Vendita di prodotti industriali con segni mendaci: quando si configura il reato?

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, affronta la portata applicativa dell’articolo 517 c.p. in relazione al fenomeno del transito internazionale, sul territorio nazionale, di merci con segni mendaci.

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, afferma che, per la configurabilità del reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, è imprescindibile la presenza dell'elemento oggettivo della “messa in circolazione” sul territorio nazionale. Nel caso esaminato, la merce proveniva da uno Stato estero ed era destinata a un altro Stato estero, non uscendo mai dalla sfera di disponibilità del detentore e non risultando destinata né al mercato interno né alla presentazione in dogana per l'immissione in consumo. La Corte ribadisce quindi, che la semplice detenzione di prodotti industriali con segni mendaci, se finalizzata esclusivamente al transito e non alla commercializzazione in Italia, non integra la condotta tipica richiesta dall'articolo 517 c.p. e che, altresì, la presentazione della merce alla dogana per l'immissione in consumo costituisce una forma anticipata della condotta incriminata, ma non può essere estesa a comportamenti che escludano ex ante la circolazione sul territorio italiano. Sul punto inoltre, la Corte chiarisce che l'invocazione del Regolamento (UE) n. 608/2013, relativo al blocco doganale delle merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale, non può estendere la portata del precetto penale dettato dall'articolo 517 c.p: il regolamento mira esclusivamente alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale e non all'ordine economico nazionale, esso non giustifica interpretazioni che vadano oltre il significato letterale e finalistico dell'espressione “mette in circolazione”. Tali premesse conducono la Suprema Corte ad affermare il seguente principio di diritto: «Il reato di cui all'articolo 517 cod. pen. non è configurabile, per insussistenza dell'elemento oggettivo della 'messa in circolazione', nel caso di merce proveniente da Stato estero, destinata ad altro Stato estero, mai uscita dalla sfera della disponibilità del detentore, non destinata al mercato interno e nemmeno presentata (o destinata ad essere presentata) alla dogana. Nulla esclude che la condotta di detenzione di prodotti industriali con segni mendaci possa integrare, se ne ricorrono i presupposti, il tentativo di messa in circolazione nel territorio nazionale (nel caso siano destinati, di fatto, al mercato interno e non al mero transito) o la messa in circolazione dei beni (ove, nei fatti, non si tratti di mero transito ma di trasporto verso una destinazione italiana), ma si tratta di questioni di fatto nemmeno dedotte in questa sede». In conclusione, il reato di cui all'articolo 517 c.p. non è configurabile, per insussistenza dell'elemento oggettivo della “messa in circolazione”, nel caso di merce proveniente da Stato estero e destinata ad altro Stato estero, mai uscita dalla sfera di disponibilità del detentore, non destinata al mercato interno e nemmeno presentata o destinata ad essere presentata alla dogana italiana. Diversamente, la detenzione può integrare il tentativo di messa in circolazione solo se i prodotti siano effettivamente destinati al mercato interno, circostanza che deve risultare dai fatti.

Presidente Sarno - Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste ricorre per l'annullamento della sentenza del 15 maggio 2024 del locale Tribunale che ha assolto G.Y. dal reato di cui all'articolo 517 cod. pen. perché il fatto non sussiste. 1.1. Con unico motivo deduce l'erronea applicazione dell'articolo 517 cod. pen. Lamenta, in estrema sintesi, il malgoverno della fattispecie incriminatrice avendo il Tribunale escluso la sussistenza del reato per il sol fatto che la merce era stata presentata in dogana ai soli fini di transito, essendo destinata ad un cliente estero, senza essere commercializzata (o comunque destinata alla commercializzazione) nel mercato italiano. Sostiene, al contrario, che la norma trovi applicazione anche a mezzo vendita estero su estero, con transito in Italia, di merce con segni distintivi ingannevoli. 2. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. 3. L'imputata ha presentato, per il tramite del difensore di fiducia, Avv. Davide Conforti, articolata memoria con cui chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. L'imputata risponde del reato ascrittole perché, quale legale rappresentante della società turca (OMISSIS), poneva in vendita o metteva altrimenti in circolazione prodotti industriali (597.000 accendini riportanti il marchio (OMISSIS)) con segni distintivi atti ad indurre in inganno il compratore sull'origine/provenienza della merce (in particolare detti accendini riportavano decorazioni grafiche/disegni costituenti imitazione di quelli divulgati dalla società (OMISSIS), mediante commercializzazione di accendini riportanti marchio (OMISSIS)). 2.1. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che: a) il 4 febbraio 2021 gli agenti della Guardia di Finanza, insieme con i funzionari dell'Agenzia delle Dogane, avevano vincolato, per i successivi controlli, il rimorchio turco tg. (OMISSIS), di proprietà della società (OMISSIS) di (OMISSIS), che sarebbe sbarcato il successivo 5 febbraio dalla motonave (OMISSIS), proveniente dal porto turco di (OMISSIS) (Turchia) e diretta in Gran Bretagna; b) la merce era scortata da un documento di transito T1 del 2 febbraio 2021 e da una fattura del 28 gennaio 2021 emessa dalla società turca (OMISSIS) legalmente rappresentata dall'imputata; c) dal manifesto di sbarco della nave risultava che tra le merci vi erano anche dispositivi di controllo di protezione individuale da Covid-19 (mascherine), all'epoca oggetto di particolare attenzione, ma furono rinvenuti anche gli accendini indicati dalla rubrica che, all'esito di perizia, risultarono non originali; d) si trattava di merce che non era stata posta in vendita, né altrimenti messa in circolazione nel territorio italiano, che era scortata da documento doganale di transito T1 e non era oggetto di sdoganamento, si trattava, dunque, di merce che - afferma il Tribunale - non ha fatto giuridicamente ingresso nel territorio italiano; e) poiché il porto di Trieste è un punto franco, l'Agenzia delle Dogane effettua i controlli stabiliti dal Regolamento Comunitario n. 608/2013 sulla contraffazione a prescindere dall'immissione della merce nel territorio italiano. 2.2. Il Pubblico ministero ricorrente se ne duole ritenendo necessario superare il principio affermato dalla Corte di cassazione (ed applicato dal Tribunale) secondo il quale il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci non è configurabile nel caso di merce in transito nel territorio nazionale, non destinata all'immissione in consumo o alla libera pratica in Italia (Sez. 3, n. 8734 del 21/01/2010, Muresan, Rv. 246215 - 01; nel caso di specie si trattava di merce recante la dicitura made in Spain o Echo en Espana , proveniente dalla Romania, trasportata su un camion di proprietà di una società rumena risultato diretto in Spagna, fermato in Italia per controlli doganali). Secondo il ricorrente le parole mette comunque in circolazione consentono di estendere l'ambito applicativo della fattispecie anche alle condotte che non si risolvono nella commercializzazione del prodotto in Italia. Utili riferimenti possono essere tratti dalla giurisprudenza relativa all'articolo 474 cod. pen. che, afferma il ricorrente, può essere applicata anche all'articolo 517 cod. pen. e da quella giurisprudenza che ritiene sufficiente, ai fini dell'integrazione del reato, la mera presentazione delle merci o dei prodotti in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica. 3. Si tratta di rilievi infondati. 3.1. Oggetto di tutela del precetto penalmente presidiato non è l'interesse dei consumatori o quello degli altri produttori, ma è l'interesse generale concernente l'ordine economico nazionale (Sez. 5, n. 9389 del 04/02/2013, Zhu, Rv. 255227 - 01; Sez. 3, n. 2003 del 13/11/2007, Marzullo, Rv. 238557 - 01; Sez. 5, n. 31482 del 19/06/2007, Balsamo, Rv. 237578 - 01; Sez. 5, n. 3680 del 27/02/1973, Astarita, Rv. 124063 - 01; per Sez. 3, n. 2003 del 13/11/2007, dep. 2008, Marzullo, Rv. 238557 - 01). Secondo alcune decisioni della Corte di cassazione, l'ordine economico è invece comprensivo sia della libertà e buona fede del consumatore sia della protezione del produttore dalla illecita concorrenza (Sez. 3, n. 27250 del 15/03/2007, Contarini, non mass, sul punto; nello stesso senso, Sez. 3, n. 13712 del 17/02/2005, Acanfora, non mass, sul punto), conformemente a quanto sostiene parte della dottrina secondo cui oggetto di tutela è l'interesse dei consumatori ma anche dei concorrenti e operatori nel mercato. 3.2. Secondo il consolidato insegnamento della Corte di cassazione, la condotta descritta dall'articolo 517 cod. pen. con la formula mette altrimenti in circolazione si riferisce a qualsiasi attività con cui si mira a far uscire a qualsiasi titolo la res dalla sfera giuridica e di custodia del detentore, ossia a qualunque operazione di movimentazione della merce, tra le quali, pertanto, deve essere ricompresa anche la mera presentazione alla dogana, per lo sdoganamento, di prodotti industriali che recano segni atti ad indurre in inganno il compratore sulla loro origine (Sez. 3, n. 1513 del 14/11/2018, Cotechini, Rv. 274302 - 01; Sez. 3, n. 54521 del 14/06/2016, Pigini, Rv. 268716 - 01; Sez. 3, n. 8938 del 20/10/2011, Coletta, Rv. 252747 - 01; Sez. 3, n. 21256 del 05/02/2014, Uberti, Rv. 259721 - 01; Sez. 3, n. 23514 del 14/06/2006, Amato, Rv. 234487 - 01; Sez. 3, n. 37139 del 28/06/2005, Zheng, Rv. 232469 - 01). E' stato al riguardo precisato che con l'articolo 4, comma quarantanove, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il legislatore ha inteso unicamente risolvere il contrasto interpretativo esistente in ordine al momento consumativo del reato di vendita di prodotti con segni mendaci di cui all'articolo 517 cod. pen., precisando che esso si perfeziona sin dal momento della presentazione dei prodotti e delle merci in dogana, ma non ha in alcun modo inteso estendere anche la portata precettiva della disposizione citata (Sez. 3, n. 3352 del 21/10/2004, Scarpa, Rv. 231110 - 01; nel senso che l'articolo 4, co. 49, l. 24 dicembre 2003, n. 350 ha disposto in via interpretativa l'anticipazione del momento consumativo dell'illecito, Sez. 3, Coletta, cit.). 3.3. Più in generale, in tema di elemento oggettivo del delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci di cui all'articolo 517 cod. pen., si è affermato che la condotta descritta con l'espressione mette altrimenti in circolazione , che nella fattispecie è alternativa a quella del porre in vendita , avuto riguardo all'oggetto giuridico del reato, alla diversità lessicale con l'espressione mettere in commercio , presente nella diversa fattispecie di cui all'articolo 516 cod. pen., nonché alla finalità del precetto, deve ritenersi riferirsi a qualsiasi attività con cui si miri a fare uscire a qualsiasi titolo la res dalla sfera giuridica e di custodia del mero detentore, cosi da includere pure le operazioni di immagazzinamento finalizzato alla distribuzione o la circolazione della merce destinata alla messa in vendita, con esclusione solo della mera detenzione in locali diversi da quelli di vendita o del deposito prima dell'uscita della merce dalla disponibilità del detentore (Sez. 3, n. 7639 del 25/05/1998, Di Munno, Rv. 211135 - 01, in fattispecie nella quale è stato ritenuta integrare la fattispecie dell'articolo 517 cod. pen. l'attività del produttore di manufatti con segni mendaci che aveva consegnato tale merce ad altra impresa, la quale successivamente e in piena autonomia aveva provveduto a commercializzare il prodotto; nel senso che la condotta di messa in vendita o di messa in circolazione si verifica quando il prodotto esce dalla sfera di custodia del fabbricante per un qualsiasi scopo che non escluda la possibilità di circolazione, Sez. 3, n. 14644 del 23/02/2005, Di Castri, Rv. 231611 - 01). 3.4. Ne è stata tratta la conseguenza che il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci non è configurabile nel caso di merce in transito nel territorio nazionale, non destinata all'immissione in consumo o alla libera pratica in Italia (Sez, 3, n. 8734 del 21/01/2010, Muresan, Rv. 246215 - 01). 3.5. Anche il tentativo è configurabile qualora l'attività di messa in circolazione dei prodotti contraffatti sia preceduta da una serie di atti finalisticamente orientati al conseguimento del risultato offensivo, e pervenuti ad uno stadio di evoluzione dell' iter criminis tale da fare ritenere probabile che detto risultato sia effettivamente raggiunto (Sez. 3, n. 13646 del 07/12/2016, dep. 2017, Ferrauto, Rv. 269330 - 01; Sez. 3, n. 2003 del 13/11/2007, Marzullo, Rv. 238556 - 01). 3.6. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritiene la Corte che alle parole: mette altrimenti in circolazione non possa essere attribuito il senso loro attribuito dal PG ricorrente il quale ritiene integrata la condotta anche in assenza della presentazione del prodotto alla dogana perché non destinato alla messa in circolazione nel territorio dello Stato italiano. 3.7. S'è già detto che la criminalizzazione della condotta di presentazione alla dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica costituisce un'anticipazione della condotta di messa in circolazione ; estendere la criminalizzazione a condotte che escludono ex ante la circolazione nel territorio italiano (o il pericolo stesso della messa in circolazione) comporta una inammissibile estensione del precetto a fatti non tipizzati e nemmeno offensivi dell'ordine economico nazionale o idonei a porlo in pericolo. 3.8. Non è pertinente il richiamo a Sez. 4, n. 25030 del 26/04/2017, Menna, poiché in quel caso, se è vero che la merce non era destinata ad essere commercializzata in Italia, siccome in transito verso uno Stato extracomunitario, ciò nondimeno «il magazzino dove era temporaneamente custodita la merce sequestrata si trova[va] nell'area doganale e, quindi, in territorio italiano ai sensi dell'articolo 6 cod. pen.»; inoltre, «la fattura, atto necessario per la vendita del bene e, quindi, per commercializzare lo stesso, [era] stata emessa dalla società rappresentata dal ricorrente (...) compiendo sul territorio italiano parte del processo di messa in circolazione - e, quindi, della condotta illecita - a nulla rilevando che nella fattura [fosse] indicata la clausola FOB, ossia l'indicazione del porto d'imbarco concordato in Turchia». 3.9. Nel caso in esame, invece, la merce si trovava ancora a bordo della nave (e dunque non in territorio italiano) ed era accompagnata da fattura incontestabilmente emessa in territorio turco. Alcuna condotta è stata posta in essere in territorio italiano né il PG ricorrente ipotizza che la merce fosse in realtà destinata ad essere messa in circolazione o venduta in Italia. 3.10. Nè amplia la portata del precetto penale l'invocato (da parte del ricorrente) articolo 18 del Regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013 relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali e che abroga il regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio, che attribuisce alle autorità doganali di bloccare le merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale. Si tratta di norma (e dì regolamento) posto a tutela della proprietà intellettuale, non dell'ordine economico domestico, sicché il termine di paragone è inappropriato ed inidoneo ad avallare interpretazioni della norma che vadano oltre il senso attribuito alle parole mette in circolazione . 3.11. Deve pertanto essere affermato il principio secondo il quale il reato di cui all'articolo 517 cod. pen. non è configurabile, per insussistenza dell'elemento oggettivo della messa in circolazione , nel caso di merce proveniente da Stato estero, destinata ad altro Stato estero, mai uscita dalla sfera della disponibilità del detentore, non destinata al mercato interno e nemmeno presentata (o destinata ad essere presentata) alla dogana. Nulla esclude che la condotta di detenzione di prodotti industriali con segni mendaci possa integrare, se ne ricorrono i presupposti, il tentativo di messa in circolazione nel territorio nazionale (nel caso siano destinati, di fatto, al mercato interno e non al mero transito) o la messa in circolazione dei beni (ove, nei fatti, non si tratti di mero transito ma di trasporto verso una destinazione italiana), ma si tratta di questioni di fatto nemmeno dedotte in questa sede. P.Q.M. Rigetta il ricorso.