Il contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, scritto e non simulato, ma non registrato, stipulato prima del 1° gennaio 2016, è soggetto alla “riconduzione a congruità”. Ai fini del canone dovuto nell’ipotesi suddetta, dopo il 1° gennaio 2016, il giudice non deve eccedere la misura concordata dalle associazioni di categoria, e ciò sia nel caso di contratto stipulato a canone libero, sia nel caso di contratto stipulato a canone concordato.
Il caso Tizio aveva concesso a Caio un immobile in locazione, senza registrazione, al canone liberamente concordato e con durata prevista di quattro anni. Premesso ciò, Caio aveva chiesto la giudice di aver diritto alla restituzione della differenza tra il canone complessivamente pagato e quello previsto dall'articolo 13, commi 5 e 6, della l. n. 431/1998, per l'ipotesi della locazione di fatto e della mancata registrazione. Tizio, a sua volta, pur sostenendo la nullità del contratto, chiedeva la determinazione del canone per indennità di occupazione e il rimborso delle spese condominiali. Inoltre, chiamava in causa Sempronio, allegando di avergli venduto l'immobile, chiedendo di essere da questo tenuto indenne se la domanda attorea fosse stata accolta. Nei giudizi di merito, i giudici rigettavano la domanda attorea, ritenendo il contratto nullo in quanto mai registrato e, di conseguenza, la condanna di Caio all'indennità di occupazione e al rilascio dell'immobile. Per tali ragioni, Caio propose ricorso in Cassazione eccependo che i giudici di merito non avevano considerato la portata e la ratio della normativa, rendendo priva di conseguenze la violazione, da parte del locatore, dell'obbligo di registrazione del contratto. Questioni preliminari: aspetti temporali e normativi È stato chiesto alla Suprema Corte di stabilire la fondatezza della pretesa del conduttore di ottenere la restituzione della differenza tra il canone pattuito e versato in virtù d'un contratto scritto ma non registrato, ed il canone previsto dall'articolo 13, commi 5 e 6, della l. n. 431/1998. Applicazione della l. n. 311/2004 Ebbene, secondo la Cassazione, da una prima lettura della vicenda, il contratto non era nullo: esso, infatti, fu stipulato ad aprile del 2004, e cioè prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 346, della legge n. 311/2004, avvenuta il 1° gennaio 2005. Difatti, in applicazione di questa norma, la nullità dei contratti di locazione non registrati «si applica solo ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore delle citate norme, giusta il principio tempus regit actum, non derogato da alcune speciale disposizione transitoria». Applicazione della l. n. 208/2005 Tuttavia, osserva la Suprema Corte, che anche i contratti sottratti ratione temporis alla sanzione della nullità per omessa registrazione possono essere soggetti all'istituto della “riconduzione a congruità”, a partire dall'entrata in vigore della l. n. 208/2015. Invero, tra il 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della comminatoria di nullità per mancata registrazione) ed il 31 dicembre 2015 (data di entrata in vigore della l. 208/2015), il Legislatore non dettava una particolare disciplina per l'ipotesi di nullità d'un contratto che fosse stato concluso per iscritto, a canone libero, non simulato, e che, tuttavia, non fosse stato registrato. L'omessa registrazione, naturalmente, rilevava solo sul piano fiscale. Alla luce di questa prima ricostruzione, nel periodo di tempo compreso tra la stipula del contratto (2004) ed il 1° gennaio 2016, pertanto, il ricorso del conduttore era infondato, in quanto in quell'arco di tempo la legge non prevedeva la “riconduzione a congruità” dei contratti scritti, a canone libero, non simulati ma non registrati. Premesso ciò, per i fini che qui interessano, non vengono in rilievo le disposizioni cui fa riferimento l'attuale comma 5 dell'articolo 13 della l. n. 431 del 1998. Invece, la maggiore argomentazione del provvedimento in commento riviene nell'interpretazione e applicazione del comma 6 dell'articolo 13 della l. n. 431/1998. Le diverse ipotesi della nullità Secondo la Suprema Corte, l'incrocio tra le varie ipotesi di nullità previste dall'articolo 13, comma 6, l. 431/98, e le due tipologie di contratti previste dall'articolo 2 della l. n. 431/1998 (canone libero e concordato) può generare le seguenti ipotesi. Contratto a canone libero: se il contrato stipulato è stato registrato ma con un canone realmente pattuito che eccede quello simulatamente dichiarato, in tal caso, il patto è nullo ed è dovuto il canone dichiarato. Contratto a canone concordato: se il contratto stipulato è stato registrato ma con un canone pattuito che eccede quello stabilito dalle associazioni di categoria, in tal caso, il patto è nullo ed è dovuto il canone concordato dalle associazioni di categoria. Contratto scritto non registrato e non simulato: in questi casi il contratto è nullo ed il canone è fissato dal giudice in misura non eccedente quello concordato dalle associazioni di categoria, tanto nel caso di contratto a canone libero, quanto nel caso di contratto a canone concordato; salva l'ipotesi in cui il canone liberamente pattuito fosse inferiore a quello concordato dalle associazioni di categoria. Contratti scritti e non simulati stipulati prima del 1° gennaio 2016: in questi casi, la riconduzione a congruità è invocabile solo a partire dal 1° gennaio 2016. Il principio di diritto Alla luce delle considerazioni esposte, la Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso in relazione agli aspetti dell'articolo 13, comma 6, l. n. 431/1998. Pertanto, il provvedimento è stato cassato con rinvio ad altra Corte territoriale, la quale si uniformerà al seguente principio di diritto: “il contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, scritto e non simulato, ma non registrato, stipulato prima del 1° gennaio 2016, è soggetto alla “riconduzione a congruità” prevista dall'articolo 13, comma 6, terzo e quarto periodo, l. 431/98, ma solo a partire dal 1° gennaio 2016. Nell'ipotesi suddetta il giudice, nello stabilire il canone dovuto, non può eccedere la misura concordata dalle associazioni di categoria, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, l. 431/98, e ciò sia nel caso di contratto stipulato a canone libero, sia nel caso di contratto stipulato a canone concordato.
Presidente Frasca - Relatore Rossetti Ragioni della decisione 1. Il motivo di ricorso. Con l'unico motivo di ricorso Sh.Ah. lamenta la violazione dell'articolo 13 della L. 431/98. Nell'illustrazione del motivo è formulata una tesi giuridica che, ad onta della sua verbosità, si può riassumere come segue: ▪) i contratti di locazione non registrati sono nulli; ▪) l'articolo 13, comma 6, L. 431/98, stabilisce che se il contratto di locazione non viene registrato, il conduttore può chiedere la restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto alla misura del canone risultante dagli accordi collettivi stipulati e prodotti ; ▪) la Corte d'Appello ha pertanto violato tali norme, di fatto rendendo priva di conseguenze la violazione, da parte del locatore, dell'obbligo di registrazione del contratto. 1.1. Il motivo è fondato solo in parte, ma per una ragione giuridica diversa da quella indicata dal ricorrente. Ciò tuttavia non ne impedisce l'accoglimento sulla base del seguente principio di diritto: In ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonché per omologia con quanto prevede la norma di cui al secondo comma dell'articolo 384 cod. proc. civ. (là dove consente la salvezza dell'assetto di interessi, per come regolato dalla sentenza di merito, allorquando la soluzione della questione di diritto data dalla sentenza impugnata sia errata e, tuttavia, esista una diversa ragione giuridica, che, senza richiedere accertamenti di fatto, sia idonea a giustificare la soluzione della controversia sancita dal dispositivo della sentenza in relazione alla questione sollevata dal motivo di ricorso), deve ritenersi che, nell'esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l'esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l'esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell'esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l'efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l'integrazione di una eccezione in senso stretto. (così Sez. 3, Sentenza n. 19132 del 29/09/2005; in senso conforme, ex multis : Sez. 3, Sentenza n. 20328 del 20/09/2006; Sez. 5, Sentenza n. 24183 del 13/11/2006; Sez. 3, Sentenza n. 6935 del 22/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 4994 del 26/02/2008; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 10841 del 17/05/2011; Sez. 6 - 3, Sentenza n. 3437 del 14/02/2014; Sez. 3, Ordinanza n. 18775 del 28/07/2017; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26991 del 05/10/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 34437 del 23/11/2022). 2. Delimitazione del thema decidendum. Il presente giudizio ha ad oggetto una fattispecie concreta dalle seguenti caratteristiche: a) il conduttore ed il locatore hanno stipulato per iscritto (così rispettando la prescrizione del comma 4 dell'articolo 1, L. n. 431 del 1998) un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo c.d. a canone libero ; il canone dunque è stato legittimamente concordato ad libitum dalle parti, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della L. 9.12.1998 n. 431 (sulla questione si è formato il giudicato interno); b) il contratto non è stato registrato né tempestivamente, né tardivamente; c) non vi fu simulazione del canone: il canone previsto nel contratto scritto ma non registrato corrisponde a quello effettivamente versato. 2.1. A questa Corte si chiede dunque di stabilire se sia corretta la pretesa del conduttore di ottenere la restituzione della differenza tra il canone pattuito e versato in virtù d'un contratto scritto ma non registrato, ed il canone previsto: a) dall'articolo 13, comma 6, L. 431/98, ovvero, in subordine, b) dall'articolo 13, comma 5, L. 431/98. 2.2. Deve premettersi che, nel fornire l'esatta interpretazione delle norme suddette, ex articolo 65 ord. giud., questa Corte dovrà muovere dall'assunto che il contratto oggetto del contendere sia nullo, questione sulla quale la Corte d'Appello, con statuizione non impugnata in questa sede, ha ritenuto essersi formato il giudicato. Tuttavia non può questa Corte non rilevare, per maggior chiarezza, che il contratto oggetto del presente giudizio non era nullo: esso infatti fu stipulato ad aprile del 2004, e cioè prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004, avvenuta il 1° gennaio 2005. Questa Corte infatti ha ripetutamente affermato che la comminatoria di nullità dei contratti di locazione non registrati, introdotta dall'articolo 1, comma 346, della L. n. 311 del 2004 si applica solo ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore delle citate norme, giusta il principio tempus regit actum, non derogato da alcune speciale disposizione transitoria (Sez. 3, Ordinanza n. 4265 del 16/2/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 28143 del 6/10/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 11902 del 5.5.2023; Sez. 3, Sentenza n. 26398 del 7/9/2022; Cass. Sez. 3, 21/07/2022, n. 22828; Cass. Sez. 3, 28/12/2016, n. 27169; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6408 del 6.3.2020; Sez. 3, Ordinanza n. 2866 del 6/2/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 1279 del 21/1/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23192 del 17/9/2019; Sez. 3, Sentenza n. 23181 del 27/9/2018; Sez. 3, Sentenza n. 4920 del 2/3/2018 e soprattutto Cass. Sez. U. n. 18213 del 2015). Tuttavia l'erronea dichiarazione di nullità del contratto non incide sulla sorte del ricorso nei termini sopra preannunciai: infatti, per quanto si dirà, anche i contratti sottratti ratione temporis alla sanzione della nullità per omessa registrazione possono essere soggetti all'istituto della riconduzione a congruità , a partire dall'entrata in vigore della legge n. 208 del 2015. 3. Disciplina dei contratti di locazione non registrati. Il contratto di locazione di immobile non registrato è nullo (a partire dal 1° gennaio 2005, data di entrata in vigore della disposizione dell'articolo 1, comma 346, della L. n. 311 del 2004); non è questo il nostro caso, ma come appena detto, sulla dichiarazione di nullità vi è giudicato interno). Le conseguenze di questa nullità sono mutate nel corso del tempo. 3.1. Tra il 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della comminatoria di nullità per mancata registrazione) ed il 31.12.2015 (data di entrata in vigore della L. 208/15) la legge non dettava una particolare disciplina per l'ipotesi di nullità d'un contratto che fosse stato concluso per iscritto, a canone libero, non simulato, e che, tuttavia, non fosse stato registrato. L'omessa registrazione, naturalmente, rilevava solo sul piano fiscale. Fino alla fine del 2015, infatti, l'articolo 13, commi quarto e quinto, della L. 431/98 dettava disposizioni particolari solo per tre ipotesi di nullità: (a) contratti a canone libero nulli per simulazione del canone; (b) contratti a canone concordato nulli per pattuizione d'un canone eccedente quello stabilito dalle associazioni di categoria; (c) rapporti locatizi di fatto imposti dal locatore. Per le ipotesi sub (a) e (b) il comma quinto dell'articolo 13 L. 431/98 nel suo testo originario prevedeva la restituzione dell'eccedenza versata rispetto al canone pattuito o dovuto; per l'ipotesi sub (c) prevedeva che fosse il giudice a fissare la misura del canone, in misura non eccedente quella stabilita dalle associazioni di categoria. Ebbene, in ragione del tenore della ricordata disciplina, fino al 31.12.2015 la mancata registrazione d'un contratto a canone libero, pur determinando una nullità del contratto in base alla norma citata (a condizione della stipulazione a far tempo dalla sua entrata in vigore), ove il contratto fosse stato stipulato per iscritto e non fosse stato simulato quoad ammontare del canone, non comportava conseguenze sulla sostanziale debenza dell'importo corrispondente al canone effettivamente convenuto. In questo arco di tempo, infatti, il conduttore, pur se avesse fatto valere la nullità per omessa registrazione, non poteva vantare di norma il diritto alla restituzione delle somme pagate a titolo di canone, perché esse sarebbero state comunque dovute a titolo di indennità di occupazione (Cass. n. 19808 del 2024). Nel periodo di tempo compreso tra la stipula del contratto (2004) ed il 1° gennaio 2016), pertanto, il ricorso è infondato, in quanto in quell'arco di tempo la legge non prevedeva la riconduzione a congruità dei contratti scritti, a canone libero, non simulati ma non registrati. 3.2. Ovviamente, per i fini che qui interessano e con riguardo al contratto di cui è processo, non vengono in rilievo le disposizioni cui fa riferimento l'attuale comma 5 dell'articolo 13 della L. n. 431 del 1998, giacché non risulta in alcun modo che rispetto ad esse ci si sia a suo tempo avvalsi del disposto di esse, com'è noto dichiarate incostituzionale dal Giudice delle Leggi e le cui conseguenze applicative emergono dall'attuale disposto del comma 5, la cui introduzione - è altrettanto noto - ha superato invece il vaglio di quel Giudice. 3.3. Le conseguenze della nullità per mancata registrazione d'un contratto a canone libero, scritto e non simulato, sono mutate per effetto dell'articolo 1, comma 59, della L. 28.12.2005 n. 208, in vigore dal 1° gennaio 2016. Quella legge modificò il sesto comma dell'articolo 13 della L. 431/98, prevedendo la c.d. riconduzione a congruità : (a) dei contratti a canone libero ma simulato (articolo 13, comma 6, primo periodo); (b) dei contratti a canone concordato ma eccedente la misura stabilita dalle associazioni di categoria (ibidem); (c) dei contratti per i quali il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione nel termine di cui al comma 1 del presente articolo (articolo 13, comma 6, terzo periodo). Tale previsione si coordina con la coeva introduzione a carico del locatore dell'obbligo di registrare il contratto entro trenta giorni dalla stipula (articolo 13, comma 1, secondo periodo, come modificato dalla L. 208/15). Ricorrendo quest'ultima ipotesi l'articolo 13, comma 6, quarto periodo, L. cit. stabilisce che nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione (nullo per difetto di registrazione) il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell'articolo 2 . 4. Retroattività della L. 28.12.2015 n. 208. La L. 208/15 si applica - in particolare quanto agli effetti delle disposizioni innovative appena ricordate - a tutti i contratti non registrati: sia a quelli stipulati dopo la sua entrata in vigore; sia a quelli stipulati prima ma ancora in corso; sia a quelli non soggetti ratione temporis alla comminatoria di nullità per mancata registrazione (donde l'irrilevanza, cui già si è fatto cenno, dell'errore commesso dal giudice di merito nel dichiarare nullo un contratto che tale non era, in quanto stipulato prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 346 più volte evocato). Infatti la legge 208/15 introdusse nell'articolo 13 L. 431/98 un nuovo comma 7, nel quale si stabilì che le disposizioni di cui al comma 6 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge . Nell'interpretare tale previsione questa Corte ha già stabilito che l'inciso dall'entrata in vigore della presente legge dev'essere inteso come relativo alla legge n. 431 del 1998 (Cass. n. 9475 del 2021). Per effetto di esso, pertanto, dal momento dell'entrata in vigore della legge n. 208 del 2015 il novellato comma 6 (e la ivi prevista riduzione a congruità ) è divenuto applicabile a tutti i contratti stipulati sin dalla data di entrata in vigore della legge n. 431 del 1998, purché pendenti alla data di entrata in vigore della L. del 2015. 4.1. Da quanto esposto discende che la riconduzione a congruità di cui all'articolo 13, comma sesto, quarto periodo, della L. 431/98, come modificato dalla L. 208/15, si applica, a partire dalla sua entrata in vigore: (a) sia ai contratti anteriormente stipulati, ma nulli per mancata registrazione; (b) sia ai contratti anteriormente stipulati, ma non soggetti alla comminatoria di nullità per difetto di registrazione, in quanto stipulati prima del 1° gennaio 2004. La L. 208/15 infatti ha inteso sanzionare il locatore che non provveda a registrare il contratto: ma l'obbligo di registrazione sul piano meramente fiscale sussisteva anche prima dell'introduzione dell'articolo 1, comma 346, L. 311/04, sebbene sino ad allora non fosse sanzionato con la comminatoria di nullità. Pertanto il locatore, una volta sopravvenuta la modifica di cui alla L. 208/15, avrebbe non solo potuto, ma dovuto procedere - ai sensi del comma 1, secondo inciso, dell'articolo 13 - alla registrazione del contratto, ed in tal caso quest'ultimo sarebbe stato immune dalla c.d. riconduzione a congruità introdotta da quella modifica. 5. Contenuto e limiti della riconduzione a congruità . Stabilito dunque che al contratto oggetto del contendere si applica, a partire dal 1° gennaio 2016, l'articolo 13, comma sesto, quarto periodo, L. 431/98, restano da stabilire l'oggetto ed i limiti della riconduzione a congruità di cui alla norma appena citata, nel caso di contratto scritto, a canone libero, non simulato ma non registrato. 5.1. Come accennato, le conseguenze della nullità comminata ai contratti di locazione non registrati sono stabilite dall'articolo 13, comma 6, terzo e quarto periodo, L. 431/98. Tali disposizioni stabiliscono due cose: quali facoltà abbia il conduttore, e quali poteri abbia il giudice. Le facoltà del conduttore sono stabilite dal terzo periodo del comma 6 dell'articolo 13 L. cit.: richiedere, nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile, la restituzione delle somme indebitamente versate . I poteri del giudice sono stabiliti dal quarto periodo del comma 6 dell'articolo 13 L. cit.: accertare l'esistenza del contratto di locazione e determinare il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell'articolo 2 . 5.2. L'articolo 2 della L. 431/98 prevede tuttavia due tipi di contratti di locazione. Al comma 1 è disciplinato il contratto c.d. a canone libero , nel quale le parti sono libere di determinare il corrispettivo del godimento dell'immobile quomodolibet. Al comma 3 è disciplinato il canone c.d. a canone concordato , nel quale le parti stipulano il contratto alle condizioni stabilite in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative . 5.3. Sorge così il problema di stabilire se l'articolo 13, comma 6, quarto periodo, della L. 431/98, là dove stabilisce che il giudice nel fissare il canone dovuto dal conduttore che abbia stipulato un contratto non registrato non può eccedere il valore definito ai sensi dell'articolo 2 , abbia inteso rinviare al comma 1 di tale norma (contratti a canone libero); al comma 3 (contratti a canoe concordato) o a tutti e due, a seconda di quale sia il contenuto del contratto non registrato. Reputa il Collegio che il rinvio contenuto nell'articolo 13, comma 6, quarto periodo, all'articolo 2 tout court, senza ulteriori distinzioni di commi, vada interpretato nel senso che il giudice, nel determinare il canone dovuto nel caso di contratto non registrato, non potrà in nessun caso stabilire un canone superiore a quello risultante dagli accordi delle associazioni di categoria, anche se il contratto non registrato era stato stipulato a canone libero. Con una sola, ovvia eccezione: allorché il canone liberamente pattuito risulti inferiore a quello concordato dalle associazioni di categoria. 5.4. L'articolo 13, comma 6, quarto periodo, L. 431/98 stabilisce infatti che il giudice quando stabilisce il canone dovuto ai fini della riconduzione a congruità non possa eccedere il canone definito ai sensi dell'articolo 2 . L'articolo 2, come s'è detto, disciplina al comma 1 l'ipotesi del canone liberamente pattuito, ed al comma 3 l'ipotesi del canone fissato in conformità a quello indicato dalle associazioni di categoria. Ora, d'un canone liberamente pattuito dalle parti non potrebbe dirsi che esso sia definito . L'uso di questo participio (in luogo di quello, ad es., di pattuito , concordato , negoziato , stipulato ) induce a ritenere che il legislatore abbia inteso rinviare non ad un canone scelto per accordo delle parti, ma ad un canone fissato da regole estranee alla volontà delle parti: ovvero, per l'appunto, quello concordato dalle associazioni di categoria. 6. Conclusioni. L'incrocio tra le varie ipotesi di nullità previste dall'articolo 13, comma 6, L. 431/98, e le due tipologie di contratti previste dall'articolo 2 della stessa legge può quindi generare le seguenti ipotesi: 1) è stipulato e registrato un contratto a canone libero, ma il canone realmente pattuito eccede quello simulatamente dichiarato: il patto è nullo ed è dovuto il canone dichiarato; 2) è stipulato e registrato un contratto a canone concordato, ma il canone pattuito eccede quello stabilito dalle associazioni di categoria: il patto è nullo ed è dovuto il canone concordato dalle associazioni di categoria; 3) è stipulato, ma non registrato, un contratto scritto e non simulato: il contratto è nullo ed il canone è fissato dal giudice in misura non eccedente quello concordato dalle associazioni di categoria, tanto nel caso di contratto a canone libero, quanto nel caso di contratto a canone concordato; salva l'ipotesi in cui il canone liberamente pattuito fosse inferiore a quello concordato dalle associazioni di categoria; 4) per i contratti scritti e non simulati, stipulati prima del 1 gennaio 2016, la riconduzione a congruità è invocabile solo a partire dal 1° gennaio 2016. 6.1. Il ricorso deve dunque essere accolto, e la sentenza impugnata cassata con rinvio, nei limiti sopra indicati ed in applicazione del seguente principio di diritto generale: il contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, scritto e non simulato, ma non registrato, stipulato prima del 1° gennaio 2016, è soggetto alla riconduzione a congruità prevista dall'articolo 13, comma 6, terzo e quarto periodo, L. 431/98, ma solo a partire dal 1 gennaio 2016. Nell'ipotesi suddetta il giudice, nello stabilire il canone dovuto, non può eccedere la misura concordata dalle associazioni di categoria, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, L. 431/98, e ciò sia nel caso di contratto stipulato a canone libero, sia nel caso di contratto stipulato a canone concordato . Con riferimento alla specifica vicenda l'indicato principio di diritto può essere ulteriormente specificato per il giudice del rinvio nei termini seguenti: qualora, prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 346, della L. n. 311 del 2004, sia stato stipulato in forma scritta (nel rispetto del comma 4 dell'articolo 1 della L. n. 431 del 1998), un contratto locativo c.d. a canone libero, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della L. n. 431 del 1998 (nel testo allora vigente) senza alcuna segreta imposizione di un maggior canone, e non si sia proceduto alla registrazione, né prima né dopo la novità normativa di cui al detto articolo 1, comma 346, e nemmeno si siano tenuti i comportamenti indicati dalla disciplina richiamata nell'attuale comma 5 dell'articolo 431 del 1998, il contratto fino alla sostituzione del testo dell'articolo 13 operata dall'articolo 1, comma 59, della L. n. 208 del 2015, non era soggetto alla c.d. azione di rideterminazione di cui al testo degli incisi terzo e quarto della versione originaria del comma 5 dell'articolo 13. Successivamente all'intervento della detta sostituzione e nel vigore del nuovo testo dell'articolo 13, il contratto, perdurando la mancanza di registrazione, è divenuto invece soggetto all'azione di rideterminazione del canone ai sensi del terzo e quarto inciso del nuovo comma 6 dell'articolo 13, con effetto dall'entrata in vigore di esso, cioè dalla data di entrata in vigore della L. n. 208 del 2015 . 2. Resta assorbita la censura prospettata in via gradata dal ricorrente, intesa a censurare il rigetto della domanda subordinata con la quale il ricorrente ha chiese che il canone da lui dovuto fosse determinato ai sensi dell'articolo 13, comma 5, L. 431/98. Tale censura - lo si rileva ad abundantiam - sarebbe stata comunque infondata. Infatti l'articolo 13, comma 5, L. 431/98 (come introdotto dalla L. 208/15) disciplina una fattispecie ben precisa ed estranea, come s'è già detto, per quanto emerge dalla carenza assoluta di prospettazione delle parti, al presente giudizio: e cioè la disciplina applicabile ai contratti nei quali il conduttore avesse pagato tra il 7.4.2011 ed il 16.7.2015 un canone pari al triplo della rendita catastale, beneficiando delle previsioni dell'articolo 3, comma 9, lettera (c), del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23. 2.1. Questa tormentata vicenda, cui già si è fatto cenno (supra, § 3.2), è ben nota: nel 2011 utilizzando lo strumento della legge delegata, il Governo stabilì che la misura del canone e la durata dei contratti di locazione non registrati fossero sostituiti ope legis da quelli previsti dal suddetto articolo 3 D.Lgs. 23/11. La Corte costituzionale (sentenza 14.3.2014 n. 50) ritenne la norma illegittima per carenza di delega; il legislatore ne fece salvi gli effetti con l'articolo 5, comma 1-ter, del D.L. 28.3.2014, n. 47; la Corte costituzionale tuttavia dichiarò costituzionalmente illegittima anche questa ulteriore previsione (sentenza 16.7.2015 n. 169). Sorse così il problema di stabilire la sorte dei canoni pagati in misura ridotta tra il 7.4.2011 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 23/11) ed il 16.7.2015 (data di pubblicazione della sentenza 169/15 della Corte costituzionale). A tanto provvide l'articolo 1, comma 59, della L. 28.12.2015, n. 208, che riscrisse l'intero articolo 13 della L. 431/98. La riforma stabilì che il conduttore, il quale nel quadriennio suddetto avesse pagato un canone pari al triplo della rendita catastale, fidando nelle previsioni del D.Lgs. 23/11, legittimamente potesse pretendere di non restituire alcunché. L'uso del passato prossimo ( i conduttori che hanno versato nel periodo ecc. ) rende palese che la norma non s'applica al caso di specie: essa fu chiaramente una norma di sanatoria, dettata per garantire lo status quo in tutti i casi in cui il conduttore aveva dato attuazione ad una legge poi dichiarata costituzionalmente illegittima. Il che, come si è detto, non consta sia avvenuto nella vicenda di cui è processo. 3. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell'articolo 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. – accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione; –cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.