In materia di impugnazioni penali, la Cassazione chiarisce i requisiti di validità per il mandato a impugnare e l’elezione di domicilio ai fini dell’appello, specificando che non è richiesta l'autenticazione della sottoscrizione dell'imputato, neanche se l'atto viene trasmesso con raccomandata.
La sentenza in commento della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione affronta un tema centrale delle impugnazioni penali: la corretta applicazione dell'articolo 581 cod. proc. pen., con particolare attenzione ai commi 1ter e 1quater, e le relative condizioni di ammissibilità dell'appello. Il caso prende avvio dal ricorso proposto da soggetto condannato per evasione, avverso l'ordinanza della Corte d'appello di Bologna con cui dichiarava inammissibile l'appello per la mancata produzione di un mandato a impugnare, il quale, a dire dei giudici, doveva essere rilasciato dopo la sentenza di primo grado ai fini della sua impugnazione, e privo di una valida elezione di domicilio autenticata dal difensore. La Suprema Corte, analizzando sia la normativa introdotta dal d.lgs. 150/2022 sia la successiva abrogazione dell'articolo 581, comma 1ter, a opera della legge 114/2024, ha evidenziato che la verifica dell'ammissibilità dell'appello doveva essere effettuata secondo il regime vigente al momento della proposizione dell'impugnazione (20 dicembre 2023), cioè quello regolato l'articolo 581, comma 1ter, e non sulla base del successivo comma 1quater. In particolare, la Corte ricorda che la dichiarazione o elezione di domicilio è condizione formale sufficiente se l'atto di impugnazione contiene il richiamo espresso a una precedente elezione e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, senza necessità di un nuovo mandato o autenticazione da parte del difensore, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità e dalle Sezioni Unite nella sentenza De Felice n. 13808/2024. Nel secondo passaggio, la Corte di Cassazione approfondisce il tema delle formalità relative alla nomina del difensore e alla dichiarazione di domicilio. Viene ribadito che, ai sensi dell'articolo 96 c.p.p., l'imputato può nominare il proprio difensore mediante dichiarazione sottoscritta, senza necessità di autenticazione, anche se trasmessa via PEC, come confermato da una consolidata giurisprudenza (Sez. 4, n. 10551/2021 Khalid; Sez. 2, n. 21683/2019 Ferrara). L'articolo 39 disp. att. c.p.p. prevede infatti, l'autenticazione solo nei casi espressamente richiesti dalla legge, non per la generalità degli atti trasmessi in via telematica. Il principio di semplificazione formale garantisce la validità della nomina se sottoscritta dall'imputato, escludendo la necessità di autenticazione da parte del difensore, anche con trasmissione telematica o tramite raccomandata. La Cassazione, annullando senza rinvio l'ordinanza della Corte d'appello, riafferma la centralità delle garanzie difensive e l'importanza di un'interpretazione non formalistica delle cause di inammissibilità, in linea con i più recenti orientamenti di legittimità.
Presidente Di Stefano - Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da A.M. avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Bologna in data 29 novembre 2023, con la quale l'imputato è stato condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione per i delitti di evasione commessi il (OMISSIS). La Corte di appello ha rilevato che l'appellante, nei cui confronti si procede in assenza, ha violato il disposto dell'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., in quanto non ha depositato, unitamente all'atto di appello, lo specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio per la notifica del decreto di citazione a giudizio. La Corte di appello ha, altresì, precisato che l'elezione di domicilio, effettuata dall'imputato in data 30 novembre 2023 è «priva delle formalità di cui all'articolo 161, comma 1, cod. proc. pen., in quanto non [è] autenticata dal difensore» e, dunque, è invalida; si tratta, infatti, di un documento “cartaceo”, con «firma illeggibile», sul quale è stata apposta in alto, ad inizio pagina, la firma digitale del difensore. 2. L'avvocato Giancarlo Tunno, difensore di fiducia di A.M., ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l'annullamento, deducendone, con unico motivo, l'illegittimità. Il difensore ha eccepito che la Corte di appello ha illegittimamente applicato l'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc pen. L'imputato, infatti, non poteva essere considerato assente, in quanto, ai sensi dell'articolo 420, comma 2-ter cod. proc. pen., era stato rappresentato in udienza dal difensore, munito di procura speciale per la richiesta di un rito alternativo. Posto, dunque, che l'ammissibilità dell'atto di appello doveva essere vagliata alla stregua dell'articolo 581, comma 1-ter, e non già dell'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., non era necessario il conferimento di alcuna nomina specifica per la proposizione dell'atto di appello. Il difensore ha dedotto, inoltre, che l'elezione di domicilio era allegata all'atto di impugnazione e che non necessitava di alcuna autenticazione da parte del difensore, in quanto la stessa non è richiesta dall'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. 3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 1 ottobre 2024, il Procuratore generale, Raffaele Piccirillo, ha chiesto di rinviare la trattazione del ricorso ad una data successiva alla decisione delle Sezioni Unite, sull'interpretazione dell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., fissata per l'udienza del 24 ottobre 2024. 4. La Corte, all'esito della camera di consiglio del 16 ottobre 2024, ha deciso di rinviare la trattazione del ricorso a nuovo ruolo e, segnatamente, a data successiva a quella della decisione delle Sezioni unite. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto. 2. Con unico motivo il difensore ha eccepito l'errata applicazione dell'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc pen. 3. Il ricorso è fondato. 3.1. La Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l'appello proposto nell'interesse di A.M., ritenendo violato l'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., in quanto, «trattandosi di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza», il difensore non ha depositato «lo specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio». 3.2. Occorre rilevare, in via preliminare, che la Corte di appello di Bologna ha erroneamente ritenuto applicabile nel caso di specie il disposto dell'articolo 581, comma 1-quater, in luogo di quello dell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. Dall'esame diretto degli atti processuali (ammesso in sede di legittimità quando è censurata una violazione della legge processuale, ex plurimis: Sez. U, n. n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 229092) risulta che l'imputato non può essere considerato assente nel giudizio di primo grado, in quanto, nell'atto di nomina del difensore di fiducia sottoscritto in data 30 novembre 2023, ha conferito all'avvocato Giancarlo Tunno la procura speciale per richiedere «riti alternativi (ex articolo 438,446 e 599 c.p.p.)». L'articolo 420, comma 2-ter cod. proc. pen., del resto, espressamente sancisce che «È altresì considerato presente l'imputato che richiede per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale o che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale». La verifica dell'ammissibilità dell'atto di appello proposto dall'avvocato Tunno nell'interesse di A.M. doveva, dunque, essere operata alla stregua dell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. Il rilievo dell'inammissibilità dell'atto di appello per effetto del mancato conferimento di un apposito mandato a impugnare dall'imputato al difensore è, dunque, infondato. 3.3. L'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. è stata inserito nella trama sistematica del codice di rito dall'articolo 33, comma 1, lett. d) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e sanciva che «Con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio». Dai lavori preparatori e dalla relazione di accompagnamento risulta che tale disposizione è stata introdotta a fine di garantire la speditezza dei giudizi di impugnazione, semplificando la «notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione», che doveva avvenire nel luogo indicato dall'appellante a pena di inammissibilità. L'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. è, tuttavia, stato medio tempore abrogato dall'articolo 2, comma, lett. o) della legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024. Le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che «la disciplina contenuta nell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. La previsione ai sensi dell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l'impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione» (Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, De Felice, non ancora massimata). Nel caso di specie deve, dunque, trovare applicazione l'articolo 581, comma 1- ter, cod. proc. pen., ancorché medio tempore abrogato, in quanto l'atto di appello di cui si controverte è stato depositato in data anteriore al 24 agosto 2024 e, segnatamente, in data 20 dicembre 2023. 3.4. L'atto di appello depositato dall'avvocato Tunno nell'interesse di A.M. contiene l'espresso richiamo all'elezione di domicilio dell'imputato presso lo studio del difensore operata nel giudizio di primo grado. L'indicazione dell'elezione di domicilio presso lo studio del difensore esclude, peraltro, ogni possibilità di equivoco o di confusione con pregresse elezioni o dichiarazioni di domicilio, in quanto consente l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello. 3.5. La Corte di appello di Bologna ha, altresì, ritenuto violato il disposto dell'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., in quanto l'elezione di domicilio operata dall'imputato e allegata all'atto di appello sarebbe priva dell'autenticazione da parte del difensore. Anche questo rilievo è giuridicamente errato. L'elezione di domicilio operata da A.M. è inserita nella dichiarazione di nomina a difensore di fiducia dell'avvocato Giancarlo Tunno del foro di Bologna ed è stata sottoscritta dall'imputato; il difensore ha, inoltre, apposto la propria sottoscrizione digitale su tale atto e lo ha trasmesso telematicamente all'autorità procedente. Nessuna efficacia invalidante può, inoltre, essere riconosciuta alla mancanza dell'autenticazione della sottoscrizione dell'imputato da parte del difensore. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, statuito che la nomina del difensore di fiducia fatta con dichiarazione sottoscritta dall'imputato e trasmessa all'autorità giudiziaria procedente a mezzo “pec” non richiede l'autenticazione della firma da parte del difensore (Sez. 4, n. 10551 del 09/03/2021, Khalid, Rv. 280702 – 01; cfr. anche Sez. 2, n. 21683 del 15/01/2019, Ferrara, Rv. 277014 - 01). L'articolo 96 cod. proc. pen. sancisce che l'imputato ha diritto di nominare fino a due difensori di fiducia e che la nomina può essere fatta con dichiarazione resa all'autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal proprio difensore o ancora trasmessa per raccomandata. La norma non prevede che, in caso di presentazione di una dichiarazione di nomina scritta, l'atto osservi particolari formalità, né che la sottoscrizione del dichiarante debba essere autenticata da parte del difensore o di altri perché l'atto sia valido e produttivo di effetti giuridici. D'altronde, l'articolo 39 disp. att. cod. proc. pen. prevede l'autenticazione del sottoscrittore per i soli casi previsti dalla legge e non in relazione a qualunque atto presentato all'autorità Giudiziaria, sia pure non personalmente, ma a mezzo Pec. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 57546 del 21/12/2017, Rv. 271729), la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia prevede formalità semplificate, in quanto, se è imprescindibile la sottoscrizione dell'indagato o dell'imputato, attesa l'importanza e la delicatezza dell'incarico conferito (Sez. 3, n. 2401 del 30/06/1999, Lobina, Rv. 215073), non è richiesta l'autenticazione della sottoscrizione dell'imputato o indagato, neanche se l'atto viene trasmesso con raccomandata (Sez. 5, n. 1623 del 07/06/1995, Anselmi, Rv. 201799; Sez. 3, n. 234 del 09/11/2006, dep. 2007, Ferrari Rv. 235963). 3.6. La Corte di appello, dunque, nel dichiarare l'inammissibilità dell'atto di appello proposto nell'interesse di A.M., ha fatto errata applicazione del disposto dell'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., in quanto l'atto di appello non doveva essere corredato da uno specifico mandato a impugnare la sentenza di primo grado e l'atto di impugnazione richiamava inequivocamente un'elezione di domicilio valida ed efficace. 4. Alla stregua di tali rilievi, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio e deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio.