Colloqui tra detenuti al 41-bis e minorenni: il necessario bilanciamento tra sicurezza e diritti del minore

In materia di colloqui tra detenuti in regime 41-bis e minorenni, la Corte di Cassazione ribadisce che la deroga al vetro divisorio non è regola generale, ma può essere concessa solo ove il detenuto dimostri l’assenza di rischi di strumentalizzazione del minore e la presenza di specifiche circostanze concrete che la giustifichino, non risultando sufficiente la sola disponibilità di utilizzare strumenti tecnologici di controllo.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, affronta il delicato tema delle modalità di svolgimento dei colloqui tra detenuti sottoposti al regime differenziato ex articolo 41-bis, ord. pen e i loro familiari minorenni, nel caso di specie con i nipoti. La vicenda trae origine dal ricorso di un detenuto che, dopo vari rigetti in sede amministrativa e di sorveglianza, si rivolge alla Suprema Corte lamentando la violazione dell'articolo 35-bis ord. pen. e la mancata applicazione dei principi sanciti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 105/2023. Il ricorrente invoca la possibilità di svolgere i colloqui senza vetro divisorio, evidenziando l'esistenza di strumenti tecnologici idonei a garantire la sicurezza (metal detector, sistemi audio-video) e richiamando la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo in relazione al diritto del detenuto alla vita familiare. La Corte, richiamando l'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b), ord. pen., conferma che il diritto ai colloqui visivi si integra nel più ampio diritto del detenuto a coltivare relazioni familiari, come riconosciuto da norme costituzionali (articolo 29,30,31 Cost.) e convenzionali (articolo 8 CEDU). Tuttavia, sottolinea che la possibilità di deroga alla regola del vetro divisorio richiede la deduzione di specifiche circostanze concrete che giustifichino l'assenza di rischi di strumentalizzazione del minore, in linea con la ratio di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico sottesa al regime differenziato. Il Collegio, in armonia con la linea interpretativa fornita dalla Corte costituzionale n. 105/2023, evocata dallo stesso ricorrente, afferma che la disciplina vigente non stabilisce una regolazione generale in materia di colloqui senza vetro divisorio, nemmeno quando questi debbano avvenire con minori infradodicenni. È quindi onere del detenuto dimostrare, caso per caso, la sussistenza di circostanze positive idonee a giustificare la deroga; in assenza di tali elementi, la prassi e la normativa restano ancorate alla necessità del vetro divisorio quale misura ragionevole di bilanciamento tra diritto alla relazione familiare e esigenza di sicurezza, come già affermato da precedente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 28260/2021, n. 46719/2021, n. 37211/2024). La Corte evidenzia inoltre, che il diritto ai colloqui, pur essendo riconosciuto e valorizzato dall'ordinamento penitenziario, può subire compressioni motivate da esigenze di prevenzione e tutela dell'ordine pubblico, senza che ciò integri una violazione dei principi costituzionali o convenzionali, purché siano rispettati i parametri di proporzionalità e motivazione. Pertanto, il ricorso è rigettato, con condanna del ricorrente alle spese processuali.

Presidente De Marzo - Relatore Lanna Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato il reclamo proposto da A.R., avverso l'ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Cuneo del 23/04/2025, che aveva a sua volta disatteso il reclamo proposto, ai sensi dell'articolo 35-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, avverso il provvedimento a mezzo del quale l'Amministrazione penitenziaria aveva rigettato la richiesta di effettuazione – in assenza di vetro divisorio - dei colloqui con il nipote R.J.T., nato nel (OMISSIS). 2. Ricorre per cassazione A.R., a mezzo dell'avv. Barbara Amicarella, deducendo un motivo unico, a mezzo del quale viene denunciata violazione ed erronea applicazione dell'articolo 35-bis Ord. pen. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. Il Tribunale di sorveglianza, pur richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 105 del 2023, perviene poi a conclusioni del tutto slegate dai dettami in essa contenuti. La difesa aveva rappresentato, infatti, l'esistenza di altre modalità tecniche, attraverso le quali sarebbe stato possibile dar luogo al colloquio. 3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Integrando la sintesi riportata in parte narrativa, si può sottolineare come l'odierno ricorrente – persona assoggettata al regime detentivo di cui all'articolo 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 – abbia presentato istanza volta all'effettuazione dei colloqui, senza vetro divisorio, con il succitato nipote, nato nel 2010. All'indomani del rigetto espresso dal Magistrato di sorveglianza di Cuneo e dal Tribunale di sorveglianza di Torino, avverso i reclami proposti dall'interessato nei confronti del provvedimento reiettivo adottati dall'amministrazione penitenziaria, il condannato ha presentato ricorso dinanzi a questa Corte. Si sostiene, essenzialmente, il contrasto fra la disposizione che consente l'apposizione del vetro divisorio e i principi dettati da Corte cost., sent. n. 105 del 2023, che ha dichiarato non fondate nei sensi di cui in motivazione - le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 41-bis, comma 2- quater, lett. b), della legge 26 luglio 1975, n. 354, sollevate in riferimento agli articolo 3,27, terzo comma, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 e all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; tali questioni inerivano alla parte dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, lett. b), cit. in cui è disposto « … che il colloquio visivo mensile del detenuto in regime differenziato avvenga in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, anche quando si svolga con i figli e i nipoti in linea retta minori di anni quattordici». Ulteriore argomentazione spesa dal ricorrente, infine, è quella attinente alla presenza - all'interno dell'istituto del quale egli è attualmente allocato - di metal detector e di sistemi di sorveglianza audio e video; tale circostanza dovrebbe valere, in ipotesi difensiva, a rendere del tutto superfluo l'utilizzo del vetro divisorio. 2.1. In linea generale, il diritto allo svolgimento dei colloqui visivi rampolla dal più ampio diritto del detenuto, a coltivare la vita familiare ed a conservare le relazioni con i più stretti congiunti. Tale diritto si pone quale fondamento e scaturigine di numerose disposizioni in campo penitenziario [possono citarsi l'articolo 28 Ord. pen., secondo cui «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»; l'articolo 18 comma 3 Ord. pen., che riconosce «particolare favore ... ai colloqui con i familiari»; gli articolo 1, comma 6 e 15 Ord. pen., che li ritengono rilevanti anche ai fini dell'attività di recupero e rieducazione del condannato; gli articolo 61, comma 1, lett. a) e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, che garantiscono il diritto ai colloqui con i familiari, anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell'isolamento con esclusione dalle attività in comune] ed è riconosciuto da diverse norme costituzionali (articolo 29,30 e 31 Cost., posti a tutela della famiglia e dei suoi componenti) e convenzionali (articolo 8 Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, laddove viene sancito che «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare ...»). 2.1.1. In tale quadro normativo - improntato ad una ampia garanzia e costellato di variegate forme di tutela - la possibilità di circoscrivere l'esercizio del diritto deve essere oggetto di espressa previsione normativa, nonché trovare giustificazione in esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, ovvero di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui (si veda la parte motiva di Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, Rv. 279577-01; per quanto attiene alla giurisprudenza sovranazionale, si veda Cedu, Sez. II, 4 febbraio 2003, Van der Ven c. Paesi Bassi). Tali principi operano, ovviamente, anche con riferimento ai detenuti assoggettati al regime differenziato ex articolo 41-bis Ord. pen.; questi subiscono restrizioni, quanto al numero dei colloqui e alle relative modalità di svolgimento, ma conservano intonso il diritto alla fruizione degli stessi. 2.1.2. Nell'ambito delle limitazioni imposte alle modalità di svolgimento dei colloqui, dei quali fruisce il detenuto sottoposto a regime penitenziario differenziato, la possibile utilizzazione del vetro divisorio ha un preciso ancoraggio normativo, atteso che l'articolo 41-bis, comma 2-quater, lett. b), Ord. pen. stabilisce testualmente che i sottostanti incontri abbiano luogo «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti». Il Giudice delle leggi e la giurisprudenza di legittimità, poi, hanno precisato che tali restrizioni - in ossequio agli articolo 3 e 27 Cost. - devono trarre legittimazione e giustificazione dalla sussistenza di esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza, che sono sottese al regime differenziato (così Corte cost., sent. n. 97 del 2020 e n. 351 del 1996; sulla medesima direttrice interpretativa, si veda Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, Gallucci, n.m.). 2.2. Compiuto tale inquadramento normativo ed ermeneutico, osserva il Collegio che l'impugnazione pone un ben preciso quesito; il tema è se - per effetto di Corte cost., sent. n. 105 del 2023 – gravi sul detenuto istante, come esige il provvedimento impugnato, l'onere di dedurre, in relazione al caso concreto, una situazione particolare, che possa essere atta a giustificare l'effettuazione dei colloqui in assenza del vetro divisorio (opzione che equivarrebbe a stabilire la vigenza di una disciplina di carattere generale, consistente nell'effettuazione dei colloqui con il vetro divisorio, salva la deduzione di specifiche esigenze, legate alle peculiarità del rapporto col congiunto e fermo il limite della possibile strumentalizzazione del minore), o se – in maniera diametralmente opposta e conformemente all'auspicio difensivo – viga la regola generale della non apposizione del vetro divisorio, salva la giustificazione, ad opera dell'amministrazione penitenziaria, delle ragioni giustificative di tale utilizzo. 2.3. La lettura della parte finale della motivazione di Corte cost., sent. n. 105 del 2023 – contrariamente alla prospettazione difensiva - orienta univocamente verso la prima soluzione; è bastevole, infatti, riportare il seguente passaggio: “L'ulteriore pregio dell'indicazione contenuta in una circolare siffatta – proprio considerando le varie peculiarità di condizione in cui possono trovarsi, sia il minore, sia il detenuto – è che essa non può dar luogo ad alcuna insuperabile rigidità. Da un lato, l'indicazione in parola non può impedire una deroga puntuale alla regola del vetro divisorio, anche per i colloqui con minori ultradodicenni; dall'altro lato, e all'inverso, non attribuisce una pretesa intangibile alla condivisione del medesimo spazio libero, nemmeno durante i colloqui con minori infradodicenni. Sarà quindi ben possibile all'amministrazione penitenziaria – o alla magistratura di sorveglianza in sede di reclamo – disporre un colloquio senza vetro divisorio anche con minori di età superiore a dodici anni, quando sussistano ragioni tali da giustificare una simile scelta, oggetto di adeguata motivazione (ossia la deroga), volta ad escludere, in particolare, che i minori in questione siano strumentalizzabili per trasmettere o ricevere informazioni, ordini o direttive”. Non residuano perplessità, allora, circa la necessità che ricorrano elementi di segno positivi, seriamente apprezzabili, che siano in grado di giustificare la deroga e che si vadano a saldare con l'assenza di elementi negativi (ossia, che non sia ravvisabile un rischio di strumentalizzazione del minore). 2.4. Devono ritenersi, in conclusione, ancora pienamente validi i principi di diritto ripetutamente fissati da questa Corte, secondo la quale: «In tema di regime penitenziario differenziato ai sensi dell'articolo 41-bis ord. pen., è legittima la disposizione dell'Amministrazione penitenziaria che, in attuazione dell'articolo 16 della circolare del DAP del 2 ottobre 2017, preveda che il colloquio visivo avvenga senza vetro divisorio solo nel caso in cui esso abbia luogo con il figlio o i nipoti in linea retta minori di 12 anni oppure, con le cautele ordinarie, nel caso di parenti e affini entro il terzo grado, in quanto detta regolamentazione costituisce un ragionevole esercizio del potere amministrativo in funzione del contemperamento tra le esigenze di mantenimento delle relazioni familiari e quelle di particolare controllo richieste dal regime penitenziario» (Sez. 1, n. 28260 del 09/04/2021, Mangione, Rv. 281754 – 01); così anche Sez. 1, n. 46719 del 03/11/2021, Pesce, Rv. 282319 – 01. La giurisprudenza di legittimità, del resto, ha già chiarito come tali consolidate regole ermeneutiche non confliggano con la disciplina enunciata dalla Corte costituzionale, a mezzo della succitata sentenza n. 105 del 2023 (si veda, in parte motiva, Sez. 1, n. 37211 del 27/09/2024, A., Rv. 287214 – 01, a mente della quale: «In tema di regime differenziato ai sensi dell'articolo 41-bis ord. pen., è legittimo il diniego che l'Amministrazione penitenziaria, ritenendo sussistente il concreto pericolo che un'attenuazione dei presidi di sicurezza possa vanificare il regime derogatorio, opponga - in attuazione dell'articolo 16 della circolare del DAP del 2 ottobre 2017 - alla richiesta del detenuto di effettuare il colloquio visivo con il proprio figlio minore ultradodicenne in ambiente privo di vetro divisorio, poiché in tal caso le esigenze di particolare controllo richieste dal regime penitenziario prevalgono su quelle di mantenimento delle relazioni familiari»). 3. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l'annotazione di cui all'articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il “codice in materia di protezione dei dati personali”. P.Q.M Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.