Diniego allo sfruttamento delle opere musicali: sconfitta la casa discografica

È di significativo interesse l’ordinanza della Corte Suprema qui annotata, la quale affronta una rilevante problematica incentrata sullo sfruttamento delle opere musicali interpretate da uno dei più grandi artisti italiani del Novecento.

Viene riconosciuta, anche in sede di legittimità, la correttezza della condotta degli eredi dell'artista quali titolari dei diritti di edizione musicale che hanno revocato il mandato SIAE e negato l'autorizzazione alla distribuzione on line delle opere ad una celebre casa discografica. I fatti di causa La vicenda dibattuta fra i litiganti può sintetizzarsi nei seguenti termini. Una major discografica agiva nei confronti di due società riconducibili agli eredi di uno dei principali artisti italiani del secolo scorso lamentando di avere sofferto danni per svariati milioni di euro a seguito del divieto di sfruttare, a livello digitale, le registrazioni fonografiche delle opere musicali di sua esclusiva proprietà. In particolare, gli eredi dell'artista avevano revocato il mandato S.I.A.E. negando alla casa discografica lo sfruttamento economico delle registrazioni fonografiche ai canali telematici e digitali. In questa direzione si sarebbe configurata, ad avviso della società attrice, una responsabilità da contatto sociale, per abuso dei diritti spettanti agli eredi e per avere costoro negato, quali amministratori delle società convenute, l'autorizzazione allo sfruttamento delle opere e alla distribuzione via internet delle registrazioni incorporanti tali opere, nonché per avere scoraggiato qualsiasi sincronizzazione delle medesime con qualsiasi opera audiovisiva. Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria della casa discografica evidenziando che il rilevante lasso di tempo intercorso tra la consapevolezza della società attrice in ordine all'invocata illiceità dei comportamenti assunti dalle parti convenute e la richiesta risarcitoria ostava, di per sé, al riconoscimento della sussistenza del necessario nesso causale tra il danno lamentato e i comportamenti imputati alle controparti; ciò sia con riferimento alla distribuzione delle opere on line, sia alla sincronizzazione delle stesse. Seguiva il gravame interposto dalla casa discografica che veniva respinto dalla Corte di Appello di Milano non ravvisando questa alcun comportamento inadempiente o illecito delle appellate. Di qui il ricorso per cassazione definito dalla Prima Sezione Civile. Revoca del mandato S.I.A.E. e titolarità dei diritti di edizione musicale Chiarisce, anzitutto, la Corte Suprema un passaggio motivazionale della sentenza di secondo grado. Viene precisato che la Corte territoriale non ha affermato che il subentro degli eredi dell'artista nei rapporti obbligatori di cui era parte il de cuius aveva determinato una modificazione del contenuto di tali rapporti e, tanto meno, che una siffatta modificazione conseguiva alla revoca del mandato conferito alla S.I.A.E. relativamente all'esercizio dei diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico delle opere dell'artista. Il Giudice di secondo grado ha affermato che, per effetto di tale revoca, la casa discografica attrice avrebbe dovuto chiedere  l'autorizzazione per l'uso delle registrazioni sui canali digitali e telematici alle società appellate quali titolari dei diritti di edizione musicale delle rispettive opere e non più alla S.I.A.E. Onere della prova e mancata ammissione dei mezzi istruttori Aggiunge la Corte di Cassazione che non ha di pregio la deduzione della ricorrente attinente alla violazione del criterio di riparto dell'onere della prova nelle obbligazioni contrattuali, in quanto il creditore che agisca per il risarcimento del danno deve provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza (cfr. Cass, Sez. Un., n. 13533/2001). Ragion per cui, laddove l'attore invochi la responsabilità contrattuale del convenuto per inadempimento degli obblighi di correttezza e buona fede, l'onere della prova sul medesimo gravante investe anche la violazione di tali obblighi, in quanto costituente la fonte del diritto azionato. Viene altresì puntualizzato che, qualora nel ricorso sia denunciata la mancata ammissione di un mezzo istruttorio, è necessario che il ricorrente specifichi gli elementi di giudizio dei quali lamenta la mancata acquisizione, evidenziando non solo il contenuto e le finalità della richiesta istruttoria e le circostanze che formavano oggetto della prova, ma anche quale ne fosse la rilevanza e a qual titolo i soggetti chiamati a rispondere su di esse potessero esserne a conoscenza (cfr. Cass. n. 19985/2017; Cass. n. 17915/2010; Cass. n. 5479/2006). Nella specie, osserva la Prima Sezione che la ricorrente non ha chiarito la rilevanza dei fatti oggetto di tali capitoli e la qualità dei soggetti indicati quali testi. Fermo il fatto che l'accertamento di fatto rimane riservato al giudice di merito e che tale valutazione è insindacabile in cassazione (cfr. Cass. n. 32547/2024; Cass. n. 30721/2024; Cass. n. 190/2020; Cass. n. 16214/2019). Responsabilità da contatto sociale Ciò chiarito, la Corte regolatrice si sofferma sulla responsabilità da contatto sociale. Viene puntualizzato che la stessa, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'osservare una condotta, rechi nocumento a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'articolo 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento (cfr. Cass. n. 19849/2024; Cass. n. 3350/2024; Cass. n. 29711/2020; Cass. n. 11642/2012). Nel caso di specie, avverte la Corte Suprema, la mancata indicazione della specifica previsione normativa che imporrebbe la precisa regola di condotta asseritamente violata rende la censura priva della necessaria specificità. Il ricorso viene dunque rigettato perché inammissibile.

Presidente Di Marzio – Relatore Catallozzi Rilevato che: - la Sony Music Entertainment Italy Spa propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 5 settembre 2023, di reiezione dell'appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale, che aveva respinto le sue domande di condanna: i) della Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl, di Ve.Gr. e di Ba.Lu., questi ultimi quali eredi di Ba.Lu., al risarcimento dei danni da revoca del mandato S.I.A.E. e da mancate sincronizzazioni, quantificato in Euro 4.134.843,00, in ordine alle registrazioni fonografiche delle opere musicali interpretate dall'artista i cui diritti di edizione musicali spettavano alla Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl in liquidazione; ii) della Aquilone Srl, di Ve.Gr. e di Ba.Lu., questi ultimi nella predetta qualità, al risarcimento dei danni da revoca del mandato S.I.A.E. e da mancate sincronizzazioni, quantificato in Euro 1.309.327,88, in ordine alle registrazioni fonografiche delle opere musicali interpretate da Ba.Lu. i cui diritti di edizione musicali spettavano alla Aquilone Srl; iii) di Ve.Gr. e di Ba.Lu., quali amministratori della Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl e della Aquilone Srl, al risarcimento dei danni da comportamento ostativo al pieno sfruttamento economico delle registrazioni fonografiche e da mancati introiti per copia privata, quantificati in Euro 1.518.479,00; il tutto, oltre interessi e maggior danno da svalutazione, con espressa riserva di agire in un diverso e nuovo giudizio per i danni subiti successivamente al 31 marzo 2017; - la Corte di appello ha dato atto che a sostegno delle domande l'attrice aveva allegato che: era esclusiva proprietaria di una serie di registrazioni fonografiche delle opere musicali interpretate da Ba.Lu., realizzate in esecuzione di contratti discografici conclusi tra il 1966 e il 1994 dall'artista con la stessa attrice e con le società a questa riferibili; la Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl in liquidazione e la Aquilone Srl erano titolari dei diritti di edizione musicale delle opere musicali interpretate da Ba.Lu. nelle rispettive registrazioni Opere Acqua Azzurra e Opere Aquilone ; essa attrice aveva commercializzato sino al 31 dicembre 2006 le sue registrazioni sia mediante la vendita dei dischi, sia on line, ottenendo dalla S.I.A.E. la necessaria autorizzazione; in data 1 gennaio 2007, la Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl e la Aquilone Srl, esercitando la facoltà di cui all'articolo 6, comma 9, dello Statuto S.I.A.E, avevano escluso dal mandato S.I.A.E. i diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico delle opere di Ba.Lu., limitatamente ai canali telematici e digitali, e con nota del 19 ottobre 2011 avevano contestato all'attrice l'utilizzo su internet dei rispettivi cataloghi in assenza dei necessari accordi con gli eredi del compositore, Ve.Gr. e Ba.Lu., e le società convenute; le richieste dell'attrice di aver conoscenza delle condizioni a cui questi ultimi sarebbero stati disposti a concedere in licenza ai digitai stores le opere era rimasta senza esito; il divieto all'utilizzazione delle Opere Acqua Azzurra sul web era rimasto fino al 2019, quando, dal mese di luglio, la Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl era tornata ad affidare alla S.I.A.E. il mandato per la distribuzione on line delle opere, mentre era rimasto inalterato il divieto inerente le Opere Aquilone ; - ha aggiunto che sulla base della riferita ricostruzione dei fatti l'attrice aveva chiesto l'accertamento della responsabilità: a) della Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl in liquidazione e della Aquilone Srl, da contatto sociale, per aver abusato dei diritti loro spettanti, negando all'attrice l'autorizzazione allo sfruttamento delle rispettive Opere e alla distribuzione via internet delle Registrazioni incorporanti tali Opere, e per aver scoraggiato qualsiasi sincronizzazione delle Opere medesime con qualsiasi opera audiovisiva; b) di Ve.Gr. e di Ba.Lu., quali successori ex lege nei contratti in forza dei quali erano state realizzate le Registrazioni incorporanti le Opere di Ba.Lu., per inadempimento contrattuale, in relazione alla violazione degli obblighi di collaborazione e cooperazione e di correttezza e buona fede nell'esecuzione dei suddetti contratti, e per aver impedito all'attrice il pieno sfruttamento economico delle Registrazioni; c) di Ve.Gr. e di Ba.Lu., quali amministratori, rispettivamente, della Edizioni Musicali Srl e della Aquilone Srl, per violazione dei doveri di diligenza che incombono sugli amministratori, in relazione al danno consapevolmente cagionato all'attrice mediante il diniego dello sfruttamento delle Registrazioni di sua proprietà; - la Corte territoriale ha riferito che il giudice di prime cure aveva disatteso le domande evidenziando che il rilevante lasso di tempo intercorso tra la consapevolezza dell'attrice in ordine all'affermata illiceità dei comportamenti assunti dai convenuti e la richiesta risarcitoria ostava al riconoscimento della sussistenza del necessario nesso causale tra il danno lamentato e i comportamenti imputati ai convenuti e ciò sia con riferimento alla distribuzione delle opere on line, sia alla sincronizzazione delle stesse; - ha, quindi, disatteso il gravame osservando che le domande attoree dovevano ritenersi infondate prima ancora che per carenza del nesso causale (come affermato dal giudice di primo grado), per insussistenza della condotta inadempiente e/o illecita addebitata dall'attrice alle parti convenute , sottolineando l'assenza di elementi idonei a far ritenere che, a seguito della revoca del mandato alla S.I.A.E, le parti avessero avviato una trattativa propedeutica alla conclusione di un accordo e, quanto al diritto alla sincronizzazione delle Opere, l'assenza di concrete e ufficiali proposte inviate agli aventi diritto; - ha, poi, escluso la sussistenza di particolari tipi di contatto idonei a far sorgere in capo alle società convenute obblighi di comportamento specifici verso l'attrice o una qualche forma di affidamento reciproco; - ha, infine, escluso la sussistenza della responsabilità di Ve.Gr. e di Ba.Lu., quali amministratori, rispettivamente, della Edizioni Musicali Srl e della Aquilone Srl, per insussistenza di una loro condotta illecita diversa e ulteriore rispetto a quella infondatamente addebitata alle società da loro amministrate; - il ricorso è affidato a tre motivi; - resistono con controricorso sia la Aquilone Srl, Ve.Gr. e Ba.Lu., sia la Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl in liquidazione; - le parti depositano memoria ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ.; Considerato che: - con il primo motivo la ricorrente denuncia la Violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 n. 3 c.p.c. - degli articolo 1372, 1453 e 2697 c.c.; nullità della sentenza, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., in relazione all'articolo 132, n. 4, c.p.c. ; - censura, in particolare, la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso qualsiasi inadempimento degli eredi Ba.Lu. in ragione del fatto che la società attrice, una volta venuta a conoscenza della revoca del mandato alla S.I.A.E., avrebbe dovuto negoziare i termini di un accordo con i predetti eredi, e per aver ritenuto che la stessa non aveva dimostrato di aver posto in essere una attività idonea a determinare l'avvio di una trattativa sul punto; - contesta che la Corte territoriale, da un lato, non ha preso in esame il comportamento osservato dagli eredi a seguito della ricezione delle lettere con le quali la società attrice aveva chiesto l'autorizzazione allo sfruttamento via internet delle Registrazioni del repertorio Ba.Lu. e, dall'altro, ha ritenuto che la revoca del mandato alla S.I.A.E. aveva determinato (anche) lo scioglimento del contratto di sfruttamento delle riproduzioni concluso con Ba.Lu.; - lamenta, altresì, che il giudice di appello ha equivocato sull'onere della prova ritenendo che dello stesso fosse gravata la società attrice e, comunque, ha negato l'ammissione della prova testimoniale articolata finalizzata alla dimostrazione dell' atteggiamento di sprezzante rifiuto manifestato dagli eredi e delle diffide e delle intimidazione ricevute da questi ultimi ed espunto dalle fonti di prova le sentenze pronunciate in altro giudizio instaurato da Mo., autore della parte letteraria delle Opere, contro i medesimi convenuti; - il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato; - va premesso che, diversamente da quanto sembra sostenere la ricorrente, la Corte territoriale non ha affermato che il subentro degli eredi di Ba.Lu. nei rapporti obbligatori di cui era parte il de cuius aveva determinato una modificazione del contenuto di tali rapporti e, tanto meno, che una siffatta modificazione conseguiva alla revoca del mandato conferito alla S.I.A.E. relativamente all'esercizio dei diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico delle opere dell'artista, essendosi limitata ad affermare che per effetto di tale revoca la società attrice avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione per l'uso delle registrazioni sui canali digitali e telematici alle società appellate quali titolari dei diritti di edizione musicale delle rispettive opere e non più alla S.I.A.E.; - ciò posto, nella parte in cui critica la sentenza impugnata per aver ritenuto che la società appellante non aveva posto in essere atti idonei a determinare l'avvio di una trattativa finalizzata alla concessione di una siffatta autorizzazione e, conseguentemente, per aver escluso la violazione da parte della società appellate degli obblighi di buona fede e correttezza contrattuale, la doglianza si risolve in una censura alla valutazione delle risultanze probatorie che, attingendo ad accertamenti riservati al giudice di merito, non può essere sindacata in questa sede per violazione o falsa applicazione della legge (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476); - priva di pregio è la deduzione attinente alla violazione del criterio di riparto dell'onere della prova nelle obbligazioni contrattuali, in quanto, come noto, il creditore che agisca per il risarcimento del danno deve provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza (cfr., sul punto, Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533); - nel consegue che laddove l'attore invochi la responsabilità contrattuale del convenuto per inadempimento degli obblighi di correttezza e buona fede, l'onere della prova sul medesimo gravante investe anche la violazione di tali obblighi, in quanto costituente la fonte del diritto azionato; - in relazione alla prospettata violazione dell'articolo 2697 cod. civ., si osserva che allorché, come nel caso in esame, nel ricorso per cassazione sia denunciata la mancata ammissione di un mezzo istruttorio è necessario che il ricorrente specifichi gli elementi di giudizio dei quali lamenta la mancata acquisizione, evidenziando non solo il contenuto e le finalità della richiesta istruttoria e le circostanze che formavano oggetto della prova, ma anche quale ne fosse la rilevanza e a qual titolo i soggetti chiamati a rispondere su di esse potessero esserne a conoscenza (cfr. Cass. 10 agosto 2017, n. 19985; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 14 marzo 2006, n. 5479); - parte ricorrente non ha assolto a un siffatto onere, limitandosi a riprodurre - nella parte riepilogativa della vicenda processuale - i capitoli di prova articolati, senza, tuttavia, chiarire la rilevanza dei fatti oggetto di tali capitoli e la qualità dei soggetti indicati quali testi; - può, altresì, rilevarsi che la Corte di appello ha, nella sostanza, ritenuto la prova orale articolata non fosse rilevante ai fini della decisione e tale valutazione è insindacabile in cassazione per violazione di legge, costituendo un accertamento di fatto riservata al giudice di merito (cfr. Cass. 14 dicembre 2024, n. 32547; Cass. 29 novembre 2024, n. 30721; Cass. 9 gennaio 2020, n. 190; Cass. 17 giugno 2019, n. 16214); - in ordine alla allegata espunzione della sentenza resa nel diverso giudizio intrapreso da Mo., si evidenzia che il giudice di merito ha ritenuto che gli elementi derivanti da tale sentenza non assumessero rilevanza nella causa in esame avuto riguardo alla diversità tra l'oggetto della cosiddetta causa Mo. , ove la posizione dell'attore era quella di co-autore, e l'oggetto della presente causa, ove l'attrice è la società proprietaria dei fonogrammi registrati, ed alla quale sono stati trasferiti contrattualmente dall'interprete ed esecutore i soli diritti di interpretazione ed esecuzione delle opere relativi alle registrazioni di cui è proprietaria ; - anche tale accertamento non è sindacabile in questa sede, rientrando, per le ragioni indicate in precedenza, tra quelli riservati al giudice di merito; - inammissibile è, infine, la doglianza per motivazione apparente, in quanto priva di una specifica illustrazione nel motivo; - con il secondo motivo la ricorrente deduce la Violazione e falsa applicazione - ex articolo 360 n. 3 c.p.c. - degli articolo 1175, 1176, 1375, 2697 c.c.; nullità della sentenza, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., in relazione all'articolo 132, n. 4, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato la sussistenza del dedotto contatto sociale quale fonte della invocata responsabilità contrattuale delle società convenute; - il motivo è inammissibile; - la cosiddetta responsabilità da contatto sociale, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'osservare una condotta, rechi nocumento a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'articolo 1173 cod. civ. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico (cfr. Cass. 18 luglio 2024, n. 19849; Cass. 6 febbraio 2024, n. 3350; Cass. 29 dicembre 2020, n. 29711; Cass. 11 luglio 2012, n. 11642); - nel caso in esame, la mancata indicazione della specifica previsione normativa che imporrebbe la precisa regola di condotta asseritamente violata rende la censura priva della necessaria specificità; - anche in questo caso, poi, la doglianza per motivazione apparente, in quanto priva di una specifica illustrazione nel motivo e, in quanto tale, va considerata inammissibile; - con l'ultimo motivo la ricorrente si duole della Nullità della sentenza, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., in relazione all'articolo 132, n. 4, c.p.c. ; - evidenzia, in proposito, la assenza di comprensibilità della sentenza in relazione al rilievo attribuito al lasso temporale intercorso tra il momento in cui la società attrice aveva avuto consapevolezza del fatto asseritamente illecito e l'instaurazione del giudizio quale elemento che depone in senso contrario alla sussistenza del nesso di causalità; - non sarebbe chiaro, in particolare, se tale circostanza abbia costituito la ratio decidendi espressa con riferimento al terzo motivo di appello ovvero non sia stata presa in esame in quanto ritenuta assorbita; - il motivo è infondato; - in occasione di tale motivo di appello, con cui si contestava la valenza giuridica attribuita dal Tribunale a tale circostanza, la Corte territoriale ha affermato che la doglianza svolta con tale motivo di appello deve ritenersi assorbita dalle considerazioni svolte relativamente ai due precedenti motivi, con le quali è stata ritenuta l'infondatezza della pretesa risarcitoria avanzata in causa dall'appellante SMEI per insussistenza della condotta inadempiente o illecita dalla stessa addebitata alle parti appellate in relazione al danno da essa lamentato in causa ; - siffatta motivazione consente di comprendere agevolmente l'iter argomentativo seguito dal giudice, il quale ha inequivocabilmente ritenuto che il motivo di appello e, conseguentemente, la questione ivi dedotta era da ritenersi assorbita in ragione della sussistenza di diversa ratio decidendi; - per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto; - le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo; P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 25.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.