Revoca giudiziale dell’amministratore di condominio già cessato: domanda inammissibile per assenza di interesse

«In tema di condominio negli edifici, è inammissibile, per carenza di interesse, la domanda dell'assemblea o di ciascun condomino, ex articolo 1129 comma 11 c.c., diretta ad ottenere la revoca dell'amministratore cessato dall'incarico per la decorrenza di due anni dalla nomina, essendo questi tenuto, ai sensi dell'ottavo comma dello stesso articolo, soltanto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi».

Questo il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, sottolineando i limiti dell'azione esperibile ex articolo 1129, comma 11, c.c. La vicenda trae origine da un giudizio promosso da alcuni condomini per la revoca dell'amministratore uscente per gravi irregolarità, in un momento in cui lo stesso aveva già rassegnato le dimissioni e l'assemblea aveva nominato un nuovo amministratore. La Corte d'appello, accogliendo il reclamo, aveva condannato l'ex amministratore al pagamento delle spese di giudizio, applicando il principio della soccombenza virtuale, in ragione delle irregolarità contestate. Tuttavia, la Cassazione ribadisce che il procedimento di revoca ex articolo 1129, comma 11, c.c. costituisce un rimedio eccezionale e urgente, destinato a situazioni in cui l'amministratore sia ancora in carica e vi sia un concreto pregiudizio per la gestione condominiale. Quando l'incarico cessa automaticamente per decorso del biennio (articolo 1129, comma 10, c.c.) - continuano i Giudici - l'amministratore perde ogni potere gestorio e rimane obbligato unicamente alle attività urgenti e alla consegna della documentazione, senza diritto ad ulteriori compensi. In tale ipotesi, viene meno un interesse giuridicamente tutelabile a promuovere la revoca giudiziale, poiché la funzione sostitutiva del giudice rispetto all'assemblea condominiale si esaurisce con la cessazione dell'incarico. I condomini, quindi, dovranno eventualmente agire per la nomina di un amministratore o, in caso di inerzia, rivolgersi al giudice per la nomina, ma non possono più contestare per questa via condotte pregresse dell'amministratore cessato. Alla luce delle suddette considerazioni, la Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e annulla il provvedimento nella parte in cui statuisce sulle spese (compensando tra le parti i costi processuali dell'intero giudizio).

Presidente Falaschi - Relatore Guida Fatti di causa 1. Con ordinanza pubblicata il 10/12/2021, la Corte d'appello di Roma, in accoglimento del reclamo di D.T.T. e di altri condomini e in parziale riforma dell'ordinanza del Tribunale di Roma del 09/06/2021, ha condannato l'amministratore del condominio uscente G.M. al pagamento delle spese del giudizio cautelare e del reclamo, dopo avere dato atto della cessazione della materia del contendere in relazione al ricorso dei condomini che avevano chiesto la revoca giudiziale dell'amministratore per gravi irregolarità, ai sensi dell'articolo 1129 comma 11 c.c., sul presupposto che, con delibera del 03/06/2021, successiva all'instaurazione del giudizio, il condominio aveva accettato le dimissioni dell'amministratore uscente e aveva nominato un nuovo amministratore. 2. Per la Corte d'appello, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, che in forza di quest'unico argomento aveva respinto il ricorso cautelare, il rimedio processuale ex articolo 1129 comma 11 c.c. sarebbe esperibile anche nei confronti dell'amministratore in prorogatio. Da qui, spiega l'ordinanza, la condanna dell'amministratore al pagamento delle spese di entrambe le fasi del giudizio cautelare, in applicazione del principio della cosiddetta soccombenza virtuale, posto che erano fondate le contestazioni rivolte all'ex amministratore dai condomini, come, ad esempio, la mancata tenuta dell'anagrafe del condominio o la violazione del diritto di accesso dei condomini alla documentazione contabile del condominio. 3. G.M. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, avverso l'ordinanza della Corte d'appello di Roma. I condomini sono rimasti intimati. 4. Su proposta del relatore, a giudizio del quale il ricorso poteva essere respinto e poteva, pertanto, essere definito nelle forme di cui all'articolo 380 bis c.p.c. (nella versione ratione temporis vigente), in relazione all'articolo 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha fissato l'adunanza in camera di consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell'articolo 380 bis comma 2 c.p.c. (nella versione vigente ratione temporis), e ha chiesto la trattazione della causa in pubblica udienza. 5. Con ordinanza interlocutoria n. 33699/2022 della sesta sezione di questa Corte, non ravvisandosi l'evidenza decisoria, la causa è stata rimessa all'udienza pubblica. In prossimità dell'udienza, il Pubblico ministero ha depositato una memoria e ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Infine, il ricorrente ha depositato una memoria. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., in relazione agli articolo 1129 c.c., 64 disp. att. c.c. e 737 e seguenti c.p.c. L'ordinanza impugnata sarebbe viziata perché, pur dando atto della cessazione della materia del contendere, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese delle due fasi del giudizio cautelare, senza considerare che, essendo l'amministrazione dimissionario in regime di prorogatio, il rimedio proposto dai condomini  era  inammissibile,  in  mancanza  dei  requisiti  della residualità, eccezionalità ed urgenza, potendo l'assemblea del condominio attivarsi per la nomina del nuovo amministrazione o, alternativamente, in caso di inerzia dell'assemblea, potendo i condomini chiedere la nomina giudiziale dell'amministratore. 2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell'articolo 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., in relazione all'articolo 1129 c.c. L'ordinanza impugnata è viziata per avere ritenuto ammissibile la revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio, pur trattandosi di revoca che, ove disposta, non avrebbe prodotto alcun effetto essendo ormai venuto meno un vincolo contrattuale, tra condominio e amministratore, sul quale la revoca avrebbe potuto incidere. 3. I due motivi, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati nei termini di seguito illustrati. 3.1. In linea con Cass. Sez. Un. n. 20957 del 2004, la premessa concettuale è che la revoca giudiziale dell'amministratore di cui agli articolo 1129 comma 11 c.c. e 64 disp. att. c.c. costituisce un procedimento eccezionale e urgente (improntato a rapidità, informalità ed officiosità), sostitutivo della volontà assembleare, suscettibile di risolvere prima del tempo il rapporto di mandato tra i condomini e l'amministratore, che trova giustificazione soltanto nell'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela (superiore a quella dei singoli condomini e dei diritti dell'amministratore) ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore. In base all'articolo 1129 comma 10 c.c., decorso il secondo anno dall'assunzione dell'incarico, l'amministratore cessa dalla carica in maniera automatica, senza che sia necessaria a tal fine una decisione assembleare, e vengono meno i suoi poteri gestori. In tale evenienza, l'articolo 1129 comma 8 c.c. prescrive che l'amministratore cessato dalla carica debba consegnare tutta la documentazione in suo possesso, relativa al condominio e ai condomini, ed eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto ad ulteriori compensi. 3.2. La drastica compressione dei poteri gestori dell'amministratore, pressoché annullati al maturare del biennio dalla nomina, induce ad escludere, per i condomini, la necessità, la possibilità e, in chiave processuale, l'interesse a chiedere la revoca dell'amministratore con il procedimento di volontaria giurisdizione delineato dall'articolo 1129 comma 11 c.c. Piuttosto, quando i condomini sono più di otto – come dispone il primo comma dello stesso articolo - se l'assemblea non vi provvede, la nomina del nuovo dell'amministratore può essere chiesta al giudice. Nulla vieta, infine, che si inizi un giudizio a cognizione piena al fine di accertare le inadempienze dell'amministratore non più in carica. 3.3. Venendo all'esame dei motivi di ricorso, ad avviso del Collegio - diversamente da quanto ha stabilito la Corte d'appello, quale presupposto logico-giuridico rispetto alla statuizione sulle spese del giudizio concernente (appunto) la revoca dell'amministratore - l'iniziativa processuale dei condomini non era consentita. E questo perché è pacifico che quando, il 22 marzo 2020, è iniziato il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore, quest'ultimo, che aveva ricoperto il ruolo dal 15 febbraio 2018 al 18 febbraio 2020, era cessato dall'incarico e, quindi, doveva limitarsi al disbrigo degli affari urgenti, ragion per cui i condomini non avevano interesse a domandarne la revoca giudiziale. 3.4. Sicché la Corte territoriale non avrebbe dovuto accogliere il reclamo e condannare l'ex amministratore alle spese delle due fasi del giudizio, ma avrebbe dovuto aderire alla decisione del Tribunale che, come dianzi ricordato, aveva ritenuto inammissibile la domanda dei condomini di revoca dell'amministratore. Va quindi enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di condominio negli edifici, è inammissibile, per carenza di interesse, la domanda dell'assemblea o di ciascun condomino, ex articolo 1129 comma 11 c.c., diretta ad ottenere la revoca dell'amministratore cessato dall'incarico per la decorrenza di due anni dalla nomina, essendo questi tenuto, ai sensi dell'ottavo comma dello stesso articolo, soltanto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi». 4. Il ricorso, pertanto, è accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384 comma 2 ultima parte c.p.c., con l'annullamento del provvedimento impugnato nella parte in cui statuisce sulle spese. 5. L'assenza di precedenti di legittimità sulla questione esaminata dal Collegio giustifica la compensazione delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento nella parte in cui statuisce sulle spese. Compensa, tra le parti, le spese dell'intero giudizio.