Qualora a seguito della stipula di un preliminare di vendita il titolare del diritto di prelazione agraria, ex articolo 8 l.n. 580/1965, eserciti il suo diritto subentrando al promissario acquirente, il prelazionario non è tenuto ad onorare obbligazioni estranee alla causa astratta del contratto di compravendita in virtù di clausole negoziali poste nel preliminare nell'interesse delle altre parti o abusivamente inserite per danneggiarlo o pregiudicarne la libera determinazione di esercizio del diritto.
Nell'ambito di una trattativa per la compravendita di un bene immobile è concluso un preliminare in cui le parti si obbligano a corrispondere ad uno studio associato di architetti, che svolge per loro conto attività di assistenza e consulenza tecnica, un compenso. Successivamente, un terzo esercita il diritto di prelazione agraria, ai sensi dell'articolo 8 l. n. 580/1965, subentrando al promissario acquirente nell'originario preliminare e concludendo con la promittente venditrice il contratto di compravendita. Lo studio di architettura agisce verso il terzo acquirente per far valere il suo asserito diritto al compenso previsto nel preliminare. Il terzo acquirente si costituisce opponendosi alla richiesta di parte attrice sostenendo che le clausole che prevedevano un compenso per l'attività svolta dallo studio sarebbero risultate nulle per carenza di causa ovvero per indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto. Allo stesso modo alla richiesta attorea si opponeva la promittente venditrice, anch'ella convenuta in giudizio. La questione sottesa La questione centrale della controversia riguarda in che termini debba avvenire il subentro del prelazionario, ex articolo 8 l.n. 580/1965, nel contratto preliminare. Il Tribunale è chiamato a stabilire se l'acquirente, avendo esercitato il proprio diritto di prelazione riconosciutogli ex lege, sia subentrato in ogni clausola del contratto preliminare, con conseguente obbligo di pagamento dei compensi maturati da parte attrice per l'opera prestata ovvero nelle sole clausole dello stesso conformi e pertinenti alla causa del negozio di compravendita. In questa seconda ipotesi non potrebbero trovare applicazione nei confronti del prelazionario le clausole del preliminare da cui deriva l'obbligo di pagare i compensi allo studio di architettura poiché non conferenti con la compravendita immobiliare ma con un contratto d'opera intellettuale. Il contrasto nella giurisprudenza di legittimità Sul punto, il Tribunale dà atto del contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Un risalente e consolidato orientamento della Suprema Corte afferma che con l'esercizio del diritto di prelazione, il prelazionario si sostituisce integralmente al promissario acquirente accettando tutte le pattuizioni oggetto del preliminare (ex multis Cass. n. 15087/2001; Cass. n. 2050/2000; Cass. n.11001/1995). Un orientamento minoritario, suffragato da recenti sentenze, al contrario nega che ricorra un'ipotesi di subentro nel preliminare da parte del prelazionario, il quale instaura con il promissario alienante un nuovo e diverso rapporto obbligatorio, avente fondamento nell'articolo 8 l.n. 590/1965 (cfr. Cass. n. 7525 del 2024; Cass. n. 10500/2025). Da ciò deriva che colui che esercita il diritto di prelazione non subentra nelle clausole del contratto preliminare che non siano pertinenti alla causa astratta del negozio di compravendita. La soluzione nel caso concreto Il Tribunale, pertanto, rigetta la domanda attorea ed afferma che il terzo acquirente non è tenuto a corrispondere compensi allo studio di architettura giacché le clausole che li contemplavano sono estranee alla causa traslativa propria del definitivo. Il giudice di primo grado, inoltre, qualifica le clausole non solo come inopponibili al convenuto ma anche come nulle per indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto ex articolo 1346 e 1418 c.c., poiché la genericità della loro formulazione non consente di individuare con certezza le attività effettivamente commissionate allo studio.
Giudice Martinelli Fatto/Diritto Con atto di citazione, ritualmente notificato, A.Z. e lo “Studio Z. di Architettura Urbanistica ed Ingegneria di A.Z. e AL.Z.” (nel prosieguo anche solo “Studio Z.”) hanno convenuto in giudizio M.B., la Società Agricola G. di C.M.V. & c. s.s. (nel prosieguo anche solo “Società G.”), C.M.V. e A.C. domandando, in via principale, la condanna del convenuto M.B. alla corresponsione della somma di € 150.000,00, oltre cassa di previdenza (4%), i.v.a. (22%) ed interessi ex D.Lgs. 231/2002 dalla domanda al saldo ovvero la somma, maggiore o minore, che risultata dovuta in corso di causa e, in subordine, la condanna delle altre convenute al risarcimento dei danni patiti dagli attori. In particolare, parte attrice ha esposto: - di aver svolto, a partire dagli ultimi mesi dell'anno 2021, una lunga e complessa attività di assistenza e consulenza tecnica nella trattativa per la compravendita di un vasto compendio immobiliare sito nel Comune di Riva del Po (Ferrara), trattativa che si era conclusa, in data 27 giugno 2022, con la sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita tra la “CE. S.r.l. società agricola”, da un lato, quale parte promissaria acquirente, e A.C., C.M.V. e la Società G., dall'altro, quale parte promittente venditrice; - che l'articolo 10.4, I capoverso, del contratto onerava la parte promittente venditrice di provvedere alle comunicazioni di cui all'articolo 7 L. 817/1971 e, dunque, di ottenere, dai soggetti eventualmente interessati, la rinuncia di questi ultimi al diritto di prelazione agraria e ciò entro la data fissata per il rogito (25 novembre 2022); - che il II capoverso del medesimo articolo, come pure l'articolo 16.2 del contratto, poneva il pagamento delle competenze maturate dallo Studio Z. – pari ad € 150.000,00 (cioè il 2,5 % del corrispettivo di compravendita, pari quest'ultimo ad € 6.000.000,00) – a carico della parte promissaria acquirente ovvero a carico di colui che, eventualmente, avrebbe esercitato il diritto di prelazione agraria, prevedendo, in aggiunta, che la liquidazione delle suddette competenze sarebbe dovuta avvenire contestualmente alla stipula dell'atto definitivo di compravendita; - che in data 20 agosto 2022, M.B., ricevuta copia del preliminare, aveva esercitato il proprio diritto di prelazione e, successivamente, in data 6 febbraio 2023, concluso il contratto di compravendita; - che privi di effetto erano rimasti i tentativi di recupero stragiudiziale del credito azionati nei confronti di quest'ultimo; - che, in virtù dell'articolo 8 della L. 590/1965, norma applicabile anche alla prelazione agraria del coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita ex articolo 7 L. 817/1971, la prelazione andava esercitata a “parità di condizioni” e, dunque, che, anche sulla scorta della giurisprudenza di legittimità formatasi in materia, colui che esercita il diritto di prelazione non ha alcuna facoltà di discriminare, tra le clausole contrattuali contenute nel preliminare, quelle a lui più favorevoli, potendo solo scegliere di sostituirsi, nel contratto, al promissario acquirente, facendo proprie tutte le obbligazioni previste a suo carico, ovvero rifiutare la proposta; - che, pertanto, tutte le clausole contenute nel contratto preliminare concluso tra promittente venditore e promissario acquirente erano da ritenere interamente opponibili al prelazionante, ivi inclusa quella relativa al soggetto obbligato al pagamento delle competenze maturate dagli odierni attori, appunto da individuare nella persona di M.B.; - che, nell'eventualità in cui lo Studio Z. non fosse riuscito a recuperare il proprio credito nei confronti del prelazionante, le convenute – che mai si erano attivate per garantire allo studio attore il giusto corrispettivo per l'attività prestata – avrebbero comunque dovuto rispondere dei danni patiti dalla prima; - che, anche qualora si fossero attivate in tal senso, le convenute sarebbero risultate in ogni caso responsabili nei confronti dello Studio Z., e ciò in virtù sia delle norme generali in materia di inadempimento contrattuale, sia dell'articolo 1375 c.c. in materia di buona fede nell'esecuzione del contratto, sia, infine, dell'articolo 1381 c.c., venendo in rilievo un'ipotesi di promessa del fatto del terzo. M.B., costituitosi tempestivamente, ha invece eccepito: − che la richiesta di pagamento delle competenze asseritamente maturate da parte attrice era stata rivolta nei confronti di un soggetto che, non avendo preso parte alle trattative per la stipula del contratto preliminare né, tanto meno, sottoscritto quest'ultimo, non aveva di fatto beneficiato di alcuna attività di assistenza o consulenza tecnica, essendosi invero limitato a dichiarare di voler esercitare il proprio diritto di prelazione agraria, come riconosciutogli per legge, e, tra l'altro, precisando, sin dal primo atto di esercizio della prelazione, di non voler subentrare nelle clausole di cui agli articolo 10.4, II comma, e 16.2 del preliminare in quanto clausole non conferenti con la compravendita immobiliare e relative ad un rapporto, avente natura accessoria, con un soggetto senza dubbio terzo rispetto alle parti originarie del contratto preliminare; − che le clausole de quibus, non richiamate nel successivo contratto di compravendita, sarebbero risultate comunque nulle – per carenza di causa, per illiceità della causa ovvero per indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto – in quanto, dalla loro formulazione, non era dato neppure comprendere in cosa consistesse l'attività di assistenza e consulenza asseritamente svolta dallo Studio Z. (con conseguente impossibilità, per il prelazionante, di valutare la congruità dell'attività con l'ingente importo richiesto a titolo di corrispettivo), attività comunque non necessaria considerato che, come ammesso da parte attrice, le parti originarie del contratto preliminare risultavano già assistite da propri professionisti; − che, invero, al di là della qualificazione formale, l'attività svolta da parte attrice andava inquadrata nell'ambito di un'attività di mediazione immobiliare tra le originarie parti del preliminare; − che a conferma di una tale circostanza deponeva tanto l'assenza di chiarimenti da parte attrice, che neppure aveva prodotto alcunché a conferma della solo dedotta attività di assistenza e consulenza tecnica, quanto la circostanza per cui il compenso reclamato era stato calcolato non in base alle tariffe professionali, bensì in percentuale sul valore dell'affare, come ordinariamente accade per la determinazione delle provvigioni dovute per l'attività di mediazione; − che, poiché per l'esercizio di una siffatta attività di mediazione occorre la previa iscrizione presso l'apposito albo degli agenti immobiliari e non risultando lo Studio Z. e/o il suo titolare iscritti allo stesso, l'attività professionale presuntivamente svolta dagli attori andava considerata come tamquam non esset nei confronti del convenuto, in virtù della conseguente nullità, e che, pertanto, alcuna pretesa economica poteva essere avanzata nei riguardi di quest'ultimo; − che anche la giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, aveva espressamente escluso la sussistenza, in capo al prelazionante agrario, di un obbligo di corrispondere la provvigione in favore del mediatore dell'affare; − che comunque le clausole (articolo 10.4 e 16.2 del preliminare) andavano considerate nulle per illiceità della causa, altro non costituendo, a fronte dell'assoluta rilevanza del compenso pattuito (€ 150.000,00), che un deterrente per l'avente diritto alla prelazione dall'esercizio del medesimo ed essendo le stesse in evidente contrasto con la ratio della normativa in materia di prelazione agraria e ciò nella misura in cui impedivano al prelazionante di rendersi acquirente del fondo promesso in vendita con il solo esborso del prezzo di compravendita pattuito inter partes, senza ulteriori aggravi o oneri. La Società G., A.C. e C.M.V., anch'esse costituitesi tempestivamente, hanno eccepito: - in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva in capo all'Arch. A.Z. atteso che il contratto preliminare posto a fondamento della domanda giudiziale non menzionava il nome di quest'ultima; - nel merito, che la predisposizione del contratto preliminare di compravendita era stata curata dai dott.ri BI. e CA., per la parte promittente venditrice (cioè la Società G.) e, per la parte promissaria acquirente (cioè la CE. S.r.l.), dallo Studio Z.; - che, proprio perché lo Studio Z. era il consulente della parte promissaria acquirente, nel corso delle trattative si era convenuto che le competenze del primo venissero poste a carico della CE. S.r.l. ovvero, per espressa richiesta di quest'ultima società, a carico dell'eventuale prelazionario; - che M.B., in occasione della pec con cui aveva comunicato di voler esercitare il proprio diritto di prelazione, aveva dichiarato di accettare integralmente e incondizionatamente il contratto preliminare, riservandosi semplicemente di verificare se l'articolo 10.4 del contratto fosse per lui vincolante; - che, a seguito di apposito sollecito, l'Avv. Luigi Russo, per conto del convenuto, aveva comunicato l'invalidità della clausola de qua e, comunque, l'inefficacia nei confronti del suo cliente; - che, in riscontro, la Società G., allora assistita dall'Avv. Filippo Indelli, aveva sollecitato il pagamento del dovuto, ottenendo, tuttavia, espresso diniego da parte del difensore di M.B.; - che, non giungendosi ad un accordo in ordine al pagamento delle competenze dello Studio Z., la Società G. non aveva altra scelta che stipulare il contratto definitivo con colui che, esercitando il proprio diritto di prelazione riconosciutogli ex lege, era subentrato nel contratto preliminare e ciò a pena di un'azione giudiziaria da parte di quest'ultimo, con eventuale ulteriore richiesta di risarcimento dei danni; - che, comunque, le decisioni della Suprema Corte richiamate da parte attrice imponevano di ritenere fondata la domanda da quest'ultima svolta in via principale con la conseguenza che M.B., avendo esercitato la prelazione agraria e, dunque, essendo subentrato nel contratto preliminare ed in ogni sua clausola, avrebbe dovuto corrispondere il compenso maturato dallo Studio Z., eventualmente in solido con la CE. S.r.l., quantunque non citata in giudizio da parte degli attori; - che, invece, alcuna pretesa economica poteva essere avanzata nei confronti della società convenuta, considerato che, per la medesima attività svolta dallo Studio Z. per conto della parte promissaria acquirente, la Società G., quale parte promittente venditrice, aveva già remunerato i propri professionisti (Dott.ri BI. e CA.), mentre alcun rapporto professionale aveva mai intrattenuto con lo Studio Z., incaricata in via esclusiva dalla CE. S.r.l.; - che, per tale ragione, neppure era possibile parlare di inadempimento o di violazione del precetto di buona fede ex articolo 1375 c.c., che, invero, avrebbero presupposto l'esistenza di un contratto tra lo Studio Z. e la Società G., di fatto assente nel caso di specie; - che quanto sopra, inoltre, smentiva l'asserzione degli attori per cui le convenute mai si erano attivate per assicurare a questi ultimi l'adempimento del M.B.; - che neppure era fondata la domanda (subordinata) di condanna della società convenuta ex articolo 1381 c.c. in quanto priva di causa petendi, non essendo, lo Studio Z., parte del contratto preliminare e, dunque, non potendo invocarne le relative clausole; - che, comunque, anche nei rapporti tra la Società G. e la CE. S.r.l. mancava del tutto una qualche promessa dell'obbligazione del terzo, posto che le due società nulla si erano promesse reciprocamente, né lo promettevano allo Studio Z.; - che, a fronte del carattere documentale della controversia, nella ricorrenza dei presupposti di cui all'articolo 281 decies, I comma, c.p.c., avrebbe potuto disporsi la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato di cognizione. Con ordinanza del 12 ottobre 2023, resa fuori udienza, è stata disposta la conversione del rito ordinario in rito semplificato, fissandosi udienza per la data del 23 novembre 2023. All'esito di tale ultima udienza sono stati assegnati i termini di cui all'articolo 281 duodecies c.p.c. e rinviata la causa al 1° febbraio 2024. In occasione delle memorie ex articolo 281 duodecies, IV comma, c.p.c. parte attrice, nell'insistere nelle proprie difese, ha poi contro-dedotto: − rispetto alla difesa del M.B., che quest'ultimo, pur estraneo alle trattative ed alla fase di conclusione del contratto preliminare, nel momento stesso in cui aveva esercitato il proprio diritto di prelazione – da intendere quale accettazione di una proposta contrattuale (la denuntiatio) – era subentrato nell'esatta posizione dell'originario promissario acquirente nel contratto preliminare, con la conseguente accettazione di tutte le clausole ivi contenute; − che anche la giurisprudenza relativa ad altre fattispecie di esercizio di un diritto di prelazione (ad es. da parte del conduttore in ordine all'acquisto della proprietà dell'immobile condotto in locazione) aveva concluso nel senso che al terzo è preclusa ogni facoltà di incidere sul contenuto del contratto già determinato tra le parti; − che, a dispetto di quanto sostenuto dal convenuto M.B., del tutto irrilevante era da ritenere la circostanza per cui il prelazionante aveva dichiarato unilateralmente di voler subentrare solo parzialmente nel contratto preliminare e quella per cui nessun richiamo alle competenze dello Studio Z. era stato inserito nel rogito di compravendita; − che del tutto infondata era da ritenere la censurata nullità degli articolo 10.4 e 16.2 del contratto per asserita carenza e/o illiceità della causa ovvero per indeterminatezza dell'oggetto, attesa l'esecuzione, da parte dello Studio attore, di una pertinente e determinante prestazione d'opera intellettuale e considerato il tenore dell'articolo 10.4 del contratto;− che parimenti infondata andava ritenuta l'eccezione di inefficacia delle clausole per mancata iscrizione degli attori nell'apposito albo dei mediatori immobiliari, considerato che questi ultimi si erano semplicemente limitati a chiedere il pagamento dei propri compensi professionali per l'attività tecnica e di consulenza prestata, compensi legittimamente calcolati in misura percentuale sul valore del contratto, come consentito dai tariffari di architetti, commercialisti e avvocati, e senz'altro congrui considerato l'oggetto del preliminare (compendio immobiliare costituito da terreni agricoli aventi un'estensione complessiva di oltre 146 ettari e fabbricati rurali con relativa area di pertinenza per ulteriori 6.574 mq di superficie); − che comunque l'attività dello Studio Z. era risultata senza dubbio più impegnativa e specialistica della semplice attività di mediazione, come definita all'articolo 1754 c.c., norma, quest'ultima, comunque non applicabile al caso di specie considerato che, atteso il legame professionale esistente tra lo studio attore e la parte promissaria acquirente (la CE. S.r.l.), risultava assente il presupposto principale richiesto dalla norma e cioè l'assenza di rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza tra il mediatore ed una delle parti; − che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del convenuto, l'affare concluso tre le parti originarie aveva richiesto la risoluzione di problematiche tecniche di particolare complessità (individuazione dei potenziali confinanti aventi diritto alla prelazione, distinzione dei mappali da cedere con quelli da escludere dalla vendita, verifica circa l'autonomia colturale e produttiva dei fabbricati rurali esistenti, verifica del carattere unitario e inscindibile del compendio immobiliare) che, come tali, avevano impegnato lo Studio Z. nello svolgimento di moltitudine di compiti ed attività (di ricerca presso le amministrazioni pubbliche competenti, di analisi della documentazione tecnico-amministrativa e catastale, di esecuzione dei sopralluoghi per la verifica dello stato di fatto degli immobili, di individuazione dei confini di proprietà, indagini di mercato, consulenze urbanistiche e tecnico-giuridiche, di redazione del testo del contratto preliminare), di cui comunque il M.B. aveva tratto indubbio beneficio; − rispetto alla difesa della Società G. e di A.C. e C.M.V., che sussisteva la legittimazione attiva di A.C. e ciò nella misura in cui quest'ultima, oltre ad essere contitolare e legale rappresentante dello Studio Z., risultava l'esecutrice materiale di buona parte dell'attività svolta; − che non corrispondeva a verità l'assunto per cui, a seguito dell'esercizio del diritto di prelazione da parte del M.B. e del ritiro spontaneo della CE. S.r.l., la società convenuta si era trovata costretta a stipulare il rogito di compravendita con l'odierno convenuto, considerato che, a fronte di un'accettazione solo parziale del contratto preliminare da parte di quest'ultimo e, dunque, non potendo questo integrare legittimo esercizio del diritto di prelazione quanto formulazione di una nuova e diversa proposta contrattuale, le odierne convenute erano senz'altro libere di non proseguire nello svolgimento dell'affare. In occasione delle memorie ex articolo 281 duodecies, IV comma, c.p.c. il convenuto M.B., nell'insistere nelle proprie difese, ha invece contro-dedotto: − che la prima memoria di parte attrice e la stessa documentazione ad essa allegata confermava, ancora una volta, l'assoluta inesistenza della (solo allegata) attività professionale presuntivamente espletata da parte dello studio attore; - che dalla documentazione era invero possibile evincere che l'unica attività effettivamente eseguita (quella cioè di mediazione di fatto) era stata in concreto svolta non da parte dello Studio Z. o del suo legale rappresentante, quanto – piuttosto – da parte del Geom. Adriano Zanella, soggetto senza dubbio estraneo al presente giudizio. In occasione delle memorie ex articolo 281 duodecies, IV comma, c.p.c. le convenute Società G., Alessandra e C.M.V., nell'insistere nelle proprie difese, hanno poi contro-dedotto che parte attrice – nella misura in cui, attraverso la propria prima memoria ex articolo 281 duodecies, IV comma, c.p.c., aveva insistito nella domanda subordinata di condanna della società convenuta sull'assunto per cui quest'ultima ha comunque tratto beneficio dall'attività svolta dallo studio attore – aveva introdotto una domanda nuova in quanto fondata su una diversa causa petendi, domanda che si è risolta in una mutatio libelli, come tale inammissibile. All'udienza del 1° febbraio 2024, il Giudice si è riservato sulle istanze istruttorie, poi fissando le successive udienze del 5 giugno 2024, del 16 ottobre 2024 e del 16 gennaio 2025 per lo svolgimento della istruttoria orale. All'udienza del 16 aprile 2025, dopo il deposito di memoria conclusiva autorizzata, le parti hanno precisato le conclusioni e discusso oralmente la causa ai sensi dell'articolo 281 sexies c.p.c. Il Giudice si è dunque riservato il deposito della sentenza nel successivo termine di trenta giorni. *** 1. Va anzitutto accolta l'eccezione preliminare di difetto di legittimazione attiva in capo all'Arch. A.Z., come sollevata dalle convenute Società G. e C.M.V., cui il convenuto M.B. ha aderito in occasione dell'udienza del 23 novembre 2023. Si richiama, sul punto, l'orientamento espresso dalla Suprema Corte secondo il quale “l'articolo 36 c.c. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, sicché, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato - cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d'imputazione di rapporti giuridici - rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l'incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi” (Cass., 03 maggio 2024, n. 11940; Cass., 05 luglio 2024, n. 18371; Cass., 17 febbraio 2020, n. 3850; Cass., 26 luglio 2016, n. 15417; Cass., 15 luglio 2011, n. 15694). La giurisprudenza è concorde nel ritenere che gli accordi non soggiaciano ad un obbligo formale, potendo dunque essere verbali o anche taciti, cioè manifestati per fatti concludenti (cfr., ex multis, Cass., 14 aprile 1986, n. 2601; conf. Cass. 29 dicembre 1976, n. 4753), evidenziando che “il rispetto del principio di personalità della prestazione, che connota i rapporti di cui agli articolo 2229 c.c. e segg., ben può contemperarsi con l'autonomia riconosciuta allo studio professionale associato, al quale può essere attribuita la titolarità dei diritti di credito derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale (nella specie, attività di difesa e assistenza in un contenzioso tributario) degli associati allo studio, non rientrando il diritto al compenso per l'attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione (Cass., 02 luglio 2019, n. 17718). Delineata la cornice normativa, come interpretata dalla Suprema Corte, si evidenzia come vi sia prova della delibera della associazione del 5 marzo 2018 che attesta la costituzione e l'esistenza, già dall'anno 2003, dell'Associazione professionale denominata “Studio Z.”, attribuendone la legale rappresentanza ad A.Z. Ne deriva che anche se fosse stato provato che A.Z. sia stata “l'esecutrice materiale di parte dell'attività svolta” (così pag. 9 della prima memoria ex articolo 281 duodecies, IV comma, c.p.c.) – circostanza, comunque, smentita dalla documentazione versata in atti e dalle deposizioni testimoniali (da cui è emerso, invero, che buona parte dell'attività professionale è stata svolta dal Geom. Adriano Zanella, padre dell'attrice) – gli accordi tra gli associati dello Studio Z. (Z.A. ed AL.Z.) hanno attribuito solo all'associazione professionale e non anche ai singoli professionisti – cui comunque compete l'esecuzione della prestazione professionale ex articolo 2232 c.c. – la legittimazione ad agire per la riscossione dei crediti maturati da questi ultimi. La circostanza è confermata dal tenore letterale del preliminare: gli articolo 10.4, II comma e 16.2 fanno riferimento allo “Studio Associato Z. di Noventa Vicentina”, senza alcun riferimento espresso ad A.Z., nonché dalla circostanza per cui, in occasione della corrispondenza intercorsa durante la fase stragiudiziale (cfr. docc. 3 e 4), solo lo Studio Z. e non anche A.Z. viene indicato come soggetto creditore. Infine, la circostanza è stata ammessa in sede di interrogatorio formale da A.Z. nel rispondere al capitolo 4 (“Vero che lo Studio Z. si è sempre presentato quale studio professionale di parte acquirente?”: “si è vero”). Dal complesso delle circostanze sopra evidenziate e in difetto di documentazione probatoria di segno contrario (parte attrice, infatti, ha omesso di allegare l'atto costitutivo o lo statuto dell'associazione professionale), deve allora desumersi che, tra gli associati (Z.A. ed AL.Z.), sia intercorso, per fatti concludenti, un accordo nel senso di attribuire solo allo Studio Z. la legittimazione ad agire per la riscossione dei compensi professionali oggi richiesti in pagamento. Sulla scorta di quanto sopra va dunque dichiarata la carenza di legittimazione attiva in capo ad A.Z. 2. Nel merito si osserva che, nella fattispecie in esame, vengono in rilievo due diversi rapporti contrattuali: un contratto preliminare di compravendita concluso tra la Società G., A.C. e C.M.V., quale parte promittente venditrice, da un lato, e la CE. S.r.l., quale parte promissaria acquirente, dall'altro; un contratto d'opera intellettuale stipulato tra quest'ultima società, quale committente, e lo Studio Z., quale prestatore d'opera, funzionale alla conclusione del primo contratto, secondo la prospettazione degli attori. Con riguardo al primo contratto, mentre gli attori e le convenute Società G. e C.M.V. hanno prospettato che M.B., avendo esercitato il proprio diritto di prelazione riconosciutogli ex lege, sia subentrato nel contratto preliminare ed in ogni sua clausola (ivi inclusi gli articolo 10.4 e 16.2), con conseguente obbligo di pagamento dei compensi maturati da parte attrice per l'opera prestata, il convenuto M.B. ha negato che si sia verificato un subentro “integrale”, ritendendo che, nei suoi riguardi, non possano trovare applicazione gli articolo 10.4 e 16.2 del preliminare, siccome clausole non conferenti con la compravendita immobiliare e, comunque, nulle per carenza di causa, per illiceità della causa ovvero per indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto. 2.1. Appare preliminarmente opportuno dare atto del contrasto giurisprudenziale formatosi in materia. Secondo un primo e più risalente orientamento giurisprudenziale, maggiormente ancorato al dato testuale dell'articolo 8 L. 590/1965 (nella parte in cui prevede espressamente che il diritto di prelazione venga esercitato “a parità di condizioni”), con l'esercizio del diritto potestativo il prelazionario si sostituisce integralmente al promissario acquirente, accettando tutte le pattuizioni oggetto del contratto preliminare (Cass., 28 novembre 2001, n. 15087(1); Cass., 23 febbraio 2000, n. 2050(2); Cass., 23 ottobre 1995, n. 11001(3); Cass., 10 dicembre 1994, n. 10586(4); Cass., 18 novembre 1983, n. 6884(5). A questo indirizzo giurisprudenziale se n'è nel tempo contrapposto un altro, invero minoritario, meno legato alla lettera della legge e tendente a negare che ricorra un'ipotesi di subentro (o successione) nel contratto preliminare, ritenendo invece che, a seguito dell'esercizio del diritto di prelazione, sorga un nuovo e diverso rapporto obbligatorio tra il proprietario alienante e il titolare del diritto di prelazione, avente il suo fondamento proprio nell'articolo 8 della L. 590/1965 (cfr. Cass., 21 marzo 2024, N. 7525(6); C.d.A. Catania, 09 marzo 2002(7) in www.dejure.it). Più recentemente la Suprema Corte (Cass. 22 aprile 2025, n. 10500) – in virtù di un condivisibile distinguo – ha integrato i principi tralatizi ricordati, negando, tuttavia, che il subentro nel contratto avvenga necessariamente integralmente per tutte le clausole del contratto preliminare. In particolare, il Giudice di legittimità lo ha limitato alle clausole conformi e pertinenti alla causa astratta del negozio di compravendita(8). Ha così escluso che il prelazionario sia tenuto al pagamento della provvigione dovuta al mediatore, ancorché regolata nello stesso contratto preliminare, in quanto la relativa clausola imporrebbe condizioni di pagamento maggiormente onerose rispetto a quelle previste nei suoi confronti dalla legislazione relativa allo sviluppo della proprietà coltivatrice(9). La tesi è persuasiva è contempera la necessità di esercizio del diritto potestativo “a parità di condizioni”, con la possibile compressione del diritto del prelazionario di non vedersi tenuto ad onorare obbligazioni estranee alla causa astratta del contratto in virtù di clausole negoziali poste nell'interesse solo delle altre parti o perfino abusivamente inserite per danneggiare il terzo prelazionario o pregiudicarne la libera determinazione di esercizio del diritto. Il caso sottoposto all'esame della autorità giudicante rientra pienamente nell'ipotesi esaminata di clausola negoziale estranea alla causa del contratto perché inerente asserite prestazioni professionali svolte nell'interesse della “CE. s.r.l.” e non integranti la causa astratta della vendita. Considerazione rafforzata vieppiù dal principio sopra esposto enucleato dalla Supreme Corte in relazione al pagamento della provvigione dovuta al mediatore, sebbene l'attività del mediatore possa – in virtù del principio della causalità naturale – porsi quale antefatto eziologico dell'esercizio del diritto potestativo del prelazionario, diversamente dai compensi asseritamente dovuti allo Studio Z. per l'attività professionale svolta. Deve allora ribadirsi che le clausole di cui agli articolo 10.4 e 16.2. del preliminare sono del tutto avulse dalla causa astratta del contratto di compravendita e non possono produrre effetto nei confronti di M.B. 2.2. Le clausole, prima ancora che inopponibili al convenuto, risultano altresì nulle per indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto ex articolo 1346 e 1418 c.c. La genericità della relativa formulazione – “le competenze maturate dallo Studio Associato Z. […] per l'attività professionale svolta al fine di consentire la sottoscrizione del presente contratto” (articolo 10.4, II comma) e “le competenze e spese professionali per la redazione del presente contratto preliminare ed assistenza notarile” – non consente di individuare con certezza le attività effettivamente commissionate allo Studio Z. Il profilo deve essere esaminato sulla base delle clausole negoziali trattandosi di nullità testuale; né la parte attrice ha redatto il contratto d'opera in guisa da identificare per relationem l'oggetto dell'incarico professionale. Il profilo è dirimente anche perché in tal modo non è nemmeno possibile procedere ad una valutazione di merito in ordine alla congruità del corrispettivo rispetto alla attività professionale demandata. In giudizio la difesa attorea ha individuato la prestazione d'opera intellettuale svolta in favore della CE. S.r.l. nel compimento di una molteplicità di compiti “concretizzatasi nell'attività di ricerca presso le amministrazioni pubbliche competenti, nell'analisi della documentazione tecnico-amministrativa e catastale, nei sopralluoghi e nella verifica dello stato di fatto degli immobili, nell'individuazione dei confini di proprietà, nelle indagini di mercato, nelle consulenze urbanistiche e tecnico-giuridiche […] fino alla redazione del testo definitivo del preliminare” (pagg. 6 e 7 della prima memoria ex articolo 281 duodecies, comma 4, c.p.c. allegata da parte attrice), oltre che nella risoluzione di problematiche tecniche di particolare complessità come l'individuazione dei potenziali confinanti aventi diritto alla prelazione, la distinzione dei mappali da cedere con quelli da escludere dalla vendita, la verifica circa l'autonomia colturale e produttiva dei fabbricati rurali esistenti, la verifica del carattere unitario e inscindibile del compendio immobiliare (cfr. pag. 6 della prima memoria ex articolo 281 duodecies, comma 4, c.p.c. allegata da parte attrice). Ebbene, di tutte le summenzionate attività, l'istruttoria ha consentito di accertare unicamente lo svolgimento dell'attività di redazione del contratto preliminare da parte dello Studio Z. (cfr. docc. 11, 12, 14, 15, 16, 17, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27 fasc. attoreo; oltre alle deposizioni di C.M.V. e A.Z. e dei testi PI.G., V.L., AD.Z. e V.BI.), la sola effettivamente contemplata agli articolo 10.4 e 16.2. del contratto preliminare. Tutte le altre, invece, sono rimaste prive di adeguato supporto probatorio atteso che parte attrice – su cui gravava il relativo onere a fronte delle contestazioni avversarie (cfr. Trib. Lagonegro, 07 ottobre 2019, n. 382 in www.dejure.it(10)) – si è limitata ad allegare alcuni certificati catastali (docc. 6, 8, 9 e 10 fasc. attoreo), scambi di corrispondenza mail (doc. 7 fasc. attoreo), visure (doc. 13 fasc. attoreo) o planimetrie (doc. 19 fasc. attoreo) che, da soli, in difetto di indicazioni più specifiche e puntuali (senz'altro opportune a fronte dell'ingente compenso chiesto a corrispettivo), non consentono di dar conto di quali attività siano state effettivamente commissionate allo Studio Z. e, tra quelle (solo) allegate da parte attrice, quali effettivamente eseguite da parte della stessa. Neppure l'interrogatorio formale di C.M.V. e A.Z., oltre che l'audizione dei testi PI.G., V.L., AD.Z., E.CA. e V.BI., consentono di appurare lo svolgimento di ulteriori attività da parte dello Studio Z.. Da quelle deposizioni – al più – è risultato che parte attrice ha eseguito, oltre alla attività di redazione del contratto preliminare, anche una non meglio precisata attività di “verifica catastale”: null'altro. Anzi, dalla corrispondenza mail (docc. 18, 28, 29, 30, 32 e 33 fasc. attoreo), come anche dalle dichiarazioni dei testi PI.G., V.L. e V.BI., è emerso che l'attività di individuazione dei potenziali confinanti aventi diritto alla prelazione e quella, conseguente, di assistenza per l'inoltro della denuntiatio è stata invero curata direttamente dal notaio Dott.ssa V.L. Non vi è, pertanto, alcuna documentazione significativa (e pregnante) che comprovi la molteplicità dei compiti asseritamente affidati ed eseguiti dallo Studio Z., che avrebbero dovuto logicamente originare una relazione tecnica; fermo restando che la indeterminatezza della clausola non potrebbe essere superata da un accertamento ex post della concreta attività professionale svolta. Da ultimo, si sottolinea come la genericità della formulazione delle clausole de quibus ha altresì impedito a M.B. di avere esatta contezza delle attività effettivamente affidate (ed eseguite) dallo Studio Z. e, dunque, di valutare la congruenza delle attività asseritamente svolta con l'ingente importo richiesto a corrispettivo. 2.3. La dichiarazione di nullità (ex articolo 1346 e 1418 c.c.) degli articolo 10.4, II comma, e 16.2 del contratto preliminare risulta assorbente rispetto ad ogni altra questione sollevata in corso di causa ed impone altresì di rigettare la domanda subordinata svolta da parte attrice nei confronti della Società G. e di C.M.V. Per mero tuziorismo si evidenzia che una la domanda risulta comunque infondata nel merito in difetto di un rapporto contrattuale tra lo Studio Z. e le convenute. Non è nemmeno ravvisabile un generico comportamento violativo “del dovere di correttezza e buona fede contrattuale” posto che le parti avevano l'obbligo di stipulare il contratto definitivo con il prelazionario a seguito all'esercizio del diritto potestativo, soggiacendo, diversamente, alla responsabilità contrattuale connessa all'inadempimento. 2.4. Né è applicabile l'articolo 1381 c.c. atteso che non vi è stata nessuna “promessa dell'obbligazione del terzo” da parte delle odierne convenute – che erano già assistite da propri professionisti – in favore dello Studio Z. Non solo non è possibile intendere in questi termini gli articolo 10.4, II comma, e 16.2 del contratto preliminare ma, diversamente opinando, l'unico soggetto “promittente” potrebbe al più identificarsi nella CE. S.r.l., effettiva committente dello Studio Z... 3. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri medi dello scaglione di riferimento. P.Q.M. Il Tribunale di Ferrara, nella persona del Giudice Unico dr. Mauro Martinelli, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, nella causa portante R.G. n. 1501/2023, per i motivi sopra esposti, così decide: 1) DICHIARA il difetto di legittimazione attiva di A.Z.; 2) RESPINGE tutte le domande proposte dallo “Studio Z. di Architettura Urbanistica ed Ingegneria di A.Z. e AL.Z.” nei confronti dei convenuti; 3) CONDANNA lo “Studio Z. di Architettura Urbanistica ed Ingegneria di A.Z. e AL.Z.”, in persona del legale rappresentante, e A.Z., in solido tra loro, a rifondere a M.B. le spese di lite del presente procedimento che si liquidano in € 14.103,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15%, C.N.P.A. ed I.V.A. (se dovute); 4) CONDANNA lo “Studio Z. di Architettura Urbanistica ed Ingegneria di A.Z. e AL.Z.”, in persona del legale rappresentante, e A.Z., in solido tra loro, a rifondere alla Società Agricola G. di C.M.V. & c. s.s. e C.M.V., in proprio e quale erede di A.C., le spese di lite del presente procedimento che si liquidano in € 22.564,80 per compensi (comprensivo dell'aumento ex articolo 4, II comma, D.M. 55/2014), oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15%, C.N.P.A. ed I.V.A. (se dovute) con distrazione a favore del difensore antistatario; 5) RESPINGE nel resto.