La decisione della Suprema Corte affronta il caso della liquidazione delle varie componenti del danno alla persona nelle lesioni lievi o micropermenenti, differenziandola dalla ipotesi di lesioni gravi, sulla scorta della disciplina normativa di cui all’articolo 138 e 139 del codice delle assicurazioni.
La causa riguarda il risarcimento da responsabilità medica per danno patrimoniale e non patrimoniale, causato dalla condotta imperita e negligente dei medici operanti nella struttura sanitaria. A seguito a sinistro stradale, il danneggiato era stato ricoverato e sottoposto ad intervento di riduzione delle fratture scomposte di femore, tibia e perone dell'arto inferiore sinistro con impianto di chiodo endomidollare ad espansione. Successivamente, si procedeva ad intervento di rimozione dei mezzi di sintesi, all'esito del quale il chiodo impiantato nella tibia veniva deliberatamente lasciato in sede. Parte attrice evidenziava come avesse cominciato ad accusare forti dolori all'arto inferiore sinistro e fosse stato costretto a sottoporsi a continui cicli di terapie antidolorifiche, rilevatesi inefficaci, con diagnosi «infezione e reazione infiammatoria da protesi articolare interna e stafilococco capitis». Il Tribunale sulla scorta di CTU liquidava: a titolo di danno non patrimoniale nella misura del 5-6%, nella sua veste biologica permanente, comprensivo di personalizzazione pari al 25%, complessivi € 12.176,87 sulla base delle tabelle milanesi; a titolo di inabilità temporanea assoluta, inabilità temporanea parziale e a titolo di inabilità parziale al 25%, complessivi 6.960,00; 3) a titolo di danno non patrimoniale, nella sua veste di danno morale, € 2.000,00. Non riconosceva invece alcuna voce di danno per la perdita della capacità lavorativa specifica, intesa come parte del danno patrimoniale nella sua veste di lucro cessante. La Corte d'Appello riduceva la percentuale di personalizzazione del danno pari al 20%, anziché quella del 25% applicata dal primo Giudice in applicazione delle Tabelle di Milano, in conseguenza della diretta applicabilità al caso concreto dell'articolo 139, comma 3, CdA. Inoltre, rideterminava in € 12.810,82 il danno biologico e patrimoniale complessivo, riducendo l'importo stimato per il danno morale. La questione, dunque, riguarda la liquidazione delle varie componenti del danno alla persona nelle lesioni lievi. Nella disciplina del codice delle assicurazioni occorre distinguere tra lesioni micro e macro permanenti. In applicazione delle tabelle di cui al codice delle assicurazioni per le lesioni micro-permanenti, il danno biologico può essere riconosciuto nella sua massima personalizzazione (20%) prevista ex lege (articolo 139 co. 2 cod. ass.). In via generale, poi, si esclude che la liquidazione del danno si possa ulteriormente scomporre con il riconoscimento autonomo del danno esistenziale (Cass. n. 703/2021). Detto diversamente, la massima personalizzazione del danno è in grado di coprire l'intero danno alla persona, in base al principio per cui la liquidazione del danno alla persona deve essere complessiva, in maniera tale da coprire l'intero pregiudizio a prescindere dal nomen iuris. Questo principio si riferisce alle lesioni che fuoriescono dal campo di operatività delle cd. micro-permanenti , poiché, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da lesione della salute (anche secondo le cd Tabelle di Milano), ove si accerti la sussistenza tanto del danno dinamico-relazionale (cd. biologico) quanto del danno morale, il quantum risarcitorio deve essere determinato applicando integralmente i valori tabellari (che contemplano entrambe le voci di danno), mentre, ove si accerti l'insussistenza del danno morale, il valore del punto deve essere depurato dall'aumento percentuale previsto per tale voce, salvo procedere all'aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico (con esclusione, dunque, della componente morale), qualora sussistano i presupposti per la personalizzazione di tale tipologia di pregiudizio (cfr. Cass. n. 5119/2023; Cass. n. 15733/2022; Cass. n. 4878/2019Cass. n. 7513/2018). Al contrario, nel riconoscimento di danni biologici di lieve entità deve corrispondere un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo in caso contrario ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale (Cass. n. 5547/2024). La Suprema Corte chiarisce che il principio dell'autonoma riconoscibilità del danno morale, ravvisabile “anche” nelle lesioni micro-permanenti regolate dal codice delle assicurazioni, diversamente da quanto avviene per le lesioni più rilevanti, normalmente non abbia alcuna ragion d'essere quand'anche sia stata già operata, in aumento, la massima personalizzazione del danno biologico permanente, e ciò per evitare che si attui una doppia valutazione di una componente del micro-danno (la personalizzazione) che già idealmente racchiude in sé tutti i risvolti aggiuntivi di compromissione morale ed esistenziale che, in alcuni casi, si possono verificare anche con riguardo alle micro-lesioni, come nel caso di specie riconosciuto nella misura massima dai giudici di merito. Nel campo delle lesioni micro-permanenti, il bilanciamento dei valori da considerare nel risarcire il danno complessivo è già stato operato dal legislatore nell'ammettere una personalizzazione del danno nella misura massima del 20% e, pertanto, una ulteriore automatica considerazione di un differente fattore di incremento del danno non patrimoniale da risarcire non sarebbe coerente con un sistema tutto incentrato sul concetto: di unitarietà del danno; di onnicomprensività. Diversamente, nel settore delle macro-permanenti, la giurisprudenza considera autonomamente liquidabile la componente attinente alla sofferenza interiore, ove provata, non ammettendo che esso possa presumersi assorbito anche da una un'operazione di personalizzazione in aumento del medesimo (cfr. da ultimo anche Cass. n. 7892/2024; Cass. n. 6444/2023; Cass. n. 4878/2019). Tuttavia, nelle micro-permenenti la possibilità di invocare il valore rappresentativo della lesione psico-fisica alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare l'eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale, secondo la Cassazione è tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l'entità dell'invalidità riscontrata. Questo in forza della ragionevole e intuibile idoneità di fatti lesivi di significativa ed elevata gravità a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale, rispetto alla corrispettiva idoneità delle conseguenze limitate a un danno biologico di moderata entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità (e sempre salva la prova contraria), tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del danno morale. La Suprema Corte ha espresso il seguente principio: «al riconoscimento di danni biologici di lieve entità corrisponde un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi presumibilmente assorbito, nel riscontrato danno biologico di lieve entità, il danno morale laddove sia stata già riconosciuta una personalizzazione del danno biologico nella misura massima». Dunque, la Cassazione non esclude la personalizzazione del risarcimento, ma nel caso delle micro-permanenti l'onere probatorio si fa decisamente più gravoso, puntuale e rigoroso. Nel caso di specie, però un dubbio residua sulla valenza presuntiva di indici, ove per età e circostanze (tutte da provare, come possibilità di condurre una normale vita sociale e di relazione, piuttosto che le concrete possibilità di recidiva, etc.) bene possono fare valutare una sofferenza interiore che richiede un adeguato ristoro, che stride con quanto accordato.
Presidente Travaglino - Relatore Fiecconi Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.