In tema di misure cautelari personali per reati di atti persecutori, la notifica dell’istanza di revoca o modifica deve avvenire al nuovo difensore della persona offesa, pena la nullità del provvedimento.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha ribadito la centralità della corretta notificazione delle istanze di revoca o modifica delle misure cautelari personali nei procedimenti per reati di atti persecutori (stalking), sancendo che la notifica deve essere effettuata al difensore attualmente nominato dalla persona offesa, pena la nullità del provvedimento di modifica. Il caso trae origine da un ricorso contro un'ordinanza che aveva accolto l'appello del Pubblico Ministero e ripristinato la misura custodiale a carico dell'indagato, in quanto l'istanza di modifica era stata notificata al precedente difensore della persona offesa e non a quello attuale, regolarmente nominato e risultante dagli atti. La Corte ha sottolineato che questa disciplina trova il suo fondamento nell'articolo 299, comma 3, c.p.p., come modificato dalla l. n. 119/2013, che impone modalità di notifica distinte a seconda che la persona offesa abbia nominato o meno un difensore di fiducia, nonché negli obblighi derivanti da fonti sovranazionali, in particolare la Direttiva 2012/29/UE recepita con il d.lgs. 212/2015. Evoluzione normativa multilivello e rafforzamento della tutela della vittima L'ordinamento ha progressivamente rafforzato la tutela della persona offesa nei reati di violenza di genere e atti persecutori con una serie di interventi legislativi che hanno ampliato i diritti informativi e processuali della vittima, tra cui: obbligo di notifica di qualsiasi istanza di modifica della misura cautelare al difensore nominato, diritto all'informazione sui provvedimenti di scarcerazione, sulle misure di sicurezza e sulle fughe dell'indagato, possibilità di ricevere gratuitamente assistenza legale (articolo 76, comma 4-ter, d.P.R. 115/2002). Il diritto di partecipazione consapevole della vittima si traduce in una effettiva possibilità di esercitare difese e controdeduzioni, con l'obiettivo di assicurare una tutela tempestiva ed efficace e di valutare pienamente il rischio. La Cassazione, dopo aver richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. n. 17156/2021) e ulteriori precedenti di legittimità, ha rigettato il ricorso, sottolineando che la mancata notifica al difensore nominato dalla persona offesa rende nullo il provvedimento ex articolo 178, lett. c), c.p.p.
Presidente Villoni - Relatrice Travaglini Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Roma ha accolto l'appello del Pubblico ministero avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, emesso il 22 novembre 2024, di sostituzione, a D.M.S., della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di dimora nel comune di Roma e del divieto di avvicinamento alla persona offesa, indagato per il delitto di atti persecutori, ripristinando la misura restrittiva custodiale non essendo stata l'istanza di modifica notificata al difensore di fiducia della persona offesa. 2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso D.M.S., con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex articolo 173, comma 1, disp. att. coord. cod. proc. pen. Violazione dell'articolo 299, terzo comma, cod. proc. pen. in quanto l'istanza di sostituzione dell'originaria misura custodiale era stata notificata dal difensore dell'indagato, Avvocato Vilardo, al difensore della persona offesa, Avvocata Altomonte, che aveva comunicato al collega di avere provveduto ad inoltrare l'istanza direttamente alla persona offesa, di non essere più il legale di questa e di non conoscere il nome del professionista che aveva assunto l'incarico (mail del 19 novembre 2024). Alla luce di questi elementi, la motivazione dell'ordinanza impugnata è eccessivamente formalista in quanto sebbene la notifica dell'istanza non sia stata notificata al difensore attuale della persona offesa agli atti vi è la prova di una sostanziale conoscenza di quest'ultima che non aveva provveduto a depositare memorie difensive. 3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'articolo 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive disposizioni di legge. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il provvedimento impugnato, con argomenti logici e completi fondati su non contestati elementi di fatto, nell'accogliere l'atto di appello del Pubblico ministero, ha dato atto che: a) l'istanza di sostituzione della misura cautelare applicata all'indagato per il delitto di atti persecutori era stata notificata il 18 novembre 2024 dal difensore di D.M.S. al precedente difensore della persona offesa che gli aveva espressamente rappresentato di essere stato sostituito da altro legale; b) la persona offesa, il 16 ottobre 2024, cioè un mese prima della presentazione dell'istanza menzionata, aveva nominato l'avvocata Sciarra revocando ogni altra precedente nomina ; c) detto atto era stato inviato all'ufficio del Pubblico ministero procedente tramite portale del deposito degli atti penali in data 17 ottobre 2024; concludendo correttamente per l'annullamento del provvedimento di sostituzione del Giudice per le indagini preliminari emesso senza notifica dell'istanza al nuovo difensore della persona offesa ritualmente nominato da questa per come risultante dagli atti del procedimento. 3. Nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, l'istanza di revoca o di modifica della misura cautelare, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere notificata alla persona offesa anche in assenza di una sua formale dichiarazione o elezione di domicilio, atteso che l'articolo 299, comma 3, cod. proc. pen., come modificato dall'articolo 2 d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, prevede, a pena di inammissibilità di detta richiesta, distinte modalità di notifica alla persona offesa: 1) presso il difensore di fiducia, ai sensi dell'articolo 33 disp. att. cod. proc. pen.; 2) personalmente, presso la stessa persona offesa, nel caso in cui non abbia nominato un difensore di fiducia, salva l'ipotesi in cui questa abbia eletto o dichiarato domicilio, nel qual caso dovrà essere sempre eseguita in tale luogo, anche se sia già intervenuta la nomina di un difensore (Sez. 2, n. 12377 del 10/02/2021, Castagna, Rv. 280999). Il provvedimento impugnato, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, non assume affatto un'interpretazione formalistica della disposizione censurata, ma recepisce obblighi sovranazionali, a partire dalla Direttiva 2012/29/UE sulle vittime dei reati, il cui articolo 4 impone agli Stati di mettere la persona offesa di qualsiasi reato in condizione di avere tutti gli strumenti di conoscenza per tutelare ed esercitare i propri diritti, Direttiva recepita con il decreto legislativo n. 212 del 2015 (Sez. 6, n. 8691 del 14/11/2017, dep. 2018, A., Rv. 272215). La persona offesa deve essere informata in merito ai suoi diritti e facoltà e alle modalità di esercitarli e reagire in caso di violazione (articolo 90-bis cod. proc. pen.), ha diritto ad essere informata anche dei provvedimenti di scarcerazione o cessazione della misura di sicurezza detentiva e dell'eventuale evasione dell'imputato o del condannato o dell'internato in esecuzione di misura di sicurezza, anche senza previa richiesta, se il procedimento ha ad oggetto reati di violenza di genere, domestica e contro le donne (90-ter, comma 1-bis, cod. proc. pen.); ha diritto di ricevere l'informazione di garanzia, la richiesta di proroga del termine di indagine, l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei procedimenti per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e per il delitto di atti persecutori. Tutti detti diritti sono stati ulteriormente incrementati dalla l. n. 69 del 2019, dal d.lgs. n. 150 del 2002 e dalla l. n. 168 del 2023 che hanno inciso anche su tutta la materia relativa agli obblighi di comunicazione relativi alle misure cautelari (articolo 282-quatere 299 cod. proc. pen.) nella logica della prioritaria tutela della persona offesa. L'ordinamento ha poi incoraggiato una difesa tecnica per le vittime di questi delitti, in ragione della maggiore esposizione al pericolo di quelle prive di un'adeguata assistenza, con la previsione del gratuito patrocinio a prescindere dal reddito (articolo 76, comma 4-ter, d.P.R. n. 115 del 2002), e con l'estensione degli obblighi di comunicazione al loro difensore, ove nominato. Questo complesso e completo quadro normativo multilivello attribuisce alla persona offesa dei reati di violenza di genere, domestica e contro le donne un ruolo attivo, nella logica di una sua effettiva e tempestiva tutela, in quanto titolare del diritto di informazione funzionale all'esercizio di una partecipazione consapevole alla procedura de libertate per offrire elementi utili e pertinenti al profilo delle esigenze cautelari e al sub-procedi mento introdotto dalla richiesta di revoca o di modifica in melius della misura cautelare (Sez. U, n. 17156 del 30/09/2021, dep. 2022, Gallo, Rv. 283042, in motivazione § 8.5 e 8.6), partecipazione che diventa tanto più consapevole ed effettiva proprio con la difesa tecnica e la messa in condizione di questa di svolgere il proprio mandato, soprattutto in chiave di tutela e di valutazione del rischio. Ne consegue che, come correttamente argomentato dal provvedimento impugnato, ove il difensore nominato dalla persona offesa non sia stato posto a conoscenza dell'istanza di sostituzione o revoca della misura cautelare, in violazione dell'obbligo previsto dall'articolo 299, comma 3, cod. proc. pen., così da non potere controdedurre rispetto ai diritti della persona assistita, il provvedimento di modifica comunque emesso è nullo ai sensi dell'articolo 178 lett. c) cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 43103 del 12/06/2017, A., Rv. 271009). 4. Alla stregua di tali argomenti il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.