Anche gli studi professionali associati sono soggetti legittimati a gestire i condomìni

L’assemblea condominiale può legittimamente nominare come amministratore uno studio professionale associato, sebbene privo di personalità giuridica, in quanto configurabile come centro di imputazione autonomo di situazioni giuridiche soggettive.

Ai fini della validità della nomina non è richiesta l’individuazione formale all’interno della associazione di una persona fisica incaricata, in via esclusiva, della funzione amministrativa purché risultino rispettati i requisiti di legge di cui all’articolo 71-bis Disp. att. c.c. da parte dei soggetti operativamente responsabili.L'articolo 71-bis, comma 3, Disp. att. c.c., nel riconoscere la possibilità di nomina a favore di persone giuridiche, non esclude né preclude infatti, l’idoneità di soggetti collettivi privi di personalità giuridica, come le associazioni professionali. Evoluzione delle figure gestorie condominiali La figura dell'amministratore di condominio ha assunto nel tempo una rilevanza sempre più marcata e complessa, anche alla luce della evoluzione normativa e della crescente articolazione delle attività gestionali, contabili e tecniche che l'incarico comporta. In tale contesto, si è venuto a porre il quesito circa la possibilità di affidare la gestione condominiale a soggetti diversi dalla persona fisica o dalle società di capitali, come ad esempio uno studio professionale associato. La questione si innesta nel più ampio tema della soggettività giuridica delle associazioni professionali, intese come aggregazioni di professionisti che esercitano collettivamente la propria attività senza tuttavia costituire un soggetto dotato di personalità giuridica distinta rispetto ai singoli associati. Tali strutture, infatti, non configurano una società in senso proprio, bensì un modello di esercizio associato della professione regolato da patti interni tra i partecipanti. In via generale, l'articolo 71-bis, comma 3, Disp. att. c.c. ha sancito la possibilità per le persone giuridiche di assumere l'incarico di amministratore di condominio. Il disposto, tuttavia, non menziona le associazioni professionali per cui lascia spazio a un dibattito interpretativo circa la loro idoneità a rivestire l'ufficio di amministratore. Il decreto innovativo della Corte di appello di Firenze La Corte d'Appello di Firenze ha affrontato l'interessante questione con decreto camerale pubblicato il 12 maggio 2025. Il provvedimento è di particolare interesse per la prassi condominiale e per la dottrina. Il caso trae origine dalla nomina, da parte dell'assemblea condominiale, di uno studio professionale associato composto da due professionisti dotati di poteri di rappresentanza disgiunti, quale nuovo amministratore del condominio. Avverso tale nomina, due condòmini proponevano ricorso al tribunale chiedendo la revoca dell'amministratore per presunta illegittimità della nomina stessa, stante la pretesa mancanza di soggettività giuridica dell'associazione. Le censure dei reclamanti Il tribunale respingeva il ricorso ritenendo infondata l'eccezione sollevata dai condòmini i quali, in séguito, proponevano reclamo alla Corte d'Appello di Firenze. I reclamanti fondavano la loro censura sul presupposto secondo il quale l'associazione professionale, non essendo dotata di personalità giuridica, non può validamente stipulare un contratto di mandato né assumere obbligazioni in proprio. Pertanto, la validità della nomina presupporrebbe l'individuazione di una persona fisica incaricata in via esclusiva della funzione amministrativa. L'iter motivazionale La Corte d'Appello fiorentina, tuttavia, ha rigettato il reclamo, valorizzando - in linea con una consolidata giurisprudenza nomofilattica - il riconoscimento, anche in capo a soggetti privi di personalità giuridica, di una capacità giuridica attenuata o funzionale, idonea a farne centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive. In particolare, la decisione richiama la pronuncia della Suprema Corte del 26 gennaio 2022, n. 2332, secondo cui le associazioni professionali - pur in assenza di autonoma soggettività - possono comunque porsi come entità organizzate in grado di agire nel traffico giuridico. Va altresì segnalato che tale orientamento non costituisce una novità assoluta. Anche prima della entrata in vigore della legge di riforma del condominio, la Cassazione aveva riconosciuto, con sentenza n. 22840 del 24 ottobre 2006, la legittimità della nomina di amministratori in forma societaria evidenziando come l'incremento delle funzioni gestionali richiedesse competenze tecniche spesso reperibili solo all'interno di strutture organizzate quali, appunto, le società o gli studi associati multidisciplinari. La pronuncia della Corte d'Appello di Firenze ha affermato che la previsione normativa contenuta nell'articolo 71-bis Disp. att. c.c., nel riconoscere esplicitamente la possibilità per le persone giuridiche di assumere l'incarico di amministratore di condominio, non può essere interpretata in senso restrittivo né può essere letta come esclusiva, precludendo la possibilità per altre forme organizzative - quali le associazioni professionali - di rivestire tale ruolo laddove sussistano le condizioni sostanziali e formali. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto non necessario che venga designata formalmente, all'interno della associazione, una persona fisica quale titolare esclusivo del mandato, purché risulti chiaro l'assetto interno di responsabilità e la presenza di soggetti dotati di idonei requisiti professionali ex articolo 71-bis Disp. att. c.c. e siano stati conferiti poteri di rappresentanza secondo le modalità previste dallo statuto associativo. In definitiva, la pronuncia della Corte d'Appello di Firenze rappresenta un importante precedente nel riconoscimento della flessibilità delle forme organizzative nella gestione condominiale e conferma l'apertura del sistema giuridico alla evoluzione delle strutture professionali valorizzando il principio della efficienza nella gestione e della tutela della autonomia privata.

Presidente Breggia Relatore Cecchi Rilevato che: 1. Parte_1 e Parte_2 hanno reclamato il decreto col quale il Tribunale di Pisa ha respinto, con onere di spese (liquidate in € 2.236,00 oltre accessori), il loro ricorso per la revoca dello Controparte_2 [...] (di seguito: CP_1 dalla carica di amministratore del condominio denominato.........del quale i ricorrenti fanno parte, sito in Pisa Via L., rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia L'Ill.ma Corte adita, contrariis reiectis, -In via preliminare, disporre la sospensione dell'efficacia esecutiva del decreto Cron. 1402/2025n. RG143/2024 emesso dal Tribunale di Pisa; -Nel merito, in via principale, in riforma del decreto Cron. 1402/2025n. RG 143/2024 emesso dal Tribunale di Pisa, revocare l'amministratore Controparte_ , PIVA: P.IVA con sede in Pisa (PI), Via G. -In subordine, rideterminare l'entità delle spese di lite a carico dei reclamanti, decurtandone l'importo a un valore inferiore a quello liquidato dal Giudice di prime cure. Con vittoria delle spese di lite”. 1.1 I predetti ricorrenti hanno, innanzitutto, censurato il primo giudice “...nella parte in cui, al capo A, statuisce che gli associati rag. (omissis) e dott.ssa (omissis) possiedano i requisiti di cui all'articolo 71 bis c. 1 disp. Att. cc e che, dalla documentazione prodotta, risulti la riferibilità ai menzionati professionisti dell'attività svolta dall'associazione”. Il Tribunale, nell'impostazione dei ricorrenti, aveva erroneamente ritenuto che lo CP_1 disponesse, quale associazione professionale composta da due professionisti con poteri di amministrazione e rappresentanza disgiunti, la titolarità ad essere nominata amministratore di condominio possedendo i requisiti di cui all'articolo 71 bis, 1 comma, disp. att. c.c. Tale conclusione era stata raggiunta dal Tribunale “in forza di una mera certificazione notarile, che, a contrario, non fa menzione e non accerta, in alcun modo, che siffatti elementi ricorrano realmente”, rilevando come “Trattasi, inoltre, di un documento interno, mai portato a conoscenza dei condomini”. L'incarico era stato invece conferito direttamente all'associazione professionale che, tuttavia, non poteva ritenersi in grado di stipulare un mandato ad amministratore, in quanto priva di soggettività giuridica e pertanto “richiedendosi, necessariamente, che, all'interno della compagine associativa, venga individuato specificamente un professionista al quale attribuire l'incarico su base esclusivamente personale”. Né era accaduto che l'amministratore avesse (come prescritto dall'articolo 1129, 2° comma, c.c.) comunicato i propri dati anagrafici e professionali (ivi compreso il codice fiscale), non potendosi peraltro ritenere sufficiente che, nella carta intestata dello CP_1 [...] fossero indicati i nominativi degli associati sigg.ri CP_1. Risultava dunque integrata la “grave irregolarità” prevista dall'articolo 1129, 120 comma, n. 8. 1.2 I reclamanti hanno altresì contestato il provvedimento impugnato laddove era ritenuto che fosse stato rispettato il disposto di cui all'articolo 71 bis c.1 Disp. Att. c.c. lettera G che prevede, tra i requisiti richiesti per poter svolgere l'incarico di amministratore, la frequentazione di un corso di formazione iniziale e lo svolgimento di attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale Il documento che il Tribunale aveva ritenuto sufficiente ai fini in questione, infatti, attestava unicamente che nei 17 anni in cui lo CPJ aveva svolto l'incarico di amministratore condominiale (dal 2008 in poi), i sigg.ri CP_1 avevano seguito un unico corso di aggiornamento professionale ciascuno. 1.3 Inoltre, i reclamanti hanno censurato l'omessa pronuncia su uno dei motivi di ricorso, relativo al “contegno omissivo dell'amministratore per non aver questi acquisito la preventiva autorizzazione dell'assemblea necessaria per la partecipazione al procedimento di mediazione” e ciò con riferimento ad una procedura di opposizione a decreto ingiuntivo “nella quale il Parte_3 dopo aver ottenuto un decreto ingiuntivo, è risultato soccombente a causa della mancata autorizzazione assembleare alla partecipazione alla procedura. La mancata previa autorizzazione alla partecipazione alla procedura di mediazione aveva infatti determinato la declaratoria di improcedibilità della domanda e la conseguente soccombenza, come da sentenza n. 40/2023 del Giudice di Pace di Pisa. 1.4 Infine, i reclamanti hanno lamentato l'eccessiva quantificazione delle spese di lite. 2. Integrato il contraddittorio, si è costituito lo CP_1 richiamando le difese svolte in prime cure, contestando la fondatezza del reclamo e chiedendone quindi la reiezione. 2.1 In particolare, la predetta parte reclamata ha esposto preliminarmente come l'iniziativa giudiziaria promossa dai reclamanti si inquadrasse nell'ambito di rapporti conflittuali tra le parti, che avevano visto l'amministratore condominiale agire nei confronti dei sigg.ri Pt_1 e Pt_2 per il recupero degli oneri condominiali. 2.2 Lo CP_1 ha quindi rilevato che: il primo motivo di reclamo era inammissibile in quanto attinente a circostanze dedotte per la prima volta in sede di reclamo, nella parte in cui aveva a riferimento tutti gli elementi richiesti dall'articolo 71 bis c.1 Disp. Att. c.c., dal momento che avanti al Tribunale di Pisa era stata lamentata unicamente la violazione della lettera G), con riferimento ai corsi di formazione professionale; in ogni caso, la mancata conoscenza dell'atto notarile di costituzione non poteva qualificarsi come “grave irregolarità”; quanto poi ai dati degli associati, risultava come la carta intestata dello CP_1 riportasse tutti dati dello studio stesso, rilevando peraltro come il ruolo di amministratore condominiale ben potesse essere svolto anche da una società o da un'associazione professionale; in ogni caso, anche il profilo in questione non poteva assurgere al rango di “grave irregolarità” idonea a costituire un motivo di revoca dell'amministratore; i componenti dello CP_1 avevano poi seguito regolarmente i corsi di aggiornamento professionale, di cui avevano prodotto in prime cure solo le attestazioni più recenti; era inammissibile anche il motivo di reclamo fondato sulla dedotta omissione di pronuncia su uno degli aspetti del ricorso, dal momento che, in prime cure, i sigg.ri Parte_4 non avevano mai sollevato contestazioni in ordine all'autorizzazione alla partecipazione alla procedura di mediazione, ma con riferimento al diverso aspetto della “mancata informazione all'assemblea delle liti giudiziarie”, su cui il Tribunale di Pisa aveva comunque statuito; infine, il predetto Tribunale aveva anche compiutamente motivato in ordine alla liquidazione delle spese di lite. Considerato che: 3. Occorre premettere, onde evitare equivoci e per dar conto anche della giurisprudenza di questa stessa Corte territoriale (come già ampiamente illustrata, anche con riferimento a conformi indirizzi di altri giudici di merito, in precedenti pronunce: cfr App. FI, III decreto 17.10.2024 in causa n. 371/24 vg), che il combinato disposto dell'articolo 1129 co. n c.c., nella parte in cui dispone che la revoca dell'amministratore “... può altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, ... in caso di gravi irregolarità ...”, e dell'articolo 1129 co. 12A c.c., che contiene un elenco non tassativo delle condotte rimproverabili come gravi irregolarità, deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice di verificare se, nel caso concreto, le violazioni, oltre che essere riconducibili alle categorie indicate, raggiungano quel grado di offensività e lesività da giustificare la revoca. L'A.G., infatti, può, non deve, revocare; senza, dunque, non sussiste un rigido automatismo fra l'accertamento della violazione e la revoca. E ciò in quanto la ratio della norma è quella di consentire la rimozione di un amministratore che possa mettere a repentaglio il bene a tutela del quale essa è posta, ossia, come ovvio, il regolare funzionamento del Condominio; non certo quella di sanzionare tout court con la rimozione condotte che, quand'anche irregolari, si risolvano, in concreto, in fatti minori e inidonei a ledere la funzionalità dell'ente. Questa tesi è confortata dalla constatazione che la legge consente il ricorso anche un singolo condomino e quand'anche come, fra l'altro, anche nel presente caso la maggioranza abbia rinnovato la fiducia all'Amministratore. È senz'altro giusto che esista uno strumento come il presente, che pone il singolo al riparo dalla c.d. dittatura della maggioranza (che potrebbe, per i più svariati motivi, continuare a legittimare un amministratore dannoso); d'altra parte, è altrettanto indispensabile che, a scongiurare abusi dello strumento da parte dei singoli, esista un apprezzamento sulla esatta portata lesiva delle condotte. 4. In quest'ottica deve quindi prendersi in considerazione il primo motivo di reclamo esposto dai sigg.ri Parte_4 4.1 Il nucleo strutturale della censura mossa in tale contesto risiede nella dedotta impossibilità, secondo i reclamanti, di svolgimento dell'attività di amministratore condominiale da parte di un'associazione professionale sì che, in tale ipotesi (che è quella oggetto di causa) avrebbe dovuto procedersi all'individuazione della persona fisica specificamente preposta allo svolgimento dell'incarico. Tale prospettazione è infondata. 4.1.1 In primo luogo va rilevata la non condivisibilità dell'assunto cardine dell'impostazione difensiva di parte reclamante, secondo cui “...risulta pacifico che l'associazione professionale, priva di soggettività giuridica, non possa contrarre un mandato ad amministrare”, dal momento che la giurisprudenza (tra cui proprio Cass. n. 3128 del 17.2.2016 in motivazione -, già citata in prime cure dai ricorrenti) è orientata nel senso che “la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d'imputazione di rapporti giuridici” alle associazioni professionali (così destituendo di fondamento il contrario assunto dei ricorrenti in prime cure secondo cui “l'associazione, in quanto tale, si distingue dai vari tipi societari proprio per il fatto di non potersi considerare quale autonomo centro di imputazione degli interessi”). In tale prospettiva, anche recentemente, è stato ribadito che “Lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici...” (così Cass. 2332 del 26.1.2022). Del resto, la stessa Suprema Corte (cfr Cass. 22840 del 24.10.2006, in motivazione) ha avuto modo di indicare chiaramente che “Dal dibattito in tema di assunzione dell'ufficio di amministratore di una associazione non riconosciuta da parte di una persona giuridica, si ricavano argomenti ulteriori. Il sistema non conosce disposizioni limitative della capacità o della legittimazione della persona giuridica, se non nei casi tassativamente previsti. Siffatte disposizioni, per la verità, sarebbero in contrasto con le finalità e con l'evoluzione dell'istituto dell'amministratore di condominio, ragion per cui negare alla persona giuridica la facoltà di essere amministratore con l'addurre che le attività inerenti a tale ufficio esigono attributi propri dell'uomo appare del tutto infondato. D'altra parte, per quanto attiene all'esatto adempimento di tutte le obbligazioni le persone giuridiche presentano coefficienti di affidabilità non minori e diversi da quelli della persona fisica. La qualità dell'oggetto sociale (laddove è prevista l'amministrazione dei condominii); la congruenza di esso rispetto alla situazione dell'ambiente e del tempo in cui l'oggetto deve essere perseguito; la razionale coordinazione degli elementi personali e patrimoniali della persona giuridica; il credito sociale derivante alla funzionalità del complesso; il modo statutario della elezione degli organi sociali; la pubblica stima che solitamente accompagna, di volta in volta, gli organi personali di amministrazione e di controllo: tutti questi elementi si traducono in sintesi nella valutazione di affidabilità della persona giuridica. Non occorre aggiungere altro per collocare sul medesimo piano per quanto concerne la affidabilità circa l'esatto adempimento delle obbligazioni e la imputazione della responsabilità la persona fisica e la persona giuridica...Per concludere, non esistendo alcuna disposizione di legge, la quale abbia escluso che la persona giuridica possa esercitare l'incarico di amministratore di condominio, la soluzione della questione, che non può essere decisa con una precisa disposizione di legge e nemmeno avendo riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe, deve ricavarsi dai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato (articolo 12 preleggi). Orbene, la capacità generalizzata delle persone giuridiche deve considerarsi come principio generale dell'ordinamento. Nell'ambito della capacità generalizzata, in difetto di specifiche disposizioni contrarie, si comprende la possibilità di una persona giuridica di essere nominata amministratore di condominio. Ciò in conformità con l'evoluzione della figura dell'amministratore. In tempi meno recenti, invero, l'incarico di amministratore dall'assemblea veniva conferito agli stessi condomini, che avessero del tempo a disposizione: di solito, gli anziani ed i pensionati. Da qualche tempo, l'incarico viene conferito a professionisti esperti in materia di condominio e in grado di assolvere alle numerose e gravi responsabilità ascritte all'amministratore dalle leggi speciali (per tutte, le norme in materia edilizia, di sicurezza degli impianti, di obblighi tributati come sostituto d'imposta). È ragionevole pensare avuto riguardo al continuo incremento dei compiti che questi possano venire assolti in modo migliore dalle società (di servizi), che nel loro ambito annoverano specialisti nei diversi rami”. A tale, ampio, riconoscimento della possibilità per le persone giuridiche in quanto tali (ivi comprese le associazioni professionali, dunque) di svolgere l'incarico di amministratori condominiali non si pone poi come fattore limitativo la previsione (inserita con la riforma del 2012) di cui all'articolo 71 bis, 30 comma, Disp. Att. c.c., secondo cui “Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice”. Tale previsione, in effetti, ponendosi nel solco interpretativo di cui alla predetta sentenza, appare unicamente superare gli eventuali dubbi concernenti lo svolgimento dell'attività di amministratore condominiale da parte delle predette società, ma non può intendersi come idonea ad escludere tale possibilità in capo alle associazioni professionali. 4.1.2 Dunque, una volta preso atto che l'incarico di amministratore condominiale è stato conferito allo CP_1 (e ciò è pacifico nella presente causa) non vi era alcuna necessità di procedere all'individuazione della persona fisica che, all'interno dello studio predetto, avrebbe avuto la specifica funzione di operare concretamente quale amministratore per il Condominio in oggetto. 4.2 Parimenti non suscettibili di essere condivise sono poi le doglianze concernenti la dedotta configurabilità in termini di “grave irregolarità”, rilevante ex articolo 1129 c.c., della mancata partecipazione dei componenti dello CP_1 ai corsi di aggiornamento professionale. Il Tribunale di Pisa, sul punto, ha del tutto correttamente valorizzato la documentazione dimessa da parte resistente in prime cure, attestante la frequentazione di corsi di aggiornamento da parte dei sigg.ri CP_1 e rilevando come l'articolo 71 bis Disp. Att. c.c. si riferisca ad “attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale”, senza indicazione di rigide scansioni temporali alle quali ancorare il rispetto di tale prescrizione, sì che, in ogni caso (e richiamando qui le coordinate ermeneutiche sopra esposte in ordine ai parametri di valutazione della “grave irregolarità” rilevante ex articolo 1129 c.c.) la condotta in oggetto non potrebbe assurgere ad elemento integratore di tale irregolarità. 4.3 Con riferimento poi alle doglianze concernenti l'omessa pronuncia del Tribunale di Pisa in ordine all'allegato “contegno omissivo dell'amministratore per non aver questi acquisito la preventiva autorizzazione dell'assemblea necessaria per la partecipazione al procedimento di mediazione”, si osserva come, in prime cure, i sigg.ri Parte_4 avessero lamentato: “la mancata informazione da rendere all'assemblea, in merito all'esito negativo di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo che ha visto il Condominio soccombente, con conseguente obbligo al pagamento di quanto già versato dai condomini colpiti dal decreto ingiuntivo”; e che “...anche entrando nel merito della vicenda, il Parte_3 è risultato soccombente a causa della mancata convocazione dell'assemblea straordinaria necessaria per autorizzare l'amministratore a rappresentare il Condominio nella procedura di mediazione obbligatoria instaurata'. 4.3.1 La censura, dunque, non è tacciabile di inammissibilità per novità della questione sollevata (come invece eccepito da parte reclamata). Tale doglianza, tuttavia, non è tuttavia neppure suscettibile di accoglimento, così come formulata, dal momento che il Tribunale di Pisa ha reso una precipua statuizione in ordine al profilo in questione, rilevando che “...da disattendere risulta, infine, anche il motivo sub E), con il quale viene lamentata la mancata informazione, da parte dell'amministratore, relativamente alle liti giudiziarie e, in particolare, all'esito -sfavorevole per il condominiodella causa di opposizione a decreto ingiuntivo avente, quale oggetto, il pagamento delle somme dovute dai condomini asseritamente morosi: questo per l'assorbente ragione che l'articolo 1131 cc. 3 e 4 c.c. prevede l'obbligo di informazione, riguardo alle controversie che vedano come parte il condominio, solo in relazione alle citazioni o ai provvedimenti esorbitanti dalle sue attribuzioni, la quale situazione non ricorre, con tutta evidenza, in riferimento alla suindicata opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento degli oneri condominiali”. Nella presente fase di reclamo, peraltro, i sigg.ri Parte_4 hanno lievemente mutato il focus della propria contestazione, spostandolo dal profilo concernente gli obblighi informativi asseritamente gravanti sull'amministratore a quello della sussistenza di una condotta “lesiva, funditus, di ogni rapporto di fiducia e in grado privare di ogni affidabilità professionale l'organo gestore del fabbricato”. Ora, a prescindere dal fatto che anche il Giudice di Pace di Pisa, nel rendere la sentenza in questione, ha indicato (in sede di regolazione delle spese) che “La non univoca dottrina e giurisprudenza in ordine all'assolvimento della condizione di procedibilità nella mediazione e la presenza di pochi precedenti giurisprudenziali, giustificano l'integrale compensazione” delle spese di lite, va ribadito in questo contesto come l'episodio in questione non possa in alcun modo integrare le ricadute postulate dai reclamanti in tema di annichilimento del rapporto fiduciario tra assemblea ed amministratore e, tanto meno, configurarsi come un'irregolarità di tale gravità da consentire la revoca dell'amministratore ex articolo 1129 c.c. 4.4 Infine, quanto alle censure mosse dai reclamanti in ordine alla regolazione delle spese operata dal Tribunale di Pisa, si osserva come quest'ultimo abbia espressamente indicato “...che al rigetto, per le ragioni sopra illustrate, del ricorso in esame debba conseguire la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente procedimento, come appresso liquidate tenendo conto del valore della controversia (indeterminabile e di bassa complessità) e dei parametri medi di cui alle vigenti tariffe forensi”, così liquidandole “in € 2.236,00 per competenze, oltre spese generali 15% nonché IVA e CPA come per legge”. 4.4.1 I reclamanti hanno dedotto, sul punto (unicamente) che “Tale importo risulta eccessivo se parametrato all'attività svolta, che si è esaurita, sostanzialmente, con gli atti introduttivi del giudizio, pertanto l'entità della condanna si appalesa sperequata”. Tale contestazione, a prescindere dalla genericità con cui risulta sollevata, non è fondata. A) In conformità alla vigente tabella di liquidazione per i compensi professionali forensi, la determinazione del carico delle spese di lite in una causa di volontaria giurisdizione di valore indeterminabile c.d. “basso” (come deve ritenersi nel caso di specie, trattandosi di indicazione espressamente fornita dal giudice di prime cure e non oggetto di contestazione nella presente sede), risulta allocarsi quali valori medi in complessivi esattamente in € 2.236,00. B) Nel caso di specie, in considerazione della quantità delle questioni coinvolte e del fatto che la misura dell'importo medio risulta indicata nella tabella in questione mediante indicazione di un importo complessivamente riferito alla causa svolta (senza valorizzazione delle varie fasi in cui si è articolata), la decisione del Tribunale di non procedere ad una riduzione dell'importo medio predetto appare del tutto condivisibile e non è in alcun modo intaccata dal rilievo dei reclamanti per cui la causa si sarebbe, sostanzialmente, articolata solo negli atti introduttivi del giudizio. 5) Il reclamo deve quindi essere integralmente respinto ed i sigg.ri Parte_4 sono tenuti in solido, in base al principio della soccombenza, a rimborsare alla controparte anche le spese del grado (Cass. sez. un. civ. 29.10.2004 n. 20957; Cass. sez. 6A civ. ord. 13.11.2020 n. 25682), che, in difetto di nota, si liquidano ex D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 147/2022, § 7, parametri medi, valore di causa indeterminabile basso, ossia in € 2.336,00, oltre accessori di legge. Sussistono infine le condizioni per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater d.P.R. 115/02. P.Q.M. La Corte d'Appello di Firenze, sezione terza civile, visti gli articolo 64 disp. att. c.c. e 739 c.p.c., rigetta il reclamo proposto da Parte_1 e Parte_2 contro [...] Controparte_3 avverso il decreto del Tribunale di Pisa n. 1402/2025 reso nella procedura n. RG 143/2024, che integralmente conferma; condanna Parte_1 e Parte_2 , in solido tra loro, a rimborsare a Controparte_3, Persona_1 le spese processuali della presente fase di reclamo, che liquida in complessivi € 2.336,00 per compensi professionali di avvocato, oltre al 15% per rimborso forfettario di spese generali, nonché c.a.p. e i.v.a. secondo legge; dà atto che ricorrono nei confronti di Parte_1 e Parte_2 le condizioni per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater d.P.R. 115/02.