Convoglio a fine corsa: catalogabile come resistenza a pubblico ufficiale l’opposizione all’invito a scendere del capo treno

Classificata come resistenza a pubblico ufficiale l’aggressione compiuta ai danni del capo treno e del macchinista da parte di un uomo che, ubriaco e addormentato, non voleva scendere dal treno a fine corsa.

Scenario dell'episodio, risalente all'ottobre del 2017, è una stazione ferroviaria nella provincia di Verona dove un uomo ha aggredito su un convoglio, ormai a fine corsa, il capo treno.  Per i giudici di merito il quadro probatorio è chiarissimo: condannato, sia in primo che in secondo grado, il cittadino marocchino, ritenuto colpevole di resistenza a pubblico ufficiale e obbligato anche a risarcire i danni arrecati alla persona del capo treno, costituitosi parte civile. L'uomo, invitato dal capo treno a scendere dal convoglio per fine della corsa, si rifiutava di aderire a quella richiesta ed ha usato violenza non solo verso il capo treno ma anche verso il macchinista, spintonandoli e colpendoli con calci e pugni. Per la difesa, però, è illogico parlare di resistenza a pubblico ufficiale. Ciò perché, viene esplicitato col ricorso per cassazione, «erroneamente in Appello è stata qualificata la persona offesa come pubblico ufficiale» in quanto «l'attività che stava svolgendo non riguardava né il controllo dei biglietti né il trasporto dei passeggeri, ma soltanto la mera verifica del fine corsa , priva di pubblica finalità ed estranea alla sicurezza dei passeggeri». In sostanza, quella svolta in quel frangente dal capo treno era, secondo la difesa, «attività interna all'azienda, finalizzata alla custodia e alla manutenzione del mezzo, attività in cui alcun potere autoritativo e certificativo stava esplicando il capo treno», tanto che «alcuna sanzione era prevista per l'inosservanza della richiesta di scendere» dal convoglio. Questa visione viene respinta dai Giudici, i quali confermano, a fronte della condotta tenuta dal cittadino marocchino, la configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Richiamando l'episodio, la Suprema Corte condivide l'ottica adottata in Appello: «il capo treno non aveva, al momento del fatto, cessato il suo servizio e stava svolgendo mansioni di controllo sulla sicurezza dei passeggeri a bordo delle vetture, quando ha sorpreso lo straniero addormentato e ubriaco ancora a bordo, nonostante il treno fosse giunto alla fine della corsa, e lo aveva invitato a scendere». A quel punto, il cittadino marocchino «dava in escandescenze, aggredendo il capo treno» e il macchinista, per poi «allontanarsi lungo il convoglio». Ebbene, il controllo effettuato in quel frangente dal capo treno «era finalizzato ad assicurare la incolumità dei viaggiatori e il rientro in sicurezza del convoglio al deposito e rientrava nei compiti assegnati al capo treno in materia di ordine e sicurezza, anche con poteri accertativi». Inequivocabile, quindi, il ruolo di pubblico ufficiale svolto dal capo treno al momento dell'aggressione compiuta nei suoi confronti dal cittadino marocchino. Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici richiamano uno dei paletti fissati dalle Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto , ossia quello secondo cui «chiunque si serve delle ferrovie deve osservare tutte le prescrizioni relative al loro uso ed è tenuto in ogni caso ad attenersi ad avvertenze, inviti e disposizioni delle aziende esercenti e del personale per quanto concerne la regolarità amministrativa e funzionale, nonché l'ordine e la sicurezza». Non a caso, «i trasgressori di tale disposizione sono soggetti a sanzione amministrativa» e «la constatazione dei suddetti fatti e la relativa verbalizzazione, in assenza di personale della Polizia ferroviaria o di altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, sono attribuiti al personale addetto all'esercizio, alla custodia ed alla manutenzione delle ferrovie».

Presidente Fidelbo - Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Verona del 13 dicembre 2022, che aveva / condannato, all'esito di giudizio abbreviato, l'imputato B.S. per il reato di cui all'articolo 337 cod. pen., commesso il 30 ottobre 2017, alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile costituita, L.L.. Secondo l'imputazione, B.S., invitato dal capo treno L.L. a scendere dal treno per fine della corsa, si rifiutava di aderire all'invito ed usava violenza verso la stessa ed il macchinista, spintonandoli e colpendoli con calci e pugni. 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Violazione di legge in relazione agli articolo 23-bis d.l. n. 149 del 2020, 178 cod. proc. pen. per omesso deposito delle conclusioni scritte del Procuratore generale. La difesa aveva eccepito in sede di appello la mancata trasmissione delle conclusioni scritte del Procuratore generale o in alternativa dell'omessa loro formulazione. La Corte di appello ha ritenuto di superare tale eccezione per il solo fatto che non erano state depositate le conclusioni del Procuratore generale. Questa conclusione è erronea perché il deposito delle conclusioni è atto dovuto, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 28728 del 2022), che ha ravvisato in tal caso la nullità della sentenza impugnata. In ogni caso, nel caso di specie non potevano neppure considerarsi valide le conclusioni formulate per l'udienza dell'8 aprile 2024, posto che per essa la Corte di appello ha ritenuto la nullità della citazione a giudizio. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 357 e 38 cod. pen. e alla sussistenza del contestato reato. Erroneamente la Corte di appello ha qualificato la persona offesa come pubblico ufficiale, in quanto l'attività che la stessa stava svolgendo non riguardava né il controllo dei biglietti né il trasporto dei passeggeri, ma soltanto la mera verifica del fine corsa , priva di pubblica finalità ed estranea alla sicurezza dei passeggeri. Si trattava di attività interna all'azienda, finalizzata alla custodia e manutenzione del mezzo, nella quale alcun potere autoritativo e certificativo, di cui agli articolo 17 e 31 d.P.R. n. 753 del 1983, stava esplicando il capo treno (ne è conferma che alcuna sanzione era prevista per l'inosservanza della richiesta di scendere). 3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e le parti private hanno depositato conclusioni scritte e memorie, come in epigrafe indicate. Considerato in diritto 1. Il ricorso è complessivamente infondato. 2. In ordine al primo motivo va premesso che l'udienza di appello, con rito cartolare, si è tenuta il 20 giugno 2024. Sulla base della normativa che, regolava in via transitoria l'applicazione delle disposizioni per i giudizi di impugnazione, dettate dalla riforma di cui al d.lgs. n. 150 del 2022, per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024 continuavano ad applicarsi le disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 (articolo 94 d.lgs. n. 150 del 2022). L'articolo articolo 23-bis cit. stabiliva che entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che saranno resi disponibili ed individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati. La cancelleria invia l'atto immediatamente, per via telematica (...), ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla 4 cancelleria della corte d'appello per via telematica, ai sensi dell'articolo 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 . La sequenza procedimentale, dunque, prevedeva che, fissata l'udienza, le parti e il Procuratore generale possono formulare istanza di trattazione orale entro i quindici giorni precedenti; in difetto, il Procuratore generale formula le proprie conclusioni per iscritto entro il termine di dieci giorni prima dell'udienza, mentre le altre parti, cui le conclusioni debbono essere telematicamente inviate, possono presentare a loro volta conclusioni scritte entro il quinto giorno precedente l'udienza. Secondo la sentenza richiamata dal ricorrente (Sez. 2, n. 28728 del 2022), sulla base della diversità dei termini ( formula le conclusioni , possono presentare le conclusioni”), mentre i difensori delle parti private possono presentarle, non sono obbligati, la Parte pubblica deve formulare le conclusioni per ciascuno dei processi fissati all'udienza. Le conclusioni della Parte pubblica, poi, a differenza di quelle delle parti privati devono essere immediatamente comunicate alle altre parti. L'orientamento seguito dalla Seconda Sezione di questa Corte ha trovato in precedenza altre affermazioni (così Sez. 6, n. 26459 del 25/05/2021, Rv. 282175; Sez. 3, n. 38177, del 7 settembre 2021, Rv. 282373), tutte convergenti nel ritenere obbligatorie le conclusioni del Pubblico ministero. E' tuttavia presente nella giurisprudenza di legittimità anche una più recente e consistente esegesi di segno contrario, che ha dato rilievo alla partecipazione solo eventuale del procuratore generale nel procedimento camerale con contraddittorio cartolare (Sez. 1, n. 14766 del 16/03/ 2022, Rv. 283307; in senso conforme, Sez. 5, n. 34796 del 03/07/ 2024 n.m.; Sez. 7, n. 28273 del 25/06/2024, n.m.; Sez. 5, n. 46393 del 03/10/ 2023, n.m.). A prescindere dalla condivisione dell'uno o dell'altro orientamento, il Collegio ritiene dirimente che in ogni caso il ricorrente non ha dedotto un concreto interesse all'osservanza della disposizione violata (Sez. 2, n. 44017 del 19/09/ 2023, Rv. 282175; Sez. 5, n. 19368 del 24/03/2023, n. m.; Sez. 2, n. 2627 del 19/11/2024, dep. 2025, n. m.). Secondo la giurisprudenza consolidata, risalente a Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693, l'interesse ad impugnare deve essere ricostruito «in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un'utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo». 3. Non ha alcun pregio la censura dedotta con il secondo motivo, relativa alla effettiva configurabilità del reato. Secondo la Corte di appello, il capo treno al momento del fatto non aveva cessato il suo servizio e stava svolgendo mansioni di controllo sulla sicurezza dei passeggeri a bordo delle vetture, quando ha sorpreso l'imputato addormentato e ubriaco ancora a bordo, nonostante che il treno fosse giunto alla fine della corsa, invitandolo a scendere. Nonostante l'invito, l'imputato dava in escandescenze aggredendo il capo treno, allontanandosi lungo il convoglio. Tale controllo, come correttamente ha ritenuto la Corte di appello, era finalizzato ad assicurare la incolumità dei viaggiatori e il rientro in sicurezza del convoglio al deposito e rientrava nei compiti assegnati al capo treno dal d.P.R. n. 753 del 1980 in materia di ordine e sicurezza, anche con poteri accertativi. Il d.P.R. n. 753 del 1980 prevede che chiunque si serve delle ferrovie deve osservare tutte le prescrizioni relative all'uso delle medesime ed è tenuto in ogni caso ad attenersi alle avvertenze, inviti e disposizioni delle aziende esercenti e del personale per quanto concerne la regolarità amministrativa e funzionale, nonché l'ordine e la sicurezza dell'esercizio e che i trasgressori di tale disposizione sono soggetti a sanzione amministrativa (articolo 17); che la constatazione dei suddetti fatti e la relativa verbalizzazione, in assenza di personale della Polizia ferroviaria o altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, sono attribuiti al personale addetto all'esercizio, alla custodia ed alla manutenzione delle ferrovie (articolo 71) . 4. Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Consegue, ancora, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado a favore della parte civile costituita, liquidate come indicato nel dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, L.L., che liquida come richiesto in complessivi euro 1.844,00, oltre accessori di legge.