L’assegnazione del lavoratore a mansioni differenti da quelle stabilite nel patto di prova integra un vizio funzionale della clausola di prova: ciò non ne determina la nullità, ma attribuisce al lavoratore il diritto di completare il periodo di prova nelle mansioni pattuite oppure di ottenere il risarcimento del danno subito.
Con la sentenza in esame, il Tribunale di Messina ha affrontato due tematiche di grande attualità in ambito giuslavoristico: l'effettività del periodo di prova e la natura formativa del contratto di apprendistato. Il caso riguardava una lavoratrice che, dopo un periodo di somministrazione con mansioni di salumiera, veniva assunta con contratto di apprendistato professionalizzante da una società e, per effetto di retrocessione di ramo d'azienda, continuava l'attività presso altro datore di lavoro, senza soluzione di continuità. Nei primi due mesi, tuttavia, l'apprendista si assentava per malattia e, al rientro, veniva adibita a mansioni di cassiera, fino al licenziamento per mancato superamento della prova. La lavoratrice contestava la validità del recesso, sostenendo di non aver potuto svolgere le mansioni oggetto del patto di prova e lamentando la sostanziale mancanza di percorso formativo e di affiancamento da parte del tutor. Ne chiedeva così la nullità, nonché la conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato. Il Tribunale, dopo aver ricostruito le vicende contrattuali, ha chiarito che il licenziamento durante il periodo di prova ha natura discrezionale e non necessita di motivazione, ma grava sul lavoratore l'onere di provare l'abuso o l'illiceità del recesso. Tuttavia, nel caso in esame, il giudice ha rilevato che la lavoratrice era stata adibita a mansioni diverse da quelle previste dal patto di prova, rendendo di fatto impossibile una valutazione corretta delle sue capacità rispetto all'incarico pattuito. In linea con la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 29208/2019; Cass, n. 26679/2018), il Tribunale ha escluso che si possa parlare di licenziamento illegittimo ai sensi dell'articolo 18 Stat. Lav., trattandosi non di un vizio genetico ma funzionale del patto di prova: in questi casi, il lavoratore ha diritto di completare il periodo di prova nelle mansioni pattuite o, in alternativa, al risarcimento del danno per il mancato svolgimento. Quanto alla domanda di nullità del contratto di apprendistato per assenza di formazione e tutoraggio, il Tribunale ha richiamato la natura bifasica dell'apprendistato professionalizzante (articolo 41 d.lgs. 81/2015) e la necessità di un concreto percorso formativo. Tuttavia, l'istruttoria ha escluso che la lavoratrice fosse priva di affiancamento, respingendo la doglianza. Alla luce di tali principi, il Tribunale di Messina ha dichiarato illegittimo il recesso e condannato la società a consentire il completamento dei 30 giorni residui di prova nelle mansioni di specialista di salumeria o, in alternativa, a corrispondere il relativo risarcimento in misura pari alla retribuzione non percepita, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Respinte, invece, le ulteriori domande di conversione e reintegra.
Giudice Totaro 1. - Con ricorso depositato il 16 febbraio 2022, in riassunzione del giudizio promosso il 17 maggio 2021 dinanzi al Tribunale di Barcellona P.G. dichiaratosi incompetente per territorio con ordinanza del 15 febbraio 2022, (omissis) adiva questo giudice del lavoro e, premesso di aver lavorato alle dipendenze della (omissis) dal 27 maggio al 31 dicembre 2020 in virtù di un contratto di somministrazione con mansione e qualifica di salumiere, addetto anche alla vendita del prodotto, IV liv. CCNL, e, dal 29 dicembre 2020 in virtù di un contratto di apprendistato della durata di 36 mesi dal 2 gennaio 2021 con qualifica di impiegata, per l'acquisizione delle mansioni di specialista in salumeria con funzione di vendita IV liv. CCNL, deduceva di aver ricevuto in data 22 gennaio 2021 comunicazione del passaggio, a seguito della retrocessione del ramo d'azienda alla (omissis) (omissis), a far data dal 1° febbraio 2021, alle dipendenze di quest'ultima società, lavorandovi senza soluzione di continuità e mantenendo invariato il rapporto di lavoro; che durante il periodo di prova di due mesi (nonostante la sua acquisita esperienza nel settore per ben 6 mesi), a causa di un incidente si assentava per malattia fino al 15 febbraio 2021 e al rientro veniva adibita esclusivamente alla cassa fino al giorno 5 marzo 2021, quando veniva licenziata per mancato superamento della prova, ma continuando a lavorare fino al 9 marzo 2021 con la conseguente stabilizzazione del rapporto a tempo indeterminato. Lamentava di non aver di fatto iniziato con la (omissis) il rapporto di apprendistato, sia perché i 15 giorni di malattia dovevano comportare la sospensione del periodo di prova riducendosi, in sostanza, esso a 15 giorni, non utilizzati per valutare le sue capacità in ordine alle mansioni di salumiere, essendo stata adibita, al suo inserimento, in azienda, sempre ed esclusivamente alla cassa, prestando, addirittura, straordinario per il periodo 15-28 febbraio 2021; che d'altra parte tale apprendistato si è svolto non al fine di fare acquisire la professionalità e l'esperienza per la qualifica di salumiere, per poi procedere all'assunzione, ma in modo simulato, essendosi di fatto attuato come un normale rapporto di lavoro subordinato, con mansioni di cassiera - senza mai la presenza, l'ausilio o il supporto del tutor (omissis) che, oltretutto, mai l'ha contattata perché non a conoscenza del proprio ruolo. Ha aggiunto di avere impugnato, con pec del 17 marzo 2021, il licenziamento per insussistenza del fatto addebitato, perché nullo e per violazione delle norme che regolano il rapporto di apprendistato e per violazione del patto di prova. Ha eccepito dunque la nullità e illegittimità del recesso intimato per mancato superamento del periodo di prova il 5 marzo 2021, ma in realtà dopo che la stessa aveva continuato a prestare attività lavorativa fino al 9; la nullità del rapporto di apprendistato perché non diretto alla professionalizzazione dell'apprendista alla qualifica di salumiere con funzioni di vendita, essendo ella stata adibita la ricorrente dal 15 febbraio 2021 esclusivamente a compiti e mansioni di cassiera, con la conseguente trasformazione del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nonché per mancato svolgimento del periodo di prova presso la (omissis), essendo mancato l'addestramento e anche la figura del tutor che la doveva supportare e istruire, con la conseguente instaurazione di un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato e parziale, con conseguente nullità, inefficacia e illegittimità del recesso per insussistenza del fatto posto a base del licenziamento - il mancato superamento del periodo di prova (di fatto mai prestato dalla lavoratrice). Ha chiesto quindi di accertare che il rapporto, in assenza della configurazione giuridica di un rapporto di apprendistato, si è stabilizzato come lavoro subordinato a tempo indeterminato a partire dal 1° febbraio 2021, con qualifica e mansioni di cassiera e, conseguentemente, di ritenere nullo e illegittimo il licenziamento per insussistenza del fatto e perché carente di giusta causa e giustificato motivo; in ogni caso di ritenere superato il periodo di prova e, comunque, stabilizzato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato per avere, la ricorrente, oltretutto, prestato attività lavorativa dopo la scadenza dell'intimato licenziamento, nonché per avere lavoro straordinario; conseguentemente di disporre la sua reintegra nel posto di lavoro con rapporto a tempo indeterminato e con mansione e qualifica di cassiera, per insussistenza del fatto contestato e per nullità del recesso, con tutte le conseguenze di cui all'articolo 18, n. 4, dello Statuto dei Lavoratori; in subordine di dichiarare nullo il recesso ripristinando, ex novo, per 35 mesi il rapporto di apprendistato o di dichiarare nullo il contratto di apprendistato, condannando la società (omissis) al pagamento delle retribuzioni che sarebbero maturate per 35 mesi nella misura di Euro 50.000, oltre interessi e rivalutazione, comprensivo di danno da mancata formazione; accertare che la ricorrente è stata alle dipendenze di tale società dal 1 febbraio al 9 marzo 2021, con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con mansioni e qualifica di cassiera e che in virtù delle mansioni svolte durante tutto il periodo il rapporto di lavoro non si è svolto secondo le condizioni di cui al contratto di apprendistato non essendo mai stata, la stessa, adibita a quanto previsto dal contratto e senza l'assistenza di un tutor, con la conseguente nullità del contratto di apprendistato e il diritto al risarcimento dei danni nella misura di Euro 50.000. Nella resistenza della convenuta, esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione e sostituita l'udienza del 25 febbraio 2025 dal deposito di note scritte, ai sensi dell'articolo 127 ter c.p.c., la causa viene decisa con adozione fuori udienza della sentenza. 2.- In ordine alla denunciata illegittimità del licenziamento occorre rilevare in fatto che dalla documentazione in atti si evince che il rapporto di lavoro in questione è stato risolto per mancato superamento del periodo di prova a far data dal 5 marzo 2021, giusta lettera raccomandata di pari data e comunicazione obbligatoria UNILAV inviata dal consulente del lavoro della (omissis) il 12 marzo 2021. Orbene, è noto che il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso, incombendo, quindi, sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l'onere di provare, secondo la regola generale di cui all'articolo 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova (v. tra le più recenti Cass. n. 26679/2018). Quanto alla doglianza relativa alla tardività del recesso, è sufficiente rilevare che come eccepito dalla resistente, la (omissis) è stata assunta dalla (omissis) presso la sede di Messina-Tremestieri con contratto di apprendistato professionalizzante per la durata di 36 mesi per acquisire la qualifica di specialista di salumeria con funzioni di vendita, IV livello ccnl, terziario commercio, con decorrenza dal 2 gennaio 2021 e con il trattamento previsto per il V livello; che il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità con la (omissis) e il periodo di prova, fissato in 60 giorni, non è venuto a scadenza il 3 marzo 2021 bensì il 18, considerata la sospensione durante i 15 gg. di assenza per malattia della lavoratrice (dal 1° al 15 febbraio 2021). Pertanto, non è possibile ritenere che alla data di comunicazione del licenziamento fosse cessato il periodo di libera recedibilità. 3.- L'istruttoria svolta ha invece consentito di appurare che la ricorrente durante il periodo di prova, quantomeno dal 15 febbraio 2021, è stata adibita solo a mansioni di cassiera (v. testi (omissis) e (omissis) ), affatto diverse da quelle di salumiera prima svolte promiscuamente (v. testimonianza di (omissis)). In tale ipotesi, dunque, non è configurabile un esito negativo della prova e un valido recesso perché le modalità dell'esperimento non risultano adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova. Tuttavia, trattandosi di vizio funzionale del patto di prova validamente apposto (nella specie, per l'assegnazione in concreto di mansioni diverse da quelle indicate nella clausola accessoria) non trova applicazione la disciplina del licenziamento individuale - come nel caso di vizio genetico (qui non denunciato), ad esempio per difetto di forma scritta o per mancata specificazione delle mansioni da espletarsi - bensì lo speciale regime del recesso in periodo di prova, che prevede il diritto del lavoratore alla prosecuzione dell'esperimento, ove possibile, ovvero al ristoro del pregiudizio sofferto (v. Cass. n. 29208/2019, che ha riformato la decisione del giudice di merito che, dopo aver ritenuto che l'esperimento avesse ad oggetto mansioni che non erano poi state oggetto della prova, in quanto il lavoratore era stato adibito a compiti diversi, ne aveva tratto la conseguenza che il patto di prova dovesse considerarsi violato per l'attribuzione di mansioni diverse da quelle che ne formano oggetto e aveva ritenuto instaurato fra le parti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato non soggetto alla temporanea libera recedibilità e non giustificato il licenziamento intimato, con le conseguenze dettate dall'articolo 18 Stat. Lav.; n. 26679/2018). Pertanto, la società resistente va condannata a consentire alla ricorrente di effettuare i residui 30 gg. di prova nelle mansioni pattuite presso il p.v. di Tremestieri ovvero, laddove essa non sia più attiva, a risarcirle il danno, ragguagliato alla retribuzione di V livello non percepita per tale periodo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione al soddisfo. 4.- Quanto alla pretesa nullità dell'apprendistato, si premette in diritto che trattasi di un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani (articolo 41 D.Lgs. n. 81/2015). Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'apprendistato professionalizzante, che ne rappresenta una species (articolo 41, comma 2, lett. b. D.Lgs. cit.), prevede a fronte della prestazione di lavoro l'obbligo datoriale di corrispondere una retribuzione e di fornire un addestramento finalizzato all'acquisizione di una specifica qualifica. Esso da luogo, quindi, a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a struttura bifasica, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge l'elemento specializzante costituito dallo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale), mentre, la seconda, soltanto residuale, perché condizionata al mancato recesso ex articolo 2118 c.c., vede la trasformazione del rapporto in tipico rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che la finalità formativa (rectius, l'acquisizione di una specifica qualificazione per il tramite del piano formativo) costituisce uno degli elementi essenziali di tale tipo di contratto e giustifica la sottoposizione ad una disciplina speciale, anche dal punto di vista formale. Ancora, come chiarito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sotto il vigore della precedente disciplina (da ultimo con Circolare n. 5/2013) in linea generale la qualificazione non deve essere già posseduta all'atto dell'instaurazione del rapporto di apprendistato, poiché il relativo contratto sarebbe nullo per l'impossibilità di formare il lavoratore rispetto a competenze di cui è già in possesso. . Dunque, è necessario fare una verifica caso per caso, atteso che un rapporto di lavoro preesistente di durata limitata, anche di apprendistato, non pregiudica la possibilità di instaurare un successivo rapporto formativo. . E in mancanza di esplicite previsioni normative o contrattuali, ... occorre valutare se nell'ambito del piano formativo individuale sia ravvisabile un percorso di natura addestrativa di carattere teorico e pratico volto ad un arricchimento complessivo delle competenze di base trasversali e tecnico professionali del lavoratore. Nell'ambito della valutazione rileva peraltro anche la durata del rapporto di lavoro precedentemente intercorso con il datore di lavoro, in quanto tale elemento incide inevitabilmente sul bagaglio complessivo delle competenze già acquisite dal lavoratore. A mero titolo orientativo, non sembra ritenersi ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per un durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva; tale conclusione è dettata dalla necessità che il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell'acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali, non abbia a prevalere sull'instaurando rapporto di apprendistato. . Nella successiva nota n. 14994 del 29 luglio 2016 lo stesso (omissis) ha ribadito, però, che l'Ufficio legislativo evidenzia che la funzione dell'apprendistato professionalizzante è quella di far acquisire all'apprendista le conoscenze e la capacità tecnica necessarie per diventare lavoratore qualificato e che, per raggiungere tale scopo, la formazione impartita dal datore di lavoro deve essere necessaria , nel senso che l'apprendista non deve essere già in possesso delle conoscenze e delle capacità previste per la qualifica professionale alla cui acquisizione l'apprendistato è finalizzato ed effettiva , cioè non meramente figurativa ma realmente impartita. Pertanto, qualora la formazione non abbia tali caratteristiche - da valutarsi caso per caso, a seconda del concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro - il contratto di apprendistato risulterebbe illegittimo. . Nella specie la ricorrente, pur avendo dedotto di avere svolto per 6 mesi quale lavoratore somministrato le mansioni di salumiera per la (omissis) ha poi chiesto di accertare la nullità del contratto di apprendistato, stipulato con la stessa e poi proseguito con la (omissis), per l'asserito inadempimento degli obblighi di formazione posti a carico del datore di lavoro, poiché il rapporto si sarebbe svolto in assenza di valido affiancamento da parte del tutor aziendale, indicato nella persona di (omissis). Ma tale circostanza è stata smentita dal medesimo ('Ero stato nominato dalla (omissis) tutor della ricorrente, assunta come apprendista, ma siccome il rapporto della stessa è iniziato poco prima del passaggio di azienda di fatto l'affiancamento si è avuto solo per poco tempo (peraltro lei aveva già lavorato come cassiera e salumiera presso altre aziende e con la stessa (omissis) mi pare con contratto a termine forse in somministrazione; di solito la società assume il personale in prova da agenzie di lavoro e se si tratta di personale adeguato lo assume) e poi ci siamo occupati del passaggio di merce (inventari e riallestimento) e della sistemazione del p.v.; poi venendo meno le mie mansioni di direttore non ho potuto più svolgere il ruolo di tutor e comunque la (omissis) si è assentata per malattia ) e dalla collega ((omissis)è stato il tutor mio per circa un anno, della ricorrente anche ma non ricordo per quanto tempo; preciso che ci ha istruito e supportato nello svolgimento dell'attività di cassa solo per un breve periodo, un paio di mesi, nel p.v. di Tremestieri) nel corso della prova testimoniale. Pertanto la doglianza non è meritevole di accoglimento. Ne consegue, altresì, l'immediato rigetto delle domande connesse di accertamento della ingiustificatezza del recesso e di condanna alla reintegra e al risarcimento danni, basate sul presupposto accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con qualifica di cassiera. 5.- Le ragioni della decisione giustificano la compensazione per 4/5 delle spese del giudizio, che per la restante frazione seguono la soccombenza e ai sensi del D.M. n. 55/2014 e s.m.i. si liquidano, tenuto conto del valore e dell'attività svolta, in 925,7 euro, con distrazione ex articolo 93 c.p.c. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunziando, ogni ulteriore istanza ed eccezione respinta: 1) dichiara illegittimo il recesso - dal contratto di apprendistato professionalizzante per la durata di 36 mesi volto all'acquisizione della qualifica di specialista di salumeria con funzioni di vendita, IV livello c.c.n.l. terziario commercio, stipulato con la (omissis) a far data dal 1° gennaio 2021 e proseguito con la (omissis) dal 1° febbraio 2021 - intimato a (omissis) in data 5 marzo 2021; 2) per l'effetto condanna la società resistente a consentire alla ricorrente di effettuare i residui 30 gg. di prova nelle mansioni pattuite presso il p.v. di Tremestieri ovvero, laddove essa non sia più attiva, a risarcirle il danno, ragguagliato alla retribuzione di V livello non percepita per tale periodo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione al soddisfo; 3) condanna altresì la resistente a rimborsare alla ricorrente 1/5 delle spese processuali, liquidato in 925,7 euro, oltre spese generali, i.v.a., c.p.a., distratte in favore del procuratore antistatario in epigrafe indicato, compensando il resto.