Il Consiglio di Stato solleva due quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE sulla compatibilità dei termini decadenziali per l’avvio dei procedimenti antitrust e sull’annullamento automatico dei provvedimenti sanzionatori, interrogandosi sul bilanciamento tra effettività dell’azione amministrativa e tutela delle garanzie difensive.
Il procedimento in esame trae origine da una segnalazione del 2019, con cui una stazione appaltante denunciava all'AGCM presunte intese restrittive della concorrenza tra più imprese nell'ambito di una gara per la manutenzione stradale. Nonostante le informazioni essenziali risultassero già disponibili sin dalla prima segnalazione, l'Autorità avviava formalmente l'istruttoria solo nel maggio 2021, dopo una lunga fase preistruttoria, contestando la sussistenza di un'intesa orizzontale e irrogando sanzioni amministrative. Le imprese destinatarie delle sanzioni impugnavano il provvedimento davanti al TAR Lazio, che, riuniti i ricorsi, accoglieva le domande ritenendo violato il termine “ragionevole” per l'avvio dell'istruttoria, sulla scorta dei principi sanciti nella l. n. 241/1990, nella CEDU e nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. Il TAR, pur negando l'applicabilità diretta dell'articolo 14 l. n. 689/1981 ai procedimenti antitrust, censurava l'inerzia dell'Autorità evidenziando come le condizioni per il tempestivo esercizio del potere sanzionatorio fossero già integrate sin dalla prima segnalazione. Avverso la sentenza di annullamento, l'AGCM proponeva appello, contestando che la decisione si fondasse esclusivamente sulla violazione del termine ragionevole, senza che fosse stata dimostrata un'effettiva lesione del diritto di difesa delle imprese. Le società appellate, dal canto loro, proponevano appello incidentale, lamentando l'errata esclusione dell'applicabilità dell'articolo 14 l. 689/1981. Il Consiglio di Stato, rilevata la persistente incertezza interpretativa – anche alla luce di recenti sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (C-510/23 e C-511/23) – ha ritenuto necessario sospendere il giudizio e sollevare due quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia. In particolare: primo quesito pregiudiziale: se l'articolo 101 TFUE osti a una normativa nazionale che impone all'AGCM di notificare il provvedimento di avvio dell'istruttoria entro termini decadenziali stringenti (90 giorni, ovvero 360 giorni per imprese estere) dal momento della conoscenza della presunta violazione; secondo quesito (subordinato): se sia conforme al diritto europeo una disciplina nazionale che dispone l'annullamento automatico del provvedimento sanzionatorio per la sola violazione del termine ragionevole, indipendentemente dall'accertamento di una lesione effettiva del diritto di difesa, ovvero se tale automatismo sia ammissibile solo qualora sia l'Autorità a dover provare la lesione. Il bilanciamento tra effettività e certezza del diritto La questione sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia coinvolge un delicato bilanciamento fra due esigenze fondamentali: effettività dell'enforcement antitrust: la necessità che l'AGCM possa perseguire efficacemente le condotte anticoncorrenziali, senza essere irragionevolmente ostacolata da termini decadenziali troppo stringenti; tutela del diritto di difesa e certezza giuridica: la garanzia che gli operatori economici non siano soggetti a un'azione sanzionatoria dilatata nel tempo, in violazione del principio della ragionevole durata del procedimento e del diritto a un equo processo, così come sancito dall'articolo 6 CEDU e dall'articolo 47 della Carta dei Diritti Fondamentali UE. La giurisprudenza europea, infatti, riconosce l'importanza di fissare termini procedurali ragionevoli nella prospettiva della certezza del diritto, ma pone altresì attenzione a evitare che l'automatismo annullatorio per il solo decorso del termine possa pregiudicare l'effettività della tutela degli interessi protetti dal diritto UE. In attesa della risposta pregiudiziale della Corte di Giustizia, il Consiglio di Stato ha sospeso il giudizio, riservando ogni ulteriore statuizione. L'esito della questione appare destinato a incidere profondamente sulle modalità di avvio e svolgimento dei procedimenti sanzionatori antitrust, ridefinendo i confini tra effettività dell'azione amministrativa e tutela delle garanzie fondamentali degli operatori economici. La decisione fornirà chiarimenti essenziali sul rapporto tra diritto interno e diritto dell'Unione, ponendo le basi per una rinnovata armonizzazione dei principi di effettività, certezza del diritto e tutela del contraddittorio nel settore dell'enforcement antitrust.
Presidente Simonetti Relatore Satullo A. L'INTESA ANTICONCORRENZIALE CONTESTATA A SINTEXAL S.P.A., IMPRESA BACCHI S.R.L., GENERAL BETON TRIVENETA S.P.A. E ITINERA S.P.A. ED IL PROVVEDIMENTO DELL'AGCM. 1. In data 16 maggio 2019 Milano Serravalle – Milano Tangenziali S.p.a., quale stazione appaltante della Gara servizi n. 1/2019 indetta per l'affidamento del servizio di manutenzione ordinaria delle pavimentazioni stradali sull'intera rete in concessione, ha segnalato all'AGCM la partecipazione alla procedura di gara di sole tre imprese (Itinera, Sintexcal e Impresa Bacchi), ciascuna ad uno solo dei tre lotti oggetto di affidamento, nonché la commistione tra gli operatori economici partecipanti alla gara e i subappaltatori, dovuta alla presenza di subappalti reciproci. 2. A seguito della segnalazione l'Autorità ha avviato l'attività preistruttoria anche tramite richieste di informazione alla stazione appaltante. In particolare, l'Autorità in data 14 ottobre 2019 (dopo cinque mesi dalla segnalazione) ha chiesto alla stazione appaltante informazioni sui ribassi offerti dai partecipanti alla gara e sul raffronto tra tali ribassi e quelli offerti nelle precedenti edizioni (richiesta riscontrata in data 28 ottobre 2019); in data 13 ottobre 2020 (dopo 12 mesi dalla prima acquisizione di informazioni) ha chiesto alla stazione appaltante la copia delle offerte pervenute, dei verbali delle sedute delle commissioni giudicatrici della gara ed ulteriori dettagli sulle prestazioni oggetto di gara (richiesta riscontrata in data 23 ottobre 2020); in data 19 marzo 2021 ha chiesto alla stazione appaltante informazioni sull'attivazione o meno dei subappalti e sugli effetti della qualificazione della gara come gara di servizi, piuttosto che come gara di lavori, sui requisiti di partecipazione (richiesta riscontrata in data 26 e 30 marzo 2021). 3. Con delibera del 25 maggio 2021 l'Autorità ha avviato l'istruttoria ai sensi dell'articolo 14 l. 287/1990. In data 8 giugno 2021 è stata svolta l'ispezione presso le società coinvolte e successivamente ulteriore attività istruttoria mediante l'audizione delle imprese e della stazione appaltante e mediante l'acquisizione di informazioni presso le imprese concorrenti. In data 28 maggio 2022 la comunicazione delle risultanze istruttorie è stata trasmessa alle parti ed alla stazione appaltante. Le parti hanno presentato memorie finali il 6 e il 7 luglio 2022. Il 12 luglio 2022 si è svolta l'audizione finale davanti al collegio. 4. Con provvedimento del 13 dicembre 2022, notificato in data 28 dicembre 2022, l'Autorità ha ritenuto sussistente l'intesa orizzontale segreta, restrittiva della concorrenza per oggetto in violazione dell'articolo 101 TFUE, nella forma di un accordo o pratica concordata tra Itinera, Sintexcal e la sua controllante General Beton, ed Impresa Bacchi, finalizzata alla ripartizione dei lotti a gara ed all'eliminazione del reciproco confronto competitivo nella Gara Servizi n. 1/2019. L'Autorità ha quindi ordinato alle predette imprese di astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli accertati e ha applicato una sanzione di euro 1.186.551 nei confronti di Itinera S.p.a., di euro 1.385.126 nei confronti di Sintexcal S.p.a. in solido con la controllante General Beton Triveneta S.p.a., e di euro 552.238 nei confronti di Impresa Bacchi S.r.l. B. IL GIUDIZIO E LA SENTENZA DI PRIMO GRADO. 5. Con autonomi ricorsi, successivamente riuniti, le imprese sanzionate hanno impugnato il provvedimento dell'Autorità deducendo tra l'altro, per quanto specificamente rileva ai fini della presente ordinanza, la violazione dell'articolo 14 l. 689/1981 in relazione alla durata della fase precedente all'avvio dell'istruttoria e comunque la violazione dei principi generali del giusto procedimento e della certezza dell'azione amministrativa in ragione del tempo irragionevolmente intercorso tra la segnalazione e l'avvio dell'istruttoria, avuto riguardo anche agli articolo 6 Cedu ed articolo 41 e 50 della Carta di Nizza. 6. Il Tar, riuniti i ricorsi, li ha accolti ritenendo sussistente la violazione del termine ragionevole per l'avvio dell'istruttoria ed assorbendo le altre censure. In particolare il Tribunale, dando conto dei diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia, ha ritenuto che non operi nei procedimenti antitrust il termine di decadenza di cui all'articolo 14, l. n. 689/1981, in ragione della “assoluta peculiarità dei procedimenti antitrust, che sommano una pluralità di attività, non solo di applicazione della sanzione pecuniaria ma anche di accertamento dell'illecito e di inibizione alla cessazione degli effetti. Non si può, pertanto sostenere che all'AGCM sia precluso, in forza dell'applicazione di termini decadenziali, l'esercizio del potere di avviare un'istruttoria e accertare un illecito antitrust, al fine di ripristinare le condizioni di legalità nel mercato interessato”. Ferma la ritenuta non applicabilità dell'articolo 14 l. n. 689/1981, il Tribunale ha comunque affermato che in base ai principi di cui alla l. n. 241/1990, interpretati anche in base all'articolo 6 CEDU e all'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la durata della fase preistruttoria dei procedimenti antitrust deve essere “ragionevole” e che “ciò che rileva, quale termine iniziale, non è la notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma l'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita; conoscenza a sua volta implicante il riscontro, anche ai fini di una corretta formulazione della contestazione, dell'esistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti”. Nel caso in esame, secondo il giudice di primo grado, l'ampio lasso di tempo intercorso tra la segnalazione e l'avvio dell'istruttoria non è stato ragionevolmente impiegato per svolgere l'attività preistruttoria, atteso che tutti gli elementi su cui si è fondata la comunicazione di avvio dell'istruttoria erano già contenuti nella segnalazione della stazione appaltante e, comunque, nella risposta alla prima richiesta di informazioni, pervenuta nell'ottobre 2020, dopo la quale l'Autorità non ha effettuato acquisizioni per oltre un anno. In particolare, il Tribunale non ha condiviso la tesi dell'Autorità secondo la quale l'effettiva consapevolezza degli elementi sintomatici della collusione sarebbe stata acquisita solo a seguito della richiesta di informazioni riscontrata in data 26 e 30 marzo 2021, trattandosi di elementi non essenziali che avrebbero potuto essere approfonditi nella successiva fase istruttoria. C. IL GIUDIZIO DI APPELLO. 7. L'Autorità ha impugnato la sentenza del Tribunale deducendo tra l'altro, per quanto rileva ai fini della presente ordinanza, la violazione del diritto europeo in materia di concorrenza in quanto avrebbe annullato il provvedimento in conseguenza della sola violazione del termine ragionevole, senza che fosse stata provata da parte delle imprese la lesione effettiva del loro diritto di difesa. 8. Con appello incidentale le imprese hanno impugnato la medesima sentenza nella parte in cui ha ritenuto inapplicabile alla fase precedente all'avvio dell'istruttoria antitrust il termine previsto all'articolo 14 l. n. 689/1981 e hanno riproposto i motivi di illegittimità assorbiti in primo grado. 9. A seguito del deposito di memorie e della discussione orale, all'udienza del 29 aprile 2025 il collegio ha assunto la causa in decisione. D. LE NORME COMUNITARIE RILEVANTI 10. L'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea prevede che “ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi o organismi dell'Unione”. L'articolo 47, seconda parte, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea prevede che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”. L'articolo 6 della CEDU, richiamato dall'articolo 52, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, stabilisce che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”. 11. L'articolo 101 del TFUE prevede che: «1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione; b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi. (…)». 12. La Direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno, non applicabile ratione temporis alla presente fattispecie, prevede che: considerando n. 14: «L'esercizio dei poteri conferiti dalla presente direttiva alle ANC, compresi i poteri di indagine, dovrebbe essere soggetto a garanzie adeguate che soddisfino almeno i principi generali del diritto dell'Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, in particolare nell'ambito di procedimenti che potrebbero dar luogo all'irrogazione di sanzioni. Tali garanzie comprendono il diritto a una buona amministrazione e il rispetto dei diritti di difesa delle imprese, di cui una componente essenziale è il diritto di essere sentiti. In particolare, le ANC dovrebbero informare le parti oggetto dell'indagine in merito agli addebiti mossi nei loro confronti a norma dell'articolo 101 o 102 TFUE sotto forma di una comunicazione degli addebiti o di una misura simile prima di adottare una decisione che constata un'infrazione e le stesse parti dovrebbero avere la possibilità di far conoscere in modo efficace il loro punto di vista su tali addebiti prima dell'adozione di una tale decisione. Le parti alle quali sono stati comunicati addebiti riguardo a una presunta infrazione dell'articolo 101 o 102 TFUE dovrebbero avere il diritto di accedere al relativo fascicolo delle ANC, per poter esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa. (…) Oltre a ciò, conformemente al diritto a una buona amministrazione, gli Stati membri dovrebbero garantire che, nell'applicare gli articoli 101 e 102 TFUE, le ANC svolgano i procedimenti entro tempi ragionevoli, tenendo conto delle specificità di ciascun caso. Tali garanzie dovrebbero essere concepite in modo da trovare il giusto equilibrio tra il rispetto dei diritti fondamentali delle imprese e l'obbligo di garantire l'applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE». - considerando n. 70: «Al fine di garantire l'applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE da parte delle ANC, è necessario prevedere norme funzionali in materia di termini di prescrizione. In particolare, in un sistema di competenze parallele, è opportuno sospendere o interrompere i termini nazionali di prescrizione per la durata del procedimento dinanzi alle ANC di un altro Stato membro o alla Commissione. Tale sospensione o interruzione non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere o introdurre termini di prescrizione assoluti, purché la durata di tali limitazioni assolute non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE». articolo 3 (“Garanzie”), par. 3: «Gli Stati membri provvedono a che i procedimenti istruttori delle autorità nazionali garanti della concorrenza siano svolti in tempi ragionevoli. Gli Stati membri provvedono a che, prima di adottare una decisione ai sensi dell'articolo 10 della presente direttiva, le autorità nazionali garanti della concorrenza adottino una comunicazione degli addebiti». articolo 4 (“Indipendenza”), par. 5: «Le autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza hanno il potere di definire le loro priorità per lo svolgimento dei compiti ai fini dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE di cui all'articolo 5, paragrafo 2, della presente direttiva. Nella misura in cui tali autorità sono tenute a prendere in considerazione le denunce formali, esse hanno il potere di respingere tali denunce a motivo del fatto che non le considerano delle priorità investigative. Ciò non pregiudica il potere delle autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza di respingere le denunce per altri motivi definiti dal diritto nazionale». articolo 29 (“Norme relative ai termini di prescrizione in materia di irrogazione di ammende e di penalità di mora”), par. 1: «Gli Stati membri provvedono affinché i termini di prescrizione per l'irrogazione di ammende o di penalità di mora da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza a norma degli articoli 13 e 16 siano sospesi o interrotti per la durata dei procedimenti istruttori dinanzi alle autorità nazionali garanti della concorrenza di altri Stati membri o alla Commissione per un'infrazione riguardante lo stesso accordo, la stessa decisione di un'associazione di imprese, pratica concordata o altra condotta vietata dall'articolo 101 o 102 TFUE (…) La durata di tale sospensione o interruzione lascia impregiudicati i termini di prescrizione assoluti previsti dal diritto nazionale». E. LE NORME NAZIONALI RILEVANTI. 13. La legge 24 novembre 1981, n. 689, recante «Modifiche al sistema penale», detta la disciplina generale in materia di sanzioni pecuniarie amministrative, stabilendo, per quanto qui interessa, quanto segue: articolo 12 (“Ambito di applicazione”): «Le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari»; articolo 14 (“Contestazione e notificazione”): «La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Se non è avvenuta la contestazione immediata […], gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento […]»; articolo 28 (“Prescrizione”): «Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione […]»; 14. La legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante «Norme per la tutela della concorrenza e del mercato», nella versione ratione temporis vigente, prevede, per quanto qui di interesse, quanto segue: articolo 12 (“Poteri di indagine”): «1. L'Autorità, valutati gli elementi comunque in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza da pubbliche amministrazioni o da chiunque vi abbia interesse, ivi comprese le associazioni rappresentative dei consumatori, procede ad istruttoria per verificare l'esistenza di infrazioni ai divieti stabiliti negli articoli 2 e 3 […]»; articolo 14 (“Istruttoria”): «1. L'Autorità, nei casi di presunta infrazione agli articoli 2 o 3, notifica l'apertura dell'istruttoria alle imprese e agli enti interessati. I titolari o legali rappresentanti delle imprese ed enti hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine fissato contestualmente alla notifica ed hanno facoltà di presentare deduzioni e pareri in ogni stadio dell'istruttoria, nonché di essere nuovamente sentiti prima della chiusura di questa. 2. L'Autorità può in ogni momento dell'istruttoria richiedere alle imprese, enti o persone che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti utili ai fini dell'istruttoria; disporre ispezioni al fine di controllare i documenti aziendali e di prenderne copia, anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello Stato; disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria […]»; articolo 15 (“Diffide e sanzioni”) «1. Se a seguito dell'istruttoria di cui all'articolo 14 l'Autorità ravvisa infrazioni agli articoli 2 o 3, fissa alle imprese e agli enti interessati il termine per l'eliminazione delle infrazioni stesse. Nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell'infrazione, dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria in misura fino al dieci per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida […]»; articolo 31 (“Sanzioni”): «1. Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689». 15. Il d.P.R. 30 aprile 1998, n. 217, recante «Regolamento in materia di procedure istruttorie […] dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato», per quanto qui rileva, prevede quanto segue: articolo 6 (“Avvio dell'istruttoria”): «1. Il collegio, nei casi di presunta infrazione agli articoli 2, comma 2, 3 e 6, comma 1, della legge, valutate le proposte degli uffici, delibera sull'avvio dell'istruttoria di cui all'articolo 14 della legge. […] 3. Il provvedimento di avvio dell'istruttoria deve indicare gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, il termine di conclusione del procedimento, il responsabile del procedimento, l'ufficio dove si può prendere visione degli atti del procedimento, nonché il termine entro il quale le imprese e gli enti interessati possono esercitare il diritto di essere sentiti di cui all'articolo 14, comma 1, della legge. 4. Il provvedimento di avvio dell'istruttoria è notificato alle imprese e agli enti interessati, nonché ai soggetti che ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge, avendo un interesse diretto, immediato ed attuale, hanno presentato denunce o istanze utili all'avvio dell'istruttoria. […]». articolo 7 (“Partecipazione all'istruttoria”): «1. Possono partecipare all'istruttoria: a) i soggetti ai quali è stato notificato il provvedimento di avvio dell'istruttoria, ai sensi dell'articolo 6, comma 4; b) i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, nonché le associazioni rappresentative dei consumatori, cui possa derivare un pregiudizio diretto, immediato ed attuale dalle infrazioni oggetto dell'istruttoria o dai provvedimenti adottati in esito alla stessa e che facciano motivata richiesta di intervenire entro trenta giorni dalla pubblicazione nel bollettino del provvedimento di avvio dell'istruttoria. 2. I soggetti che partecipano all'istruttoria hanno facoltà di: a) presentare memorie scritte, documenti, deduzioni e pareri; b) accedere ai documenti, ai sensi dell'articolo 13. 3. I soggetti ai quali è stato notificato il provvedimento di avvio dell'istruttoria, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, hanno diritto di essere sentiti ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge”. 4. Nel corso delle audizioni i soggetti interessati possono comparire in persona del proprio rappresentante legale oppure di procuratore speciale munito di apposita documentazione giustificativa del potere di rappresentanza. Essi possono altresì farsi assistere da consulenti di propria fiducia, senza tuttavia che l'esercizio di tale facoltà comporti la sospensione dell'audizione». articolo 8 (“Poteri istruttori”) «1. I poteri istruttori di cui all'articolo 14, comma 2, della legge, sono esercitati a decorrere dalla notifica del provvedimento di avvio dell'istruttoria alle imprese e agli enti interessati, anche contestualmente alla notifica stessa. Nel caso che l'apertura dell'istruttoria sia stata notificata ad una pluralità di soggetti, i relativi poteri possono essere esercitati nei confronti di ciascuno di essi dal ricevimento della notifica loro indirizzata. 2. Gli uffici possono sentire, al fine di integrare l'istruttoria, ogni altra persona, impresa o ente, verbalizzando le informazioni raccolte. 3. Degli accertamenti svolti nel corso delle procedure istruttorie è in ogni caso informato il collegio. 4. Ai sensi dell'articolo 54, comma 4, della legge 6 febbraio 1996, n. 52, l'Autorità può avvalersi della collaborazione della Guardia di finanza». F. SUL PRIMO QUESITO PREGIUDIZIALE. 16. Va preliminarmente rilevato che nelle more del presente giudizio di appello, in data 30 gennaio 2025, la Corte di Giustizia ha pubblicato due sentenze emesse nelle cause C-510/2023 e C511/2023, pronunciandosi su due ordinanze di rinvio pregiudiziale nelle quali il Tar Lazio dubitava della compatibilità con il diritto europeo del termine per l'avvio della fase istruttoria previsto dall'articolo 14 l. n. 689/1981. 17. Nella causa C-510/2023 la Corte ha affermato che “Gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell'ambito di un procedimento diretto all'accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito, e, dall'altro, sanziona l'inosservanza di tale termine con l'annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d'infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare una nuova procedura d'infrazione riguardante la stessa pratica.”. 18. Nella causa C-511/2023 la Corte ha affermato che “L'articolo 4, paragrafo 5, e l'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno, nonché l'articolo 102 TFUE, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a una normativa nazionale che, nell'ambito di un procedimento diretto all'accertamento di una pratica anticoncorrenziale condotto da un'autorità nazionale garante della concorrenza, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio di tale procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito, e, dall'altro, sanziona l'inosservanza di tale termine con l'annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d'infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare una nuova procedura d'infrazione riguardante la stessa pratica.”. 19. Va parimenti rilevato che con ordinanza n. 6057 del 9 luglio 2024, emessa nel giudizio n. 8838/2022 RG, avente ad oggetto l'impugnazione di una sentenza del Tribunale basata su una motivazione analoga a quella della sentenza impugnata nel presente giudizio, questa sezione ha formulato alla Corte di Giustizia il seguente quesito pregiudiziale: “Se l'articolo 101 TFUE osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 14, l. 24 novembre 1981, n. 689, che, ai fini dell'esercizio dei poteri sanzionatori, impone all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di notificare alle imprese interessate il provvedimento di avvio dell'istruttoria, che indica inter alia gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, entro il termine decadenziale di novanta giorni, ovvero trecentosessanta giorni per le imprese residenti all'estero, decorrente dal momento in cui l'Autorità ha la conoscenza della violazione”. 20. A seguito della pubblicazione delle sentenze del 30 gennaio 2025 sopra richiamate, la Corte di Giustizia ha chiesto se permanesse o meno l'interesse del giudice rimettente alla decisione sul rinvio pregiudiziale sollevato nel giudizio n 8838/2022 RG e con ordinanza n. 1789/2025 questa sezione ha confermato l'interesse evidenziando che: la propria ordinanza di rinvio muove da un'interpretazione del diritto nazionale non del tutto coincidente con quella proposta nell'ordinanza di rinvio del Tar Lazio e sulla quale la Corte di Giustizia si è pronunciata; la Corte di giustizia non sembra avere tenuto conto delle peculiarità del procedimento sanzionatorio italiano e cioè la distinzione tra la ‘comunicazione di avvio dell'istruttoria', a cui soltanto si applica l'articolo 14 della l. n. 689 del 1981, e la successiva fase di ‘comunicazione delle risultanze istruttorie', nonché il momento a partire dal quale decorre il suddetto termine di 90 giorni. 21. Va aggiunto che questo Collegio, nella causa qui in esame, in applicazione dei principi espressi dalla sentenza dell'Adunanza plenaria n. 4/2024, ha prospettato alle parti del presente giudizio, per il caso in cui la questione pregiudiziale già sollevata nel giudizio n. 8838/2022 fosse rilevante anche nel presente giudizio, la possibilità di avvalersi della cd. sospensione impropria in senso lato, cioè della sospensione disposta (senza un nuovo rinvio pregiudiziale o una nuova questione di costituzionalità o una nuova remissione) nelle more della soluzione, in un diverso giudizio, di un incidente di costituzionalità, o di una pregiudiziale eurounitaria, o di una rimessione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato già proposti ed aventi carattere pregiudiziale anche nel giudizio de quo. Le parti hanno dichiarato di non volersi avvalere della sospensione impropria, così intesa, sollecitando il Collegio a proporre un nuovo ed autonomo rinvio volendo anch'essi contraddire davanti alla Corte di Giustizia nel relativo giudizio. 22. Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che anche nel presente giudizio sia rilevante il quesito pregiudiziale già sollevato nel giudizio n. 8838/2022, essendo controversi tra le parti l'applicabilità ed il rispetto del termine di decadenza previsto dall'articolo 14 l. 689/1981. 23. Inoltre, la necessità di sollevare il rinvio, nonostante la pubblicazione delle sentenze della Corte di Giustizia del 30 gennaio 2025, deriva, come si è sopra esposto, sia dalla volontà manifestata dalle parti di non avvalersi della sospensione impropria del giudizio in attesa della decisione sul rinvio pregiudiziale sollevata nel giudizio 8838/2022 RG e di contraddire direttamente davanti alla Corte di Giustizia sia dai permanenti dubbi già manifestati da questa sezione nell'ordinanza con cui ha confermato l'interesse alla decisione sul proprio rinvio pregiudiziale. A tale ultimo riguardo questa sezione ritiene, infatti: 1) di fornire alla Corte di Giustizia una ricostruzione della disciplina nazionale ed elementi di valutazione in parte diversi da quelli rappresentati nelle ordinanze di rinvio del Tribunale, già decise con le sentenze del 30 gennaio 2025; 2) che la Corte di Giustizia sembra non avere tenuto adeguatamente conto: della particolare struttura del procedimento sanzionatorio italiano e, in particolare, della distinzione tra la ‘comunicazione di avvio dell'istruttoria', a cui soltanto si applica l'articolo 14 della l. n. 689 del 1981, e la successiva fase di ‘comunicazione delle risultanze istruttorie'; dell'individuazione del dies a quo del termine decadenziale che non decorre necessariamente dalla prima segnalazione dell'illecito. Attesa l'identità della questione rispetto a quella già sollevata da questa Sezione, il Collegio ritiene utile, anche al fine di agevolare l'esame da parte della Corte di Giustizia, riportare di seguito quanto già esposto nell' ordinanza n. 6057 del 9 luglio 2024, emessa nel giudizio n. 8838/2022 RG. “24. Nella disciplina italiana antitrust l'avvio del procedimento istruttorio volto all'accertamento di eventuali violazioni del diritto della concorrenza è preceduto da una fase pre-istruttoria nella quale l'AGCM, sulla base di segnalazioni, denunce, esposti, notizie o informazioni autonomamente acquisite, procede in via officiosa a una indagine di tipo preliminare per verificare la sussistenza dei presupposti per procedere all'avvio dell'istruttoria (è questa la valutazione di cui all'inciso del primo comma dell'articolo 12, L. n. 287/1990). Qualora l'Autorità ravvisi una “presunta infrazione” (articolo 14, comma 1, L. n. 287/1990), delibera di procedere all'istruttoria finalizzata a verificarne l'esistenza, notificandone l'apertura alle imprese e agli enti interessati (articolo 14, L. n. 287/1990; articolo 6, D.P.R. n. 217/1998). 25. Il legislatore nazionale non ha espressamente disciplinato entro quale termine debba concludersi tale fase pre-istruttoria e ciò ha determinato il sorgere di diversi orientamenti interpretativi. Sul punto, la Sezione ha già in precedenza tracciato la linea interpretativa che ritiene più aderente al dettato normativo in materia (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8503, di cui si citano nel prosieguo ampi stralci; Id. 9 maggio 2022 nn. 3570, 3571, 3572; Id., 8 febbraio 2022 n. 878; Id., 25 gennaio 2021 n. 738). 26. La Sezione ritiene che le norme di principio contenute nel Capo I della L. n. 689/1981 siano tendenzialmente di applicazione generale, dal momento che, in base all'articolo 12 della legge medesima, devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è comminata la sanzione del pagamento di una somma di danaro. L'intento del legislatore è stato quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati, sia che conseguano ad illeciti qualificati ab origine come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie. 27. La preventiva comunicazione e descrizione sommaria del fatto contestato con l'indicazione delle circostanze di tempo e di luogo sono volte ad assicurare la difesa dell'interessato in sede procedimentale e il termine fissato per la contestazione delle violazioni ha natura perentoria. 28. L'ampia portata precettiva è esclusa soltanto alla presenza di una diversa regolamentazione da parte di una fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre una deroga alla norma generale e di principio. Infatti, l'articolo 31 della L. n. 287/1990 prevede l'applicazione delle norme generali di cui alla L. n. 689/1981 in quanto applicabili e, a propria volta, il regolamento in materia di procedure istruttorie dell'Autorità (D.P.R. n. 217/1998) non reca l'indicazione di alcun termine per la contestazione degli addebiti, e quindi non può far ritenere diversamente stabilita la scansione procedimentale e, quindi, inapplicabile il termine di cui all'articolo 14, L. n. 689/1981 (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 luglio 2018 n. 4211). 29. Del resto, per varie altre autorità indipendenti talora sono le stesse leggi che ne regolano l'esercizio dei poteri sanzionatori ad imporre l'osservanza di un termine per la contestazione delle violazioni al soggetto incolpato, talvolta derogando rispetto al termine fissato dall'articolo 14 della L. n. 689/1981 (cfr. articolo 45, comma 5, D.lgs. n. 93/2011, per l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente; articolo 195, comma 1, D.lgs. n. 58/1998, per la Banca d'Italia e la Commissione Nazionale per la Società e la Borsa, con riguardo alle sanzioni amministrative previste nel titolo II del Capo V del D.lgs. n. 58/1998 cit.; articolo 19-quinquies, D.lgs. n. 252/2005, per la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione). Di conseguenza, esigenze di complessiva coerenza dell'ordinamento impongono all'interprete di ritenere che il legislatore, non avendo nel presente caso previsto un diverso termine, abbia ritenuto applicabile quello stabilito dall'articolo 14 della L. n. 689/1981 (salva la possibilità per il legislatore di intervenire in futuro sulla materia e prevedere specifici termini di svolgimento della fase pre-istruttoria dei procedimenti antitrust). 30. Il Collegio non ignora che sovente il giudice di primo grado ha offerto una diversa valutazione interpretativa e, anche nel presente giudizio, ha escluso l'applicabilità dell'articolo 14 della L. n. 689/1981 ai procedimenti antitrust. 31. Tuttavia, l'interpretazione fatta propria dalla Sezione deve ritenersi preferibile rispetto a quella sposata dal TAR, alla luce dell'interpretazione sistematica sopra esposta nonché in quanto orientata dalla sicura ascendenza costituzionale del principio di tempestività della contestazione, posto a tutela del diritto di difesa, quale corollario della natura sostanzialmente penale delle sanzioni antitrust e della conseguente applicabilità alla presente fattispecie dei principi fondamentali del diritto punitivo (tra cui il diritto ad un “fair trial” ex articolo 6 CEDU). 32. Deve precisarsi che il decorso del termine di cui dall'articolo 14, L. n. 689/1981 è ricollegato non già alla data di commissione della violazione, bensì al tempo di accertamento dell'infrazione. Si fa riferimento non alla mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della sussistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti. Ne discende la non computabilità del periodo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell'acquisizione e della delibazione degli elementi necessari per una matura e legittima formulazione della contestazione (cfr. Cass. civ., Sez. II, 13 dicembre 2011 n. 26734 e 21 aprile 2009, n. 9454). 33. Il giudice avanti al quale è eccepita la tardività della contestazione, dunque, ha il potere/dovere di sindacare la congruità del tempo impiegato dall'amministrazione procedente per pervenire all'accertamento dell'illecito, sia sotto il profilo della effettiva utilità degli atti istruttori compiuti ai fini dell'accertamento, sia sotto il profilo della diligenza osservata al fine di assicurare la tempestività dell'accertamento. 34. Peraltro, con riferimento ai procedimenti finalizzati a sanzionare gli illeciti antitrust, i principi sopra richiamati debbono essere applicati tenendo presente la particolare articolazione di tali procedimenti, i quali sono caratterizzati dal fatto che l'AGCM, nella disciplina ratione temporis vigente, ha il potere di esercitare specifici poteri istruttori, particolarmente invasivi, solo dopo aver adottato un provvedimento di formale avvio del procedimento, il quale deve già contenere una contestazione dell'illecito. 35. Reputa il Collegio che l'atto rispetto al quale deve essere verificata l'osservanza del termine indicato all'articolo 14, L. n. 689/1981 deve essere identificato, nei procedimenti istruttori antitrust, con l'atto di avvio della istruttoria indicato dall'articolo 14 della L. n. 287/1990 e dall'articolo 6 del D.P.R. n. 217/1998, e ciò per la ragione che tale atto, dovendo contenere gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni e dovendo porre i destinatari in grado di presentare, in ogni stadio dell'istruttoria, le proprie difese, da esporre in audizione o in memorie scritte o pareri, deve necessariamente enunciare anche la contestazione dell'illecito. 36. Premesso quanto sopra, è evidente che l'accertamento dei fatti sotteso all'avvio della istruttoria, ex articolo 14, L. n. 287/1990, non può compendiarsi in attività estremamente complesse, per la semplice ragione che l'attività istruttoria vera e propria - id est: le richieste di informazioni e documenti, le ispezioni, le perizie, le analisi statistiche ed economiche, le consultazioni di esperti, di cui agli articolo 9 e segg. D.P.R. n. 217/1998 può essere posta in essere solo dopo la notifica alle parti interessate del provvedimento che dà avvio alla istruttoria (articolo 14, comma 1, L. n. 287/1990; articolo 8, comma 1, D.P.R. n. 217/1998). Si inferisce da ciò che: a) prima di tale momento l'Autorità può porre in essere solo indagini di pre-istruttoria , comunque di natura diversa da quelle indicate agli articolo 8 e segg. D.P.R. n. 217/1990; b) l'accertamento dei fatti sotteso alla contestazione dell'illecito, contenuto nell'avvio della istruttoria, è solo quello che si traduce nella acquisizione degli elementi necessari e sufficienti per ipotizzare, a livello di fumus, l'esistenza di una infrazione e di individuare i possibili responsabili. 37. Con specifico riferimento ai casi in cui un procedimento istruttorio sia avviato a seguito di una segnalazione pervenuta all'AGCM, si può desumere, dall'articolo 13, L. n. 287/1990, che, tendenzialmente, dal momento in cui la segnalazione perviene all'AGCM decorre il termine per la contestazione dell'illecito, salvo che la segnalazione sia incompleta o non veritiera . 38. Così ricostruito il quadro normativo nazionale, e ferme restando le valutazioni in fatto che dovranno essere compiute con riguardo al caso di specie, il Collegio ritiene di dover sottoporre alla Corte di giustizia un quesito interpretativo al fine di verificare la compatibilità di tali previsioni nazionali con il diritto comunitario. 39. Ad avviso del Collegio, il diritto comunitario non osta a previsioni nazionali del tipo descritto dal momento che, in assenza di specifiche disposizioni sul punto del legislatore europeo [non contenute nemmeno nel Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che disciplina la materia], gli Stati membri, in ragione della loro autonomia procedurale, sono liberi di prevedere dei termini di durata della fase pre-istruttoria purché non irragionevoli e purché non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'attuazione del diritto comunitario. 40. La circostanza che, per i procedimenti antitrust condotti dalla Commissione europea, non sia previsto un termine di decadenza per l'avvio della procedura formale, non significa che, in base ai principi di effettività e di equivalenza, il diritto nazionale non possa accordare maggior tutela, anche attraverso la previsione di un tale termine per i procedimenti condotti dall'Autorità nazionale. 41. Utili indicazioni interpretative possono trarsi altresì dalla direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, pur non applicabile ratione temporis al presente caso, che prevede l'obbligo per le autorità nazionali di trasmettere agli incolpati la comunicazione degli addebiti (articolo 3, comma 3) e non prescrive un termine entro cui la stessa debba essere inviata, precisando che i procedimenti antitrust devono essere soggetti a garanzie adeguate che soddisfino “almeno” i principi generali del diritto dell'Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (considerando n. 14). Pertanto, rimane aperta per gli Stati membri la possibilità di fissare garanzie maggiori rispetto a quelle stabilite dal diritto comunitario. 42. La medesima Direttiva 2019/1 cit., del resto, stabilisce che i procedimenti antitrust debbano concludersi “entro termini ragionevoli”, dovendosi “trovare il giusto equilibrio tra il rispetto dei diritti fondamentali delle imprese e l'obbligo di garantire l'applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE” (considerando n. 14). 43. La Direttiva medesima ammette che gli Stati membri stabiliscano dei termini di prescrizione “assoluti” del procedimento (considerando n. 70 e articolo 29), ossia termini massimi non valicabili, non passibili di interruzione o sospensione, così confermando, mutatis mutandis, che il diritto europeo non osta alla previsione, nel diritto interno, di termini massimi, purché la durata di tali limitazioni assolute non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE. 44. Alla luce di quanto si è detto sino ad ora, il termine fissato dal legislatore italiano (articolo 14, L. n. 689/1981) per l'invio della contestazione degli addebiti non appare irragionevole, non rende eccessivamente difficile l'enforcement del diritto europeo e realizza un giusto contemperamento tra tale ultimo interesse e le esigenze di tutela del diritto di difesa dei soggetti incolpati. 45. Il termine, così come interpretato nei sensi sopra esposti, è di per sé ragionevole: l'Autorità deve comunicare ai soggetti incolpati gli “elementi essenziali” della presunta violazione entro novanta giorni (ovvero trecentosessanta giorni per i soggetti che risiedono all'estero), e tale termine decorre dalla conoscenza della condotta illecita da parte dell'Autorità medesima, come si è sopra esposto. 46. La finalità della disciplina è quella di consentire alle imprese di difendersi adeguatamente nel corso del procedimento, venendo messe tempestivamente a conoscenza degli addebiti loro rivolti e potendo così esercitare adeguatamente i propri diritti di difesa che devono essere garantiti a fronte delle possibili sanzioni pecuniarie che l'Autorità potrà loro comminare e che hanno natura sostanzialmente penale ai sensi dell'articolo 6 CEDU. 47. Al tempo stesso, il termine anzidetto non compromette l'enforcement del diritto europeo, anche considerato che tale termine riguarda la fase pre-istruttoria del procedimento durate la quale, come si è detto, l'Autorità può svolgere solamente attività preliminari, dal momento che, anche a tutela del diritto di difesa, gli accertamenti più complessi possono svolgersi solo successivamente. 48. Inoltre, successivamente all'invio della contestazione degli addebiti, laddove emergano nuovi elementi prima non conosciuti dall'Autorità, la medesima può estendere la contestazione soggettivamente ovvero oggettivamente (così come avvenuto anche nel caso di specie, dove l'AGCM, con delibera del 23 febbraio 2021, n. 28593, ha esteso l'oggetto dell'istruttoria). 49. Non da ultimo, il Collegio osserva che i provvedimenti che l'Autorità può adottare sono plurimi e rispondono a diverse finalità, affiancandosi a quella prettamente sanzionatoria quella di “cura dei mercati”: in presenza di accertate condotte anticoncorrenziali, l'Autorità anzitutto adotta una “diffida”, ossia un ordine con cui impone la cessazione dell'infrazione e dei suoi effetti e ne vieta le reiterazione in futuro e, solo eventualmente, in presenza di “infrazioni gravi”, a tale diffida possono aggiungersi anche sanzioni pecuniarie (è quanto prevede l'articolo 15, L. n. 287/1990 nella versione ratione temporis vigente, e successivamente novellato dalla L. n. 185/2021 al fine di rendere più incisivi i poteri sul punto attribuiti all'Autorità). Il Collegio ritiene che il termine di decadenza fissato dall'articolo 14, L. n. 689/1981, essendo stabilito con riguardo ai procedimenti di irrogazione di sanzioni pecuniarie ed essendo diretto a garantire il diritto di difesa dell'incolpato nell'ambito di tali procedimenti, si applichi esclusivamente con riferimento all'esercizio della potestà sanzionatoria (si veda, mutatis, mutandis, con riferimento alla garanzia del ne bis in idem con riguardo alle sanzioni irrogate dall'AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette, la sentenza di questa Sezione 22 marzo 2024, n. 2791, §§17-18). Pertanto, laddove l'Autorità decada dalla possibilità di esercitare tale potere, non rispettando detto termine decadenziale, potrà nondimeno esercitare gli ulteriori poteri che le sono attribuiti, e segnatamente quello di “diffida”.”. 50. A quanto sopra riportato, il Collegio ritiene utile aggiungere due considerazioni. 51. All'applicazione del predetto termine non sembra ostare la disciplina europea che attribuisce alle autorità nazionali il potere di definire le priorità e di collaborare nell'ambito della rete europea della concorrenza. La possibilità per l'Autorità di determinare le priorità sembra essere stata prevista per consentire di portare avanti i procedimenti di maggiore interesse e di respingere conseguentemente le denunce formali ricevute per il solo fatto che le stesse non sono considerate delle priorità investigative, finalità che non sembrano pregiudicate dalla previsione del termine di decadenza previsto dall'articolo 14 l. n. 689/1981 per l'avvio della fase istruttoria. Inoltre, la possibilità per la singola autorità di collaborare nell'ambito della rete europea della concorrenza dovrebbe essere valutata in relazione all'intero procedimento sanzionatorio e non solo ad una singola fase. Al riguardo al Collegio sembra che la previsione del predetto termine di decadenza per l'avvio della fase istruttoria non pregiudichi tale collaborazione che potrà essere proseguita anche nel corso della successiva istruttoria. 52. Il carattere mobile del dies a quo del termine di decadenza di cui all'articolo 14 l. 689/1981, che come detto può essere anche posteriore alla prima segnalazione quando l'Autorità debba ancora accertare o verificare gli elementi essenziali dell'illecito, non crea maggiore incertezza di quanta ne possa determinare l'adozione di un termine ragionevole, per sua natura elastico e individuabile caso per caso e solo a posteriori in relazione alle peculiarità proprie della singola fattispecie. 53. In conclusione, il Collegio chiede alla Corte di giustizia, ex articolo 267 TFUE, a pronunciarsi sul seguente quesito: “Se l'articolo 101 TFUE osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 14, L. 24 novembre 1981, n. 689, che, ai fini dell'esercizio dei poteri sanzionatori, impone all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di notificare alle imprese interessate il provvedimento di avvio dell'istruttoria, che indica inter alia gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, entro il termine decadenziale di novanta giorni, ovvero trecentosessanta giorni per le imprese residenti all'estero, decorrente dal momento in cui l'Autorità ha la conoscenza della violazione”. G. SECONDO QUESITO PREGIUDIZIALE. 54. Anche nel caso in cui la Corte di Giustizia rispondesse positivamente al primo quesito, nel senso che il diritto europeo osta all'applicazione dell'articolo 14 l. n. 689/1981, il Collegio ritiene di dover sottoporre alla Corte un ulteriore quesito. 55. Il secondo quesito, che di seguito si espone, è rilevante per decidere l'appello dell'Autorità, che ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che la violazione del termine ragionevole, riferito sempre alla fase pre-istruttoria, determinasse automaticamente l'illegittimità del provvedimento sanzionatorio, senza che le imprese avessero fornito la prova dell'effettiva lesione del loro diritto di difesa. 56. Al riguardo va rilevato che la giurisprudenza nazionale in materia di sanzioni amministrative, sia nel caso in cui siano previsti termini fissi specifici sia nel caso in cui si ritenga applicabile il più elastico termine ragionevole per l'avvio dell'istruttoria (come avvenuto nel giudizio di primo grado; v. anche Tar Lazio, sez. I, n. 12507/2022) o per l'adozione del provvedimento finale, fa automaticamente conseguire l'invalidità del provvedimento sanzionatorio dalla violazione del termine. 57. In relazione alla perentorietà dei termini previsti nei procedimenti sanzionatori (compresi quelli per l'avvio del procedimento) possono esemplificativamente richiamarsi le considerazioni contenute nella sentenza Cons. Stato, sez. VI, 6 dicembre 2021, n. 8155 (richiamata da ultimo anche da Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2025, n. 3292) nella quale si legge: “ … questo Consiglio di Stato ha già avuto occasione di interrogarsi sulla perentorietà, o meno, di alcuni termini che regolano l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie di competenza di autorità connotate da alto grado di indipendenza, giungendo alla conclusione che la perentorietà dei termini, ancorché non esplicitamente affermata dalle norme di riferimento, può essere nondimeno affermata in ragione della natura afflittiva dei provvedimenti sanzionatori: trattandosi, cioè, di provvedimenti che sono espressione di potestà sanzionatoria, e non già di amministrazione attiva, il relativo procedimento risulta connotato da caratteri di specialità, rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e deve risultare idoneo ad assicurare il rispetto delle garanzie che devono assistere l'applicazione di misure a carattere afflittivo – id est: le garanzie sancite nella Convenzione Europea dei Diritti Umani, agli articolo 6 (equo processo) e 7 (principio di legalità dei reati e delle pene e divieto di applicazione retroattiva) della Convenzione, nonché nel relativo Protocollo 7, agli articolo 2 (diritto di revisione della condanna) e 4 (divieto del bis in idem) -; per tale ragione – si è osservato la normativa generale di riferimento, per i procedimenti di che trattasi, non può essere rappresentata dalla legge generale sul procedimento amministrativo, di cui alla L. 241/90, ma è costituita dalla legge n. 689/81, che disciplina in via generale l'irrogazione delle sanzioni amministrative, e che infatti, all'articolo 14, prevede un termine di 90 giorni, pacificamente ritenuto perentorio, per la contestazione dell'illecito”; “il principio, peraltro, è stato affermato anche con rifermento al termine di avvio del procedimento sanzionatorio, sempre sul presupposto che viene in considerazione il potere di irrogare un provvedimento avente natura afflittiva e che “l'esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all'inerzia dell'autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” (cfr. Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; Cons. Stato, VI, 11 giugno 2019 n. 3919; Cons. Stato, V, 31 dicembre 2019 n. 8481.)”. 58. Nell'ordinamento italiano, quindi, la violazione dei termini previsti per l'esercizio del potere sanzionatorio (nel caso in esame, peraltro, potere diretto all'adozione di sanzioni sostanzialmente penali, ma lo stesso principio vale da tempo per i procedimenti ad esempio disciplinari) determina l'illegittimità ed il conseguente annullamento del provvedimento, senza che il giudice debba accertare anche l'effettiva lesione del diritto di difesa. 59. A ciò si aggiunga peraltro che non è applicabile al caso di specie l'articolo 21 octies, c. 2, inciso 1, l. n. 241/1990, che ha ad oggetto esclusivamente la violazione di norme meramente procedimentali e non anche i termini previsti per l'esercizio del potere. In ogni caso va rilevato che, in base alla medesima disposizione, la violazione di norme procedimentali non conduce all'annullamento del provvedimento solo qualora si tratti di provvedimenti vincolati e sia palese che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. L'onere di rendere palese l'impossibilità di un esito diverso – e dunque dell'irrilevanza della violazione è peraltro posto a carico dell'autorità amministrativa e non della parte privata, come invece la giurisprudenza europea sembrerebbe prevedere nei casi di violazione del termine (v. infra al punto successivo). 60. Ciò premesso il collegio dubita che l'articolo 101 TFUE e la Direttiva (UE) 2019/1 siano di ostacolo ad una normativa nazionale come quella esposta ai precedenti punti. La Corte di Giustizia in alcune sentenze, richiamate anche dall'amministrazione appellante, ha infatti affermato che: “il superamento del termine ragionevole, ammettendo che sia dimostrato, non giustificherebbe necessariamente l'annullamento della decisione. Infatti, quanto all'applicazione delle regole di concorrenza, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento solo nel caso di una decisione che constati la commissione di infrazioni, qualora sia provato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di questa specifica ipotesi, il mancato rispetto del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo” (v. tra le tante Corte di giustizia, 28 gennaio 2021, C-466/19). 61. Al fine di fornire elementi utili ai fini della decisione della questione pregiudiziale, il Collegio rappresenta alla Corte di Giustizia che la soluzione adottata dal diritto interno, che non subordina l'annullamento alla prova di ulteriori condizioni, è diretta a tutelare, nell'ambito dei procedimenti finalizzati all'applicazione di sanzioni amministrative punitive, oltre che il diritto di difesa, la cui violazione si presume insita nella violazione del termine che regola l'esercizio del potere sanzionatorio, anche il principio della certezza giuridica, in quanto consente di tutelare l'interesse dei soggetti coinvolti alla tempestiva definizione dei procedimenti sanzionatori a loro carico. 62. Il principio di certezza è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea ed è stato richiamato anche dalle recenti sentenze della Corte di Giustizia del 30 gennaio 2025, proprio in relazione alla fissazione dei termini ragionevoli per l'esercizio dei poteri in materia antitrust. Nella sentenza emessa in C-511/2023 si legge testualmente così: “Occorre considerare che la fissazione di termini procedurali ragionevoli in materia di accertamento delle infrazioni e di imposizione di sanzioni da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza è compatibile con il diritto dell'Unione. Siffatti termini ragionevoli sono infatti stabiliti nell'interesse sia delle imprese interessate sia di tali autorità, conformemente al principio della certezza del diritto, e non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'attuazione del diritto dell'Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C308/19, EU:C:2021:47, punto 48). Pertanto, le norme nazionali che fissano i termini procedurali in materia di accertamento delle infrazioni e di imposizione di sanzioni da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza devono far sì che, nel rispetto del principio della certezza del diritto, le cause siano trattate entro un termine ragionevole, senza compromettere l'effettiva attuazione degli articoli 101 e 102 TFUE nonché della direttiva 2019/1 nell'ordinamento giuridico interno” (punto 45 della sentenza); “ai fini della fissazione dei limiti temporali ragionevoli che si applicano ai procedimenti condotti dalle autorità nazionali garanti della concorrenza al fine di sanzionare le pratiche anticoncorrenziali, il principio della certezza del diritto impone agli Stati membri di istituire una disciplina in materia di termini sufficientemente precisa, chiara e comprensibile che consenta a tutti gli attori coinvolti di conoscere con esattezza la portata degli obblighi loro imposti dalle norme di cui trattasi e di regolarsi di conseguenza” (punto 49 della sentenza). 63. Anche la Corte Costituzionale italiana con la sentenza n. 151/2021, pronunciata in relazione ad una controversia sul termine per l'esercizio del potere sanzionatorio, nel rilevare l'insufficienza del solo termine quinquennale di prescrizione, ha affermato che: “in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità non solo, come evidenziato da questa Corte, impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti (sentenza n. 5 del 2021), ma deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell'esercizio del potere. Ciò in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell'esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell'interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale.”. Per poi aggiungere che “la predefinizione legislativa di un limite temporale (…) il cui inutile decorso produca la consumazione del potere stesso risulta coessenziale ad un sistema sanzionatorio coerente con i parametri costituzionali sopra richiamati”, ossia con gli articolo 24 e 97 Cost. 64. L'annullamento del provvedimento adottato oltre il termine, senza che debba essere provata la concreta lesione del diritto di difesa, soddisfa le esigenze di certezza giuridica ed il diritto di difesa in considerazione delle seguenti circostanze: la necessità della prova, caso per caso e a posteriori, di una lesione concreta del diritto di difesa potrebbe privare la previsione del termine della sua fondamentale funzione di garanzia della certezza, in chiave di tutela dell'interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, al cui soddisfacimento il termine è parimenti preposto; come affermato dalla Corte di Giustizia, la ragionevolezza del termine deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso (Corte di Giustizia, 30 gennaio 2025, in C-310 e 311/2023), tra le quali può tenersi conto anche della possibilità per le parti di difendersi; in altri termini, il rispetto del diritto di difesa è già uno dei vari parametri in base ai quali apprezzare la ragionevolezza del termine, il cui inutile decorso può quindi far presumere la lesione del diritto medesimo; dal momento che la violazione del termine costituisce un forte indice presuntivo della lesione del diritto di difesa, potrebbe risultare in ogni caso eccessivo onerare la parte privata, oltre che della prova della violazione del termine, anche dell'effettivo pregiudizio al proprio diritto di difesa. Ciò d'altronde trova riscontro anche nella considerazione secondo cui “più tempo trascorre tra una misura di indagine preliminare e la comunicazione degli addebiti, tanto più diviene probabile che eventuali prove a discarico riguardanti l'infrazione addebitata in tale comunicazione non possano più essere acquisite o possano esserlo soltanto con difficoltà” (punto 64 della motivazione della sentenza emessa dalla Corte di Giustizia in C-511/23). 65. Per tutte le ragioni sopra esposte il Collegio chiede alla Corte di giustizia, ex articolo 267 TFUE, di pronunciarsi sul seguente quesito: - “Se l'articolo 101 TFUE e la Direttiva (UE) 2019/1 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che prevede l'annullamento quale conseguenza automatica della violazione del termine ragionevole per l'avvio del procedimento istruttorio, senza che debba essere accertata l'effettiva lesione del diritto di difesa; o, in subordine, se essi ostano ad una normativa nazionale che, in presenza della violazione del termine ragionevole per l'avvio del procedimento istruttorio, onera l'Autorità (e non le imprese) della prova ulteriore che la violazione del predetto termine abbia leso in concreto il diritto di difesa”. 66. In attesa della pronuncia della Corte di giustizia, il Collegio dispone, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, c.p.a., la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni altra pronuncia, anche in merito alle spese di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) riservata ogni ulteriore decisione in rito e nel merito sugli appelli come in epigrafe indicati: a) rinvia alla Corte di giustizia dell'Unione europea le due questioni pregiudiziali indicate in motivazione; b) ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all'originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa; c) dispone, nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea, la sospensione del presente giudizio; d) riserva alla sentenza definitiva ogni altra pronuncia, anche in ordine alle spese, del presente giudizio.