Compensi professionali e decorrenza degli interessi di mora

Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'articolo 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice.

La Seconda Sezione civile della Cassazione, con la sentenza in commento, si è occupata di un articolato contenzioso tra un avvocato e la sua cliente banca, in relazione al preteso pagamento dei compensi professionali, sia per attività giudiziale, sia per attività stragiudiziale (la decisione impugnata sarà cassata con rinvio). Nello specifico, un avvocato otteneva un decreto ingiuntivo, nei confronti di una banca, per compensi per attività professionale di assistenza giudiziale e stragiudiziale. Attività di recupero crediti svolta, quanto ai compensi, sulla scorta di un accordo tariffario, modificato qualche anno dopo, e rinnovatosi annualmente sino alla risoluzione del contratto (accordo che prevedeva la liquidazione dei compensi medi della tariffa del D.M.55/2014 e dei compensi liquidati dall'autorità giudiziaria, con applicazione dei minimi tariffari in caso di mancato recupero del credito, o di recupero inferiore al 15%). La banca si opponeva, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo ovvero, in subordine, l'applicazione di una ulteriore convenzione, ovvero sulla base delle tariffe del D.M. 55/2014. Il professionista si difendeva eccependo la tardività dell'opposizione e la sussistenza di un giudicato implicito, relativo ad un diverso decreto ingiuntivo, emesso da altra autorità giudiziaria, ed asseritamente fondato sui medesimi presupposti del decreto ingiuntivo opposto. Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo e riduceva il compenso, condannando la banca alla corresponsione degli accessori e degli interessi; interessi decorrenti dalla pronuncia dell'ordinanza, che aveva operato la liquidazione. Aspetto, quello della decorrenza degli interessi, che, come vedremo, la Cassazione non condividerà. Seguirà, appunto, il ricorso per cassazione, con proposizione di impugnazione incidentale. Si tratta di un ricorso particolarmente articolato: il ricorso principale consta di 16 motivi di contestazione; quello incidentale, di 4.  Qui di seguito, qualche spunto. Sulla presunta tardività dell'opposizione a decreto ingiuntivo Secondo il professionista ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di tardività dell'opposizione al decreto ingiuntivo in quanto, afferendo il decreto opposto anche a compensi per attività stragiudiziale non accessoria o complementare alle prestazioni di natura giudiziale civile, la banca avrebbe dovuto proporre opposizione con citazione, anziché con ricorso ex articolo 14 d.lgs. 150/2011, da notificarsi entro quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo opposto, non potendosi fare riferimento alla data del deposito del ricorso (ex articolo 702 bis c.p.c.) in opposizione, ed essendo intervenute la notifica di tale ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza nei suoi confronti quando il termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo era già scaduto. La Cassazione ritiene la censura infondata. La pronuncia impugnata aveva stabilito che il ricorso monitorio fosse finalizzato ad ottenere il pagamento del compenso sia per attività giudiziale, sia per attività stragiudiziale. Inoltre, il professionista aveva fatto riferimento ad una disposizione della convenzione sui compensi che regolava esclusivamente i compensi per prestazioni giudiziali. Per cui, osserva la Cassazione, ben poteva l'opponente confidare nell'applicabilità del rito semplificato di cognizione speciale dell'articolo 14 del d.lgs. 150/2011, sulla base delle stesse deduzioni di controparte e della qualificazione del titolo della pretesa, ed avvalersi quindi del deposito del ricorso entro 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo, anziché dell'atto di citazione notificato nello stesso termine ai fini dell'opposizione. Vi era un giudicato implicito? Secondo l'avvocato ricorrente, Il Tribunale avrebbe violato il giudicato formatosi su un diverso decreto ingiuntivo (non tempestivamente opposto e quindi passato in giudicato, con decisione in rito), con cui altro Tribunale aveva liquidato i compensi, per attività svolta in favore della banca, in relazione ai parametri di cui al D.M. 55/2014, tenuto conto della vigenza inter partes della convenzione tariffaria, poi rinnovata annualmente fino alla revoca. Dalla formazione del giudicato deriverebbe l'inapplicabilità al caso di specie della convenzione tariffaria di qualche anno precedente alla menzionata revoca. I Giudici considerano la contestazione infondata. A tale proposito viene ricordato il principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico. Tale principio trova applicazione anche con riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio. Tuttavia, secondo la Corte - tenuto peraltro in considerazione che quanto allegato dalla banca in occasione del precedente contenzioso non era rilevante essendo l'opposizione tardiva ed essendoci una decisione in rito che dunque non era entrata nel merito delle difese della opponente – l'eccezione non può trovare applicazione anche perché si trattava di incarichi diversi o comunque non sovrapponibili. Gli interessi: da quando decorrono? Sempre secondo il professionista ricorrente, il giudice di merito avrebbe erroneamente condannato l'opponente al pagamento degli interessi moratori a decorrere dalla data di deposito dell'ordinanza, anziché dalla data di costituzione in mora o, quantomeno, dalla data del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo. Secondo i Giudici il motivo di censura è fondato. Infatti, secondo la più recente giurisprudenza, nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'articolo 1224 c.c.., competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui al d. lgs. 150/2011, articolo 14, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore, in quanto il nostro ordinamento non ha recepito il principio romanistico in illiquidis non fit mora. I Giudici aggiungono una ulteriore osservazione. Ancorché non possa trovare applicazione la disposizione del D.M. 238/1992, trattandosi di norma regolamentare non abilitata a modificare la disciplina codicistica dell'articolo 1224 c.c., nel caso in esame, ratione temporis, doveva trovare applicazione l'articolo 1224 comma 4° c.c., che dispone che, in assenza di predeterminazione delle parti, gli interessi dovuti a far data dalla domanda giudiziale siano quelli previsti dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento delle transazioni commerciali (ossia dal d.lgs. 231/2002), manifestando in tal modo il chiaro intento di contrastare, anche con la maggiorazione degli interessi di mora, pratiche dilatorie ovvero ostruzionistiche del debitore, e volendo in ogni caso assicurare che la durata del processo non possa andare a danno del creditore, principio questo già ritenuto applicabile anche ai compensi degli avvocati. In conclusione, considerato che l'ordinanza impugnata, che aveva riconosciuto gli interessi ex d.lgs. 231/2002, ma solo a decorrere dalla liquidazione del compenso con l'ordinanza stessa, aveva di fatto aderito ad un orientamento della giurisprudenza di legittimità ormai superato, la decisione è stata cassata sul punto. Per cui, secondo le indicazioni dei giudici di legittimità, il giudice del rinvio dovrà far decorrere gli interessi ex d.lgs. 231/2002, che erano stati richiesti già in fase monitoria, dalla data della domanda giudiziale, da individuarsi in quella del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

Presidente Manna - Relatore Picaro Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.