapina impropria concorra con il delitto di lesioni, della circostanza aggravante cd. teleologica in riferimento alle lesioni, si appunta, in primis, sulla qualità e sull'intensità della violenza che, per essere esorbitante rispetto alla misura sufficiente ad integrare il delitto di rapina impropria, giustifica, secondo la legge, autonoma valutazione ai fini dell'integrazione delle lesioni. In questa prospettiva, il delitto di rapina impropria, pur condividendo con il delitto di lesioni l'elemento della violenza, non produce alcuna conseguenza sul secondo, restando, il comportamento lesivo dell'agente, autonomamente apprezzabile accanto alla rapina impropria, ancorché frutto della medesima condotta materiale. Ciò posto, il nesso originato dalla compresenza e dalla relazione tra le due fattispecie di reato viene individuato nelle forme di cui all'articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen., a mente del quale costituisce circostanza aggravante l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il risultato del reato ovvero la impunità, circostanza che non è in alcun modo assimilabile al rapporto, squisitamente endogeno alla rapina impropria, che intercorre tra gli elementi costitutivi di tale reato. Se ne inferisce, quale portato logico-giuridico di tale premessa, che la sussistenza della circostanza aggravante non comporta alcuna duplicazione processuale con riferimento alla valutazione della violenza realizzata successivamente alla condotta predatoria, giacché il dolo specifico di tale delitto esaurisce la sua funzione all'interno del delitto di rapina impropria, mentre l'aggravante teleologica di cui all'articolo 61, comma primo, n. 2, cod. pen. svolge una funzione esterna alla rapina, connettendo due autonome fattispecie criminose, tra di loro non sovrapponibili. La questione che si agita in giurisprudenza vede contrapposti due orientamenti che, in questa sede, occorre partitamente tratteggiare. 3.1. Secondo un primo orientamento – le cui coordinate esegetiche sono state sinteticamente anticipate supra (§ 3, CONSIDERATO IN DIRITTO) – non si dà luogo ad una duplice valutazione delle condotte criminose ove, nel contesto della rapina impropria, caratterizzata da minaccia o violenza successive all'impossessamento e finalizzate a conseguire il possesso del bene sottratto o l'impunità, sia individuata la sussistenza della circostanza aggravante del nesso teleologico in relazione all'omicidio della vittima della rapina medesima. Il dato fattuale rivela come la violenza integrante l'omicidio appaia invero esorbitante rispetto a quella suscettibile di configurare la rapina, di cui è elemento costitutivo, restando assorbita nel delitto di cui all'articolo 628 cod. pen. nel solo caso in cui essa non ecceda le percosse, a mente dell'articolo 581, comma secondo, cod. pen., dovendosi escludere, di contro, il descritto assorbimento per la violenza superiore a tale standard. Nell'ipotesi in cui la condotta aggressiva trascenda il plafond delle percosse, concorreranno con la rapina, in relazione al diverso tipo di evento, oggettivamente e soggettivamente conseguente all'azione commessa, lesioni, tentato omicidio, o, infine, omicidio, delitti aggravati dal nesso teleologico, poiché la menzionata aggravante evidenzia e valorizza, traducendosi in maggior disvalore della condotta, la connessione tra due autonome fattispecie di reato che non sono sovrapponibili. In tale senso, tra le decisioni più recenti, oggetto di massimazione: Sez. 1, n. 46869 del 25/05/2022, Ursan, Rv. 284038-01, recita, in massima  In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni oggetto dell'impossessamento, abbia cagionato la morte della persona offesa, l'aggravante del nesso teleologico prevista dall'articolo 61, comma primo, n. 2, cod. pen., contestata in relazione al reato di omicidio, non è assorbita in quello di rapina, in quanto non sussiste incompatibilità giuridica tra il reato di rapina impropria e l'aggravante del nesso teleologico nel caso in cui la violenza esercitata dall'agente risulti esorbitante rispetto a quella idonea a configurare il delitto contro il patrimonio. . Il Collegio osserva, a sostegno della decisione, che  i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di compatibilità della citata circostanza con i reati di rapina e di omicidio hanno trovato la propria ragion d'essere non nelle caratteristiche specifiche della rapina nella forma impropria, quanto nell'elemento dell'esorbitanza della violenza rispetto al soddisfacimento dell'interesse di lucro perseguito. Nel caso ora in esame, i giudici di merito hanno ritenuto che la violenza esercitata dagli aggressori sia stata esorbitante rispetto a quella strettamente funzionale alla esecuzione della rapina e, di conseguenza, hanno applicato la circostanza aggravante di cui all'articolo 61, n. 2, cod. pen. . Analogo principio, sorretto da argomenti sovrapponibili, è stato affermato nel caso in cui, nell'ambito della rapina impropria, siano state procurate lesioni o sia configurabile il più grave tentato omicidio in danno della vittima. In tale senso, si è espressa Sez. 2, n. 9865 del 22/01/2021, Assegnati, Rv. 280688–01:  In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata imrr/ediatamente dopo la sottrazione dei beni, cagioni lesioni personali o sia volta a determinare la morte della persona offesa, i corrispondenti reati di lesioni e di tentato omicidio concorrono con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico ex articolo 61, primo comma, n. 2, cod. pen., che non è assorbita nella rapina, laddove la violenza esercitata dall'agente sia esorbitante rispetto a quella idonea ad integrare detto reato. . Nel percorso motivazionale, il Collegio osserva […] affinché possa ritenersi integrata la violenza di cui all'articolo 628, secondo comma, cod. pen. occorre che si configurino le percosse di cui all'articolo 581 cod. pen., in ragione del richiamo contenuto nel secondo comma della suddetta disposizione. In particolare, ivi si prevede espressamente che il delitto di percosse non va applicato quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo di un altro reato. Nell'ipotesi in cui, invece, la violenza concretamente presenti un quid pluris rispetto alle percosse, cagionando una malattia nel corpo o nella mente, si configura, accanto al delitto di rapina impropria, l'ulteriore ipotesi di cui all'articolo 582 cod. pen. I delitti di rapina e di lesione personale, così distintamente delineatisi, possono essere legati da un nesso teleologico, laddove l'uno sia realizzato per portare a compimento od occultare, ovvero per conseguire o assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l'impunità per l'altro reato. Non osta a ciò neppure la considerazione per cui in questo caso vi sarebbe una duplicazione di valutazione della sussistenza del fine di conseguire il risultato del reato o l'impunità , il che integra sia l'elemento psicologico del delitto di rapina impropria sia il contenuto dell'aggravante teleologica. Invero, non vi è alcuna duplicazione, dai momento che il dolo specifico del delitto di rapina esaurisce la sua funzione entro i confini di tale fattispecie e risiede – nel caso della rapina c.d. impropria che qui interessa – nello scopo di assicurare per sé o per altri il possesso della cosa sottratta o l'impunità mediante la realizzazione di una violenza ascrivibile alle percosse. L'aggravante teleologica, invece, lega due autonome fattispecie di reato, non sovrapponibili: commesso H delitto di rapina impropria, se la violenza trasmoda nelle lesioni personali, si configurano due fattispecie di reato, eventualmente legate dall'aggravante teleologica secondo lo schema del mezzo e del fine. Pertanto, l'intenzione rilevante ai fini della configurazione del delitto di rapina impropria non può essere sovrapposta alla ragione per cui dopo aver commesso un reato se ne realizzi un altro. . Nello stesso solco, si pone Sez. 2, n. 21458 del 05/03/2019, Jakimi, Rv. 276543–01 la cui massima recita:  In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, cagioni lesioni personali o sia volta a determinare la morte della persona offesa, i corrispondenti reati di lesioni e di tentato omicidio concorrono con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico ex articolo 61, primo comma, n. 2, cod. pen., che non è assorbita nella rapina laddove la violenza esercitata dall'agente sia esorbitante rispetto a quella idonea ad integrare detto reato. . Le due decisioni di cui si è appena dato conto sembrano legate da un fil rouge, che apprezza, sotto il profilo fattuale, il climax di intensità della violenza la quale, passando dalle percosse, assorbite nel reato complesso di rapina, giunge ad integrare il più grave delitto di lesioni, o di omicidio, tentato oppure consumato, tale da originare, accanto alla rapina, il delitto contro la persona, la cui esistenza, del tutto indipendente, implica la potenziale contestazione, con riferimento all'autonomo delitto, dell'aggravante di cui si tratta. In altre parole, come si afferma con riferimento all'ipotesi – non priva di assonanze – di concorso tra resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, posta l'insussistenza del rapporto di specialità, ciascun reato dovrà autonomamente apprezzarsi nel suo essere aggravato o meno e, di conseguenza, uno stesso elemento fattuale sarà essere considerato sotto plurimi e distinti profili, declinati secondo le diverse finalità che ne animano la rilevanza ed i differenti effetti che producono. Si osserva, in proposito, che il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, non anche gli atti che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali e, in questa ultima evenienza, l'ulteriore delitto di lesioni, stante il suo carattere autonomo, concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale. Di conseguenza, se l'atto di violenza, con il quale l'agente ha prodotto consapevolmente le lesioni, non sia fine a se stesso, ma sia posto in essere allo scopo di resistere al pubblico ufficiale, si realizza il presupposto per la sussistenza dell'aggravante della connessione teleologica (cfr., tra le molte, Sez. 6, n. 1272 del 05/12/2003, dep. 2004, Colletti, Rv. 229508–01, e, più recentemente, Sez. 5, n. 3117 del 29/11/2023, dep. 2024, D., Rv. 285846–02). Tornando alle decisioni relative al concorso tra rapina impropria e omicidio, aggravato dal nesso teleologico, Sez. 1, n. 21730 del 05/02/2019, Ruszo, Rv. 276333–01, si esprime in senso favorevole alla compatibilità della circostanza aggravante di cu| si tratta, così affermando:  In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni oggetto dell'impossessamento, abbia cagionato la morte della persona offesa, l'aggravante del nesso teleologico prevista dall'articolo 61, comma primo, n. 2, cod. pen. contestata in relazione al reato di omicidio, non è assorbita nel reato di rapina, in quanto non sussiste incompatibilità giuridica tra il reato di rapina impropria e l'aggravante del nesso teleologico laddove la violenza esercitata dall'agente risulti esorbitante rispetto a quella idonea a configurare la rapina. Analogamente, ed impiegando gli usuali argomenti a sostegno, Sez. 1, n. 18116 del 21/03/2017, Sechi, Rv. 270703–01 afferma che  In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni oggetto dell'impossessamento, abbia cagionato la morte della persona offesa, l'aggravante del nesso teleologico prevista dall'articolo 61, comma primo, n. 2, cod. pen. contestata in relazione al reato di omicidio, non è assorbita nel reato di rapina, in quanto non sussiste incompatibilità giuridica tra il reato di rapina impropria e l'aggravante del nesso teleologico laddove la violenza esercitata dall'agente risulti esorbitante rispetto a quella idonea configurare la rapina. . Si pronuncia in fattispecie relativa a concorso tra rapina impropria e lesioni, ritenendo, in analoga prospettiva, la sussistenza dell'aggravante teleologica con riferimento al delitto di cui all'articolo 582 cod. pen., Sez. 2, n. 36901 del 22/09/2011, Kennedy, Rv. 251124–01  In tema di rapina impropria, quando la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione, abbia cagionato lesioni personali, tale autonomo reato concorre con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico tra i due reati, non incompatibile con l'elemento soggettivo del delitto di rapina. . La già ricordata sentenza Jakimi, a fondamento della statuizione, opera richiamo alla sentenza Kennedy, evidenziando che  A sostegno della decisione è mutuato il principio già affermato dalla medesima sezione, Sez. 2, n. 36901 del 22/9/2011, Kennedy, Rv. 251124, secondo cui, in tema di rapina impropria, quando la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione, abbia cagionato lesioni personali, tale autonomo reato concorre con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico tra i due reati, non incompatibile con l'elemento soggettivo del delitto di rapina. In questa pronuncia si precisa che nel delitto di rapina impropria la violenza e la minaccia integrano elementi costitutivi della fattispecie insieme all'elemento oggettivo dell'impossessamento del bene e all'elemento soggettivo del dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto; in particolare, nel delitto di rapina, la violenza e la minaccia costituiscono modalità dell'impossessamento dei beni ovvero mezzi per consolidare la sottrazione già realizzata o assicurarsi l'impunità. La violenza costituisce elemento di fattispecie anche del delitto di percosse. L'articolo 581, comma secondo, cod. pen. precisa che la fattispecie penale non ricorre quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo di un altro reato. E così accade per il delitto di rapina impropria. Per conseguenza, la sussistenza di quest'ultima fattispecie esclude la ricorrenza della prima. La violenza costituisce, inoltre, elemento di fattispecie del delitto di lesione personale, ex articolo 582 cod. pen.; in tal caso, e attesa la maggiore gravità di questa figura di reato rispetto al delitto di percosse, determinandosi solo nel primo caso, e non anche nel secondo, una malattia nel corpo o nella mente, non è ripetuta una clausola del tenore dell'articolo 581, comma secondo cod. pen. Infatti, la qualità e l'intensità della violenza necessarie a determinare lesioni, in quanto esorbitanti nel fine dalla misura sufficiente per integrare il delitto di rapina impropria, ne giustificano, secondo la legge, la resistenza in una valutazione, quella appunto di lesioni, autonoma rispetto ad altre e diverse fattispecie pur integrate dall'elemento della violenza. Per quanto esposto, la sussistenza del delitto di rapina impropria, pur genericamente condividendo con il delitto di lesioni l'elemento di fattispecie della violenza, non sprigiona effetti sul secondo. A differenza del delitto di percosse, il delitto di lesioni resta autonomamente apprezzabile accanto alla rapina impropria ancorché entrambi frutto della medesima condotta materiale. Infatti, la violenza necessaria perché vi sia lesioni è di diversa e più grave intensità rispetto a quanto occorra per realizzare la rapina impropria, ossia un grado di violenza non eccedente le percosse, e non ne resta assorbita. In merito al nesso esistente tra l'acclarata compresenza delle due fattispecie di reato la decisione in esame lo individua nelle forme di cui all'articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen., secondo cui costituisce circostanza aggravante l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il risultato del reato ovvero la impunità. Tale circostanza, si afferma, non è in alcun modo assimilabile al rapporto esistente tra gli elementi costitutivi della fattispecie della rapina impropria, e pertanto la sua contestazione non comporta alcuna duplicazione processuale riguardo alla valutazione della violenza posta in essere, giacché il dolo specifico di tale delitto esaurisce la sua funzione all'interno di tale fattispecie, contenendo l'estensione della rilevanza penale dell'esercizio della minaccia o della violenza; viceversa, l'aggravante teleologica di cui all'articolo 61, comma primo, n. 2, cod. pen., svolge una funzione esterna a detto reato, legando due autonome fattispecie, tra di loro non sovrapponibili. Oltre alla decisione indicata in epigrafe, altre pronunce espressione di tale orientamento hanno riconosciuto l'aggravante del nesso teleologico nell'ipotesi di rapina impropria e omicidio (Sez. 1, n. 21730 del 5/2/2019, Ruszo Patrik, Rv. 276333; Sez. 1, n. 18116 dei 21/3/2017, Sechi, Rv. 270703) e di rapina impropria e resistenza al pubblico ufficiale (Sez. 2, n. 51576 del 4/11/2016, Di Maggio, Rv. 269502). Pare utile, inoltre, segnalare che omologo principio è stato affermato anche in relazione alle diverse fattispecie di cui agli articolo 336 (Sez. 6, n. 32703 del 17/4/2014, Bontempo, Rv. 260321) e 337 cod. pen. (Sez. 6, n. 27703 del 15/4/2008, Dallara, Rv. 240880, Sez. 2, n. 26435 del 31/5/2005, Infurna, Rv. 232004) specificando che là dove la violenza esorbiti i limiti necessari per la realizzazione dei reati citati e sia integrato l'ulteriore reato di cui all'articolo 582 cod. pen., quest'ultimo va considerato legato al primo dai nesso teleologico ex articolo 61, comma primo, n 2, cod. pen. Espressione dell'indirizzo contrario alla tesi descritta sono, invece, Sez. 1, n. 51457 dei 21/6/2017, P.G., P.C. in proc. Taglio e altro, Rv. 271593; Sez. 1, n. 42371 del 16/11/2006, P.G. in proc. Timis e altro, Rv. 235570; Sez. 1, n. 5189 del 25/5/1996, Semeraro ed altro, Rv. 204666; Sez. 1, n. 12359 del 1/6/1990, D'Aversa, Rv. 185315 in cui, in tema di omicidio conseguente a rapina impropria, si nega la configurabilità dell'aggravante teleologica di cui all'articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen. Tale opzione interpretativa si fonda sulla Considerazione per cui l'aggravante deve ritenersi esclusa in quanto assorbita nel delitto di rapina impropria, in applicazione dei principio di specialità, atteso che la volontà dell'agente di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l'impunità è già di per sé elemento costitutivo di detto delitto. Secondo tali pronunce, ritenere l'omicidio aggravato ex articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen., comporterebbe una non condivisibile duplice valutazione dell'elemento intenzionale, che rileverebbe una prima volta come elemento costitutivo del reato e una seconda come circostanza aggravante. Sarebbe pertanto maggiormente coerente con la prevalente natura soggettiva dell'aggravante teleologica, posta a censurare la maggior riprovevolezza etica e la più alta pericolosità sociale di chi agisca delittuosamente in rapporto finalistico con un ulteriore delitto, ritenere che, una volta che la volontà del soggetto di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l'impunità dalle sue conseguenze sia stata assunta come elemento costitutivo del delitto di rapina impropria, tale volontà non possa essere nuovamente valutata nella previsione sanzionatoria per il delitto di violenza contestualmente commesso. . Tra le sentenze che non sono state oggetto di massimazione, si pongono nel solco della positiva soluzione circa la configurabilità della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., rispetto al delitto di lesioni, tentato omicidio, omicidio, in concorso con la rapina impropria, Sez. 2, n. 17964 del 2023, Snopech, non mass.; Sez. 2, n. 19567 del 12/04/2022, Mereu, non mass.; Sez. 2, n. 990 del 2022, Leonardi, non mass.; Sez. 2, n. 20171 del 2021, Karis, non mass.; Sez. 1, n. 21411 del 2019, Vescovi, non mass., decisioni in cui vengono ripresi argomenti e considerazioni analoghi a quelli esplicitati nell'ambito delle pronunce massimate. 2.2. Un secondo orientamento, in consapevole contrasto con quello appena richiamato, ha invece enucleato il diverso principio secondo cui, ove alla condotta di sottrazione, strumentale alla finalità di ottenere il possesso del bene o l'impunità, faccia seguito violenza integrante lesioni, tentato omicidio oppure omicidio, non è configurabile l'aggravante del nesso teleologico in riferimento al delitto contro la persona, poiché, cosi opinando, si finirebbe per duplicare l'attribuzione della medesima condotta all'agente, la cui finalità, nell'agire con violenza per assicurarsi l'impunità o il possesso dei beni sottratti, trova apprezzamento nell'ambito del dolo specifico della rapina impropria, sia essa consumata o tentata e non dovrebbe essere oggetto, pena la violazione del divieto di duplice valutazione di uno stesso elemento fattuale, di un nuovo apprezzamento a titolo di circostanza aggravante. La decisione più recente oggetto di massimazione, Sez. 1, n. 37070 del 04/04/2023, Magno, Rv. 285247-01, afferma che  In tema di rapina impropria, ove la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, determini la morte della persona offesa, la circostanza aggravante del nesso teleologico, di cui all'articolo 61, n. 2), cod. pen., è assorbita nel delitto per il principio di specialità, attesa la coincidenza tra le fattispecie della modalità commissiva dell'uso della violenza e dell'elemento finalistico dell'aver agito allo scopo di assicurarsi il profitto del reato o l'impunità. . In motivazione, il Collegio, richiamato il precedente – Sez. 1, n. 33117, Scancarello di cui si dirà ultra –, operando distinguo tra l'ipotesi in cui la condotta violenta, autonomamente valutabile, segua la rapina propria e quella in cui, per contro, la violenza segua la rapina impropria, precisa che  l'aggravante del nesso finalistico tra omicidio e rapina va mantenuta in ipotesi di rapina 'propria', commessa immediatamente dopo l'omicidio, posto che in tal caso il delitto di omicidio si configura come reato–mezzo e viene commesso 'per eseguire' la rapina ad esso posteriore. In simile evenienza, l'unico profilo di potenziale 'assorbimento' riguarda una delle modalità commissive (la violenza, ricorrente nel caso concreto in modo ambivalente) ma ciò che rileva ai fini dell'aggravante è essenzialmente il profilo soggettivo (l'aver previamente deliberato l'omicidio a scopo di rapina) e la coincidenza di modalità commissive non è di tale entità da determinare un reale fenomeno di assorbimento dell'aggravante. Ben diverso è il caso dell'omicidio (consumato o tentato) commesso 'immediatamente dopo' l'impossessamento (rapina impropria) ed al fine di assicurarsi l'impunità. In detta seconda ipotesi ad essere in parte coincidenti (tra il reato concorrente e l'aggravante dell'omicidio) non sono solo le modalità commissive (la violenza) ma soprattutto il finalismo dell'azione (violenza per assicurarsi l'impunità), aspetto che finisce con essere incriminato – illegittimamente – due volte, la prima quale elemento costitutivo della rapina impropria, la seconda come elemento che caratterizza l'aggravante del delitto di omicidio. . Si evoca, altresì, la più risalente Sez. 1, n. 42371 del 16/11/2006, PG in proc. Timis, Rv. 235570–01, condividendone le ragioni, laddove si afferma che  coglie nel segno la censura esposta nel terzo motivo, che rettamente denunzia la violazione dell'articolo 15 c.p., dell'articolo 61 n. 2 cod. pen. e degli articolo 576 e 628 cod. pen. commessa dalla impugnata sentenza che, richiamando una recente, isolata, pronuncia di questa Corte (Cass. sent. n. 26435/05), dopo aver ricondotto la rapina commessa dal Timis alla ipotesi di cui all'articolo 628 cpv. cod. pen. (commissione della violenza per assicurarsi il possesso del denaro sottratto e l'impunità dal delitto), ha negato che l'aggravante teleologica dell'omicidio dovesse ritenersi esclusa, per l'assorbimento (della violenza alla persona, elemento costitutivo della rapina impropria) imposto dalla applicazione del principio di specialità. Il fermo indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. sentenze nn. 5189/06 – 12359/90 – 6247/89 – 10708/82), contrastato con una mera affermazione di non condivisione dalla richiamata sentenza del 2005, rende infatti operativo, in termini di inapplicabilità per assorbimento dello stesso fatto, il principio di specialità: e ciò sull'esatto assunto che nella rapina impropria l'elemento intenzionale (la volontà di recare violenza per assicurarsi il prodotto del delitto o l'impunità per esso) viene già valutato come dolo specifico nel mentre nell'omicidio aggravato ex articolo 61 n.2 cod. pen., esso verrebbe (nuovamente) valutato come circostanza aggravante. E tale indirizzo appare del tutto condivisibile là dove si articola in argomentazioni del tutto coerenti con la prevalente natura soggettiva della aggravante teleologica (posta infatti a censurare la maggior riprovevolezza etica e la più alta pericolosità sociale di chi agisca delittuosamente in rapporto finalistico con ulteriore delitto), imponendo di affermare che una volta che la volontà del soggetto (di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l'impunità dalle sue conseguenze) sia stata assunta come elemento costitutivo del delitto di rapina impropria, tale volontà non può essere nuovamente valutata nella previsione sanzionatoria per il delitto di violenza contestualmente commesso … . Risulta, a parere del Collegio, preferibile la interpretazione che valorizza la coincidenza – tra le due disposizioni in rilievo – tanto della modalità commissiva (uso di violenza) che soprattutto dei finalismo (assicurarsi l'impunità), posta la natura soggettiva dell'aggravante, che andrebbe, ove applicata, a duplicare un effetto sanzionatorio – già compreso nei delitto di rapina impropria – in modo non consentito (con bis in idem sostanziale) , osservando, infine, che il parametro dell'esorbitanza della violenza, impiegato nell'abito delle decisioni di contrario avviso, finisce per introdurre un requisito non previsto dalla disposizione che si limita ad aggravare il delitto di omicidio, ove esso sia finalizzato ad altro delitto, nesso che, nel caso in esame, si configura quale elemento costitutivo di un diverso e autonomo reato contestualmente commesso. In termini sovrapponibili e impiegando argomenti sostanzialmente omogenei a quelli richiamati, si è pronunciata Sez. 1, n. 33117 del 11/05/2022, Scancarello, Rv. 283507–01  In tema di rapina impropria, ove la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, determini la morte della persona offesa, la circostanza aggravante del nesso teleologico, di cui all'articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen., è assorbita nel delitto per il principio di specialità, attesa la coincidenza tra le fattispecie della modalità commissiva dell'uso della violenza e dell'elemento finalistico dell'aver agito allo scopo di assicurarsi il profitto del reato o l'impunità. , Sez. 1, n. 51457 del 21/06/2017, PG in proc. Taglio, Rv. 271593–01  In applicazione del principio di specialità, l'aggravante teleologica di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen. – applicabile a chi commette un delitto allo scopo di realizzarne un altro, o di occultarlo, o di assicurarsene il profitto o l'impunità – è assorbita nel delitto di rapina impropria, atteso che la volontà dell'agente di assicurarsi, con violenza sulla persona, il prodotto del bene sottratto o l'impunità è di per sé elemento costitutivo di detto delitto. (Fattispecie in tema di omicidio conseguente a rapina in danno di un vigilante portavalori). Più risalente, ma attestata sulla stessa linea esegetica, Sez. 1, n. 42371 del 16/11/2006, PG in proc. Timis, Rv. 235570–01  In applicazione del principio di specialità, l'aggravante teleologica di cui all'articolo 61 n. 2 cod. pen., di natura soggettiva in quanto applicabile a carico di chi commette un delitto allo scopo di realizzare un ulteriore delitto, o di occultarlo, o di assicurarsene il profitto o l'impunità, viene assorbita nel delitto di rapina impropria, laddove la volontà del soggetto di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l'impunità è stata assunta come elemento costitutivo. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che non potesse essere nuovamente valutata come aggravante teleologica di un delitto di omicidio volontario, la finalità di assicurarsi il prodotto del delitto con violenza, costituente il dolo specifico del riconosciuto delitto di rapina impropria). . Tale decisione rimarca che  argomentazioni del tutto coerenti con la prevalente natura soggettiva della aggravante teleologica (posta infatti a censurare la maggior riprovevolezza etica e la più alta pericolosità sociale di chi agisca delittuosamente in rapporto finalistico con ulteriore delitto) impongono di affermare che una volta che la volontà del soggetto (di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l'impunità dalle sue conseguenze) sia stata assunta come elemento costitutivo del delitto di rapina impropria, tale volontà non può essere nuovamente valutata nella previsione sanzionatoria per il delitto di violenza contestualmente commesso. . Ancora in sintonica linea interpretativa, Sez. 1, n. 5189 del 18/03/1996, Semeraro, Rv. 204666–01  In applicazione del principio di specialità sancito dall'articolo 15 cod. pen. e del principio secondo cui lo stesso fatto non può essere posto a carico dell'agente una seconda volta, la violenza o minaccia adoperata dopo la sottrazione di una cosa mobile altrui, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità, è elemento costitutivo del reato di rapina impropria, di cui all'articolo 628 primo capoverso cod. pen. valutato dal legislatore per configurare tale fattispecie di reato, e pertanto non può essere valutata una seconda volta a titolo di circostanza aggravante del nesso teleologico prevista dall'articolo 576 n. 1 cod. pen. in relazione all'articolo 61 n. 2 cod. pen. . Esplicita, nel riferimento al principio di specialità, Sez. 1, n. 12359 del 01/06/1990, D'Aversa, Rv. 185315–01,  In applicazione della regola generale stabilita dall'articolo 15 cod. pen. e del principio per cui lo stesso fatto non può essere valutato a carico del medesimo soggetto più volte, la violenza o minaccia adoperata dopo la sottrazione di una cosa mobile altrui, per assicurare a sé o ad altri H possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità, è elemento costitutivo della rapina impropria, di cui all'articolo 628, primo cpv., valutato dal legislatore per configurare tale fattispecie di reato e pertanto, non può essere valutata una seconda volta a titolo di circostanza aggravante del nesso teleologico prevista dall'articolo 576 n. 1, in relazione all'articolo 61 n. 2 cod. pen. . 2.3. In prospettiva processuale, non può trascurarsi di evidenziare la specifica rilevanza che assume la questione di cui si tratta nel caso sub iudice, di indubbia frequenza nella prassi giudiziaria, ove la contestazione della circostanza aggravante teleologica, che determina l'applicabilità dell'ergastolo al delitto di omicidio, risulta d'ostacolo alla ammissibilità del giudizio abbreviato ex articolo 438, comma 1-bis, cod. proc. pen., discendendo dall'esclusione di tale elemento circostanziale, per contro, l'ammissibilità del rito alternativo. Quale logico corollario, occorre altresì affrontare il tema del recupero , nel caso in cui l'aggravante sia esclusa all'esito del giudizio ordinario, della riduzione sanzionatoria per effetto degli articolo 438, comma 6–ter, 442, comma 2, cod. proc. pen. Si tratta di contrasto che perdura nella giurisprudenza di legittimità, suscettibile di produrre, per le implicazioni derivanti dalla adesione all'una o all'altra impostazione, significative conseguenze sanzionatorie in riferimento alle ipotesi in cui la rapina impropria concorra con i delitti contro l'incolumità personale, ma che assume ulteriori implicazioni in ragione dei descritti riflessi processuali in ordine al giudizio abbreviato. 4. Il Collegio osserva, infine, ai fini della questione in oggetto, il potenziale rilievo di quanto statuito da Sez. U, n. del 15/07/2021, Magistri, Rv. 281973–01, così massimata:  Il reato di omicidio aggravato ai sensi dell'articolo 576, primo comma, n. 5.1 cod. pen., commesso a seguito di quello di atti persecutori da parte dell'agente nei confronti della medesima vittima, integra, in ragione della unitarietà del fatto, un reato complesso circostanziato ai sensi dell'articolo 84, primo comma, cod. pen. . La questione, originante contrasto giurisprudenziale, afferiva all'alternativa se, in caso di omicidio commesso a seguito dell'esecuzione di condotte persecutorie poste in essere dall'agente nei confronti della medesima persona offesa, i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell'articolo 576, comma primo, n. 5.1 cod. pen. dovevano ritenersi in concorso tra loro o se fosse invece ravvisabile un reato complesso, ai sensi dell'articolo 84, comma primo, cod. pen. Muovendo dalla considerazione che l'articolo 84, primo comma, cod. pen. esclude l'applicazione delle disposizioni sul concorso di reati quando  la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti dì un solo reato, fatti che costituirebbero, per sé stessi, reato , le Sezioni unite affermano che  L'attenzione normativa è riposta sui fatti , per tali dovendosi intendere i profili oggettivi e non anche la relazione eminentemente soggettiva tra il fatto e ii suo autore, posto che il rapporto è tra fattispecie e, dunque, tra accadimenti umani , così statuendo il principio di diritto di cui si è testé dato conto. 5. Alla luce delle superiori considerazioni e della rilevanza delle questioni sottese, il ricorso deve essere rimesso, ai sensi dell'articolo 618, comma 1, cod. proc. pen., alle Sezioni unite sulla seguente questione:  Se, in caso di rapina o tentata rapina impropria in cui la violenza abbia cagionato la morte della persona offesa, rispetto al delitto di omicidio volontario sia configurabile l'aggravante del nesso teleologico ai sensi dell'articolo 61, comma primo, n. 2 cod. pen. . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.