L’accettazione dell’eredità non costituisce atto personalissimo e può essere validamente posta in essere dal rappresentante, con effetti direttamente riconducibili al rappresentato ai sensi dell’articolo 1388 c.c., purché il potere sia espressamente conferito. Di conseguenza, qualora l’accettazione tacita sia intervenuta per il tramite del rappresentante, ogni successiva rinuncia deve ritenersi inefficace, operando il principio “semel heres, semper heres”.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza in esame. Inquadramento della vicenda e percorso processuale La pronuncia in esame si inserisce in un contenzioso tra due fratelli, relativo alla gestione di una procura generale rilasciata dal fratello alla sorella, per la cura delle vicende ereditarie comuni. La causa trae origine dalla domanda di restituzione di una somma che il fratello sosteneva essere stata indebitamente trattenuta dalla sorella, con contestuale invocazione di responsabilità ex articolo 1710,1712 e 1713 c.c. per inadempimento degli obblighi di mandatario. Il Tribunale di Palermo, in sede sommaria, respingeva la domanda, rilevando l'intervenuta rinuncia all'eredità da parte del fratello e l'inidoneità della procura a costituire accettazione della medesima. L'appello veniva in un primo momento dichiarato inammissibile per violazione dell'articolo 342 c.p.c., ma la Cassazione cassava tale decisione e rinviava alla Corte d'appello di Palermo. La Corte d'appello di Palermo, in sede di rinvio, rigettava il gravame nel merito, confermando la tesi del giudice di primo grado. Il fratello, allora, proponeva ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. L'accettazione tacita dell'eredità e il ruolo del rappresentante volontario Il cuore della vicenda si concentra sul profilo dell'accettazione tacita dell'eredità da parte del fratello, avvenuta - secondo il ricorrente - per il tramite della sorella, quale sua procuratrice generale. L'atto chiave era una vendita immobiliare del 15 novembre 1978, compiuta dalla sorella in nome e per conto del fratello, con riferimento a un bene rientrante nell'asse ereditario paterno. Il giorno successivo, il fratello rendeva una formale dichiarazione di rinuncia all'eredità. La Corte d'Appello aveva ritenuto che l'atto di disposizione compiuto dal rappresentante non fosse sufficiente a integrare una volontà di accettazione, né potesse costituire revoca della successiva rinuncia, anche per la mancanza di un esplicito riferimento all'eredità paterna nella procura. La decisione della Cassazione La Suprema Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, censurando la sentenza per due vizi principali: motivazione apparente e falsa applicazione delle norme sulla rappresentanza e sull'accettazione dell'eredità. a) Motivazione apparente (secondo motivo) La Corte censura la motivazione della sentenza impugnata per non avere affrontato in modo logicamente coerente l'efficacia dell'atto di vendita del 15 novembre 1978. La Corte territoriale aveva escluso che tale atto potesse costituire revoca della rinuncia all'eredità, ma ciò è giudicato logicamente errato dalla Cassazione, poiché una revoca presuppone l'esistenza di un atto da revocare, e la rinuncia era avvenuta il giorno successivo. Dunque, il tema non era se vi fosse stata una revoca, ma se l'atto di vendita configurasse già un'accettazione tacita, rendendo priva di effetti la successiva rinuncia. La motivazione della sentenza impugnata, non avendo colto tale distinzione, viene qualificata come meramente “apparente” e quindi nulla ai sensi dell'articolo 132, co. 2, n. 4 c.p.c. e dell'articolo 111 Cost. b) Falsa applicazione delle norme sulla rappresentanza (terzo motivo) Secondo la Corte di Cassazione, la sentenza d'appello ha errato nel ritenere che l'accettazione dell'eredità non potesse avvenire per il tramite di un rappresentante volontario. La procura conferita alla sorella includeva espressamente il potere di accettare l'eredità; pertanto, il compimento da parte della rappresentante di un atto di disposizione su un bene ereditario (la vendita) prima della rinuncia da parte del rappresentato costituisce una forma di accettazione tacita ai sensi dell'articolo 477 c.c., i cui effetti si riflettono direttamente nella sfera giuridica del fratello, in virtù dell'articolo 1388 c.c. La Corte richiama il principio consolidato secondo cui l'accettazione dell'eredità non è un atto personalissimo e può essere validamente compiuta dal rappresentante volontario, anche in forza di procura generale, purché questa includa esplicitamente tale potere. Inoltre, l'accettazione può avvenire tacitamente, anche tramite atti come la vendita di beni ereditari, i quali — in quanto implicano esercizio di diritti derivanti dalla qualità di erede — manifestano in modo univoco la volontà di accettare. Effetti giuridici dell'accettazione e inammissibilità della rinuncia successiva Riconosciuta la validità dell'accettazione tacita, la Corte ribadisce un principio cardine del diritto successorio: l'accettazione, una volta avvenuta, è irrevocabile. In applicazione del principio “semel heres semper heres”, il soggetto che ha accettato l'eredità — anche tacitamente — non può validamente rinunciarvi successivamente, come statuito, tra l'altro, da Cass. n. 15663/2020. Pertanto, la rinuncia del 16 novembre 1978 da parte del fratello risulta inefficace, in quanto preceduta da un atto che integra accettazione. Conclusioni Alla luce delle suddette motivazioni, la Suprema Corte ha accolto il secondo e terzo motivo di ricorso e, pertanto la sentenza è stata cassata e rinviata alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione.
Presidente Di Virgilio – Relatore Cavallino Fatti di causa 1. Con ordinanza ex articolo 702-ter cod. proc. civ. depositata in data 8-7-2007 il Tribunale di Palermo ha rigettato la domanda proposta da Gi.Di. nei confronti della sorella Gi.Gi. facendo valere la responsabilità ex articolo 1710,1712 e 1713 cod. civ. della convenuta nei suoi confronti, per non avere la convenuta adempiuto agli obblighi derivanti dalla procura generale a lei rilasciata per adempiere alle incombenze relative all'eredità comune, così rigettando la domanda di restituzione della somma di € 152.631,00, oltre accessori, che la convenuta aveva indebitamente trattenuto. Con sentenza n. 1212/2017 la Corte d'Appello di Palermo ha dichiarato inammissibile per violazione dell'articolo 342 cod. proc. civ. l'appello di Gi.Di. e con ordinanza n. 24206/2019 la Cassazione ha accolto il ricorso di Gi.Di., cassando con rinvio la sentenza impugnata. Riassunto il giudizio da Gi.Di. avanti la Corte d'Appello di Palermo, con sentenza n. 149/2022 depositata il 31-1-2022 la Corte territoriale ha integralmente rigettato l'appello. La sentenza, procedendo alla disamina dei motivi di appello già formulati, ha dichiarato l'inammissibilità dei documenti depositati con il gravame, in quanto non indispensabili ai fini della decisione, per il fatto che si innestavano in un quadro probatorio che già dava conto delle vicende ereditarie. La sentenza ha considerato che già dal ricorso di primo grado Gi.Di. aveva fatto riferimento alle incombenze dell'eredità comune e ha dichiarato che la procura generale da lui rilasciata alla sorella Gi.Gi. non contemplava un apposito mandato; come statuito dall'ordinanza impugnata, la procura riguardava il lato esterno del rapporto e doveva essere distinta dal rapporto di gestione; proprio per la mancanza di specificità delle previsioni nella procura, nel relativo conferimento non poteva rinvenirsi atto di accettazione dell'eredità paterna, mancando nella procura qualsiasi riferimento a quella precisa devoluzione. Ha aggiunto che non integrava accettazione dell'eredità la presentazione della denuncia di successione e che gli atti di disposizione di beni ereditari richiamati dall'appellante a fondamento della pretesa, attraverso i quali si sarebbe concretizzata la revoca della rinuncia, erano stati eseguiti dalla sorella in ragione della procura generale; così anche l'atto di disposizione del 15-11-1978, antecedente di un solo giorno all'atto di rinuncia, per cui non poteva dirsi sussistente una effettiva volontà di revoca riconducibile a precisa scelta del chiamato all'eredità. La sentenza ha altresì rilevato come, per altro verso, non fosse contestato che tutti gli atti negoziali posti in essere da Gi.Gi. avessero il significato di sua piena accettazione dell'eredità; ha richiamato il principio secondo il quale la quota del coerede che rinuncia si accresce ipso iure a favore degli altri coeredi e che quindi, all'epoca dell'esecuzione degli atti a cui faceva riferimento l'appellante, si erano già cristallizzati gli effetti della sua rinuncia all'eredità. 2. Avverso la sentenza Gi.Di. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, il primo dei quali a sua volta distinto in due parti. È rimasta intimata Gi.Gi., alla quale la notificazione del ricorso è stata tempestivamente eseguita a mezzo pec all'indirizzo del difensore (Omissis). Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex articolo 380 bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. All'esito della camera di consiglio del 22-5-2025 la Corte ha riservato il deposito dell'ordinanza. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo - lettera A - il ricorrente deduce violazione dell'articolo 132 n. 4 c.p.c. e articolo 111 Cost. in relazione all'articolo 360 co. 1 n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza nella parte in cui non consente di individuare la ratio decidendi dell'asserita irrilevanza della documentazione notarile prodotta in appello ; lamenta che la sentenza impugnata abbia dichiarato inammissibile la produzione documentale dell'appellante, senza considerare che il tema dell'accettazione tacita dell'eredità, avvenuta prima della rinuncia all'eredità, era entrato nel dibattito processuale solo in appello; ciò in quanto l'ordinanza conclusiva del giudizio di primo grado a sorpresa aveva deciso la controversia esclusivamente sulla base dell'asserita rinuncia all'eredità di Gi.Di. e ritenendo incomprensibilmente invalida la procura generale; aggiunge che già in primo grado Gi.Di. aveva sostenuto l'avvenuta accettazione tacita dell'eredità e la conseguente inefficacia della successiva rinuncia, anche la convenuta aveva dedotto di avere eseguito in nome del fratello numerosi atti di vendita e, poiché l'ordinanza di primo grado aveva rigettato la domanda asserendo in modo apodittico che vi era stata rinuncia all'eredità, si era resa necessaria la produzione degli atti di disposizione del patrimonio ereditario. Lamenta che la sentenza, pur dichiarando inammissibile la produzione, abbia poi preso in esame l'atto del 15-11-1978, così cadendo in contraddizione; quindi rileva come non sia comprensibile la ratio della decisione, che prima esclude l'indispensabilità del documento e poi lo esamina. 1.1.Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, perché dapprima la sentenza ha dichiarato che i documenti prodotti in appello non avevano il carattere dell'indispensabilità, ma di seguito ha preso in esame il rogito del 15-11-1978; in questo modo, la sentenza ha presupposto e implicitamente riconosciuto che si trattava documento indispensabile al fine della decisione, come richiesto dall'articolo 702-quater cod. proc. civ. ratione temporis vigente per ammettere nuovi documenti in appello. Quindi, essendo stato il documento preso in esame, il ricorrente non ha neppure interesse a censurare la pronuncia sull'inammissibilità della produzione, seppure fosse effettivamente erronea la prima affermazione della sentenza in ordine alla mancanza di indispensabilità dei documenti prodotti in appello volti a dimostrare l'accettazione tacita dell'eredità. Infatti, quell'affermazione non aveva considerato che, a fronte della statuizione del giudice di primo grado in ordine al fatto che Gi.Di. aveva rinunciato all'eredità del padre il 16-11-1978, era interesse dell'appellante documentare che vi era stato atto di accettazione tacita dell'eredità anteriore a quella data, in un quadro nel quale entrambe le parti già in primo grado avevano fatto riferimento agli atti di disposizione di beni ereditari; quindi legittimamente l'appellante aveva documentato l'esecuzione dell'atto di vendita in data 15-11-1978 e, infatti, tale atto la sentenza ha esaminato, così superando la precedente affermazione erronea. 2.Con il primo motivo - lett.B - il ricorrente deduce violazione dell'articolo 525 c.c. e dell'articolo 702 quater c.p.c. in relazione all'articolo 360 co. 1 n. 3 c.p.c.: fino a quando l'eredità non viene accettata dagli altri chiamati, il diritto di accettazione del rinunciante all'eredità non viene meno, essendo possibile una successiva accettazione tacita allorquando il comportamento del rinunciante sarà ritenuto incompatibile con la sua volontà di non accettare l'eredità . Il ricorrente lamenta che l'esclusione dei documenti depositati in appello abbia reso tecnicamente impossibile dimostrare l'avvenuta revoca della rinuncia all'eredità; evidenzia come la rinuncia all'eredità non faccia venire meno il diritto di accettazione del rinunciante fino a quando l'eredità non venga accettata da altri chiamati e come perciò sia consentita una successiva accettazione, che può essere anche tacita. Aggiunge che l'atto pubblico del 2012 è stato stipulato da Gi.Gi. e da Gi.Di. per la vendita di bene ereditario e che Gi.Di., rappresentato da Ac.Gi. con procura speciale allegata all'atto, non avrebbe potuto prendere parte al negozio se non nella qualità di erede del padre. 2.1.Il motivo, laddove censura la sentenza impugnata per non avere ammesso i documenti che avrebbero dimostrato la revoca della rinuncia all'eredità, risulta assorbito dall'accoglimento del secondo e terzo motivo, che comporta il superamento delle questioni relative all'esistenza della revoca della rinuncia all'eredità. Comunque, si osserva che il motivo si fonda sull'erroneo presupposto che atti di vendita posti in essere dopo l'avvenuta rinuncia all'eredità possano configurare revoca tacita della rinuncia. Diversamente, è già stato enunciato il principio secondo il quale nel sistema delineato dagli articolo 519 e 525 cod. civ. in tema di rinunzia all'eredità, l'atto di rinuncia all'eredità, in considerazione dei suoi rilevanti effetti, deve essere rivestito di forma solenne, con dichiarazione resa davanti a notaio o a cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni, con la conseguenza che una revoca tacita della rinuncia non è ammissibile (Cass. Sez. 2 28-12-2022 n. 37927 Rv. 666667-01, Cass. Sez. 3 19-2-2014 n. 3958 Rv. 629689-01, Cass. Sez. 2 12-10-2011 n. 21014 Rv. 619859-01, Cass. Sez. 3 29-3-2003 n. 4846 Rv. 561609-01). 3.Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione articolo 132 comma 1, n. 4, c.p.c.: nullità della sentenza per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e per mancanza della motivazione su un punto decisivo della causa . Evidenzia che il giudice di primo grado aveva dichiarato che la rinuncia all'eredità aveva travolto il potere rappresentativo che Gi.Di. aveva conferito alla sorella con la procura 2-5-1978 e che l'appellante aveva censurato la pronuncia, sostenendo che lo stesso conferimento della procura fosse significativo della volontà di Gi.Di. di accettare l'eredità; dichiara che aveva aggiunto che l'atto di vendita di terreno in Trappeto con atto pubblico del notaio Virga del 15-11-1978, stipulato da Gi.Di. e Gi.Gi. prima della rinuncia dell'eredità, equivaleva ad accettazione tacita. Lamenta che la sentenza impugnata, limitandosi a dichiarare che nel conferimento della procura non potesse rinvenirsi atto di accettazione dell'eredità paterna per il mancato riferimento a quell'eredità, sia stata contraddittoria; lamenta altresì che la motivazione sia del tutto mancante con riguardo all'avvenuta vendita da parte di Gi.Di. di beni ereditari, eseguita prima della rinuncia all'eredità e che ha comportato una tipica accettazione tacita dell'eredità. Aggiunge che nessuna motivazione vi è nella sentenza neppure con riguardo alla censura con la quale l'appellante aveva contestato l'esistenza di conseguenzialità logica tra rinuncia all'eredità e inefficacia della procura. Evidenzia che la sentenza è ulteriormente contraddittoria, in quanto a pag. 7 dichiara che in forza della procura generale gli atti compiuti dalla procuratrice hanno prodotto direttamente effetti in capo al rappresentato e poi a pag. 8 nega che gli atti di disposizione richiamati dall'appellante potessero concretizzare una revoca della rinuncia -ma in realtà si discuteva di accettazione tacita prima della rinuncia-, in quanto posti in essere dalla procuratrice. 4.Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione articolo 1388 c.c. e dell'articolo 476 c.c. in relazione all'articolo 360 co. 1 n. 3 c.p.c.; violazione dell'articolo 1713 c.c. e dell'articolo 2909 c.c. in relazione all'articolo 360 co. 1 n. 3 c.p.c. ; evidenzia che in appello Gi.Di. si era lamentato del fatto che il Tribunale non avesse esaminato il comportamento complessivo del chiamato all'eredità, in quanto sia il rilascio della procura generale che l'esecuzione dell'atto di disposizione del terreno in Trappeto, di cui all'atto pubblico del 15-11-1978, implicavano l'accettazione tacita dell'eredità e la conseguente inefficacia della successiva rinuncia; lamenta che la sentenza non abbia ritenuto l'accettazione tacita dell'eredità per effetto dell'erronea applicazione dell'istituto della rappresentanza, escludendo la riconducibilità in capo a Gi.Di. dell'atto compiuto dalla procuratrice e così violando l'articolo 1388 cod. civ. Aggiunge che in forza della procura la sorella aveva anche agito in giudizio nei confronti del Comune di Trappeto e le sentenze n. 647/1998 di primo grado e n. 136/2003 di secondo grado avevano statuito nei confronti di entrambi i fratelli, sulla base della procura generale del 1978 e ritenendone la validità; quindi sostiene che anche in forza dell'articolo 2909 cod. civ. la rappresentante Gi.Gi. non possa trattenere per sé l'indennità di espropriazione pagata dal Comune di Trappeto in esecuzione di quelle sentenze, che hanno pronunciato la condanna nei confronti di Gi.Gi. in proprio e in qualità di procuratrice generale di Gi.Di. 5.Con il quarto motivo il ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 co. 1 n. 5 c.p.c.) e rileva che la procura generale del 2-5-1978 conferiva alla rappresentante il potere di compiere anche atti di straordinaria amministrazione, vendere beni immobili, accettare e rinunciare all'eredità; ulteriormente evidenzia che in data 15-11-1978, mentre era valida ed efficace la procura generale, la sorella aveva compiuto atto di disposizione del patrimonio ereditario e in tal modo aveva posto in essere una accettazione tacita dell'eredità ex articolo 476 cod. civ.; quindi lamenta che la sentenza non abbia considerato questi dati. Sostiene che i fatti dei quali è stato omesso l'esame siano decisivi, in quanto, se fossero stati esaminati, il giudicante avrebbe dovuto pervenire alla decisione di ritenere sussistente la qualità di erede in capo a Gi.Di. e perciò accogliere la sua domanda. 6.Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono esaminati unitariamente, stante la continuità delle argomentazioni, e sono fondati per le ragioni di seguito esposte, in via assorbente rispetto a ogni altra questione e con assorbimento anche del quarto motivo. In primo luogo è fondato il secondo motivo, in quanto sussiste il vizio della motivazione censurabile in questa sede con riguardo alla disamina della vendita 15-11-1978, perché la sentenza ha dichiarato che da tale atto dispositivo, posto in essere dalla sorella in ragione della procura generale e antecedente all'atto di rinuncia all'eredità di un solo giorno, non poteva ricavarsi una volontà di revoca della rinuncia dell'eredità, senza altro considerare. È evidente che un atto di vendita di data 15-11-1978 non possa costituire revoca della rinuncia all'eredità di data 16-11-1978 e cioè revoca di un atto che non era stato ancora compiuto e quindi non poteva ancora essere revocato; non era sul piano della revoca della rinuncia all'eredità che la questione poteva essere posta e per questo sul punto la motivazione è stata soltanto apparente, perché inidonea a esplicitare un reale ragionamento. Per questo, sul punto la motivazione non è rispettosa del minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, essendo l'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'articolo 111 Cost. e nel processo civile dall'articolo 132 co. 2 n. 4 cod. proc. civ.; tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex articolo 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01). È altresì fondato il terzo motivo di ricorso sotto il profilo della falsa applicazione delle disposizioni sulla rappresentanza volontaria e sull'accettazione tacita dell'eredità; ciò in quanto la sentenza impugnata si è limitata a dichiarare che il conferimento della procura non costituisse atto di accettazione dell'eredità paterna per la mancanza di riferimento a quella precisa devoluzione , così non traendo alcuna conseguenza dal fatto che la procura conferiva esplicitamente alla rappresentante, oltre al potere di compiere tutti gli atti di straordinaria amministrazione compresi gli atti di vendita di immobili, anche il potere di accettare eredità e che in forza di quella procura la rappresentante il 15-11-1978 aveva compiuto in nome e per conto del rappresentato atto di disposizione di immobile dell'eredità del padre. È certo che l'accettazione dell'eredità, a differenza della redazione di testamento, non sia atto personalissimo, in quanto la legittimazione ad accettare l'eredità del rappresentante legale è espressamente prevista dagli articolo 320 co. 3 e 374 n. 6 cod. civ., che attribuiscono tale legittimazione rispettivamente ai genitori per il minore e al tutore per l'interdetto. Sulla base di questo rilievo, in dottrina si riconosce che l'accettazione dell'eredità possa essere eseguita anche dal rappresentante volontario, non solo in forza di procura speciale avente a oggetto l'accettazione di una eredità individuata, ma anche in forza di procura generale, che conferisca il potere di accettare qualunque eredità delata al rappresentato; ciò, argomentando dal disposto dell'articolo 1708 co. 2 cod. civ., in quanto l'accettazione di eredità è atto che eccede l'ordinaria amministrazione. Infatti, nella giurisprudenza di legittimità è risalente il principio secondo il quale, seppure l'accettazione dell'eredità possa desumersi solo da un comportamento del successibile e non di altri, questo non comporta che la necessaria attività negoziale del successibile debba essere personale, nel senso di non ammettere attività procuratoria o addirittura di gestione altrui (Cass. Sez. 2 3-12-1974 n. 3958 Rv. 372533-01); in questa prospettiva, è stato enunciato il principio secondo il quale l'accettazione espressa o tacita di eredità può essere realizzata anche da manifestazione di volontà del gestore non dotato di poteri rappresentativi, purché le sue iniziative vengano ratificate dall'erede (Cass. Sez. 2 20-5-1969 n. 1773 Rv. 340837-01, Cass. Sez. 2 1-12-1977n. 5227 Rv. 388871-01). È stato altresì affermato che il comportamento di un chiamato all'eredità -quale la richiesta di voltura catastale di un immobile del de cuius - non possa comportare accettazione tacita di eredità a favore di altro successibile, in assenza di elementi dai quali desumere il conferimento di una delega o la successiva ratifica dell'operato; però, dando nel contempo atto che l'accettazione tacita di eredità può avvenire attraverso negotiorum gestio cui segua la successiva ratifica del chiamato, o per mezzo di una delega o dello svolgimento di attività procuratoria (Cass. Sez. 3 11-7-2014 n. 15888 Rv. 632054-01, Cass. Sez. 2 6-4-2017 n. 8980 Rv. 643674-01). Quindi, posto che l'accettazione di eredità può essere compiuta anche dal rappresentante generale, al quale sia stato espressamente conferito il potere di accettare le eredità delate al rappresentato, nel momento in cui il rappresentante esercita questo potere, ai sensi dell'articolo 1388 cod. civ. gli effetti si producono direttamente nella sfera giuridica del rappresentato, il quale acquista la qualità di erede in forza dell'accettazione dell'eredità eseguita dal suo rappresentante. Inoltre, nel caso in cui il rappresentante abbia il potere di accettare l'eredità, conferitogli senza la limitazione di accettare l'eredità esclusivamente con beneficio di inventario -che presuppone l'accettazione espressa nelle forme dell'articolo 484 cod. civ.-, il rappresentante può accettare l'eredità anche tacitamente, stante la previsione dell'articolo 474 cod. civ., secondo cui l'accettazione può essere espressa o tacita. Ne consegue che non vi è neppure ostacolo all'applicazione al rappresentante volontario né dell'articolo 476 cod. civ. relativo all'accettazione tacita di eredità, né dell'articolo 477 cod. civ. che individua fattispecie legali tipiche di accettazione tacita dell'eredità, tra le quali la vendita di bene ereditario. Specificamente, in ordine all'ipotesi disciplinata dall'articolo 477 cod. civ. è stato rilevato trattarsi di figura di accettazione presunta, che si affianca all'accettazione tacita prevista dall'articolo 476 cod. civ. e dalla quale si discosta in quanto non impone al giudice l'indagine richiesta dall'articolo 476 cod. civ. (Cass. Sez. U 14-2-1973 n. 454 Rv. 362457-01); in effetti, i negozi dispositivi di diritti ereditari previsti dall'articolo 477 cod. civ., per potere essere compiuti, presuppongono l'acquisto dell'eredità. Ne consegue che nella fattispecie la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che la rappresentante nominata Gi.Gi. ha compiuto in data 15-11-1978, in nome e per conto del rappresentato Gi.Di., atto che aveva il potere di compiere in forza della procura che le era stata rilasciata, in quanto ha venduto in nome e per conto del rappresentato un bene compreso nell'eredità a lui delata, con la conseguenza ex articolo 477 cod. civ. che il compimento di quell'atto importava accettazione dell'eredità in capo al rappresentato. Di seguito, a fronte del dato che il 16-11-1978 l'erede Gi.Di. aveva rinunciato alla medesima eredità, la Corte territoriale avrebbe altresì dovuto considerare che l'atto di accettazione dell'eredità, in applicazione del principio semel heres semper heres è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l'acquisto della qualità di erede, la quale permane anche nell'ipotesi in cui l'erede compia un successivo atto di rinuncia all'eredità (Cass. Sez. 6-2 23-7-2020 n. 15663 Rv. 658738-01). 7.L'accoglimento nei termini esposti del ricorso impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra ritenuto; si rimette ex articolo 385 co.3 cod. proc. civ. al giudice del rinvio la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo per quanto in motivazione, per il resto assorbito, assorbito anche il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 22 maggio 2025.