La non punibilità per particolare tenuità rileva come precedente ostativo alla concessione della non menzione

Anche i precedenti giudiziari conclusi con declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis c.p. costituiscono precedenti ostativi sia all’applicazione della stessa causa di non punibilità in successivi procedimenti, sia alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale.

Tali pronunce infatti, pur non comportando condanna, presuppongono comunque l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, incidendo negativamente sulla valutazione della sua non abitualità e sulla prognosi favorevole richiesta per l’accesso ai benefici. La vicenda ha origine da una condanna per tentato furto. La ricorrente, con ricorso per cassazione, lamentava sia l'omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità sia il mancato riconoscimento della non menzione nel casellario giudiziario. Infatti, i giudici di merito avevano considerato ostativi i due reati della stessa indole commessi in precedenza e per i quali aveva già ottenuto una pronuncia di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex  articolo 131-bis c.p. La Suprema Corte, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite “Tushaj” (2016) e “De Martino” (2019), ribadisce che anche i reati per i quali sia stata dichiarata la non punibilità ex articolo 131-bis c.p. sono idonei a integrare la nozione di “precedenti” ostativi sia all'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità (ostando alla “non abitualità”) sia alla concessione del beneficio della non menzione. Tale premessa ha portato il Collegio ad affermare un principio di diritto di particolare rilievo: «Nell'ambito delle circostanze indicate nell'articolo 133 cod. pen. - che, ai sensi dell'articolo 175, primo comma, del medesimo codice, possono giustificare la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale - rientrano anche i provvedimenti di archiviazione o di declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex  articolo 131-bis c.p.». Il giudice dunque, nel valutare la concessione della non menzione, può legittimamente tener conto anche dei precedenti conclusi con archiviazione o declaratoria per particolare tenuità, in quanto comunque presuppongono l'accertamento di una responsabilità. La ratio, ribadita dalle Sezioni Unite e richiamata dalla Corte, è quella di consentire una valutazione prognostica sulla personalità dell'imputato, che non può dirsi privo di precedenti ostativi laddove abbia già beneficiato della particolare tenuità in altri procedimenti. In concreto, dunque, l'archiviazione ex articolo 131-bis c.p. non “cancella” la rilevanza del fatto ai fini della recidiva, della non abitualità e dei benefici penali. La decisione si pone in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale che valorizza il dato sostanziale della responsabilità e non si limita a una lettura meramente formale del certificato penale. Si rafforza così una logica di sistema, per cui la particolare tenuità non costituisce un'amnistia sostanziale, ma una causa di non punibilità che, pur estinguendo la pena, lascia traccia nella valutazione complessiva della personalità del reo. È da ritenersi particolarmente significativo che il principio venga ribadito anche ai fini della non menzione, istituto pensato per favorire il reinserimento sociale, ma non a costo di celare una serialità di condotte penalmente rilevanti. La Cassazione manda quindi un messaggio chiaro: le chance di “ripartenza” offerte dall'ordinamento non possono tradursi in una sistematica elusione delle conseguenze giuridiche di reiterati comportamenti illeciti, anche se di lieve entità.

Presidente Belmonte - Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, previa riqualificazione del delitto in quello di furto tentato con esclusione della circostanza aggravante dell'esposizione dei beni alla pubblica fede, ha condannato l'imputata per il delitto di cui agli articolo 56 e 624 cod. pen. 2. Avverso la richiamata sentenza la M.L. ha proposto ricorso per cassazione, con il difensore di fiducia, avv. Tullio Zampacorta, articolando due motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti strettamente necessari per la decisione. 2.1. Con il primo, deduce omessa pronuncia della Corte territoriale sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis cod. pen., potendosi instare per la stessa, come avvenuto, anche nelle conclusioni rassegnate nell'ambito del procedimento camerale, essendo i relativi presupposti rilevabili d'ufficio dal giudice, finanche in sede di legittimità. Evidenzia, al riguardo, che sussistono i relativi presupposti applicativi avendo il tentato furto riguardato beni di consumo, immediatamente restituiti all'avente diritto. 2.2. Mediante il secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione quanto al mancato accoglimento della richiesta di concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale. A fondamento della censura sottolinea che la motivazione si è fondata sull'esistenza di fatti successivi a quello in esame che, tuttavia, erano stati dichiarati non punibili ex articolo 131-bis cod. pen. Considerato in diritto 1. Il primo motivo non può trovare accoglimento. Occorre premettere che la ricorrente ha chiesto ritualmente alla Corte d'appello di vagliare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis cod. pen., poiché, sebbene ciò sia avvenuto solo nelle conclusioni depositate, nell'ambito del rito camerale, dal difensore, si tratta dì questione rilevabile di ufficio dal giudice del gravame, in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l'obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all'articolo 129, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh, Rv. 280707, principio affermato in un'ipotesi in cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità era stata avanzata per la prima volta nella fase delle conclusioni orali del giudizio di appello). Effettivamente, come deduce l'imputata, la decisione impugnata non ha motivato rispetto a tale richiesta della parte. Sennonché, ciò non radica un vizio della pronuncia, poiché si trattava di un'istanza manifestamente infondata, atteso che era comunque ostativa, nel caso in esame, alla dichiarazione di non punibilità di cui all'articolo 131-bis cod. pen., la circostanza che, come evidenziato nella sentenza di primo grado, la M.L. ha commesso altri delitti della stessa indole. Né al riguardo assume rilievo che, per questi reati, l'imputata abbia ottenuto una pronuncia di declaratoria di non punibilità ai sensi dell'articolo 131-bis cod. pen., atteso che, come hanno chiarito le Sezioni Unite nella fondamentale sentenza Tushaj , ai fini della valutazione sulla non abitualità del reato richiesta dalla predetta norma «il rilievo dell'accertamento in ordine all'esistenza dell'illecito implicato dalla dichiarazione di non punibilità è allora esattamente e solo quello di costituire un reato che, sommato agli altri della stessa indole richiesti dalla legge nei termini di cui si è detto, dà luogo alla legale abitualità del comportamento» e che «nella valutazione complessiva afferente al giudizio di abitualità ben potranno essere congiuntamente considerati reati oggetto di giudizio ed illeciti accertati per così dire incidentalmente ex articolo 131-bis» (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590, in motivazione). Analoghi principi sono ritraibili dalla successiva decisione delle Sezioni Unite De Martino , che, nel ritenere che anche le relative sentenze debbano essere iscritte nel casellario giudiziale, ha posto in rilievo che ciò è funzionale a consentire la valutazione del criterio della non abitualità del comportamento in futuri giudizi (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, De Martino, Rv. 276463). 2. Il secondo motivo non è fondato per le ragioni di seguito indicate. Occorre considerare che, come è stato chiarito dalla richiamata sentenza Tushaj , la dichiarazione di non punibilità ai sensi dell'articolo 131-bis cod. pen. postula l'accertamento dell'illecito penale e la responsabilità dell'imputato per la commissione dello stesso (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590, in motivazione, cit.). In ragione di ciò, questa Corte ha già chiarito, con riferimento all'istituto della sospensione condizionale della pena, che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis cod. pen., costituendo un precedente giudiziario, può essere ritenuto ostativo al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 26527 del 11/04/2024, Gobbo, Rv. 286792 - 05). Ad analoghe conclusioni il collegio ritiene di dover pervenire con riferimento alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. Infatti, l'articolo 175, primo comma, cod. pen., stabilisce che: «Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a euro 516, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale ...». Il beneficio in questione può, dunque, essere denegato anche avendo riguardo ai precedenti penali e giudiziari dell'imputato, in forza della disposizione espressa dall'articolo 133, secondo comma, lett. b), cod. pen. Precedenti, questi, nell'ambito dei quali ben possono essere annoverati, anche se non hanno dato luogo ad una statuizione di condanna (che sarebbe ex se preclusiva del beneficio della non menzione) i provvedimenti emessi, tanto nel corso delle indagini preliminari in sede di archiviazione, che all'esito del giudizio, ai sensi dell'articolo 131-bis cod. pen. Tali provvedimenti, invero, presuppongono l'accertamento della responsabilità penale dell'indagato o dell'imputato per il fatto pur dichiarato non punibile perché di lieve entità. E, del resto, la possibilità di iscrivere detti provvedimenti nel casellario giudiziario è finalizzata, come hanno chiarito le Sezioni Unite nella citata sentenza De Martino , anche a compiere valutazioni prognostiche correlate alla valenza di precedenti che essi assumono in successivi giudizi (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, De Martino, Rv. 276463, cit.). Pertanto, deve essere affermato il principio di diritto per il quale, nell'ambito delle circostanze indicate nell'articolo 133 cod. pen. - che, ai sensi dell'articolo 175, primo comma, del medesimo codice, possono giustificare la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale - rientrano anche i provvedimenti di archiviazione o di declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis cod. pen. Dunque, la decisione impugnata, nel fare riferimento, laddove ha denegato il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale, ai due precedenti per i quali la ricorrente ha ottenuto l'archiviazione per tenuità del fatto ex articolo 131-bis cod. pen., si è conformata all'enunciato principio. 3. Il ricorso deve, dunque, essere nel complesso rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.