Non può ritenersi sufficiente la prova che l'evento si sia semplicemente verificato in una determinata area, e che il sinistro e la cosa in custodia si collochino genericamente e complessivamente in un medesimo contesto, essendo necessario, invece, dimostrare che l'evento sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali.
La decisione ha riguardato una fattispecie rientrante nella responsabilità per danno da cosa in custodia ex articolo 2051 c.c. Nello specifico, è stata impugnata una sentenza del Tribunale di Foggia che aveva rilevato la pretesa risarcitoria come non supportata dalla produzione di adeguato materiale probatorio né con riferimento all'an, né per il quantum, non avendo la parte attrice fornito delle indicazioni precise sul punto esatto della caduta e, non avendo prodotto alcuna foto relativa allo stato dei luoghi. Impugnata, poi, la sentenza per mancata esplicitazione dell'iter logico, la Corte d'Appello di Bari ha rigettato l'appello ritenendolo infondato per mancanza di riscontri specifici sulle caratteristiche dello stato dei luoghi nel punto o nella zona nella quale è caduta l'appellante giacché i materiali prodotti non consentivano di poter formulare variazioni sul collegamento causale tra la res in custodia e la caduta che si è verificata. Il fatto L'appellante conveniva in giudizio, dinanzi il Tribunale di Foggia, l'Ente (Comune) al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di una caduta per le condizioni della strada irregolare e scivolosa. In particolare, deduceva che nel mentre percorreva a piedi tale strada, al fine di recarsi al parcheggio dei pullman, cadeva al suolo a causa delle caratteristiche anomale della sua pavimentazione. Al giudice di prime cure il soggetto appellante, chiedeva che venisse accertata e dichiarata la responsabilità dell'Ente convenuto nella causazione del sinistro occorsole, con condanna al risarcimento dei danni conseguiti. Si costituiva il Comune chiedendo il rigetto della domanda e contestava la fondatezza della stessa. Con sentenza n. 478/2024 il Tribunale di Foggia rigettava la domanda e condannava l'attrice al pagamento delle spese di lite. Il primo giudice ha ritenuto che la fattispecie appartenesse ai casi disciplinati ex articolo 2051 c.c. e, considerando gli oneri probatori delle parti, ha rilevato che «la pretesa risarcitoria avanzata non era stata supportata dalla produzione di adeguato materiale probatorio, né con riferimento all'an, e neppure per il quantum, non avendo la medesima fornito indicazioni precise sul punto esatto della caduta, e senza produrre alcuna foto relativa allo stato dei luoghi.» Dalla documentazione non sono emersi riscontri sul punto della caduta e inoltre era stato constatato che la pavimentazione in cubetti di porfido delle dimensioni di 10x10 cm, si presentava in buono stato di manutenzione. L'attrice sosteneva che quella strada fosse l'unica percorribile per i pellegrini che volessero recarsi al luogo sacro ma ciò, risultava poi smentito dagli atti, in quanto esisterebbero più percorsi, comodi e centrali, da utilizzare per raggiungere il luogo, con provenienza dal parcheggio degli autobus. Il sinistro, peraltro, si era verificato in condizioni di piena visibilità ed un qualsiasi utente mediamente accorto avrebbe potuto percepire le condizioni dei luoghi. Poi, non potevano assumere rilevanza le dichiarazioni allegate al fascicolo da parte attrice stante che, oltre a non integrare piena prova, si evinceva che i dichiaranti non avevano assistito alla caduta. Nell'appello veniva richiesta la riforma della sentenza di I° grado e l'accoglimento delle richieste già formulate in primo grado dalla convenuta, adducendo quale unico motivo «l'insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia», sostenendo la mancata esplicitazione dell'iter logico seguito dal giudice di prime cure, il mancato riscontro sulle argomentazioni addotte dall'attrice, e la lettura riduttiva dell'istituto ex articolo 2051 c.c.. In particolare, l'appellante deduceva che: il percorso per accedere al luogo di culto era obbligato, vista la zona di parcheggio dei pullman; la sua condotta era stata ordinaria e diligente e quindi non imprevedibile, né eccezionale; irrilevante è quanto costatato sulle condizioni di luce e visibilità; essa stessa non poteva essere a conoscenza della scivolosità ed irregolarità della pavimentazione stradale; sui luoghi non vi era alcuna segnaletica di allerta o di pericolo; la responsabilità è del comune, per la mancata predisposizione della segnaletica, volta a rendere conoscibile il pericolo ed anche per non aver predisposto un corrimano o materiali antiscivolo per attenuare i sinistri; irrilevante è la mancanza di una esatta indicazione della caduta, essendo l'insidia la pavimentazione stessa in quanto pietra antica; irrilevante è la mancata allegazione di foto dello stato dei luoghi, così come l'attestazione del responsabile sul “buono stato di salute” di manutenzione della strada; parte attrice era tenuta solo a provare il nesso causale e non la sussistenza dell'insidia-trabocchetto; che le dichiarazioni testimoniali depositate erano volte a fornire la descrizione dello stato dei luoghi nel quale era avvenuto il sinistro; irrilevante era la constatazione della possibilità di percorrenza di ulteriori e diverse strade per recarsi al luogo di culto, non conoscibili comunque dal turista che seguiva un percorso organizzato; che non vi erano riscontri sulla ravvisabilità del caso fortuito, che comunque il Comune avrebbe dovuto provare, non essendo reda dal Tribunale argomentazione relativa alla verifica. Veniva altresì richiesta l'ammissione delle istanze istruttorie non ammesso e/o rigettate in primo grado e ammissione di CTU medico legale. Il Comune di costituiva in appello chiedendo la conferma integrale della sentenza impugnata e il rigetto dell'appello, perché inammissibile ex articolo 348 bis cpc e infondato. La Corte d'Appello di Bari ha ritenuto che «l'appello è infondato e deve essere rigettato» per mancanza di riscontri specifici sulle caratteristiche dello stato dei luoghi nel punto o nella zona nella quale è caduta l'appellante giacché non consentono di poter formulare variazioni sul collegamento causale tra la res in custodia e la caduta che si è verificata. Inquadramento della fattispecie: responsabilità ex articolo 2051 c.c. La fattispecie esaminata va ricondotta nell'alveo della responsabilità per danni cagionati da cosa in custodia di cui all'articolo 2051 c.c. Questa è una norma che, alla ripartizione dell'onere probatorio, presuppone che il danneggiato deve dimostrare l'effettivo verificarsi dell'evento dannoso denunciato e la sua riconducibilità causale alla res. Nel caso in cui, la cosa in custodia, sia statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una situazione di pericolosità obiettiva, tale da rendere probabile e non evitabile, il danno. Invero, dicono i giudici di secondo grado, occorre verificare anche la cautela del comportamento tenuto, in correlazione alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, in considerazione del comportamento necessario delle diverse istanze sottese a tale fattispecie di responsabilità in contestazione e la necessità di operare un bilanciamento tra l'obbligo di custodia e l'obbligo di prudenza. Quando il custode è esente da responsabilità? Il custode, per andare esente da responsabilità, è tenuto a dedurre e provare che l'evento lesivo è imputabile al caso fortuito, ossia ad un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, che può essere costituito anche da un fatto colposo del danneggiato. Orbene, a causa del comportamento del danneggiato nella causazione del sinistro, una volta prospettati tutti gli elementi su cui si fonda l'affermazione del caso fortuito, questo deve essere esaminato attentamente dal giudice (anche d'ufficio). Da ciò deriva la ripartizione, fatta dalla norma, degli oneri probatori prescritti a carico delle parti. Onere probatorio incombente sulle parti Incombeva sulla parte attrice l'onere di fornire la prova degli accadimenti dedotti attraverso una descrizione della dinamica del fatto e del contesto nonché sul rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o dalle caratteristiche del fatto e del contesto. Dall'altro lato, il custode è tenuto a fornire la prova liberatoria e quindi la sussistenza del caso fortuito, apprezzabile anche in caso di comportamento del danneggiato che vada ad incidere sull'accaduto, ex officio dal Giudice. Orbene, il Tribunale di Foggia, valutato il caso aveva ritenuto la mancanza di idonei supporti probatori a sostegno della domanda perché carente di precisazioni sul punto di vista della caduta (l'attrice non ha prodotto foto nemmeno sullo stato di manutenzione della pavimentazione della strada, definito “buono” dall'Ente). Ulteriori considerazioni su “altra strada percorribile” Considerazioni sono state fatte su una possibile alternativa di strada percorribile per arrivare al luogo di culto. A tal proposito si è ritenuto che le dichiarazioni scritte ed allegato al fascicolo da parte dell'attrice, qui appellante, non risultavano essere idonei e sufficienti stante che non erano state confermate da dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio, anche perché alcuni dichiaranti avevano riferito di aver assistito alla caduta. Riguardo ciò, l'appellante ha asserito che rilevante è stata la mancanza di dimostrazione del caso fortuito ed ha rilevato la mancata possibilità di seguire un percorso alternativo per raggiungere il luogo di culto stante che quello fatto è il percorso indicato per coloro che erano arrivati in loco con l'autobus; aggiunge anche che quanto rilevato sulla visibilità era irrilevante, posto che l'accaduto era sicuramente addebitabile alla condizione della strada, irregolare e scivolosa. La Corte d'Appello di Bari ha addotto che le motivazioni dell'appellante non sono idonee a superare il vaglio di infondatezza delle conclusioni tratte dal Giudice di prime cure. Invero, ha considerato che non è emerso alcuno riscontro idoneo (anche a voler dare assunto quando dedotto dall'appellante) a ricavare la dinamica dell'accaduto, anche sul punto o zona, in quanto mancano presupposti specifici descrittivi e non essendoci riscontri testimoniali rilevanti. A chi spetta la dimostrazione dell'evento dannoso? Spetta al soggetto danneggiato dimostrare che l'evento dannoso sia stato causato dalla cosa in custodia e non può ritenersi sufficiente ed idonea la mera allegazione e la relativa non contestazione dell'avvenuta caduta sulla strada de qua. Più nel dettaglio, nel caso di specie, il danneggiato non può limitarsi a sostenere che sia sufficiente (ai fini probatori) la mera correlazione tra la caduta e la strada sulla quale è avvenuta, sostenendo per implicito che non sarebbe necessario provare la dinamica e le modalità dell'accaduto. A tal proposito la Corte d'Appello ha richiamato una decisione della Suprema Corte di Cassazione del 2023, la n. 21675, che ha enunciato «la responsabilità ex articolo 2051 c.c. è sì oggettiva, ma richiede, ai fini della relativa configurabilità, la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, cioè la prova che l'evento sia stato concretamente provocato dalla cosa.» E allora, nel presente giudizio, la Corte ha deciso che «non può ritenersi sufficiente la prova che l'evento si sia semplicemente verificato in una determinata area, e che il sinistro e la cosa in custodia si collochino genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto, essendo necessario, invece, dimostrare che l'evento sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali.» Cosa significa? Significa che è sempre necessaria l'allegazione e la prova dal soggetto danneggiato della dinamica del fatto, dinamica intesa come la successione dei fatti e l'insieme dei fattori che hanno determinato lo sviluppo dell'evento, producendo determinato effetti. Pertanto, sempre richiamando la pronuncia del palazzaccio, sopra menzionata, «la mancata dimostrazione della effettiva dinamica dell'incidente va correttamente considerata come decisiva al fine di escludere che possa ritenersi fornita dalla persona danneggiata la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso.» Ebbene, la richiedente non poteva limitarsi genericamente a dedurre che la caduta era avvenuta sulla strada e che questa era irregolare e scivolosa in quanto si riferiva ad una condizione concernente non un punto specifico come quello della caduta, non identificato, ma una situazione che avrebbe connotato tutta la strada. Cosa avrebbe dovuto fare la danneggiata? Intanto avrebbe dovuto indicare il punto o la zona preciso della caduta. Avrebbe poi dovuto, non solo dedurre che lo stato dei luoghi era in condizioni scarse o inadeguate tali da indurre la caduta, ma anche che quanto accorso non sarebbe stato evitabile neppure con un comportamento cauto e diligente. Le condizioni dei luoghi della zona della caduta Ai fini della valutazione del caso è stato dirimente la valutazione dello stato e delle condizioni dei luoghi del sinistro. Ad assumere rilievo è stata la chiara percepibilità delle condizioni della strada e la necessità di affrontare il percorso con attenzione e cautela. Tale tipo di strada è caratterizzato da una antica pavimentazione, cd. “a cubotti”, costituita su delle basole di pietra che, per loro stessa natura, sono accostate l'una all'altra ma non precisamente congiunte tra di loro. Tale tipologia di manto stradale è già per sua natura irregolare e tale irregolarità non integra alcuna anomalia della pavimentazione, non essendovi alcuna alterazione della res né alcun elemento suscettibile di valorizzazione in termini di pericolo occulto. Dalle dichiarazioni testimoniali non può concludersi diversamente, vista l'inidoneità probatoria e visto che l'appellante, ai sensi dell'articolo 104 delle disp. att. c.p.c. era stata dichiarata decaduta dalla prova testimoniale. In più, ciò che è emerso è che la mancanza di foto idonee a desumere la condizione del luogo del sinistro, non ha consentito alla Corte d'Appello di effettuare valutazioni contrarie. Peraltro queste della strada, erano caratteristiche ben visibili e dunque, vi erano piene condizioni di visibilità. Invero, la Corte ha affermato che «se nella piena visibilità dei luoghi e la chiara percepibilità delle caratteristiche della pavimentazione stradale, avesse fatto uso della diligenza ed attenzione richieste da tale particolare attenzione, avrebbe potuto evitare l'evento dannoso occorsole.» In proposito di ciò, costituisce principio di diritto ex articolo 2051 c.c.«quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento del danneggiato nel dinamismo causale del danno, fino ad assumere efficienza causale esclusiva nella produzione del sinistro (Cass. n. 5457/2021).» Quando l'ente gestore è responsabile? In caso di caduta su una pavimentazione in porfido con irregolarità naturali, non si ravvisa una responsabilità dell'Ente gestore perché le relative caratteristiche non integrano una anomalia, essendo percepibili e prevedibili, in particolare laddove l'incidente si verifichi con piena visibilità diurna, dovendosi desumere colpe del danneggiato, per non aver prestato adeguata attenzione. Resta fermo che, a prescindere dalla colpa dell'appellante, la mancanza in radice di supporti dimostrativi sulla dinamica del sinistro, sul punto della caduta e sulla riconducibilità causale.
Fatto/Diritto C.G. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Foggia, il Comune di Monte Sant'Angelo, in persona del sindaco pro tempore, al fine di ottenere dal medesimo il risarcimento dei danni subiti a causa di una caduta verificatasi nell'abitato del suddetto Comune, ed a causa delle condizioni della strada, in quanto connotata da irregolarità e scivolosità. Deduceva, al riguardo, che, in data 19/9/2018, alle ore 17:00 circa, nel mentre percorreva a piedi la Via (omissis), al fine di recarsi dal parcheggio dei pullman alla B. di S. M. A., cadeva rovinosamente al suolo, a causa delle caratteristiche anomale della pavimentazione stradale, testè indicate. Chiedeva, pertanto, che venisse accertata e dichiarata la esclusiva responsabilità dell'Ente convenuto nella causazione del sinistro occorsole, con condanna dello stesso a risarcire i danni conseguiti. Si costituiva il Comune di Monte Sant'Angelo, chiedendo il rigetto della domanda, e contestandone la fondatezza. Con sentenza n. 478/2024 pubblicata il 16/2/2024, il Tribunale di Foggia rigettava la domanda, condannando l'attrice al pagamento delle spese di lite. Il primo Giudice, ritenendo dover essere la fattispecie disciplinata alla stregua di quanto previsto dall'articolo 2051 c.c., e considerando gli oneri probatori rispettivamente gravanti sulle parti, rilevava che: la pretesa risarcitoria avanzata dalla C. non era stata supportata dalla produzione di adeguato materiale probatorio, né con riferimento all' an, e neppure per il quantum Non avendo la medesima fornito indicazioni precise sul punto esatto della caduta, e senza produrre alcuna foto relativa allo stato dei luoghi. Dalla stessa documentazione versata in atti dal Comune -nota n. 12/2021si desumeva che non erano emersi riscontri sul punto della caduta. Essendo inoltre stato constatato che la pavimentazione di Via (omissis), in cubetti di porfido delle dimensioni max cm. 10x10, si presenta in buono stato di manutenzione . Quanto sostenuto dalla attrice, secondo la quale Via (omissis) sarebbe l'unica strada percorribile dai pellegrini che vogliono recarsi al Santuario, risultava esser smentito dalle risultanze in atti; Essendovi più comodi e centrali percorsi, da utilizzare per raggiungere il Santuario di S. M., con provenienza dal parcheggio degli autobus. L'occorso si era peraltro verificato in condizioni di piena visibilità, nel pomeriggio di una giornata di fine estate. Un qualsiasi utente mediamente accorto, avrebbe potuto, senza far ricorso ad un atteggiamento particolarmente diligente, percepire le condizioni dei luoghi. Non potevano assumere rilevanza dichiarazioni allegate al fascicolo dell'attrice, perché, oltre a non integrare piena prova, dalle medesime si evinceva che i dichiaranti non avevano assistito alla caduta; Proponeva appello la C., chiedendo la riforma della sentenza di primo grado, e l'accoglimento delle proprie richieste, ed adducendo, quale unico e articolato motivo, l'insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, sostenendo la mancata esplicitazione dell'iter logico seguito dal primo Giudice, il mancato riscontro sulle argomentazioni addotte dall'attrice, e la lettura riduttiva dell'istituto ex articolo 2051 c.c. In particolare si deduceva: che il percorso seguito per accedere al Santuario, era, in sostanza, obbligato, vista la zona di parcheggio dei pullman che la condotta della C. era stata ordinaria e diligente, e quindi non imprevedibile, né eccezionale; che irrilevante doveva ritenersi quanto constatato sulle condizioni di luce e piena visibilità; che la C. non poteva essere a conoscenza della congenita scivolosità ed irregolarità della pavimentazione stradale; che sui luoghi non vi era alcuna segnaletica di allerta o di pericolo; che la responsabilità del Comune dovesse ritenersi sussistente: sia per la mancata predisposizione di segnaletica apposita, volta a rendere conoscibile la condizione di pericolo ed anche per non aver predisposto corrimano o accorgimenti tecnici (materiali antiscivolo) al fine di attenuare il rischio di sinistri che irrilevante dovesse considerarsi la mancanza di esatta indicazione del punto di caduta, non essendo in contestazione la presenza di buche e/o avvallamenti, ma l'insidiosità ontologicamente insita nella pietra antica della pavimentazione stradale; che irrilevante dovesse ritenersi la mancata allegazione di foto riproducenti lo stato dei luoghi; che irrilevante doveva ritenersi l'attestazione del responsabile del Settore Gestione del Territorio sul buono stato di manutenzione della strada; che l'attrice era tenuta a provare il solo nesso causale, e non la sussistenza di una insidia-trabocchetto , che le dichiarazioni testimoniali depositate agli atti, erano volte a fornire la descrizione lo stato dei luoghi nel quale è avvenuta che irrilevante risultava la constatazione della possibilità di percorrenza di ulteriori e diverse strade, rispetto a via del C., per recarsi al Santuario, non conoscibili da un turista che seguiva un percorso organizzato che in sostanza non vi erano riscontri sulla ravvisabilità del caso fortuito, che comunque il Comune avrebbe dovuto provare, non essendo neppure resa dal Tribunale argomentazione sulla relativa verifica. Veniva chiesta l'ammissione delle istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado, e l'ammissione di Ctu medico legale. Si costituiva il Comune di Monte Sant'Angelo, che chiedeva, in conferma integrale della sentenza impugnata, il rigetto dell'appello, perché inammissibile -ex articolo 348bis c.p.c.e infondato, con vittoria di spese e compensi del giudizio. L'appello è infondato e deve essere rigettato, con le conseguenze di legge in materia di spese; essendo la causa pervenuta in decisione, deve ritenersi superata la questione ex articolo 348bis c.p.c. stante quanto chiarito dalla S.C. al riguardo (Cassazione civile, sez. III n. 10422/2019). In punto di inquadramento giuridico, la fattispecie de qua va ricondotta al paradigma della responsabilità della responsabilità per danni cagionati da cosa in custodia di cui all'articolo 2051 c.c. Trattasi di norma che, quanto alla ripartizione dell'onere probatorio, presuppone, imprescindibilmente, che il danneggiato dimostri l'effettivo verificarsi dell'evento dannoso denunciato e la sua riconducibilità causale alla resistente Ove, poi, la cosa in custodia sia di per sé statica e inerte, il danneggiato è, altresì, tenuto a dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno; occorre anche verificare la cautela nel comportamento tenuto, in correlazione alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza. Tanto in considerazione del necessario contemperamento delle diverse istanze ed esigenze sottese alla fattispecie di responsabilità in contestazione e, segnatamente, la necessità di operare un bilanciamento tra l'obbligo di custodia, che incombe sul presunto danneggiante, e l'obbligo di prudenza, comunque esistente in capo al fruitore della cosa (Cass. civ., sez. VI, 9/5/2018, n. 11024; Cass. civ., sez. VI, 11/5/2017, n. 11526). Dal canto suo il custode, per andare esente da responsabilità, è tenuto a dedurre e provare che l'evento lesivo è, invece, imputabile al caso fortuito, ossia ad un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, che può essere costituito anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato. L'incidenza del comportamento del danneggiato nella causazione del sinistro può, una volta prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda l'allegazione del caso fortuito, essere esaminata dal Giudice anche d'ufficio (Cass. civ., sez. VI, 30/9/2014, n. 20619). Trattasi, per inciso, di principi che sono il diretto portato di quanto disposto dall' articolo 2051 c.c., derivandone la relativa ripartizione degli oneri probatori prescritti a carico delle parti. Incombeva quindi sulla attrice C., l'onere di fornire la prova sugli accadimenti dedotti (cfr. Cass. n. 35991/2023), attraverso una circostanziata descrizione del fatto, della relativa dinamica, e del contesto, e sul rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o dalle caratteristiche intrinseche della prima (tra tutte, vd. Cass. Ord. n. 1896/2015; Cass., sez. III, sent. n. 2480/2018; Cass., sez. III, sent. n. 2481/2018; Cass. SSUU, Ord. n. 20943/2022), dovendo esser il custode a fornire la prova liberatoria, e quindi sulla sussistenza del caso fortuito, peraltro apprezzabile, anche in caso di comportamento del danneggiato incidente sull'accaduto, ex officio dal Giudice. Il Tribunale ha, nel formulare le valutazioni del caso, apprezzato la mancanza di idonei supporti probatori a sostegno della domanda, in quanto carente di precisazioni anche sul punto di caduta, rilevando non avere la parte neppure prodotto foto al riguardo -ed anche constatando che peraltro vi era attestazione in atti (dall'Ente convenuto) sullo stato di manutenzione, definito buono, della pavimentazione della via (omissis). Ulteriori considerazioni sono state riferite alla possibilità di percorrenza di strade alternative più comode, rispetto a quella utilizzata dalla C. per recarsi al Santuario, comunque essendo stata constatata la piena visibilità dei luoghi. Si è inoltre ritenuto che le dichiarazioni scritte allegate al fascicolo dell'attrice, non potevano fornire idonei riscontri, perché non confermate da corrispondenti dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio, ed anche perché alcuno dei dichiaranti de quibus aveva riferito di aver assistito alla caduta. A fronte di tali argomentazioni, l'appellante lamenta la carenza e non pertinenza della motivazione resa. Si deduce, in particolare, non esservi stata contestazione sulla caduta e sul luogo della medesima -strada comunale-, pur dando atto della mancanza di indicazione del punto preciso, e delle rappresentazioni fotografiche. Ed ancora si asserisce esser rilevante la mancanza di dimostrazione e configurabilità del caso fortuito, sostenendo non esser ravvisabile la condotta non diligente della C. Viene quindi rilevato di aver dovuto seguire il percorso in atti indicato -via (omissis) per recarsi al Santuario, trattandosi di percorso indicato per coloro che erano arrivati in loco con autobus. Si evidenzia che la appellante non poteva ritenersi a conoscenza di percorsi alternativi; e che quanto rilevato sulla visibilità doveva ritenersi irrilevante, posto che l'accaduto era addebitabile alla condizione della strada, in quanto irregolare e scivolosa. L'appellante sostiene quindi l'addebitabilità dell'occorso al Comune, per non aver predisposto né corrimano o accorgimenti per evitare lo scivolamento, né appositi segnali di pericolo, rilevando che le condizioni dei luoghi avevano comunque trovato riscontro nelle dichiarazioni testimoniali depositate agli atti. Le motivazioni addotte dall'appellante, non si appalesano idonee a superare il vaglio di infondatezza effettuato in prime cure. Va considerato difatti che, anche a voler dare per assunto quanto dedotto sull'avvenuta caduta sulla strada de qua, in quanto incontestato -e desumibile dai successivi accertamenti medici effettuati in stretta conseguenza-, alcun idoneo riscontro è dato ricavare sulla dinamica dell'occorso, oltre che sul punto/zona di caduta; mancano specifici supporti descrittivi, non essendovi riscontri testimoniali utilizzabili. Tanto già costituisce di per sé, un deficit dimostrativo non sormontabile (non avendo neppure i soggetti che hanno reso le dichiarazioni prodotte dalla parte, fornito alcuna precisazione al riguardo), che comporta la conseguente valutazione di infondatezza della domanda, e dei correlati motivi di doglianza oggetto dell'appello. Va al riguardo considerato che poiché spetta al soggetto danneggiato dimostrare che l'evento dannoso sia stato causato dalla cosa in custodia, non può ritenersi affatto sufficiente ed idonea la mera allegazione, e la relativa non contestazione, dell'avvenuta caduta sulla strada de qua. Il danneggiato non può, come nel caso di specie, limitarsi a sostenere che è sufficiente, ai fini della relativa prova, la mera correlazione tra la caduta della C. e la strada sulla quale è avvenuta -e la dedotta scivolosità-, sostenendo per implicito che non sarebbe quindi necessario provare la dinamica del fatto e le relative modalità. La responsabilità ex articolo 2051 c.c. è sì oggettiva, ma richiede, ai fini della relativa configurabilità, la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, cioè la prova che l'evento sia stato concretamente provocato dalla cosa (cfr. sempre Cass. 35991/2023, già sopra richiamata). Non può quindi ritenersi sufficiente la prova che l'evento si sia semplicemente verificato in una determinata area, e che il sinistro e la cosa in custodita si collochino, genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto, essendo necessario, invece, dimostrare che l'evento sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali. Ciò significa che è sempre necessario che sia allegata e provata dal soggetto danneggiato la dinamica del fatto, dinamica intesa come la successione dei fatti e l'insieme dei fattori che hanno determinato lo sviluppo dell'evento, producendo determinati effetti . Pertanto la mancata dimostrazione della effettiva dinamica dell'incidente va correttamente considerata come decisiva al fine di escludere che possa ritenersi fornita dalla persona danneggiata la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso -come evidenziato dalla pronuncia della S.C. di cui sopra-. La carenza di riscontri specifici sulle caratteristiche dello stato dei luoghi nel punto (comunque non identificato) o nella zona nella quale è caduta la C., non consentono di poter formulare valutazioni sul collegamento causale tra la res in custodia, e la caduta verificatasi. Essendo il relativo onere dimostrativo gravante sulla richiedente, la medesima non poteva limitarsi genericamente a dedurre che la caduta era avvenuta sulla strada, e che la strada era in generale connotata da irregolarità e scivolosità, riferendosi ad una condizione concernente non uno specifico punto -quello della caduta, non identificatoma una situazione che avrebbe connotato tutta la strada de qua. L'appellante avrebbe dovuto quindi supportare il proprio assunto, riferito alle condizioni di pericolosità della strada ed alla irregolarità-scivolosità, avendo in particolare riguardo al punto/zona della caduta. La danneggiata avrebbe, anche al fine di escludere valutazioni afferenti la scarsa o inadeguata cautela nell'atteggiamento tenuto nella specie, dovuto non solo dedurre -vista la condizione statica ed inerte della res in custodiama dimostrare che lo (specifico) stato dei luoghi si presentava in condizioni tali da indurre la caduta, e che quanto occorso non sarebbe stato evitabile anche con comportamento cauto e diligente. Tale dimostrazione non è stata data, non potendosi ritenere utili le dichiarazioni scritte allegate al fascicolo della appellante, ed in quanto non confermate in sede di giudizio, rendendosi tale conferma necessaria anche al fine di identificare i dichiaranti, di verificare la effettiva conoscenza dei fatti, e di vagliare la attendibilità dei testi. Peraltro le stesse deduzioni della appellante formulate sulle condizioni della strada -comunque anche confutate dalle ulteriori risultanze in atti (nota del Comune), riferite alla regolarità della pavimentazione stradaledepongono a favore della relativa percepibilità, e necessità di adozione dei necessari atteggiamenti di adeguata cautela, essendo acclarata e pacifica la piena visibilità. L'appellante ha in sostanza dedotto esservi una generalizzata condizione di irregolarità e scivolosità della strada, condizioni che, dovendo ritenersi ben percepibili per quanto testè rilevato, avrebbero dovuto indurre un atteggiamento improntato a particolare cautela, nell'affrontare il percorso. Non assumono quindi rilievo le considerazioni sulla fruibilità di percorsi alternativi, o sulla mancata conoscenza pregressa dello stato dei luoghi da parte della C. Quel che è dirimente ai fini delle valutazioni del caso è principalmente la mancanza di riscontri specifici sulla condizione dei luoghi nella zona della caduta ed alla dinamica dell'occorso. Assume inoltre rilievo, anche la chiara percepibilità di tali condizioni, e la necessità di affrontare il percorso con attenzione e cautela adeguate a tali condizioni. La strada de qua è caratterizzata da una pavimentazione antica, a cubotti, tipica dei centri storici, costituita quindi da basole in pietra che, per loro stessa natura, sono di forma non perfettamente regolare, non del tutto lineari in superficie, accostate l'una all'altra ma non precisamente congiunte tra di loro. Tale tipologia di manto stradale è per sua stessa natura irregolare. La irregolarità non integra, pertanto, alcuna anomalia della pavimentazione stradale, non essendo ravvisabile alcuna alterazione della res, ed alcun elemento suscettibile di valorizzazione in termini di pericolo occulto. Né a diversa conclusione può pervenirsi sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali scritte versate in atti, visto quanto già rilevato sulla relativa inidoneità probatoria. Peraltro l'appellante è stata, nel giudizio di primo grado, dichiarata decaduta, ai sensi dell'articolo 104 disp. att. c.p.c., dalla prova testimoniale -già peraltro ammessaper mancanza della prova della citazione dei testi comunque assenti. Quanto affermato nella nota del Comune in atti allegata, sula mancanza di specifiche alterazioni per la particolare tipologia di pavimentazione, non trova riscontri confutativi in atti. Va anche e d'altronde considerato e ribadito che la mancanza di foto, non consente di formulare contrarie valutazioni. Quanto innanzi induce, dunque, a desumere che la irregolarità e scivolosità dedotte in citazione, lungi dal corrispondere ad una anomalia del manto stradale (id est, ad un'alterazione della res), si sostanziava in una caratteristica tipica generalizzata, e connaturata al particolare tipo di pavimentazione esistente sull'intera strada in cui si è verificato il sinistro in contestazione; caratteristiche ben visibili, visto quanto già sopra rilevato sulle condizioni di luce. Se quindi vi erano condizioni di piena visibilità, deve ritenersi che tanto dovesse consentire alla C. di vedere la strada immediatamente davanti a sé. Va anche considerato che, pur non essendovi elementi e riscontri che possano consentire di ritenere che la C. fosse a conoscenza dello stato dei luoghi per cui è causa, la piena visibilità e percepibilità delle condizioni di una pavimentazione quale quella avente le caratteristiche in precedenza indicate, avrebbe dovuto comportare in capo all'utente de quo, un atteggiamento particolarmente accorto e prudente, che tali condizioni richiedevano. Può quindi affermarsi che, se la C., vista la piena visibilità dei luoghi e la chiara percepibilità delle caratteristiche della pavimentazione stradale, avesse fatto uso della diligenza ed attenzione richieste da tale particolare situazione, avrebbe potuto evitare l'evento dannoso occorsole. Costituisce, infatti, ius receptum il principio di diritto secondo cui, in tema di responsabilità ex articolo 2051 c.c., quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento del danneggiato nel dinamismo causale del danno, fino ad assumere efficienza causale esclusiva nella produzione del sinistro (cfr. Cass. civ., sez. VI, 26/2/2021, n. 5457; Cass. civ., sez. VI, 17/11/2021, n. 34886; Cass. civ., sez. VI, 3/4/2019, n. 9315). Quanto innanzi trova peraltro conferma negli orientamenti espressi dalla S.C., secondo la quale (Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, n. 33724) in caso di caduta su pavimentazione in porfido (quale quella di specie) con irregolarità naturali, non si ravvisa la responsabilità dell'Ente gestore, proprio perché le relative caratteristiche non integrano una anomalia, essendo quindi percepibili e prevedibili, in particolare laddove l'incidente si verifichi con piena visibilità diurna, dovendosi desumere le colpe del danneggiato, per non aver prestato adeguata attenzione. Resta comunque, ed in definitiva, fermo che, anche a prescindere dalla ascrivibilità dell'accaduto a fatto e colpa dell'odierna appellante -sub specie di caso fortuito-, assume valore dirimente ai fini della decisione, la mancanza in radice di supporti dimostrativi sulla dinamica dell'occorso, del punto di caduta, e sulla riconducibilità causale. L'appello, pertanto, deve essere rigettato ed alla soccombenza segue la condanna dell'appellante al pagamento in favore del Comune di Monte Sant'Angelo delle spese di questo grado di giudizio, liquidate in dispositivo, e ragguagliate allo scaglione di riferimento -valore del disputatume con liquidazione ai medi tariffari, ad eccezione della voce istruttoria/trattazione, da liquidare ai minimi. Non si ravvisano i presupposti per disporre la condanna ex articolo 96 c.p.c., posto che le questioni sollevate risultano esser attinenti alla ritenuta insufficienza/inidoneità della prova. L'appellante dovrà versare anche l'ulteriore importo pari al contributo unificato, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. in materia di spese di giustizia), introdotto dall'articolo 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. La Corte di Appello di Bari, definitivamente pronunciando sull'appello, avverso la sentenza del Tribunale di Foggia n. 478/2024 pubblicata il 16/2/2024, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: 1) Rigetta l'appello; 2) Condanna l'appellante al pagamento in favore del Comune di Monte Sant'Angelo delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.888,00 per onorari, oltre accessori come per legge; 3) Dichiara che l'appellante è tenuta a pagare all'Erario l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.