Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e periodo di preavviso: l’effetto estintivo non è sempre retroattivo

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il rapporto si estingue non dalla comunicazione dell’avvio della procedura, ma dal termine del preavviso, anche se lavorato o fruito sotto forma di ferie.

La vicenda processuale  Il ricorrente, dipendente a tempo indeterminato, riceveva il 22 gennaio 2019 la comunicazione di avvio del procedimento di conciliazione per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO), dovuto alla soppressione del settore informatico dell'azienda. La Società lo collocava in ferie dal 24 gennaio all'8 febbraio, giorno in cui si teneva il tentativo di conciliazione con esito negativo. Lo stesso giorno il lavoratore presentava domanda all'INPS per il congedo biennale ex articolo 42, d.lgs. n. 151/2001. Con lettera del 9 febbraio 2019, la Società comunicava il licenziamento, con effetto dichiarato dall'8 febbraio. L'11 febbraio il lavoratore riceveva la comunicazione. Il giudizio di primo grado e di appello Il lavoratore adiva il Tribunale di Lucca chiedendo: l'accertamento che il licenziamento decorresse dall'11 febbraio 2019; il riconoscimento del diritto al congedo straordinario INPS; la declaratoria di inefficacia temporanea del licenziamento fino al termine del congedo; il risarcimento o la reintegrazione per violazione dell'obbligo di repêchage.   Il Tribunale rigettava tutte le domande, sia in fase sommaria che a seguito dell'opposizione. La Corte d'Appello di Firenze confermava il rigetto, affermando che: ai sensi dell'articolo 1, co. 41, L. n. 92/2012, il licenziamento per GMO produce effetto dalla comunicazione di avvio della procedura presso l'Ispettorato del lavoro (22 gennaio); le eccezioni alla retroattività sono tassative (maternità, paternità, infortunio) e non comprendono il congedo per assistenza; l'articolo 1, co. 41, è norma imperativa e non derogabile neanche dal datore.   Il ricorso in Cassazione Il lavoratore ricorreva per Cassazione, lamentando: violazione dell'articolo 1, comma 41, legge n. 92/2012, e degli articolo 1334 e 1335 c.c., perché il licenziamento, in quanto atto unilaterale recettizio, sarebbe efficace solo alla sua ricezione (11 febbraio); violazione degli articolo 42, d.lgs. 151/2001 e 4, legge n. 53/2000, per non aver sospeso gli effetti del licenziamento a fronte della domanda di congedo.   La decisione della Cassazione La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassando la sentenza impugnata. Secondo la Corte, la fattispecie estintiva del licenziamento per GMO è complessa, articolata in tre fasi: comunicazione dell'intenzione di licenziare e avvio del procedimento; svolgimento del tentativo di conciliazione; comunicazione del licenziamento, atto recettizio.   L'articolo 1, comma 41, legge n. 92/2012 non è norma inderogabile, in quanto: è derogabile in melius (a favore del lavoratore); è riferita alla rilevanza giuridica, non all'effetto estintivo automatico.   Se il datore non interrompe il rapporto durante la procedura (ad esempio, collocando in ferie), quel periodo è da considerarsi preavviso lavorato e il rapporto si estingue al termine di esso. In tal caso, l'effetto estintivo non può retroagire alla data dell'avvio della procedura. Effetti sul congedo straordinario La Corte evidenzia che, se la domanda di congedo è presentata durante il periodo di preavviso lavorato, essa può incidere sugli effetti del licenziamento: se il congedo è fruibile, il licenziamento è inefficace fino al termine del congedo (Cass. n. 5425/2019); il licenziamento per GMO non è nullo, ma solo temporaneamente inefficace; la Corte d'Appello dovrà valutare se il rapporto era ancora in essere l'8 febbraio e se la domanda di congedo sospendesse l'efficacia del licenziamento.   Fattispecie concreta: licenziamento durante ferie e decorrenza del recesso Il ricorrente, lavoratore in ferie dal 4 all'8 febbraio 2019, riceveva la comunicazione di licenziamento solo in data 11 febbraio 2019. Lamentava quindi che il rapporto si fosse estinto non già il 4 febbraio (data di avvio della procedura), bensì l'11 febbraio, quando aveva ricevuto la lettera di licenziamento. La Corte d'Appello aveva invece ritenuto che, ex articolo 1, comma 41, legge n. 92/2012, il licenziamento producesse effetti già dalla comunicazione iniziale di avvio del tentativo di conciliazione. Secondo il lavoratore ciò contrastava con la natura recettizia dell'atto di licenziamento, di cui agli articolo 1334 e 1335 c.c., e con l'espresso diritto al preavviso previsto dalla norma. La normativa rilevante e l'interpretazione sistematica La Corte di Cassazione accoglie i motivi di ricorso, chiarendo l'esatta portata dell'articolo 1, comma 41, della legge n. 92/2012, che stabilisce: «il licenziamento […] produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato […] salvo il diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità». La norma deve essere letta sistematicamente: il legislatore distingue tra la comunicazione dell'intenzione di licenziare (atto prodromico) e la comunicazione del recesso vero e proprio (atto conclusivo), necessario per la produzione dell'effetto estintivo. Fattispecie complessa e atti distinti: il ruolo della comunicazione finale Secondo la Corte, ci si trova dinanzi a una fattispecie complessa, articolata in tre fasi: comunicazione datoriale iniziale: avvia il tentativo di conciliazione e indica il motivo oggettivo ex articolo 7 legge n. 604/1966; procedimento di conciliazione: può avere esito positivo o negativo; comunicazione finale di recesso: atto negoziale unilaterale recettizio, ai sensi degli articolo 1334-1335 c.c., che determina l'effetto estintivo del rapporto di lavoro.   La Corte afferma che solo con il secondo atto il recesso è perfezionato, e che la decorrenza della decadenza ex articolo 6 legge n. 604/1966, parte da tale ricezione. Salvezza del preavviso e retroattività limitata Il legislatore fa salve le norme sul preavviso (articolo 2118 c.c.). Dunque, anche se l'atto ha effetto retroattivo alla data dell'avvio della procedura, l'estinzione del rapporto decorre dal termine del periodo di preavviso, se questo è dovuto o non è stato sostituito da indennità. Si configurano due ipotesi: licenziamento con preavviso: l'effetto estintivo opera solo al termine del periodo di preavviso; licenziamento senza preavviso: l'estinzione opera alla data del secondo atto, purché ricevuto dal lavoratore.   Ruolo del repechage e necessità dell'atto finale La sentenza sottolinea che, anche in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, il datore può non procedere al licenziamento, ad esempio in caso di repechage (ricollocazione in altra posizione). Questa eventualità conferma la necessità del secondo atto. Solo tale comunicazione manifesta in modo definitivo la volontà di recedere. Conclusione: centralità della comunicazione recettizia nel licenziamento per GMO La Cassazione conferma che la normativa exlegge n. 92/2012 non ha innovato il principio per cui il licenziamento è un atto recettizio: produce effetto solo quando portato a conoscenza del lavoratore. L'estinzione del rapporto non si determina per effetto automatico dell'avvio del procedimento conciliativo, ma solo a seguito della comunicazione finale di licenziamento, da cui decorrono effetti estintivi e termini di impugnazione.

Presidente Manna – Relatore Panariello Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.