In tema di esposizione dei prezzi nei punti vendita, il cartellino deve essere visibile e leggibile senza che il consumatore debba estrarre o cercare l’indicazione tra le pieghe o all’interno degli oggetti.
La vicenda in esame nasce dal provvedimento sanzionatorio notificato dalla Guardia di Finanza ad una casa di moda, per la mancata esposizione chiara e leggibile dei prezzi nei negozi al dettaglio. Il Giudice di pace di Ferrara, in primo grado, aveva accolto l'opposizione dell'azienda, ritenendo sufficiente la mera presenza del cartellino del prezzo, anche se inserito all'interno del capo d'abbigliamento, ai fini della trasparenza dovuta al consumatore. In appello, il Tribunale di Ferrara ha, invece, riformato la sentenza, rilevando come la mancata visibilità dei cartellini integrasse la violazione dell'articolo 14 d.lgs. 114/1998. La maison ha, dunque, adito la Cassazione, sostenendo che la scelta del mezzo e della collocazione del cartellino rientrasse nella discrezionalità del commerciante e che, nel settore della moda, la visibilità del prezzo non fosse elemento centrale rispetto ad altri fattori quali, ad esempio, la notorietà del marchio o la cura dell'allestimento. La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso, affermando che nei punti vendita al dettaglio il prezzo deve risultare non solo leggibile, ma anche facilmente visibile all'utente. In particolare, i Giudici hanno precisato che la collocazione del cartellino all'interno del prodotto, o nel caso delle borse all'interno e chiuso da cerniera, non soddisfa i requisiti di trasparenza imposti dalla disciplina di settore. È stato sottolineato che «leggibilità» e «facile visibilità» sono concetti distinti ma inscindibili: la leggibilità richiede sempre la preventiva e agevole visibilità del prezzo, soprattutto nei casi in cui il prodotto sia esposto senza che il consumatore possa accedervi direttamente. A sostegno di tali conclusioni, la Cassazione ha richiamato il proprio precedente (Cass. n. 3115/2005), secondo cui anche un cartellino posizionato sotto l'oggetto si considera “nascosto” e non rispondente ai criteri di trasparenza, anche se una volta scoperto il prezzo sia riferibile all'articolo. Ne consegue che le modalità di posizionamento del cartellino sono determinanti e non dipendono dalla natura del prodotto e che la tutela del consumatore in tema di informazione trasparente non può essere compressa per esigenze di marketing.
Presidente Bertuzzi - Relatore Papa Fatti di causa 1. Con accertamento ispettivo del 12 giugno 2017, la Guardia di Finanzia di (OMISSIS) constatò che, all'interno del negozio (OMISSIS) sito in (OMISSIS) i prodotti esposti non indicavano il prezzo di vendita in modo chiaro e leggibile. Il 22 giugno 2017 venne elevato il verbale di constatazione n. (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) in qualità di responsabile di vendita al momento dell'eccesso effettuato dagli agenti di polizia giudiziaria e di (OMISSIS) s.p.a. quale obbligata in solido, per violazione dell'articolo 14, d.lgs. 14/1998. Il Comune di (OMISSIS) emise quindi, nei confronti del trasgressore e dell'obbligato in solido, l'ordinanza ingiunzione n. 224/2017 per il pagamento della somma di Euro 1.032,00. 2. (OMISSIS) s.p.a. propose opposizione dinnanzi al Giudice di Pace di Ferrara, eccependo il difetto di motivazione dell'atto opposto e l'insussistenza delia violazione contestata. Con sentenza n. 887/2018, il Giudice di pace di Ferrara accolse l'opposizione, annullando l'ordinanza ingiunzione n. 224/2017; il Giudice accertò che, secondo quanto esposto dalla società e secondo quanto confermato dal verbale di constatazione n. (OMISSIS) la merce esposta era dotata di un cartellino, riportante il prezzo di vendita, seppure posto all'interno del singolo capo; escluse, perciò, la lesione del diritto del consumatore ad avere informazioni chiare e trasparenti. 3. Con sentenza n. 359/2020, il Tribunale di Ferrara accolse l'appello del Comune e rigettò l'opposizione proposta da (OMISSIS) s.p.a., confermando l'ordinanza ingiunzione n.224/2017. Il Tribunale rilevò che i cartellini indicanti il prezzo, seppure attaccati ai capi di abbigliamento, non erano visibili, con conseguente violazione dell'articolo 14 d.lgs 114/1998 secondo cui i prodotti esposti per la vendita devono indicare in modo chiaro e leggibile il prezzo al pubblico. 4. Avverso la sentenza n. 359/2020, (OMISSIS) s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria; il Comune di (OMISSIS) ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, (OMISSIS) s.p.a. ha lamentato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell'articolo 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'articolo 14 d.lgs. 114/1998 per avere il Tribunale associato impropriamente i termini «leggibilità» e «visibilità» considerandoli quali sinonimi; in particolare, la ricorrente ha sostenuto che il commerciante sarebbe libero di scegliere il mezzo di comunicazione dei prezzo e il posizionamento del cartellino sul capo; dal verbale della Guardia di Finanza emerge che ogni capo o prodotto era dotato di apposito cartellino indicante il prezzo, sicché sarebbe esclusa la violazione contestata. 2. Con il secondo motivo, la società ha denunciato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell'articolo 360 cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli articolo 2 e 5 del d.lgs. 206/2005: ha sottolineato che il legislatore ha inteso contemperare la tutela del consumatore con le esigenze del commerciante e che, al comma terzo dell'articolo 5, ha proprio precisato, in riferimento alle informazioni commerciali, che è necessario tener conto delle caratteristiche del settore; nel settore della moda, invero, per consuetudine consolidata, non sarebbero mai stati posti in estrema evidenza i prezzi, perché elementi non rilevanti quali attrattiva del cliente, come invece lo sono la notorietà del marchio, la presentazione dei prodotto, la cura del negozio e la professionalità del personale; in ogni caso, l'apposizione del cartellino all'interno di ogni singolo capo consentirebbe comunque al consumatore di conoscere in maniera diretta, inequivocabile e trasparente il prezzo di vendita attraverso una operazione (la sua estrazione dalle pieghe del capo) che richiede una diligenza minima. 2.1. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono infondati. Il Tribunale ha ritenuto sussistente la violazione dell'articolo 14 del d.lgs. 114/1998 perché i verbalizzanti hanno riscontrato che il cartellino del prezzo, all'interno del negozio, era riposto all'interno del prodotto e, per le borse in vendita, era celato al loro interno, chiuso con cerniera; ha escluso perciò, nella fattispecie, la sussistenza delle caratteristiche di leggibilità e visibilità del prezzo. Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante la riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997, n. 59, dopo aver enunciato, all'art, 1, tra le finalità perseguite, da un canto la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci e, dall'altro, la tutela del consumatore, con particolare riguardo all'informazione, alla possibilità di approvvigionamento, al servizio di prossimità, all'assortimento e alla sicurezza dei prodotti, ha stabilito i princìpi e le norme generali sull'esercizio dell'attività commerciale sancendo, in particolare, all'articolo 14 - della cui violazione qui si discute - la pubblicità dei prezzi. Al comma primo, l'articolo 14 prescrive che i prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbano indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l'uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo; il comma secondo, prevede poi - per quel che qui rileva - che negli esercizi commerciali e nei loro reparti organizzati con il sistema di vendita a libero servizio, l'obbligo dell'indicazione del prezzo debba essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico; il comma terzo specifica, infine, che possano essere esclusi dall'applicazione del comma secondo soltanto i prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili, «in modo che risulti facilmente visibile al pubblico». Giova allora puntualizzare che la leggibilità è caratteristica propria di ciò che è facilmente decifrabile e chiaro alla lettura, laddove la visibilità è caratteristica di ciò che può essere percepito dall'occhio immediatamente e senza ostacoli: effettivamente, dunque, le due caratteristiche non sono ontologicamente coincidenti. Quel che tuttavia risulta dalla inequivoca lettera della norma è che la chiara leggibilità, laddove è prescritta, nel primo comma, per i prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, presuppone sempre e comunque la facile visibilità. Ciò si ricava dalla formulazione del terzo comma, in cui è specificata la modalità di esposizione del prezzo nella vendita a libero servizio, cioè nel sistema di vendita in cui il cliente sceglie e preleva i prodotti in autonomia, senza l'assistenza del personale: in questi sistemi è esplicitamente prescritto che l'esercente debba esporre il prezzo del prodotto in modo che risulti, oltre che leggibile, «facilmente visibile al pubblico»; in altri termini, è, dunque, proprio escluso che il consumatore sia tenuto, per conoscere il prezzo del capo, ad «estrarre» il cartellino nascosto, sebbene sia evidentemente presumibile che in questo tipo di esercizio della vendita egli sia autonomo nell'esame e nella valutazione del prodotto esposto. La facile visibilità è, dunque, prescritta con la leggibilità anche quando al consumatore sia concesso l'esame diretto del prodotto, sicché a maggior ragione le due caratteristiche devono coesistere quando il prodotto sia esposto al pubblico, ma senza che il consumatore abbia possibilità di accostarvisi direttamente. Il principio è stato già sancito da questa Corte nel precedente posto dal Tribunale a fondamento della decisione qui impugnata (Cass. Sez. 1, n. 3115 del 16/02/2005), in cui è stato rimarcato che il prezzo posto sotto l'oggetto è, secondo la normale accezione, nascosto; seppure è vero che, una volta scoperto il cartellino, il prezzo risulta comunque immediatamente riferibile all'oggetto, è vero altresì che un cartellino posto sotto l'oggetto (o, come nella fattispecie in esame, riposto tra le pieghe del capo o chiuso all'interno di una borsa) non è palese, visibile, manifesto: sono, pertanto, le modalità di posizionamento del cartellino a rilevare e non certamente la tipologia di prodotto esposto. Decidendo per la sussistenza della violazione sanzionata, il Tribunale ha correttamente applicato i principi suesposti. Diversamente non può ritenersi neppure in riferimento agli articolo 2 e 5 del Codice del consumo, come invocati dalla società ricorrente, secondo cui le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore: queste norme, infatti, sanciscono i principi generali sul diritto di informazione del consumatore, ma certamente non derogano alla specifica disciplina della pubblicità del prezzo di cui al d.lgs. 114/98 che, al contrario, è proprio richiamata nella susseguente sezione I del capo III del Titolo II della Parte II del Codice, concernente il diritto di informazione del consumatore. 3. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente ha prospettato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell'articolo 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del principio di diritto contenuto nella sentenza della cassazione n. 3115/2005 in quanto inconferente con il caso di specie. 3.1. Il motivo è inammissibile per sua formulazione. Il precedente giurisprudenziale, pur se proveniente dalla Corte di legittimità e finanche dalle Sezioni Unite, e quindi anche se diretta espressione di nomofilachia, non rientra tra le fonti dei diritto, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a denunciare un contrasto tra la sentenza impugnata e il precedente, dovendo la censura in ogni caso identificare una norma di diritto e dedurre come essa, eventualmente nell'interpretazione propostane dai precedenti, risulti essere stata violata o falsamente applicata (Cass. Sez. 3, n. 30774 del 06/11/2023). 3. Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della ricorrente (OMISSIS) s.p.a. al rimborso delle spese processuali in favore del Comune di (OMISSIS) liquidate in dispositivo in relazione al valore. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna (OMISSIS) s.p.a. al pagamento, in favore del Comune di (OMISSIS) delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'articolo 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.