I files di log sono equiparati alle registrazioni delle comunicazioni

Un passo avanti e due indietro. Così fa la Corte di Cassazione, che, da una parte, riconosce che i files  di log devono essere equiparati ai supporti contenenti le registrazioni delle comunicazioni intercettate, con conseguente obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile rispetto all’udienza del Tribunale del Riesame, garantendo il diritto di difesa in favore di tutti i coindagati istanti; ma, dall’altra, afferma che l’eccezione difensiva di nullità dell’ordinanza impugnata risulta generica e priva di alcuna specificità, in quanto connotata da un carattere meramente “esplorativo” e ad interesse “eventuale”, e pertanto è inammissibile.

La vicenda Il Tribunale del Riesame aveva rigettato la richiesta avanzata ex articolo 309 cod. proc. pen. dall'indagato,  confermando l'ordinanza emessa  dal G.I.P. del locale Tribunale, che gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. Propone ricorso per cassazione l'indagato, deducendo violazione del diritto di difesa con riguardo agli articolo 178, lett. c), 268 cod. proc. pen. L'ordinanza si sarebbe espressa con argomento viziato sull'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite con captatore informatico – fondanti in via esclusiva la misura cautelare – sostenuta dall'indebito rigetto della richiesta di copia dei relativi files di log. Il ricorso sottolinea il diritto incondizionato della difesa di ottenere copia dei files di log in fase cautelare, al pari delle fonie (e, dunque, dei nastri registrati), in quanto entrambi supporto materiale dell'attività intercettiva, e dunque elementi indispensabili all'esercizio compiuto del diritto a difendersi, come peraltro affermato dalle Sezioni unite civili della Suprema Corte. Il Tribunale del Riesame, per contro, non avrebbe colto la portata ed il senso dell'eccezione sollevata, nulla osservando, peraltro, sulla piena corrispondenza tra i files di log ed il risultato udibile delle intercettazioni, con uguale diritto della difesa di ottenerne copia. Nel ricorso la difesa aveva sottolineato di non essere neppure tenuta ad allegare un pregiudizio effettivo e concreto eventualmente patito, come invece affermato nell'ordinanza impugnata, in quanto il diritto di ottenere copia di questi files sarebbe incondizionato e non incorrerebbe in alcun margine discrezionale in capo all'autorità richiesta. Qualora, peraltro, si ritenesse diversamente, la difesa aveva chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'articolo 268 cod. proc. pen., per violazione degli articolo 3,24 e 111 Cost., nella parte in cui non è previsto espressamente il diritto del difensore di ottenere copia dei files di log, all'esito dell'adozione di una misura cautelare; – violazione del diritto di difesa con riguardo agli articolo 178, lett. c), 309 e 523 cod. proc. pen. La sentenza della Corte di Cassazione La sentenza in esame premette che il ricorso – che non coinvolge affatto gli indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari – risulta infondato. Il primo motivo ha ad oggetto i files di log relativi alle intercettazioni con captatore informatico eseguite nel corso delle indagini, i cui esiti hanno costituito argomento a sostegno dell'ordinanza impugnata; in particolare, la censura riguarda il rigetto – da parte della Procura della Repubblica competente – della richiesta di copia di questi files, avanzata dal difensore dell'indagato, dal quale, in ottica difensiva, deriverebbe l'inutilizzabilità delle intercettazioni. Secondo la  sentenza, la tesi difensiva non può essere accolta, come adeguatamente sostenuto dal Tribunale del Riesame. Al riguardo, occorre premettere che per files di log si intendono quei files, in formato di testo, nei quali vengono indicate le operazioni compiute da un utente durante una sessione di lavoro del proprio dispositivo elettronico, quali, ad esempio, un personal computer, uno smartphone o un tablet. Come efficacemente sostenuto in dottrina, si tratta di vere e proprie “impronte digitali 2.0”, particolarmente importanti in sede investigativa in quanto consentono di individuare molteplici profili relativi all'utilizzo dell'apparecchio, tra cui: a) gli orari e la durata della connessione ad Internet, con il relativo l'indirizzo IP (codice univoco che identifica un dispositivo su Internet o in una rete locale); b) le informazioni che questi ha inviato o ricevuto attraverso lo stesso indirizzo; c) l'anagrafica dell'intestatario di un contratto di utenza. I files di log, inoltre, interessano le intercettazioni effettuate con captatore informatico (come nella vicenda in esame), fornendo tutte le informazioni relative al momento, preciso, della programmazione della captazione, della sua effettuazione e dell'ascolto, o della “smarcatura”, dell'intercettazione così effettuata. Ebbene, l'utilizzo universalmente diffuso di strumenti informatici o telematici, così come il continuo scambio di comunicazioni della stessa natura, da parte di chiunque, rende evidente il peso investigativo che queste informazioni possono assumere, con speculare riflesso sull'esercizio del diritto di difesa che, infatti, può essere interessata a validare o a contestare i dati relativi alle operazioni compiute su un dispositivo elettronico, ad esempio con riguardo ai profili appena esemplificativamente richiamati. Tale rilievo difensivo, peraltro, ha già trovato il più autorevole riscontro nella giurisprudenza delle Sezioni Unite civili di questa Corte, con la pronuncia n. 22302 del 4/8/2021, relativa ad un procedimento disciplinare a carico di un magistrato: nell'occasione, il Supremo Collegio, riferendosi ai supporti materiali delle intercettazioni, ha affermato – sinteticamente, ma con efficacia – che «tali devono intendersi, in caso di intercettazione tramite captatore informatico, oltre ai nastri registrati, anche i supporti informatici dei “file di log” contenenti le indicazioni relative alle captazioni, alle registrazioni e al relativo ascolto». Dalla piena equiparazione tra files di log e nastri registrati, così riconosciuta dalle Sezioni unite e qui da ribadire, consegue dunque l'applicabilità anche ai primi della affermata giurisprudenza in forza della quale, in tema di intercettazioni, la richiesta del difensore di accesso ai supporti, magnetici o informatici, contenenti le registrazioni di conversazioni telefoniche utilizzate nella ordinanza cautelare comporta l'ineludibile obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile rispetto all'udienza del tribunale del riesame, garantendo il diritto di difesa in favore di tutti i coindagati istanti (tra le altre, Sez. 6, n. 3371 del 22/12/2023, Rv. 286079). Tanto premesso in termini generali, la sentenza osserva che, in effetti, il ricorso è incentrato proprio – ed in modo pertinente – sulla violazione del diritto di difesa che l'indagato avrebbe patito con il rifiuto di ottenere copia dei files di log. Si sottolinea come non sia contestata dal ricorrente, la violazione della specifica disposizione codicistica in tema di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni – articolo 271 cod. proc. pen. -, ma, in termini differenti, la violazione del diritto di difesa, conseguente, di fatto, alla mancata equiparazione dei files di log alle registrazioni da parte del Tribunale del riesame e la conseguente nullità appunto per violazione del diritto di difesa. La sentenza ribadisce l'assenza di una concreta eccezione concernente la violazione dell'articolo 268, comma 3, cod. proc. pen. (o del successivo comma 3-bis, relativo proprio alle registrazioni con captatore informatico), richiamato dall'articolo 271, comma 1, cod. proc. pen. In tal modo delineata la cornice entro la quale la Corte è chiamata ad intervenire, la sentenza rileva, però, che l'eccezione di nullità dell'ordinanza impugnata «risulta generica e priva di alcuna specificità, in quanto connotata da un carattere meramente esplorativo e ad interesse “eventuale”, che ne impedisce l'accoglimento». Si richiama, infatti, la richiesta di copia dei files di log, allegata al ricorso, che specificava “ad evitare equivoci”, che: «a) Non si chiede accesso ad alcun server; b) Si ribadisce che non è chiesta autorizzazione “all'accesso del difensore alla memoria informatica della Procura”; c) Non è un problema di ascolto di file; d) Non sono poste in dubbio la autenticità e la genuinità delle fonie: è esergo discutere di mai nemmanco ipotizzati “comportamenti criminosi». Pertanto, secondo la Corte di cassazione, nessun interesse specifico e concreto, era stato dedotto in chiave difensiva, e tanto si riscontra anche nell'eccezione di nullità poi sollevata, da ciò emergendone l'evidente inammissibilità. La sentenza richiama ed aderisce alle osservazioni del tribunale del riesame che, nell'ordinanza impugnata, aveva i sottolineato che «l'istanza presentata in Procura è estremamente generica.., solo in sede di eccezione la difesa ha precisato che la richiesta era funzionale a una eventuale verifica su possibili anomalie verificatesi nel corso delle operazioni di intercettazione”; così concludendo, con argomento adeguato e quindi non censurabile, che «si tratta tuttavia di una gravissima carenza dell'istanza atteso che la difesa di parte ricorrente si è limitata a formulare una richiesta di rilascio copia dei files di log (…), precisando tuttavia che non v'è ragione di dubitare della genuinità e/o autenticità delle fonie». Sulla base di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato  l'inammissibilità dell'eccezione difensiva ritendendola generica e priva di specificità in punto di interesse della difesa ad ottenere copia dei files di log. Osservazioni critiche Come ormai sta accadendo sempre più spesso, la Corte di cassazione afferma un principio “nobile”, ma poi lo priva di contenuto concreto. Anche in questo caso, la sentenza, da una parte, riconosce che i files  di log devono essere equiparati ai supporti contenenti le registrazioni delle comunicazioni intercettate, con conseguente obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile rispetto all'udienza del Tribunale del Riesame, al fine di garantire il diritto di difesa dell'indagato; ma, dall'altra, afferma che  l'eccezione difensiva, che deduceva la nullità dell'ordinanza del Tribunale del Riesame che non aveva accolto la richiesta di poter ottenere copia dei files di log risulterebbe generica e priva di alcuna specificità, in quanto “connotata da un carattere meramente esplorativo” e ad interesse “eventuale”, e pertanto è inammissibile. Si deve ricordare che sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 293, comma 3, cod. proc. pen., affermò un principio di portata generale e cioè che «la mera conoscenza degli atti depositati dal pubblico ministero, non accompagnata dal diritto di estrarne copia, rappresenta una ingiustificata limitazione del diritto di difesa», che nel caso di specie si pone in irrimediabile contrasto con l'articolo 24 Cost. La disciplina limitativa non trova infatti, ragione né nell'esigenza di riservatezza, ormai superata dall'esecuzione della misura cautelare, né nel timore che le operazioni di rilascio delle copie possano interferire con i termini rapidi e vincolanti previsti per l'interrogatorio e, poi, per la presentazione dell'istanza di riesame e per la relativa decisione, essendo evidente che né  il difensore potrà pretendere, né l'autorità giudiziaria potrà concedere dilazioni di tali termini ove risulti materialmente impossibile procedere alla copia di tutti gli atti richiesti entro le rigide cadenze previste per l'interrogatorio e per l'udienza di riesame” (Corte cost. 24.6.1997, n. 192). Successivamente la Consulta ribadì che «al contenuto minimo del diritto di difesa, ravvisabile nella conoscenza degli atti depositati mediante la loro visione, deve accompagnarsi [...] automaticamente, salvo che la legge disponga diversamente, la facoltà di estrarne copia» (Corte cost. (ord.) 20.12.2000, n. 558; v. pure Corte cost. ord. 213/2000). Successivamente la Consulta dichiarò l'incostituzionalità dell'articolo 268 cod. proc. pen., nella parte in cui, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore non era ammesso ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate, in quanto l'accesso diretto alle registrazioni può essere ritenuto necessario, dalla difesa dell'indagato, per valutare l'effettivo significato probatorio delle stesse e per esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali (Corte cost. n. 336/2008). Dopo il decisum della Consulta, anche la Corte di Cassazione si è adeguata, affermando che, in tema di riesame, l'omessa consegna da parte del P.M. dei files audio delle registrazioni di conversazioni intercettate, utilizzate per l'emissione dell'ordinanza cautelare, determina l'inutilizzabilità a fini cautelari di tali conversazioni nel caso in cui, pur in mancanza di formule sacramentali nella richiesta di accesso, sussistano elementi, desumibili dal suo contenuto o dal comportamento del difensore, da cui desumere inequivocabilmente la riferibilità di detta richiesta al soddisfacimento di esigenze correlate allo stato custodiale dell'indagato ( Cass., Sez. VI, 19.12.2023, n. 4021/2024; Cass., Sez. VI,  22.5.2019, n. 32391, Rv. 276476). Si riconosce, in giurisprudenza, che, nel giudizio di riesame, il difensore ha l'onere di presentare una richiesta di accesso e acquisizione degli esiti captativi che sia tempestiva, ovvero in tempo utile per consentire al p.m. di provvedere, e specifica, ossia formulata in termini tali da evidenziare le ragioni di urgenza dell'istanza stessa, con precisa indicazione dei files delle captazioni di cui chiede l'autorizzazione all'ascolto e il rilascio di copia, sicché, in mancanza di tali indicazioni, il ritardo dell'organo inquirente a provvedere non può ritenersi ingiustificato e l'eventuale mancato accesso della difesa agli atti non determina alcuna nullità del procedimento (Cass., Sez. II, c.c.10.6.2021 (dep. 13.10.2021), n. 37136, S., CED 282370-01]. Circa le conseguenze derivanti dalla materiale indisponibilità delle registrazioni da parte del difensore, si era formato un contrasto giurisprudenziale, risolto dalle S.U. affermando anzitutto che la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi dell'articolo 268 c. 4, alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, deve essere presentata al pubblico ministero e non al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento cautelare. Le S.U. aggiunsero che la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi dell'articolo 268, comma 4, cod. proc. pen. alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, determina l'obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile a consentire l'esercizio del diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, obbligo il cui inadempimento può dar luogo a responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. (in motivazione, la Corte ha precisato che, al fine di porre il pubblico ministero in grado di adempiere tale obbligo, è del pari necessario che la richiesta del difensore venga tempestivamente proposta rispetto alle cadenze temporali indicate dalle norme processuali). Infine le S.U. affermarono che l'ingiustificato rifiuto da parte del p.m. di consegnare al difensore la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni poste a base della misura cautelare, non inficia l'attività di ricerca della prova ed il risultato probatorio, in sé considerati, ma determina - a causa della illegittima compressione del diritto di difesa - una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'articolo 178 lett. c), cod. proc. pen., pertanto soggetta alla deducibilità ed alle sanatorie di cui agli articolo 180,182 e 183 cod. proc. pen. Di conseguenza, qualora tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame (ed il tribunale non abbia potuto acquisire d'ufficio il relativo supporto fonico entro il termine perentorio di cui all'articolo 309, comma 9, cod. proc. pen.), il giudice non può utilizzare le suddette registrazioni come prova. La Corte ha altresì precisato che l'eventuale annullamento del provvedimento cautelare, per le ragioni testé indicate, non preclude al p.m. la possibilità di reiterare la richiesta ed al g.i.p. di accogliere la nuova richiesta, se corredata dal relativo supporto fonico [Cass. Sez. un. 22.4.2010, Lasala e Ciani, n.20300, CED 246906, 246907 e 246908, in Cass. pen., 2011, 461, Guida dir., 2010 n. 28, p. 61. Nello stesso senso Cass, Sez. VI, 6.9.2021, El Janati, n.35290]. Alla luce della giurisprudenza appena citata, appare perciò singolare l'affermazione secondo cui il difensore, che non conosce gli atti delle indagini preliminari, dovrebbe specificare, a pena di inammissibilità, l'interesse specifico e concreto della difesa ad ottenere copia dei files di log, che facendo parte degli atti di indagine posti alla base della misura cautelare, devono, per ciò solo, essere messi a disposizione dell'indagato per consentirgli l'”inviolabile” diritto di difesa. Ma per la Corte di cassazione la richiesta di copia dei files di log, posti a base della misura cautelare, ha carattere meramente “esplorativo” e l' interesse della difesa è “eventuale” .

Presidente Aceto - Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15/10/2024, il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava la richiesta avanzata ex articolo 309 cod. proc. pen. da Co.An., così confermando l'ordinanza emessa il 16/9/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale, che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere con riferimento al delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. 2. Propone ricorso per cassazione l'indagato, deducendo i seguenti motivi: - violazione del diritto di difesa con riguardo agli articolo 178, lett. c), 268 cod. proc. pen. L'ordinanza si sarebbe espressa con argomento viziato sull'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite con captatore informatico - fondanti in via esclusiva la misura cautelare - sostenuta dall'indebito rigetto della richiesta di copia dei relativi file di log. Premessi la definizione, la natura ed il contenuto di questi file, il ricorso sottolinea il diritto incondizionato della difesa di ottenerne copia in fase cautelare, al pari delle fonie (e, dunque, dei nastri registrati), in quanto entrambi supporto materiale dell'attività intercettiva, e dunque elementi indispensabili all'esercizio compiuto del diritto a difendersi, come peraltro affermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte. Il Tribunale del riesame, per contro, non avrebbe colto la portata ed il senso dell'eccezione sollevata, nulla osservando, peraltro, sulla piena corrispondenza tra i file di log ed il risultato udibile delle intercettazioni, con uguale diritto della difesa di ottenerne copia. La stessa difesa, peraltro, non sarebbe neppure tenuta ad allegare un pregiudizio effettivo e concreto eventualmente patito, come invece affermato nell'ordinanza, in quanto il diritto di ottenere copia di questi file sarebbe incondizionato e non incorrerebbe in alcun margine discrezionale in capo all'autorità richiesta. Qualora, peraltro, questa Corte ritenesse diversamente, si invita a sollevare questione di legittimità costituzionale dell'articolo 268 cod. proc. pen., per violazione degli articolo 3,24 e 111 Cost., nella parte in cui non è previsto espressamente il diritto del difensore di ottenere copia dei file di log, all'esito dell'adozione di una misura cautelare; - violazione del diritto di difesa con riguardo agli articolo 178, lett. c), 309 e 523 cod. proc. pen. Si contesta che, nel corso dell'udienza camerale, sarebbe stato impedito al difensore di prendere la parola per ultimo, così non potendo replicare alle osservazioni del pubblico ministero; ebbene, nessuna ragione potrebbe precludere alla difesa di esprimere il proprio pensiero successivamente alla pubblica accusa, ai sensi dell'articolo 523 cod. proc. pen., applicabile anche all'udienza de libertate, così emergendo un ulteriore profilo di nullità dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso - che non coinvolge affatto gli indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari - risulta infondato. 4. Il primo motivo ha ad oggetto i file di log relativi alle intercettazioni con captatore informatico eseguite nel corso delle indagini, i cui esiti hanno costituito argomento a sostegno dell'ordinanza qui impugnata; in particolare, la censura riguarda il rigetto - da parte della Procura della Repubblica competente – della richiesta di copia di questi file, avanzata dal legale del Co.An. il 1/10/2024, dal quale, in ottica difensiva, deriverebbe l'inutilizzabilità delle intercettazioni. 5. Questa tesi non può essere accolta, come adeguatamente sostenuto dal Tribunale del riesame. 6. Al riguardo, occorre premettere che per file di log si intendono quei file, in formato di testo, nei quali vengono indicate le operazioni compiute da un utente durante una sessione di lavoro del proprio dispositivo elettronico, quali, ad esempio, un personal computer, uno smartphone o un tablet. Come efficacemente sostenuto in dottrina, si tratta di vere e proprie impronte digitali 2.0 , particolarmente importanti in sede investigativa in quanto consentono di individuare molteplici profili relativi all'utilizzo dell'apparecchio, tra cui: a) gli orari e la durata della connessione ad Internet, con il relativo l'indirizzo IP (codice univoco che identifica un dispositivo su Internet o in una rete locale); b) le informazioni che questi ha inviato o ricevuto attraverso lo stesso indirizzo; c) l'anagrafica dell'intestatario di un contratto di utenza. I file di log, inoltre, interessano le intercettazioni effettuate con captatore informatico (come nella vicenda in esame), fornendo tutte le informazioni relative al momento, preciso, della programmazione della captazione, della sua effettuazione e dell'ascolto, o della smarcatura , dell'intercettazione così effettuata. 6.1. Ebbene, l'utilizzo universalmente diffuso di strumenti informatici o telematici, così come il continuo scambio di comunicazioni della stessa natura, da parte di chiunque, rende evidente il peso investigativo che queste informazioni possono assumere, con speculare riflesso sull'esercizio del diritto di difesa che, infatti, può essere interessata a validare o a contestare i dati relativi alle operazioni compiute su un dispositivo elettronico, ad esempio con riguardo ai profili appena esemplificativamente richiamati. 7. Tale rilievo difensivo, peraltro, ha già trovato il più autorevole riscontro nella giurisprudenza delle Sezioni Unite civili di questa Corte, con la pronuncia n. 22302 del 4/8/2021, relativa ad un procedimento disciplinare a carico di un magistrato: nell'occasione, il Supremo Collegio, riferendosi ai supporti materiali delle intercettazioni, ha affermato - sinteticamente ma con efficacia - che tali devono intendersi, in caso di intercettazione tramite captatore informatico, oltre ai nastri registrati, anche i supporti informatici dei file di log contenenti le indicazioni relative alle captazioni, alle registrazioni e al relativo ascolto . 7.1. Dalla piena equiparazione tra file di log e nastri registrati, così riconosciuta dalle Sezioni Unite e qui da ribadire (con evidente assorbimento, pertanto, dell'eccezione di incostituzionalità che il ricorso invita sollevare proprio ai sensi degli articolo 3, 24 e 111 Cast.), consegue dunque l'applicabilità anche ai primi della affermata giurisprudenza in forza della quale, in tema di intercettazioni, la richiesta del difensore di accesso ai supporti, magnetici o informatici, contenenti le registrazioni di conversazioni telefoniche utilizzate nella ordinanza cautelare comporta l'ineludibile obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile rispetto all'udienza del Tribunale del riesame, garantendo il diritto di difesa in favore di tutti i coindagati istanti (tra le altre, Sez. 6, n. 3371 del 22/12/2023, Policaro, Rv. 286079). 8. Tanto premesso in termini generali, il Collegio osserva che, in effetti, il ricorso è incentrato proprio - ed in modo pertinente - sulla violazione del diritto di difesa che l'indagato avrebbe patito con il rifiuto di ottenere copia dei file di log, e dalla quale sola deriverebbe l'inutilizzabilità delle intercettazioni; con gli stessi caratteri, peraltro, la questione era stata posta innanzi al Tribunale del riesame, come precisamente indicato alla pag. 2 dell'ordinanza qui impugnata. 8.1. Non è contestata dal ricorrente, dunque, la violazione della specifica disposizione codicistica in tema di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni - articolo 271 cod. proc. pen. -, ma, in termini differenti, la violazione del diritto di difesa, conseguente, di fatto, alla mancata equiparazione dei file di log alle registrazioni da parte del Collegio della cautela; tanto che il ricorso qualifica come inconferente il richiamo allo stesso articolo 271 cod. proc. pen. compiuto dal Tribunale del riesame, precisando che in quella sede si reclamava nullità relativa e, così, ribadendo che l'oggetto della contestazione (già allora) non riguardava la norma indicata, ma il diritto di difesa. 9. In tal modo delineata la cornice entro la quale questa Corte - come già il Tribunale del riesame - è chiamata ad intervenire, specie in assenza di qualunque concreta eccezione concernente la violazione dell'articolo 268, comma 3, cod. proc. pen. (o del successivo comma 3-bis, relativo proprio alle registrazioni con captatore informatico), richiamato dall'articolo 271, comma 1, cod. proc. pen., si deve però rilevare che l'eccezione di nullità dell'ordinanza impugnata risulta generica e priva di alcuna specificità, in quanto connotata da un carattere meramente esplorativo e ad interesse eventuale , che ne impedisce l'accoglimento. 9.1. La richiesta di copia dei file di log del 1/10/2024, allegata al ricorso, specificava, infatti, ad evitare equivoci , che: a) Non si chiede accesso ad alcun server; b) Si ribadisce che non è chiesta autorizzazione all'accesso del difensore alla memoria informatica della Procura ; c) Non è un problema di ascolto di file; d) Non sono poste in dubbio la autenticità e la genuinità delle fonie: è esergo discutere di mai nemmanco ipotizzati comportamenti criminosi . 9.2. Nessun interesse specifico e concreto, pertanto, era stato dedotto in chiave difensiva, e tanto si riscontra anche nell'eccezione di nullità poi sollevata, da ciò emergendone l'evidente inammissibilità, come peraltro congruamente sostenuto dal Tribunale del riesame. Il Collegio di merito, nell'ordinanza qui impugnata, ha infatti sottolineato che l'istanza presentata in procura è estremamente generica... solo in sede di eccezione la difesa ha precisato che la richiesta era funzionale a una eventuale verifica su possibili anomalie verificatesi nel corso delle operazioni di intercettazione ; così concludendo, con argomento adeguato e quindi non censurabile, che si tratta tuttavia di una gravissima carenza dell'istanza atteso che la difesa di parte ricorrente si è limitata a formulare una richiesta di rilascio copia dei files di log (. ..), precisando tuttavia che non v'è ragione di dubitare della genuinità e/o autenticità delle fonie . Dal che, l'inammissibilità dell'eccezione. 9.3. Questa conclusione, peraltro, risulta ulteriormente rafforzata in questa sede, stante la radicale assenza, nel ricorso qui in esame, di qualunque contestazione riguardante i gravi indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari, cosicché il carattere meramente esplorativo dell'eccezione di nullità emerge in termini ancora più evidenti, non consentendo di individuare quale effettivo interesse difensivo la sostenga e, dunque, quale la possibile lesione al diritto di difesa. 10. Il primo motivo di ricorso, pertanto, risulta infondato. 11. A conclusioni di inammissibilità, invece, la Corte poi giunge quanto alla seconda censura, con la quale si sostiene che, nel corso dell'udienza camerale, il difensore del ricorrente non avrebbe potuto prendere la parola per ultimo, così replicando alle osservazioni del pubblico ministero. Premesso che anche su tale punto il ricorso risulta generico, non specificando in che termini il diritto di difesa sarebbe stato così violato, e con quale incidenza sul contenuto dell'ordinanza qui impugnata; tanto premesso, per costante indirizzo, qui da ribadire, in tema di riesame non determina nullità del procedimento lo svolgimento della discussione con l'intervento del difensore che preceda quello del pubblico ministero, in quanto non trova applicazione la disciplina prevista dall'articolo 523 cod. proc. pen. per lo svolgimento della discussione in dibattimento, secondo cui l'imputato e il difensore devono avere in ogni caso la parola per ultimi se la domandano (tra le molte, Sez. 6, n. 45182 del 19/9/2019, Pm/Greco, Rv. 277383; Sez. 4, n. 19200 del 12/4/2016, Mileto, Rv. 266485). 12. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.