Rimborso spese legali per il dipendente pubblico: necessaria la preventiva comunicazione all’ente del difensore scelto

Nel pubblico impiego contrattualizzato, l’ente non deve rimborsare le spese legali se il dipendente sceglie e nomina il difensore senza preventiva comunicazione all’amministrazione o si limita a informarla dopo.

Lo ha stabilito la Suprema Corte che, con la sentenza in commento, si è pronunciata sul ricorso di un dipendente comunale siciliano in tema di rimborso delle spese legali. Più nel dettaglio, nel caso di specie, i Giudici hanno esaminato la questione se la normativa regionale siciliana (articolo 39 l.r. n. 145/1980 e articolo 24 l.r. n. 30/2000), che prevede il rimborso delle spese legali ai dipendenti dichiarati esenti da responsabilità, deroghi o meno alle norme nazionali (articolo 67 d.P.R. n. 268/1987, articolo 28 CCNL 14 settembre 2000) che impongono l'obbligo di comunicare preventivamente all'ente locale il nominativo del difensore di fiducia, consentendo così all'amministrazione di esprimere il proprio gradimento. La Cassazione ha ribadito che la contrattazione collettiva nazionale, ove applicabile, non può essere derogata dalla legge regionale sul punto e che il diritto al rimborso delle spese legali non è assoluto: esso richiede il rispetto di condizioni precise, tra cui anche la comunicazione preventiva del nominativo del difensore. Solo così l'ente può verificare l'assenza di conflitto di interessi e tutelare i propri diritti e interessi. Alla luce di tali considerazioni, dunque, la Corte ha rigettato il ricorso enunciando il seguente principio di diritto: «In tema di pubblico impiego contrattualizzato e di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi dal dipendente di un ente locale nell’espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio, l’amministrazione pubblica non è tenuta a rimborsarlo delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, ove egli abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all’amministrazione stessa, o qualora, dopo avere effettuato la nomina, si limiti a comunicarla al detto ente.»

Presidente Tria Relatore Cavallari Svolgimento del processo M.D., premesso di avere prestato servizio alle dipendenze del Comune di (OMISSIS) dal 7 luglio 2010 al 7 luglio 2011 in qualità di responsabile del settore economicofinanziario, ha esposto di essere stato sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all'articolo 328 c.p., per condotte poste in essere nell'esercizio delle sue funzioni, definito con sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto, e di non avere ricevuto dal proprio Comune il rimborso delle spese legali sostenute. Egli ha agito, quindi, per ottenere il rimborso delle dette spese, nella misura di € 5.936,69. Il Tribunale di Enna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 188/19, ha rigettato il ricorso. M.D. ha proposto appello che la Corte d'appello di Caltanissetta, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 574/20, ha rigettato. M.D. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi e ha depositato memoria. Il Comune di (OMISSIS) non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1) Con il primo motivo parte ricorrente contesta la violazione dell'articolo 39 della legge Regione Sicilia n. 145 del 1980 e dell'articolo 24 della legge Regione Sicilia n. 30 del 2000 in quanto la corte territoriale avrebbe errato a non considerare che queste disposizioni derogavano all'articolo 67 del d.P.R. n. 268 del 1987 ed all'articolo 28 del CCNL del 14 settembre 2000, non prescrivendo la previa comunicazione all'ente del nome del difensore e l'accordo sul nome di quest'ultimo. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articolo 1353,1362,1363,1366 e 1367 c.c. per quel che concerne l'interpretazione del citato articolo 28, che non avrebbe potuto trovare applicazione ai dipendenti siciliani e non avrebbe potuto derogare alle norme di legge della Regione Sicilia. In particolare, la corte territoriale non avrebbe valutato che l'unico limite imposto al diritto al rimborso delle spese legali sarebbe stato rappresentato dalla presenza di un conflitto d'interessi, nella specie assente, attesa l'avvenuta assoluzione del ricorrente. Il mancato accordo sull'identità del difensore, peraltro, avrebbe potuto incidere solo sulla precisazione dell'entità economica dell'onere in questione. Con il terzo motivo il ricorrente contesta la violazione degli articolo 1719 e 1720 c.c., in quanto il giudice di appello, nel ritenere l'applicabilità dell'articolo 28 del CCNL 2000, avrebbe escluso l'applicabilità di altre disposizioni, come quelle sul mandato. Le tre censure, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono infondate. L'articolo 39 della legge Regione Sicilia n. 145 del 1980 prescriveva, nel testo qui rilevante, che “Ai dipendenti che, in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano soggetti a procedimenti di responsabilità civile, penale o amministrativa, è assicurata l'assistenza legale, in ogni stato e grado del giudizio mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali, di tutte le spese sostenute, sempre che gli interessati siano stati dichiarati esenti da ogni responsabilità”. L'articolo 24 della legge Regione Sicilia n. 30 del 2000 ha precisato, poi, che “1. L'articolo 39 della legge regionale 29 dicembre 1980, n. 145, si interpreta nel senso che la norma si applica a tutti i soggetti, ivi inclusi i pubblici amministratori, che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio siano stati sottoposti a procedimenti di responsabilità civile, penale ed amministrativa e siano stati dichiarati esenti da responsabilità”. Innanzitutto, si evidenzia che la Corte d'appello di Caltanissetta non ha escluso l'applicabilità, nella specie, dell'articolo 39 della legge Regione Sicilia n. 145 del 1980 e dell'articolo 24 della legge Regione Sicilia n. 30 del 2000. Al riguardo, questa Suprema Corte ha già chiarito che «La previsione di rimborso delle spese legali ai dipendenti regionali sottoposti a giudizio di responsabilità per atti e comportamenti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti di uffici che successivamente siano stati dichiarati esenti da responsabilità, affermata nell'articolo 39 della legge reg. Sicilia n. 145 del 1980, è stata estesa dall'articolo 24 della legge reg. Sicilia n. 30 del 2000 “a tutti i soggetti, ivi compresi gli amministratori pubblici” e cioè sia ai dipendenti degli enti locali sia ai pubblici amministratori, tra i quali deve includersi il “commissario straordinario” di ex USL in quanto titolare di tutti i poteri di organizzazione e gestione dell'ente normalmente attribuiti all'organo ordinario» (Cass., Sez. 6-3, n. 20729 del 13 agosto 2018). Il giudice di appello, però, ha evidenziato che la disciplina vigente in materia imporrebbe, comunque, anche nel regime previsto dalla normativa regionale citata che analogo precetto, formalmente, non contiene ai dipendenti che vogliono ottenere il rimborso in esame di comunicare previamente all'ente locale il nome del difensore di fiducia, in modo che possa esprimere il suo gradimento, come si ricaverebbe anche dall'articolo 28 CCNL 14 settembre 2000. A prescindere dal fatto che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la contrattazione collettiva nazionale concernente le Regioni e gli enti locali trova applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, nella specie, non potendo la legge regionale escluderla dalla regolamentazione del rapporto di pubblico impiego dei dipendenti siciliani, si evidenzia che questa Suprema Corte ha già affrontato la questione della necessità del previo avviso, da parte del lavoratore all'ente interessato, dell'esistenza del procedimento penale che lo riguarda e del nome del difensore scelto. Cass., Sez. L, n. 25976 del 31 ottobre 2017 ha precisato che “In materia di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi con l'espletamento del servizio e l'adempimento di obblighi di ufficio, escluso che, in ragione della specificità e della diversità delle normative del settore del lavoro pubblico, costituisca principio generale il diritto incondizionato ed assoluto del dipendente al rimborso, da parte dell'amministrazione pubblica, delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, l'articolo 28 del c.c.n.l. 14 settembre 2000 per i dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali va interpretato nel senso che l'obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto l'assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento, ma non anche quello di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all'amministrazione stessa, o nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all'ente”. Per l'esattezza, questa Sezione ha chiarito che era stato affermato “in più pronunce di questa Corte (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. 6.7.2015 n. 13861; Cass. 27.9.2016 n. 18946; Cass. 4.7.2017 n. 16396) che l'obbligo delle amministrazioni pubbliche di farsi carico delle spese necessarie per assicurare la difesa legale al dipendente, pur se espressione della regola civilistica generale di cui all'articolo 1720, comma 2, cod. civ., non è incondizionato e non sorge per il solo fatto che il procedimento di responsabilità civile o penale riguardi attività poste in essere nell'adempimento di compiti di ufficio. Infatti, il legislatore e le parti collettive, nel porre a carico dell'erario una spesa aggiuntiva, hanno dovuto contemperare le esigenze economiche dei dipendenti coinvolti, per ragioni di servizio, in un procedimento penale con quelle di limitazione degli oneri posti a carico dell'amministrazione. La necessità di realizzare un giusto equilibrio fra detti opposti interessi ha ispirato le diverse discipline dettate per ciascun tipo di rapporto e di giudizio (articolo 67 d.P.R. n. 268 del 1987 per i dipendenti degli enti locali; articolo 18 del d.l. n. 67 del 1997 applicabile ai dipendenti statali; articolo 3 del d.l. n. 543 del 1996 in tema di giudizi di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei conti; le diverse previsioni dei contratti collettivi del personale pubblico contrattualizzato dettate per ciascun comparto), sicché è stato affermato, e va qui ribadito, che in ragione della specificità e della diversità delle normative, si deve escludere che nel settore del lavoro pubblico costituisca principio generale il diritto incondizionato ed assoluto al rimborso delle spese legali (Cass. 13.3.2009 n. 6227). Non è, infatti, sufficiente che il dipendente sia stato sottoposto a procedimento per fatti commessi nell'esercizio delle sue funzioni e sia stata accertata l'assenza di responsabilità, dovendo essere di volta in volta verificata anche la ricorrenza delle ulteriori condizioni alle quali è stato subordinato dal legislatore o dalle parti collettive il diritto all'assistenza legale o al rimborso delle spese sostenute. 2.2. L'articolo 28 del CCNL 14.9.2000 per i dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali, applicabile alla fattispecie ratione temporis ex articolo 69 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel ricalcare la disciplina già dettata dall'articolo 67 del d.p.r. n. 268 del 1987, prevede che «L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l'ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio»”. Pertanto, si deve ritenere che il menzionato articolo 28 sia strutturato nel senso che l'obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto “non già il rimborso al dipendente dell'onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma l'assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento (Cass. S.U. 13.3.2009 n. 6227)”. Detto obbligo, inoltre, è subordinato all'esistenza di ulteriori condizioni, perché l'assunzione diretta della difesa del dipendente è imposta all'ente locale solo nei casi in cui, non essendo ipotizzabile un conflitto di interessi, attraverso la difesa del dipendente incolpato il datore di lavoro pubblico agisca anche «a tutela dei propri diritti ed interessi». “Sebbene la norma contrattuale non preveda espressamente un obbligo a carico del lavoratore di immediata comunicazione della pendenza del procedimento e della volontà di volersi avvalere del patrocinio legale a carico dell'ente, tuttavia, come è stato affermato da questa Corte interpretando disposizioni analoghe dettate per altri comparti (Cass. 4.3.2014 n. 4978; Cass. 27.9.2016 n. 18946), la disciplina postula una necessaria valutazione ex ante da parte dell'Amministrazione, che deve essere messa in condizione di valutare la sussistenza o meno del conflitto di interessi e, ove questo venga escluso, di indicare il difensore, sul cui nominativo dovrà essere espresso il gradimento da parte del dipendente”. In mancanza della previa comunicazione non è configurabile, quindi, in capo all'amministrazione, l'obbligo di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia. Parimenti, siffatto obbligo non sussiste nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all'ente, poiché la disposizione pone a carico dell'amministrazione le spese in caso di scelta di un legale «di comune gradimento» e ciò in considerazione del fatto che il difensore nel processo dovrà farsi carico della necessaria tutela non del solo dipendente, ma anche degli interessi dell'ente. Questa Suprema Corte, allora, ha individuato un principio generale, applicabile in tutte le circostanze e, dunque, pure nella specie, che è espressione della regola per la quale l'ente locale deve potere verificare, ex ante, se vi sia una situazione di conflitto d'interessi e che si applica a tutti i rapporti di pubblico impiego. D'altronde, l'esclusione della copertura in esame nelle ipotesi di conflitto di interessi è contemplata anche dalla legislazione regionale citata dal ricorrente. Queste considerazioni rendono irrilevante pure il richiamo alla normativa generale in tema di mandato. Con riferimento alla circostanza dell'avvenuta assoluzione del dipendente, si sottolinea che “In tema di rimborso delle spese legali, ai sensi dell'articolo 28 del c.c.n.l. enti locali del 14.9.2000, l'ente assume in carico ogni onere di difesa dei dipendenti, facendoli assistere da un legale di comune gradimento, nei procedimenti di responsabilità civile o penale connessi all'espletamento del servizio ed all'adempimento dei compiti di ufficio, anche a tutela dei propri interessi, sicché presupposto di operatività di detta garanzia è l'insussistenza, da valutarsi ex ante, di un genetico ed originario conflitto di interessi, che permane anche in caso di successiva assoluzione del dipendente” (Cass., Sez. L, n. 18256 dell'11 luglio 2018). 2) Con il quarto motivo il ricorrente afferma la violazione degli articolo 43 del CCNL 14 settembre 2000 Comparto autonomie locali e 1218 c.c. perché la corte territoriale non avrebbe considerato che la disciplina del menzionato articolo 28 non avrebbe potuto essere applicata nei casi indicati dal detto articolo 43, il quale concerneva i dipendenti che, come egli ricorrente, ricoprivano uno degli incarichi di cui all'articolo 8 CCNL del 1999 ed erano assicurati per la responsabilità civile. La censura è inammissibile, in quanto presuppone tutta una serie di accertamenti di merito che non possono essere compiuti da questa Suprema Corte. Peraltro, lo stesso ricorrente ammette che detta copertura assicurativa non vi era. 3) Con il quinto motivo il ricorrente contesta la violazione dell'articolo 2041 c.c. in quanto la corte territoriale non avrebbe esaminato la relativa domanda, proposta in via subordinata. La censura è inammissibile, atteso che il giudice di appello ha elencato i motivi di appello, fra cui quello qui esposto, e li ha considerati infondati, per poi motivare la sua decisione nei termini sopraesposti. 4) Il ricorso è rigettato in applicazione del seguente principio di diritto: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato e di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi dal dipendente di un ente locale nell'espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio, l'amministrazione pubblica non è tenuta a rimborsarlo delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, ove egli abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all'amministrazione stessa, o qualora, dopo avere effettuato la nomina, si limiti a comunicarla al detto ente”. Nessuna statuizione deve esservi sulle spese di lite, non avendo la P.A. svolto attività difensiva. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso; ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.