Adozione minore: telefonate e incontri occasionali non bastano per riconoscere il diritto del familiare ad un legame

Respinta definitivamente l’istanza avanzata da una donna in qualità di zia di una bambina data in adozione dopo che il padre ha ucciso la madre. Affetto, telefonate e incontri occasionali non bastano per legittimare il mantenimento di un legame tra la minorenne e il parente più stretto.

La vicenda coinvolge due sorelle gemelle della provincia siciliana, le quali tre anni prima subivano un grave lutto: il padre uccideva la moglie, loro madre. Il Tribunale per i minorenni, successivamente, si vedeva costretto a dichiarare lo stato di adottabilità delle due bambine. L’ulteriore strascico giudiziaria riguarda però, solo una delle due sorelline, che è risultata versare, in stato di abbandono. Rilevante, a proposito, la inadeguatezza del padre a svolgere il suo ruolo genitoriale e quella dei parenti fino al quarto grado a garantire alla minore il normale sviluppo psicofisico. Su quest’ultimo fronte, cioè quello dei parenti, il Tribunale per i minorenni è netto: non può procedersi all’affidamento della minore alla zia materna, che pure ha manifestato tale disponibilità. Decisivo il contenuto – negativo – della relazione del consultorio familiare: segnatamente, nella relazione si evidenziava come la donna, zia delle due bambine, ed il compagno presentassero fragilità sia sotto il profilo socioeconomico, sia soprattutto con riguardo alle competenze genitoriali. A tale ultimo riguardo, il consultorio aveva sottolineato il totale disconoscimento, da parte della coppia, delle condizioni fisiche e soprattutto emotive delle minori, portatrici di esperienze infantili tragiche altamente sfavorevoli, nonché l’assenza di grandi capacità empatiche e del desiderio di migliorarsi. Da non dimenticare, poi, sempre secondo il Tribunale, l’assenza di relazioni significative con la zia, essendo pacifico che gli incontri tra loro erano stati assolutamente occasionali ed avendo la stessa zia ammesso di non essersi recata in comunità a trovare la nipote. Evidente, quindi, l’abbandono subito dalla minore (e dalla sorella). E più confacente al loro interesse è, sempre secondo il Tribunale, il definitivo inserimento in una famiglia serena ed equilibrata al fine di sperimentare un rapporto con figure genitoriali mature, capaci e tutelanti. In aggiunta, poi, il Tribunale disponeva la rescissione dei legami (con divieto di rapporti) tra la minore, il padre e gli altri familiari, ritenendolo l’unico strumento adatto ad evitare un più grave pregiudizio e ad assicurare alle gemelle assistenza e stabilità affettiva attraverso il loro collocamento provvisorio presso coppie idonee previamente selezionate. Su diversa lunghezza d’onda, però, i giudici d’Appello, i quali revocano il divieto di rapporti socio-affettivi tra le minori e la zia, ritenendo raggiunta la prova dell’esistenza tra loro di un rapporto significativo. A ribaltare nuovamente la situazione provvedono i magistrati di Cassazione, ponendo fortemente in dubbio la legittimità dell’istanza avanzata dalla zia per mantenere i rapporti con le nipoti. Centrale è il riferimento all’accertamento dell’interesse della minore a tenere in piedi concretamente un legame con la zia. Ampliando l’orizzonte, il tema concerne la possibilità di consentire la prosecuzione, senza interruzione, dei rapporti tra il minore dichiarato adottabile e persone appartenenti alla famiglia di origine. Su questo fronte è necessario richiamare il pronunciamento adottato dalla Corte Costituzionale nel 2023, secondo cui «sulla scorta degli indici normativi, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità, il giudice può accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con componenti della famiglia di origine, realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio. Laddove sussistano radici affettive profonde con familiari che non possono sopperire allo stato di abbandono, risulta preminente l’interesse dell’adottato a non subire l’ulteriore trauma di una loro rottura ed a veder preservata una linea di continuità con il mondo degli affetti, che appartiene alla sua memoria e che costituisce un importante tassello della sua identità». E, ragionando in questa ottica, «l’assolutezza del divieto riguarda il legame giuridico ma non quello affettivo che, invece, presenta il margine di flessibilità imposto dalla ineludibile valutazione del preminente interesse del minore». Successivamente è arrivato il pronunciamento della Cassazione, secondo cui «l’interpretazione adeguatrice della norma», tenendo conto di rilevanti principi quali «il diritto a conoscere le proprie origini ed ad essere informato del proprio status di figlio adottivo non appena sia possibile oltre che la promozione della conservazione della fratria nelle decisioni di adozione, limita l’assolutezza del divieto al solo piano giuridico formale delle relazioni parentali, in funzione della costituzione del nuovo status filiale. In relazione, invece ai legami socio affettivi, la presunzione della necessità di una soluzione di continuità ha carattere relativo e deve confrontarsi con l’interesse preminente del minore a non perdere, ove ne possa essere pregiudicato, ambiti primari della costruzione della propria identità e legami la cui continuità può accrescere lo sviluppo equilibrato della sua personalità, pur nel variegato quadro traumatico dell’abbandono». Di conseguenza, «la norma riguardante gli effetti dell’adozione piena (o legittimante) non esclude che il giudice possa valutare in concreto il preminente interesse del minore a mantenere relazioni socio-affettive con il nucleo parentale della famiglia di origine, attenendo la necessaria ed inderogabile recisione dei rapporti parentali esclusivamente al piano delle relazioni giuridico formali». Tornando alla vicenda oggetto del processo, «ciò che risulta essere centrale è il preminente interesse del minore ad una continuità socio-affettiva con i congiunti più vicini, in presenza di pregresse positive relazioni, particolarmente strette ed assidue, con componenti della famiglia di origine», osservano i giudici di Cassazione, i quali aggiungono che in Appello non ci si è attenuti ai previsti parametri, ma si è «disposta la prosecuzione della frequentazione tra la zia e la minore», anche perché «appare conforme all’interesse della minore mantenere un legame affettivo con la zia materna, sorella della vittima dell’uxoricidio, che pur essendo risultata inidonea a funzioni vicarianti, costituisce una figura parentale positiva nella vita della minore, come tale utile nella costruzione della identità di quest’ultima, nell’ambito di uno sviluppo che si auspica più equilibrato possibile». A questo proposito, dalle relazioni in atti è emerso che «oltre la nonna materna, che tuttavia non si è costituita nel presente giudizio, l’unico parente che ha telefonato in comunità per avere notizie delle gemelline è stata proprio la zia materna, che certamente ha condiviso il lutto per la morte della sorella». Certo, annotano i magistrati di Cassazione, «dalla relazione del ‘Consultorio’ emerge che la zia materna, pur gravata da fragilità legate alla sua personale storia evolutiva, è animata da sincero affetto nei confronti di entrambe le gemelle e che lei e la sorella, ormai defunta, pur residenti in comuni lontani, si frequentavano ogni tanto la domenica, in modo da far frequentare per quanto possibile le bambine di fatto coetanee», e quindi «deve ritenersi senz’altro raggiunta la prova dell’esistenza di un rapporto significativo della minore con la zia, apparendo quindi del tutto superflua l’audizione in merito della minore stessa, ancora in tenera età», ma, sottolineano i giudici, dall’accertamento compiuto in secondo grado non è emersa una pregressa frequentazione assidua e stretta tra la minore e la zia, né un legame forte da preservare. Per i giudici, infine, «l’affetto e l’interessamento della zia – della cui sincerità non vi è motivo di dubitare –, manifestatosi mediante telefonate informative presso la ‘Comunità’ dove la minore era collocata e in occasionali incontri domenicali, nemmeno favoriti dalle differenti collocazioni geografiche» non bastano per legittimare la richiesta avanzata dalla donna, anche tenendo presente l’interesse preminente del minore, «costituito dalla ricorrenza di positive e continuative relazioni con componenti della famiglia di origine particolarmente strette e assidue, costruite, già consolidate e continuative nel tempo, la cui rottura potrebbe cagionare danni ulteriori al soggetto da proteggere».

Presidente Acierno - Relatore Tricomi Rilevato che: Con sentenza n. 122/2023 emessa il 27 ottobre 2023, il Tribunale per i Minorenni di Palermo, in accoglimento del ricorso proposto dal P.M, dichiarò lo stato di adottabilità della minore Fa.Ma. (n. il (Omissis)), figlia di Fa.Er. e di Am.Ma., deceduta il (Omissis) a seguito dell'uxoricidio commesso da Fa.Er. Più specificamente, il Tribunale per i Minorenni accertò che la minore versava in stato di abbandono, tenuto conto, altresì, della inadeguatezza del padre a svolgere il suo ruolo genitoriale e dei parenti fino al quarto grado a garantire alla minore il suo normale sviluppo psicofisico. Per quanto di interesse, il Tribunale stabilì che non poteva procedersi all'affidamento della minore alla zia materna che aveva manifestato tale disponibilità, Am.Ve., tenuto conto della relazione negativa del consultorio familiare. Segnatamente, nella relazione si evidenziava come Am.Ve. ed il compagno Di.Me. presentassero fragilità sia sotto il profilo socioeconomico, sia soprattutto con riguardo alle competenze genitoriali. A tale ultimo riguardo, il Consultorio aveva sottolineato il totale disconoscimento, da parte della coppia, delle condizioni fisiche e soprattutto emotive delle minori, portatrici di esperienze infantili tragiche altamente sfavorevoli, nonché l'assenza di grandi capacità empatiche e del desiderio di migliorarsi; l'assenza di relazioni significative con la zia, essendo pacifico che gli incontri tra loro erano stati assolutamente occasionali ed avendo la stessa zia ammesso di non essersi recata in comunità a trovare Fa.Ma. e la sua gemella. Alla luce delle surriferite risultanze, il T.M. ritenne, dunque pienamente integrata l'ipotesi dell'abbandono e più confacente all'interesse della minore, il suo definitivo inserimento in una famiglia serena ed equilibrata al fine di sperimentare un rapporto con figure genitoriali mature, capaci e tutelanti. In particolare, il Tribunale dispose la rescissione dei legami con divieto di rapporti tra la minore, il padre e gli altri familiari, ritenendolo l'unico strumento adatto ad evitare un più grave pregiudizio ed assicurare alle gemelle assistenza e stabilità affettiva attraverso il loro collocamento provvisorio presso coppie idonee previamente selezionate. Avverso la menzionata sentenza interpose gravame Am.Ve. chiedendo la riforma della prima decisione nella parte in cui il Tribunale aveva disposto il divieto di rapporti anche con l'appellante. La Corte di appello ha accolto il gravame con la sentenza n. 24/2024. Richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 183/2023 ed il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (v. in ultimo Cass. n. 12223/2024), ha revocato il divieto di rapporti socio-affettivi tra le minori e la zia, ritenendo raggiunta la prova dell'esistenza di un rapporto significativo della minore con la zia. La Procura Generale presso la Corte di appello di Palermo e la tutrice della minore hanno proposto separati ricorsi che sono stati registrati rispettivamente al RGN 19561/2024 e al RGN 20087/2024, chiedendo la cassazione della sentenza in epigrafe indicata. Am.Ve. è rimasta intimata. Va disposta la riunione delle impugnazioni, obbligatoria ai sensi dell'articolo 335 cod. proc. civ., in quanto investano lo stesso provvedimento. Considerato che: 2.1. - Nel ricorso principale (RGN 195617/2024 depositato il 23/9/2024) proposto dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Palermo sono sviluppati due motivi: I) nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132 comma 2 n. 4 c.p.c., per aver i giudici di secondo grado motivato in maniera apparente circa la sussistenza dell'interesse del minore a mantenere il rapporto affettivo con la zia materna; II) violazione o falsa applicazione degli articolo 27 comma 3 L. n. 184/83 e 3 della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata in Italia con legge n. 176 del 27 maggio 1991, per aver i giudici di secondo grado omesso di valutare in concreto, ai fini della decisione oggetto di gravame, l'interesse preminente del minore, con conseguente interpretazione estensiva in palese violazione delle norme sopra menzionate. 2.2.- Nel ricorso incidentale (RGN 20087/2024 depositato il 27/9/2024) proposto dalla tutrice della minore si denuncia: I) la nullità della sentenza ex 360 n. 4 c.p.c., per assenza ovvero apparenza motivazionale in ordine alla necessità di mantenimento dei rapporti tra la minore e la zia materna; II) la violazione ex articolo 360 n. 5 c.p.c. in relazione all'articolo 27, comma 3 della L. 184/1983 con riferimento all'omesso esame in ordine alla mancata esistenza di un rapporto socioaffettivo tra la minore e la zia materna. 3.- Tutti i motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti. Il tema concerne la possibilità di consentire la prosecuzione, senza interruzione, dei rapporti tra il minore dichiarato adottabile e persone appartenenti alla famiglia di origine ed è stato oggetto di una recente elaborazione giurisprudenziale che ha trovato la sua massima esplicazione nella sentenza della Corte Costituzionale n. 183/2023. Va ricordato che, con l'ordinanza interlocutoria n. 230 del 2023, la Prima Sez. Civile della Corte di Cassazione ha prospettato alla Corte Costituzionale l'eccezione d'illegittimità costituzionale dell'articolo 27, comma 3, L. 184/1983 nella parte in cui stabilisce che con l'adozione legittimante derivante dall'accertamento dello stato di abbandono e dalla dichiarazione di adottabilità cessino irreversibilmente i rapporti dell'adottato con la famiglia di origine estendendo il divieto ai parenti entro il quarto grado. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 183 del 2023, pur non avendo pronunciato l'illegittimità costituzionale della norma in esame, ha diversamente stabilito che sulla scorta degli indici normativi desumibili dalla stessa L. 184/1983, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità, il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con componenti della famiglia di origine, realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio. Ove sussistano radici affettive profonde con familiari che non possono sopperire allo stato di abbandono, risulta preminente l'interesse dell'adottato a non subire l'ulteriore trauma di una loro rottura ed a veder preservata una linea di continuità con il mondo degli affetti, che appartiene alla sua memoria e che costituisce un importante tassello della sua identità . Ha, inoltre, precisato che l'assolutezza del divieto riguarda il legame giuridico ma non quello affettivo che, invece, presenta il margine di flessibilità sopra evidenziato, imposto dalla ineludibile valutazione del preminente interesse del minore. Questa Corte, con la sentenza n. 12223/2024, sulla base delle rilevanti e precise indicazioni provenienti dalla Corte Costituzionale, che ha evidenziato come l'articolo 27, terzo comma, L. n. 184 del 1983 non postuli un divieto assoluto di conservazione dei legami socio affettivi, ha osservato che l'interpretazione adeguatrice della norma, da collocare all'interno della cornice delineata dagli articolo 2 e 30 Cost e dell'articolo 8CEDU nonché di rilevanti principi contenuti nella L. n. 184 del 1983, quali il diritto a conoscere le proprie origini ed ad essere informato del proprio status di figlio adottivo non appena sia possibile oltre che la promozione della conservazione della fratria nelle decisioni di adozione, limita l'assolutezza del divieto al solo piano giuridico formale delle relazioni parentali, in funzione della costituzione del nuovo status filiale. In relazione, invece ai legami socio affettivi, la presunzione della necessità di una soluzione di continuità ha carattere relativo e deve confrontarsi con l'interesse preminente del minore a non perdere, ove ne possa essere pregiudicato, ambiti primari della costruzione della propria identità e legami la cui continuità può accrescere lo sviluppo equilibrato della sua personalità, pur nel variegato quadro traumatico dell'abbandono. ed ha affermato che L'articolo 27, comma 3, della L. 184/1983, riguardante gli effetti dell'adozione piena o legittimante, non esclude che il giudice possa valutare in concreto il preminente interesse del minore a mantenere relazioni socio affettive con il nucleo parentale della famiglia di origine, attenendo la necessaria ed inderogabile recisione dei rapporti parentali, esclusivamente al piano delle relazioni giuridico formali . Orbene, nel caso in esame, questi principi non risultano rettamente applicati e la decisione impugnata va cassata. Ciò che risulta essere centrale nella valutazione di cui si discute è il preminente interesse del minore ad una continuità socio-affettiva con i congiunti più vicini, in presenza di pregresse positive relazioni con componenti della famiglia di origine particolarmente strette e assidue. La Corte di merito non si è attenuta a questi parametri, laddove ha disposto la prosecuzione dei frequentazione tra la zia e la minore affermando che ... deve invece rilevarsi che appare conforme all'interesse della minore mantenere un legame affettivo con la zia materna, sorella della vittima dell'uxoricidio, che pur essendo risultata inidonea a funzioni vicarianti, costituisce una figura parentale positiva nella vita della minore, come tale utile nella costruzione della identità di quest'ultima, nell'ambito di uno sviluppo che si auspica più equilibrato possibile. Emerge infatti dalle relazioni in atti e non è oggetto di contestazione che, oltre la nonna materna, che tuttavia non si è costituita nel presente giudizio, l'unico parente che ha telefonato in comunità per avere notizie delle gemelline è stata proprio la zia materna, odierna appellante, che certamente ha condiviso il lutto per la morte della sorella. Dalla relazione del Consultorio del giorno 8 giugno 2023, emerge inoltre che la zia materna, pur gravata da fragilità legate alla sua personale storia evolutiva, è animata da sincero affetto nei confronti di entrambe le gemelle e che le sorelle Am., pur residenti in comuni lontani (a S, Am.Ma. e a T, Am.Ve.) si frequentavano ogni tanto la domenica, in modo da far frequentare per quanto possibile le bambine di fatto coetanee . 16. Alla luce del richiamato compendio probatorio deve ritenersi senz'altro raggiunta la prova dell'esistenza di un rapporto significativo della minore con la zia, apparendo quindi del tutto superflua l'audizione in merito della minore stessa, ancora in tenera età. (fol. 7 della sent. imp.). Va rimarcato, in proposito, che dall'accertamento compiuto dalla Corte di merito non ha riguardato una pregressa frequentazione assidua e stretta tra la minore e la zia, né un legame forte da preservare; è, invero, opinabile che l'affetto e l'interessamento della zia - della cui sincerità non vi è motivo di dubitare - manifestatosi mediante telefonate informative presso la Comunità dove la minore era collocata e in occasionali incontri domenicali, nemmeno favoriti dalle differenti collocazioni geografiche, possano corrispondere, attesa la loro sporadicità e discontinuità, al parametro di riferimento, avuto riguardo all'interesse preminente del minore, costituito dalla ricorrenza di positive e continuative relazioni con componenti della famiglia di origine particolarmente strette e assidue, costruite, già consolidate e continuative nel tempo, la cui rottura potrebbe cagionare danni ulteriori al soggetto da proteggere. 4.- In conclusione, i ricorsi riuniti vanno accolti; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi e per la statuizione delle spese del presente grado. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. - Accoglie i ricorsi riuniti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo anche per le spese; - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, articolo 52.