Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema dei limiti reddituali per l’accesso alla pensione sociale, ribadendo che il reddito da fabbricati diversi dall’abitazione principale concorre al calcolo IRPEF.
Nello specifico, l'INPS aveva chiesto la restituzione di somme indebitamente erogate, deducendo il superamento dei limiti reddituali previsti per la pensione di invalidità civile. Al centro della controversia, la corretta interpretazione delle norme che regolano il computo dei redditi rilevanti ai fini IRPEF, in particolare il trattamento dei redditi da fabbricati ad uso abitativo diversi dall'abitazione principale, sui quali grava l'IMU. La Corte d'Appello di Roma aveva escluso dal computo tali redditi, ritenendo che l'IMU, imposta sostitutiva dell'IRPEF su questi immobili, ne escludesse la rilevanza ai fini del calcolo del requisito reddituale. La Cassazione, ribaltando l'orientamento di merito, precisa che il reddito imponibile ai fini IRPEF resta il parametro di riferimento anche per i fabbricati non locati soggetti a IMU, fatta eccezione per la sola casa di abitazione, per la quale sussiste una specifica deroga normativa. Gli articolo 12 e 19 della legge 118/1971, infatti, ribadiscono che il computo dei redditi ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali deve comprendere «i redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche», sottraendo solo il reddito della casa di abitazione. A tal proposito, i Giudici sottolineano che la disciplina IMU, pur prevedendo la sostituzione dell'IRPEF per i fabbricati non locati, non esclude tali redditi dal calcolo della base imponibile IRPEF ai fini delle prestazioni sociali. Rilevanti sono i precedenti della stessa Cassazione (Cass. n. 21529/2016; Cass. n. 14026/2016; Cass. n. 5470/2023), che confermano la necessità di includere nel computo tutti i redditi imponibili diversi dal reddito della casa di abitazione, salvo specifiche deroghe normative. Giudizio da rifare davanti alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che, nel decidere la controversia, dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «al fine di determinare il limite di reddito per l'accesso alla pensione sociale ai sensi dell'articolo 26 della legge 153 del 1969, degli articolo 12 e 19 della legge 30/03/1971, n. 118, e dell'articolo 3, comma 6, della legge della legge 03/08/1995, n. 335rileva il reddito imponibile ai fini IRPEF e nel conteggio di esso rientra anche il reddito da fabbricati ad uso abitativo e non locati, diversi dall'immobile adibito ad abitazione principale considerato che solo per quest'ultimo opera la deroga stabilita dall'articolo 26 della legge 153 del 1969 e considerato che le somme corrisposte a titolo di IMU non sono, in via generale, deducibili dall'IRPEF ai sensi dell'articolo 10 d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.)».
Presidente Garri – Relatore Rosetti Rilevato che: 1. D.M. adiva il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, e chiedeva dichiararsi l'insussistenza dell'indebito pensionistico chiesto in restituzione dall'INPS per il preteso superamento dei limiti reddituali stabiliti dalla legge quale presupposto della pensione di invalidità civile. L'INPS si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Roma, sezione lavoro, respingeva la domanda affermando che la ricorrente non aveva dato prova del requisito reddituale e che, a tal fine, non poteva ritenersi escluso dal computo il reddito da fabbricati diversi dalla casa di abitazione. 2. D.M. proponeva appello. L'INPS si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'impugnazione. Con la sentenza n. 3173/2019 depositata il 02/10/2019 la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, accoglieva l'appello dichiarando l'insussistenza dell'obbligo di restituzione di cui alla contestata comunicazione di indebito. 3. Avverso detta sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'INPS. 4. Con ricorso successivo al primo D.M. ha proposto autonoma impugnazione criticando la medesima sentenza della Corte di Appello in ordine alla regolazione delle spese di lite. 5. D.M. si è, anche, costituita con controricorso per contrastare il ricorso principale e spiegando ricorso incidentale sempre con riguardo alla regolazione delle spese di lite operata dalla Corte di Appello. 4. Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell'8/4/2025. Considerato che: 1. Con l'unico, articolato, motivo di ricorso principale l'INPS deduce la violazione ed erronea applicazione degli articolo 12 e 19 della legge 30/03/1971, n. 118 in relazione all'articolo 26 della legge 153 del 1969 e all'articolo 3, comma 6, della legge della legge 03/08/1995, n. 335 in relazione all'articolo 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.; la violazione dell'articolo 14 del d.l. 30/12/1979, n. 633 (convertito in legge 29/02/1980, n. 33), del d.m. 31/10/1992, n. 553, degli articolo 3 e 6 t.u.i.r. in relazione all'articolo 13, d.l. 201 del 2011 e agli articolo 8 e 9 d.lgs. 14/03/2011, n. 23 in relazione all'articolo 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.. In sostanza l'INPS critica la sentenza impugnata nella parte in cui, dovendo determinare il limite reddituale per le prestazioni economiche in materia di invalidità civile e dovendo a tal fine interpretare il riferimento normativo al reddito imponibile ai fini Irpef, ha escluso che possa rilevare il reddito da fabbricati, ad uso abitativo e non locati, anche se siti in comuni diversi da quello dell'immobile adibito ad abitazione principale. In particolare, la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere che essendo dovuta per detti immobili solo l'IMU ed essendo detta imposta esclusa dalla base imponibile Irpef essa dovrebbe per ciò stesso essere detratta ai redditi da conteggiare ai fini del limite rilevante per le prestazioni sociali. 2. Il motivo è fondato in ragione delle considerazioni di seguito illustrate. 2.1. La sentenza della Corte di Appello di Roma motiva secondo i seguenti passaggi. Richiama, innanzi tutto, il principio di diritto secondo il quale per la determinazione del requisito reddituale per le prestazioni assistenziali dell'assegno di invalidità e della pensione di inabilità, di cui agli articolo12 e 13 della legge n. 118 del 1971, ciò che rileva è il reddito imponibile agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 del T.U.I.R. (Cass. 12/03/2018, n. 5962). Ricostruisce, di seguito, il quadro normativo citando l'articolo 14-septies, commi 3 e 7, d.l. 30/12/1979, n. 663 convertito dalla legge 29/02/1980, n. 33; l'articolo 12, comma 2, legge 118/1971 e l'articolo 26, legge 30/04/1969, n. 153. Da questi indici normativi e giurisprudenziali la sentenza trae, ancora, il principio secondo il quale ai fini del requisito reddituale per la pensione va considerato il reddito imponibile ai fini Irpef. La sentenza richiama poi l'articolo 13, comma 1, d.l. 201/2011 e gli articolo 8 e 9 d.lgs. 14/03/2011, n. 23 – vale a dire le disposizioni che hanno istituito e regolato l'IMU - e ne trae il principio secondo il quale la stessa imposta sostituisce l'Irpef e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi agli immobili non locati. La sentenza richiama, ancora, la circolare n. 5/E dell'11/03/2015 della Agenzia delle Entrate e sostiene che l'IMU è esclusa dalla base imponibile Irpef perché opera, in ragione dell'articolo 8, comma 1, d.lgs. 23/2011 l'effetto sostitutivo secondo il quale «l'imposta municipale propria è istituita, e sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili». Attraverso questi passaggi, la Corte di Appello di Roma, giunge quindi alla conclusione che per determinare il limite reddituale delle prestazioni in materia di invalidità civile, il riferimento al reddito imponibile Irpef «non può ricomprendere i redditi da fabbricati ad uso abitativo non locati e siti in comuni diversi da quello dell'immobile adibito ad abitazione principale». 2.2. Orbene, ad avviso del Collegio la sentenza individua le fonti normative e i principi della giurisprudenza di legittimità di rilievo ma ne offre una interpretazione errata. 2.3. L'articolo 12, comma 2, legge 30/03/1971, n. 118 stabilisce che «le condizioni economiche richieste per la concessione della pensione sono quelle stabilite dall'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, sulla revisione degli ordinamenti pensionistici». 2.4. L'articolo 26, l. 30/04/1969, n. 153, a sua volta, stabilisce che: «ai cittadini italiani, residenti nel territorio nazionale, che abbiano compiuto l'età di 65 anni, che posseggano redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare non superiore a £ 336.050 annue e, se coniugati, un reddito, cumulato con quello del coniuge, non superiore a £ 1.320.000 annue è corrisposta, a domanda, una pensione sociale non riversibile di £ 336.050 annue da ripartirsi in 13 rate mensili di £ 25.850 ciascuna. La tredicesima rata è corrisposta con quella di dicembre ed è frazionabile. Non si procede al cumulo del reddito con quello del coniuge nel caso di separazione legale. Dal computo del reddito suindicato sono esclusi gli assegni familiari ed il reddito della casa di abitazione [..]». Si tratta di disposizione tuttora vigente e la cifra indicata quale limite reddituale è aggiornata periodicamente in virtù del meccanismo introdotto dall'articolo 2, comma 4, d.l. 30/06/1972, n. 267, convertito con modificazioni dalla l. 11/08/1972, n. 485. 2.5. La disposizione indica, così, letteralmente che per valutare il requisito si debbano considerare i «redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche» e si incarica di escludere dal computo il reddito della casa di abitazione. 2.6. Dunque, per questa via rilevano i redditi assoggettabili ad Irpef, in altre parole quelli che valgono a costituire la base imponibile Irpef. 2.7. Ritiene il Collegio che le disposizioni che hanno introdotto e disciplinato l'IMU non valgono, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di Appello, ad escludere il reddito da fabbricati diversi dalla casa di abitazione dalla base imponibile IRPEF. 2.8. Il legislatore ha infatti dettato un meccanismo sostitutivo; quello disciplinato dall'articolo 8, comma 1, d.lgs. 23/2011 che, nella materia fiscale e per evitare una doppia imposizione sui redditi da fabbricati, stabilisce che i medesimi redditi vengano tassati in ragione della sola imposizione dell'IMU e non dell'aliquota IRPEF, ma ciò non vale ad escludere che i redditi da fabbricato concorrano a determinare la base imponibile IRPEF, tanto più quando sia la base imponibile a rilevare ai fini del requisito reddituale per il riconoscimento delle prestazioni previdenziali. 2.9. Va, peraltro, rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, l'IMU non è, in via generale, deducibile dall'IRPEF ai sensi dell'articolo 10 d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.) disposizione che, appunto, riguarda gli oneri deducibili. L'IMU è sì deducibile, ma solo dal reddito di impresa o da lavoro autonomo e solo in relazione agli immobili strumentali utilizzati nell'attività di impresa e nella percentuale stabilita dalla normativa di tempo in tempo vigente (attualmente rileva in proposito l'articolo 1, comma 772, legge 160/2019). 2.10. Appare, poi, decisivo rilevare che, a fronte di questo principio generale desumibile dal tessuto normativo - quello cioè che computa ai fini del limite reddituale per le prestazioni previdenziali in questione, il reddito imponibile ai fini dell'IRPEF - la legge, vale a dire l'articolo 26 della legge 153/1969, detta specifiche deroghe e tra di esse esplicitamente quella stabilita per il reddito della sola casa di abitazione. 2.11. Per questa via, rimane confermato che i redditi derivanti da case in proprietà diverse da quella di abitazione sono computabili ai fini del medesimo requisito reddituale. 2.12. i precedenti giurisprudenziali di questa Corte, sebbene non riguardino in via specifica il problema posto dall'IMU ai fini della determinazione del reddito imponibile ai fini Irpef, valgono a confermare questa conclusione. La pronuncia Cass. 25/10/2016, n. 21529, nell'affermare il principio secondo il quale: ai fini del riconoscimento della pensione d'invalidità civile occorre fare riferimento al reddito imponibile e pertanto, secondo la formulazione dell'articolo 3 del d.P.R. n. 917 del 1986, (TUIR), alla base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini Irpef, costituita dal reddito complessivo del contribuente al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 del TUIR (quali tra gli altri le spese mediche, gli assegni periodici corrisposti al coniuge legalmente separato, i contributi), conferma che si deve aver riguardo al reddito imponibile e che esso è rappresentato dal reddito complessivo al quale vanno sottratti gli oneri deducibili ai sensi dell'articolo 10 t.u.i.r. (tra i quali, come osservato, non rientra l'IMU) e il reddito della (sola) casa di abitazione ma per espressa e derogatoria previsione legislativa. La pronuncia Cass. 08/07/2016, n. 14026 conferma la non computabilità del reddito derivante dalla casa di abitazione ma, appunto, solo in ragione dell'esistenza di un indice normativo specifico che tanto impone. Anche la pronuncia Cass. 22/02/2023, n. 5470 afferma che, ai fini delle prestazioni sociali, il reddito rilevante è quello imponibile ai fini Irpef e che in tale categoria rientrano pure i redditi da locazione cui si applica il regime della cedolare secca, in quanto il reddito da locazione è pur sempre reddito di cui l'assistibile ha effettiva disponibilità e la cedolare secca è soltanto una modalità alternativa di calcolo ed adempimento dell'obbligo tributario esistente in relazione al reddito prodotto. Anche questa pronuncia conferma, così, la ricostruzione del sistema sopra sintetizzata e afferma che il reddito imponibile da considerarsi rimane tale anche se sul piano fiscale è dettata una forma alternativa di calcolo e adempimento dell'obbligo, esattamente come nel caso dell'IMU. 3. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: «Al fine di determinare il limite di reddito per l'accesso alla pensione sociale ai sensi dell'articolo 26 della legge 153 del 1969, degli articolo 12 e 19 della legge 30/03/1971, n. 118, e dell'articolo 3, comma 6, della legge della legge 03/08/1995, n. 335 rileva il reddito imponibile ai fini Irpef e nel conteggio di esso rientra anche il reddito da fabbricati ad uso abitativo e non locati, diversi dall'immobile adibito ad abitazione principale considerato che solo per quest'ultimo opera la deroga stabilita dall'articolo 26 della legge 153 del 1969 e considerato che le somme corrisposte a titolo di IMU non sono, in via generale, deducibili dall'IRPEF ai sensi dell'articolo 10 d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.)». 3. La sentenza impugnata non ha fatto esatta applicazione delle norme di rilievo e va perciò cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della controversia attenendosi al principio di diritto sopra indicato. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle spese del presente giudizio. 4. Rimangono assorbiti il ricorso proposto in via successiva da D.M. e il ricorso incidentale proposto dalla stessa parte con riguardo alla regolazione delle spese del secondo grado. P.Q.M. accoglie il ricorso principale, dichiara assorbiti il ricorso successivo e il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione all'accoglimento del ricorso principale e rinvia alla Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.