Confermata la sanzione adottata nei confronti dell’allenatore. Per i giudici, la cocaina, a prescindere dagli effetti determinati sull’atleta – umano o animale –, deve essere considerata quale sostanza dopante.
A dare il “la” alla querelle giudiziaria sono i controlli effettuati sui cavalli a chiusura di una corsa al trotto disputatasi a maggio del 2016 nell’ippodromo di Milano. Inequivocabile, difatti, il risultato dell’analisi effettuata su uno specifico campione di urina: vengono rinvenuti due metaboliti – benzoilecgonina e ecgonina metilestere – della cocaina. Il referto non specifica la quantità di principio attivo, ma, tuttavia, il riscontro fornito dall’analisi è ritenuto sufficiente per parlare di doping e per sanzionare l’allenatore del cavallo. Nello specifico, l’uomo viene punito con una sospensione di sei mesi e una multa di 3mila euro. Questa visione, condivisa dai giudici del TAR Lazio, viene contestata fortemente in Consiglio di Stato dall’avvocato che difende l’allenatore. Chiara l’obiezione proposta dal legale: «il referto non riporta nemmeno l’analisi semiquantitativa, da cui non si può prescindere per stabilire se le sostanze trovate abbiano avuto effetto dopante». Ma ad essa i magistrati ribattono osservano che «per quanto riguarda la ecgonina metilestere, tuttavia, non Vi è necessità di stabilire il superamento di una concentrazione soglia minima, poiché tale sostanza prova che la cocaina è stata metabolizzata dal cavallo e pertanto non si può parlare nella maniera più assoluta di contaminazione ambientale. Insomma, il rinvenimento di ecgonina metilestere non può che significare che l’animale ha assunto cocaina, determinando la positività del test». Così, dalle risultanze probatorie emerge che «entrambi i laboratori di analisi hanno rilevato nei campioni dell’equino la presenza di ecgonina metilestere, e tale circostanza è già di per sé dirimente nel dimostrare che il cavallo aveva assunto cocaina, indipendentemente dalla concentrazione di principio attivo». Fronte più importante è quello relativo al riconoscimento del doping. Alle obiezioni sollevate dal legale ha già risposto il TAR Lazio, sottolineando che «ai fini della normativa di settore non è richiesto l’accertamento dell’effettivo incremento delle prestazioni agonistiche dell’equino quanto piuttosto il superamento delle soglie individuate in ordine alle sostanze dopanti». Questa osservazione è condivisa e fatta propria dai magistrati del Consiglio di Stato, in quanto «il sistema di controllo antidoping si basa non sull’effettivo incremento della prestazione sportiva per effetto della sostanza dopante, ma sull’accertamento della mera presenza della sostanza o sul superamento di soglie limite individuate per alcune sostanze». Su questo punto, in particolare, il quadro normativo di riferimento è chiaro, stabilendo che «costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Pertanto, ai fini dell’accertamento del doping mediante somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, è sufficiente l’accertamento della presenza delle sostanze, le quali si presumono avere effetto dopante, indipendentemente dal riscontro di effettive alterazioni delle prestazioni agonistiche. E anche per quanto riguarda il doping attuato mediante pratiche mediche è sufficiente il riscontro della mera potenzialità ad alterare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, non essendo invece richiesto anche l’effettivo riscontro di simili condizioni: l’unica differenza tra le due modalità di doping è che nella seconda si richiede anche il dolo specifico, integrato dalla finalità di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, o degli animali». Secondo i giudici, poi, «in materia di tutela sanitaria delle attività sportive, la natura dopante delle sostanze può essere desunta anche da una serie di elementi di tipo oggettivo, indipendentemente dalla acquisizione delle tabelle ministeriali recanti la classificazione dei farmaci e delle pratiche vietate, aventi carattere meramente ricognitivo e non tassativo». E, poi, con riferimento alle competizioni equine, secondo il “Regolamento per il controllo delle sostanze proibite”, approvato dall’UNIRE, «è proibita la presenza nell’organismo di un cavallo, nel giorno della corsa, della prova di qualifica o riqualifica in cui è dichiarato partente, di una qualsiasi quantità di una sostanza, di un suo isomero, di un suo metabolita appartenente ad una delle categorie comprese nella lista delle sostanze proibite, nonché la presenza di un indicatore scientifico che evidenzi l’avvenuta somministrazione di una sostanza proibita, il contatto con quella sostanza o l’esposizione alla stessa sostanza». Tornando ai dettagli della vicenda oggetto del processo, viene in considerazione la somministrazione di cocaina, sostanza che l’”Agenzia Mondiale Antidoping” ha incluso, già dal 2016, nella lista delle sostanze proibite, classificandola tra le sostanze stimolanti: «alla luce di tale considerazione non par dubbio che la cocaina, a prescindere dagli effetti determinati sull’atleta – umano o animale –, debba essere considerata quale sostanza dopante».
Presidente De Felice Relatore Ravasio Fatto 1. L'appellante è allenatore del cavallo Ur. Je. che in data 22 maggio 2016, inseguito ai controlli effettuati in occasione di una corsa al trotto disputatasi presso l'ippodromo di Milano. veniva trovato positivo alle sostanze benzoilecgonina e ecgonina metilestere, metaboliti della cocaina: il referto, tuttavia, non precisava la quantità di principio attivo rinvenuto. 2. A seguito di contestazione di tali esiti, veniva effettuate le controanalisi presso il Laboraitore de Co. Hi. di Ve. le Bu., in Francia, selezionato dall'appellante tra una rosa di strutture individuate dal Ministero dell'Agricoltura: tale controllo confermava la presenza dei predetti metaboliti nel campione di urina prelevato il 22 maggio 2016; anche in questo caso il referto non specificava la quantità di principio attivo rinvenuto, ma precisavache i dati riportati nel referto satisfont les critères d'identification définis perl'AORC . 3. Di talché l'appellante veniva sanzionato dalla Commissione di Disciplina del Mipaaf settore Ippica (confermata in appello) con la sospensione di sei mesi in ogni qualifica ippica e con la multa di Euro 3.000,00. 4. Avverso tale provvedimento il sig. Eh. proponeva ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il LAZIO. 5. Ivi censurava il provvedimento sanzionatorio sotto il profilo della metodologia applicata per l'analisi dei campioni, in quanto a suo dire basate su un criterio per la misurazione delle sostanze dopanti di tipo qualitativo e non quantitativo, incapace di comprovare il superamento della soglia-limite di 20nanogrammi per millilitro ng/ml.; inoltre, i risultati ottenuti dal laboratorio non avrebbero accertato l'effettivo incremento delle prestazioni agonistiche dell'equino derivante dalla rilevata presenza delle sostanze dopanti. Sotto diverso profilo il sig. Eh. censurava il provvedimento in quanto il laboratorio selezionato non sarebbe accreditato alla ricerca del Salbutamolo. Da ultimo, con il ricorso di primo grado l'appellante contestava le modalità di comunicazione dell'avvio del procedimento disciplinare, in quanto eseguite a mezzo di posta elettronica ordinaria (e-mail), e non via PEC, modalità che a detta dell'appellante gli avrebbero precluso l'esercizio del diritto di difesa. 6. Il Tar Veneto con sentenza n. 11776 del 9 settembre 2022 respingeva il ricorso. 6.1. Secondo il Giudice di primo grado gli esami condotti presso il Laboraitore de Co. Hi. di Ve. le Bu. aveva non confutabilmente attestato il superamento della soglia limite di 20microgrammi per millilitro, confermando la positività rilevata nelle prime analisi effettuate dalla struttura tecnica ministeriale (Unirelab), attraverso un processo c.d. analisi semi quantitativa che, con particolare riguardo alle specifiche sostanze rilevate (benzoilecgonina ed ecgonina metilestere), sarebbe coerente sia con la cornice regolamentare nazionale che con i superiori standard internazionali. La verifica dell'effettivo incremento delle prestazioni agonistiche dell'equino derivante dalle sostanze dopanti veniva considerata dal TAR irrilevante ai fini del quadro regolatorio di riferimento. Quanto all'asserita mancanza di accreditamento della struttura, il Giudice di primo grado riteneva che il laboratorio francese, selezionato dal ricorrente, fosse un laboratorio accreditato AORC e dunque rispettoso degli standard internazionali per la rilevazione delle sostanze proibite. Da ultimo, il Tar Lazio sottolineava che l'utilizzo della casella di posta elettronica per la comunicazione di avvio del procedimento fosse espressamente previsto dall'articolo 3 del Regolamento delle Corse al Trotto vigente ratione temporis. 7. Avverso la predetta sentenza, il sig. Eh. ha interposto il presente appello. 8. Si è costituito in giudizio il Ministero Delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali insistendo per la reiezione del gravame. 9. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell'udienza pubblica del 14/01/2025, a seguito della quale è stata trattenuta in decisione. Diritto 10. Con il primo motivo d'appello si impugna il capo della sentenza di primo grado che ha respinto il primo ed il secondo dei motivi di ricorso. 10.1. Il Tar, richiamando il proprio precedente di cui alla sentenza n9257dell'8 agosto 2017, ha ritenuto essere stato accertato il superamento della soglia-limite consentita dalla normativa di settore in ordine al benzoilecgonina ed ecgonina metilestere, tanto con le analisi effettuate nel laboratorio Un., quanto nel Laboraitore de Co. Hi. di Ve. le Bu. Francia. Ciò premesso e considerato che il ricorrente si era limitato a contestare la metodica c.d. semi quantitativa seguita dai laboratori, senza contestare in sé l'esito, il TAR ha respinto i primi due motivi di ricorso, diretti invece a contestare solo l'utilizzo di tale metodica, ma non il risultato in sé. 10.2. L'appellante contesta la statuizione impugnata sostenendo che il referto di analisi non riporterebbe nemmeno l'analisi semiquantitativa, dalla quale non si potrebbe prescindere per stabilire se le sostanze trovate abbiano avuto effetto dopante. 10.3. Il motivo è infondato. 10.3.1. Si deve premettere che le analisi finalizzate al rilievo di sostanze in fluidi biologici possono essere effettuate seguendo il metodo c.d. quantitativo, che si limita ad accertare la presenza o l'assenza della sostanza, oppure seguendo il metodo quantitativo, che invece consente di determinare anche l'esatto quantitativo della sostanza oggetto di ricerca. 10.3.2. Il Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite approcato dall'UNIRE, stabilisce che di regola debba essere utilizzato il metodo qualitativo; tuttavia per alcune sostanze, indicate nel relativo Allegato 2, è richiesto l'accertamento di una determinata quantità minima, trattandosi di sostanze endogene o di contaminanti di foraggi o mangimi, la cui presenza nei liquidi biologici può essere incolpevole e, in determinate quantità, non aver alcun effetto dopante. 10.3.3. Nella relazione depositata dal Ministero nel primo grado di giudizio si riferisce, peraltro, che con riferimento a talune sostanze terapeutiche, spesso utilizzate sugli animali, sono stati stabiliti a livello internazionale i limiti di concentrazione il cui non superamento non incide sulle prestazioni dell'animale, e quindi determina una dichiarazione di negatività del campione pur in presenza del principio attivo: in questo caso viene utilizzato il c.d. metodo semiquantitativo, il quale non permette di conoscere l'esatta concentrazione del principio attivo ma permette di stabilire il superamento o meno dell'ISL stabilito. Si tratta di una metodica che, di fatto, è stata estesa anche alla ricerca di alcune sostanze non terapeutiche, quando la loro presenza in fluidi biologici sia ascrivibile a contaminazione ambientale: tale è il caso della benzoilecgonina, per la quale la soglia di concentrazione oltre la quale si ritiene, convenzionalmente, certo l'effetto dopante in un cavallo, è di 20nanogrammi/ml. 10.3.4. Per quanto riguarda la ecgonina metilestere, tuttavia, non v'è necessità di stabilire il superamento di una concentrazione soglia minima, poiché tale sostanza sempre secondo quanto si legge nella citata relazione dell'Amministrazione prodotta in primo grado prova che la cocaina è stata metabolizzata dal cavallo e pertanto non si può parlare nella maniera più assoluta di contaminazione ambientale . Il rinvenimento di ecgoninametilestere, insomma, non può che significare che l'animale ha assunto cocaina, determinando la positività del test. 10.3.5.Dalle risultanze probatorie in atti emerge che entrambi i laboratori di analisi hanno rilevato nei campioni dell'equino la presenza di EME, e tale circostanza era già di per sé dirimente nel dimostrare che il cavallo aveva assunto cocaina, indipendentemente dalla concentrazione di principio attivo. 10.4. Il primo motivo d'appello va, quindi, respinto, perché la positività del campione era già dimostrata dal riscontro di presenza di EME, senza che fosse necessario indicare nel referto la concentrazione. 11. Con il secondo motivo l'appellante impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto la seconda parte del secondo motivo di ricorso travisandone il contenuto. 11.1. Il Tar in ordine a tale censura aveva sottolineato che ai fini della normativa di settore non è richiesto l'accertamento dell'effettivo incremento delle prestazioni agonistiche dell'equino quanto piuttosto il superamento delle soglie individuate in ordine alle sostanze dopanti. 11.2. L'appellante, di contro, sottolinea come il contenuto della censura attenesse al mancato rispetto da parte della Commissione di disciplina della normativa sulla privacy e della subita diffamazione perpetrata attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale del Dicastero delle decisioni disciplinari impugnate. 11.3. Il Collegio sul punto ritiene che il motivo sia inammissibile in quanto introduce una censura nuova. Difatti, ai sensi dell'art, 104 c.p.a. nell'ambito di un giudizio amministrativo d'appello non possono essere introdotte nuove domande processuali, qualora costituiscano una nuova domanda caratterizzate da un nuovo o mutato petitum oppure da una nuova o mutata causa petendi che determinino una nuova o mutata richiesta giudiziale ovvero nuovi o mutati fatti costitutivi della pretesa azionata. (Cfr. ex plurimis Cons. St. Sez. IV,n.10416, del 27/12/2024). 11.4. In ogni caso l'originaria censura risulta infondata in quanto, come già evidenziato, il sistema di controllo antidoping si basa non sull'effettivo incremento della prestazione sportiva per effetto della sostanza dopante, ma sull'accertamento della mera presenza della sostanza o sul superamento di soglie limite individuate per alcune sostanze. 11.5. Il quadro normativo di riferimento è chiaro sul punto. In particolare ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della L. n. 376/2000 Costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. . Pertanto ai fini dell'accertamento del doping mediante somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive è sufficiente l'accertamento della presenza delle sostanze, le quali si presumono avere effetto dopante, indipendentemente dal riscontro di effettive alterazioni delle prestazioni agonistiche. Anche per quanto riguarda il doping attuato mediante pratiche mediche è sufficiente il riscontro della mera potenzialità ad alterare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, non essendo invece richiesto anche l'effettivo riscontro di simili condizioni: l'unica differenza tra le due modalità di doping è che nella seconda si richiede anche ildolo specifico, integrato dalla finalità di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, o degli animali. 11.5.1. E' stato comunque chiarito dalla Corte di Cassazione che, in materia di tutela sanitaria delle attività sportive, la natura dopante delle sostanze, presupposto per l'integrazione dei reati previsti dall'articolo 9 della legge n.376/2000, può essere desunta anche da una serie di elementi di tipo oggettivo, indipendentemente dalla acquisizione delle tabelle ministeriali recanti la classificazione dei farmaci e delle pratiche vietate, aventi carattere meramente ricognitivo e non tassativo: si veda, sul punto, Cass. Pen. Sez. III, Sentenza n.36700 del 27/3/2014, resa con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'affermazione di penale responsabilità per il reato di commercio di sostanze dopanti a fronte di un'attività avente ad oggetto sostanze notoriamente adoperate per le loro proprietà anabolizzanti ed altresì tenuto conto delle precise indicazioni fornite dai Carabinieri che aveva noproceduto al sequestro delle sostanze e del parziale riconoscimento della loro natura da parte degli assuntori; si veda altresì, in merito alla natura del decreto ministeriale previsto dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 376/2000, Cass. Pen.Sez. un., Sentenza n. 3087 del 29/11/2005). 11.5.2. In riferimento alle competizioni equine, ai sensi dell'articolo 2 del Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite approvato dall'UNIRE è proibita, la presenza nell'organismo di un cavallo, nel giorno della corsa, della prova di qualifica o riqualifica in cui è dichiarato partente, di una qualsiasi quantità di una sostanza, di un suo isomero, di un suo metabolita appartenente ad una delle categorie comprese nella lista delle sostanze proibite di cui all'allegato 1) del presente Regolamento, nonché la presenza di un indicatore scientifico che evidenzi l'avvenuta somministrazione di una sostanza proibita, il contatto o l'esposizione alla stessa. È, altresì, proibita la presenza, nel giorno in cui è effettuato il controllo, nell'organismo di un cavallo dichiarato partente, o risultante in allenamento, di uno qualsiasi degli elementi di cui al precedente comma se non sia giustificata da prescrizione veterinaria, riportante la data, il nome del cavallo, il suo numero di microchip e di passaporto, il tipo e la quantità di medicinale somministrato, la sua posologia, la data d'inizio e fine del trattamento, la diagnosi, la prognosi e il tempo di sospensione del soggetto dall'attività agonistica. . 11.5.2. Nel caso di specie viene in considerazione la somministrazione di cocaina, sostanza che l'Agenzia Mondiale Antidoping aveva incluso, già nel2016, nella lista delle sostanze proibite, classificandola tra le sostanze stimolanti: alla luce di tale considerazione non par dubbio che la cocaina, a prescindere dagli effetti determinati sull'atleta umano o animale debba essere considerata quale sostanza dopante , sia ai fini della L. n. 376/2000,sia ai fini del Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite approvato dall'UNIRE, che nell'allegato 1 indica, tra le sostanze proibite, le sostanze che agiscono sul sistema nervoso , tra le quali si può certamente ascrivere la cocaina. 11.6. La censura è quindi infondata: il fatto che la Commissione, nella fase pregiudiziale, e il TAR in primo grado, abbiano definito la cocaina quale sostanza dopante non può ritenersi scorretto. Quanto ai profili diffamatori, prospettati dall'appellante, essi non possono essere di per sé causa di illegittimità del provvedimento impugnato, potendo, semmai, generare una responsabilità risarcitoria devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, non essendo connessa alla illegittimità di un atto amministrativo. 12. Con il terzo motivo d'appello si evidenzia l'erroneità della sentenza e del provvedimento della Commissione disciplinare nella parte in cui definiscono le sostanze rinvenute come dopanti . 12.1. Sul punto l'appellante ritiene che la mera presenza di tali sostanze non valga a configurare un'ipotesi doping, in quanto la ratio stessa dell'articolo 2 del Regolamento delle Corse al Trotto non sarebbe quella di sanzionare il doping, bensì vietare in assoluto la presenza anche di cocaina e suoi metaboliti oltre i20 ng/ml, a prescindere dagli effetti dopanti di tale concentrazione. 12.2. Anche tale censura è infondata alla luce delle considerazioni svolte ai paragrafi che precedono, qui da intendersi richiamati. 13. Il quarto motivo d'appello, ripropone la domanda risarcitoria. 13.1. Questa va respinta: l'infondatezza della domanda di annullamento della sanzione impugnata preclude la risarcibilità delle conseguenze subite dall'appellante in conseguenza della sanzione medesima. 13.2. La responsabilità civile della pubblica amministrazione deve ricondursi al paradigma della responsabilità aquiliana, che richiede, tra gli elementi costitutivi, l'ingiustizia del danno. 13.3. La legittimità della sanzione, confermata nella presente sede giudiziaria, preclude dunque in radice l'insorgenza, a favore dell'appellante, del diritto ad essere risarcito o indennizzato per le conseguenze lesive subite a causa della sanzione medesima. 14. In conclusione, l'appello deve essere respinto. 15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.