Gli interessi coinvolti nel processo penale pongono in un rapporto di incompatibilità l’autodifesa esclusiva e l’obbligatorietà della difesa tecnica.
La sentenza in commento trae origine dal ricorso presentato personalmente da un'indagata, in qualità di avvocato cassazionista, avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di conferma dell'ordinanza con la quale il GIP le aveva applicato la misura cautelare del divieto di avvicinamento alle persone offese. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché proposto dall'indagata, in qualità di avvocato, al fine di difendere la sua stessa posizione processuale. Il Collegio, richiamando una giurisprudenza costante, ribadisce l'inammissibilità dell'autodifesa tecnica anche nel caso in cui il ricorrente sia un avvocato regolarmente iscritto nell'albo professionale speciale, in quanto nel processo penale la difesa personale deve essere affiancata dalla difesa tecnica. I giudici infatti, distinguono nettamente l'autodifesa, a cui è correlata la partecipazione dell'imputato nel processo attraverso l'esercizio dei poteri processuali necessari a influire sul convincimento del giudice, dalla difesa tecnica, contemplata dall'articolo 24, comma 2 della Costituzione, alla quale si accompagna la diversa prospettiva del corretto svolgimento del processo e del funzionamento della giustizia. Nel processo penale, ricorda la Suprema Corte, non vi è una previsione analoga a quella dell'articolo 86 c.p.c., in quanto la diversa natura degli interessi coinvolti nel processo penale pone in un rapporto di incompatibilità l'autodifesa esclusiva e l'obbligatorietà della difesa tecnica sicché, «nel caso di imputato-avvocato, alla specifica preparazione tecnica, di cui pure il soggetto è portatore, non si accompagna il necessario distacco utile a garantire effettività alla difesa e al contrasto all'accusa».
Presidente Guardiano - Relatore Carusillo Ritenuto in fatto 1. M.A., indagata del delitto di atti persecutori ai danni dell'ex coniuge e della figlia minore, con atto a sua firma, nella qualità di avvocato cassazionista, ricorre per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di Roma che ha confermato l'ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari di Frosinone aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare del divieto di avvicinamento alle persone offese. 2. La ricorrente articola sette motivi. 2.1 Con il primo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per violazione del diritto di difesa in relazione all'articolo 157, comma 2, cod. proc. pen., lamenta che la notifica della data di udienza presso il tribunale del riesame era stata inoltrata al difensore d'ufficio e non invece alla sua p.e.c. personale, regolarmente indicata al momento dell'elezione di domicilio. 2.2. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per inosservanza di norme processuali in relazione all'articolo 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., lamenta che il tribunale del riesame ha omesso di valutare, in quanto non trasmessi, gli atti a sua firma depositati nel corso dell'interrogatorio reso dinanzi al giudice per le indagini preliminari. Di qui, l'inefficacia della misura. 2.3 Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per inosservanza di norme processuali in relazione all'articolo 97, commi 1 e 4, cod. proc. pen., lamenta l'omessa partecipazione del difensore d'ufficio all'udienza innanzi al tribunale del riesame. 2.4 Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., lamenta l'insussistenza degli elementi costitutivi del delitto di atti persecutori, stante il numero risibile degli episodi contestati, dovuti esclusivamente alla sua preoccupazione per lo stato di salute della figlia, per la quale era previsto l'affido condiviso e non esclusivo del padre, come erroneamente ritenuto dal giudice del riesame. 2.5 Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. per violazione di legge in relazione agli articolo 30,31 e 32 Cost., lamenta la mancata applicazione dell'esimente di cui all'articolo 51 cod. pen., anche nella forma putativa. 2.6 Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., lamenta l'omessa motivazione dell'ordinanza in merito alla gravità indiziaria e alle esigenze cautelari. 2.7 Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., lamenta l'omessa qualificazione della vicenda nel delitto di cui all'articolo 388 cod. pen., in relazione al quale nessuna misura cautelare è applicabile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto da M.A., nella qualità di avvocato cassazionista, a difesa della sua posizione di indagata. 2. Per giurisprudenza costante, nel giudizio di legittimità, in difetto di espressa previsione di legge che la legittimi, è inammissibile l'autodifesa tecnica anche nel caso in cui il ricorrente sia un avvocato regolarmente iscritto nell'albo professionale speciale, in quanto nel processo penale la difesa personale deve essere affiancata necessariamente dalla difesa tecnica terza (Sez. 1, n. 5022 del 22/11/2022, dep. 2023, C., Rv. 283947; Sez. 6, n. 46021 del 19/09/2018, Antonucci, Rv. 274281; Sez. 5, n. 49551 del 03/10/2016, Mucci, Rv. 268744; Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072). Alla difesa personale, o autodifesa, è correlata la partecipazione dell'imputato nel processo attraverso l'esercizio dei poteri processuali necessari a influire sul convincimento del giudice, sia ove questi siano riservati esclusivamente al primo, sia ove risultino condivisi nel loro esercizio con il difensore per le distinte previsioni contenute nell'articolo 99, comma 1, prima e seconda parte, cod. proc. pen. e nell'articolo 111, comma 3, Cost. Alla difesa tecnica, contemplata dall'articolo 24, comma 2, Cost., si accompagna la diversa prospettiva del corretto svolgimento del processo e del funzionamento della giustizia, destinata a cogliere della prima la valenza di strumento di garanzia del contraddittorio da realizzarsi nella parità dialettica tra accusa e difesa. 3. Il sistema penale domestico, in cui si assiste a un concorso dell'attività difensiva dell'imputato con quella del difensore tecnico, non urta con il principio di cui all'articolo 6 C.E.D.U. secondo cui ogni imputato ha diritto di difendersi da sé medesimo o mediante l'assistenza di un difensore, in quanto volto, più che a porre all'imputato l'alternativa di scegliere tra autodifesa o difesa tecnica, ad assicurare allo stesso un sistema minimo di garanzie diretto a salvaguardare il diritto all'autodifesa in quegli ordinamenti degli Stati aderenti in cui potrebbe non esservi il diritto alla difesa tecnica (Sez. 1, n. 7786 del 29/01/2008, Stara, Rv. 239237). 4. Inoltre, la mancata previsione nel nostro ordinamento di una norma di carattere generale che stabilisca la difesa tecnica personale della parte nel processo penale e nei procedimenti incidentali che accedono allo stesso, non contrasta con la previsione di cui all'articolo 13, comma 1, legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante la «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense», là dove è stabilito che «l'avvocato può esercitare l'incarico professionale anche a proprio favore», in quanto la norma deve essere coordinata con le prescrizioni specifiche di ogni ramo dell'ordinamento e le correlate previsioni procedurali (Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072). Il citato articolo 13, invero, vale a ribadire quanto espressamente disciplinato per il processo civile dall'articolo 86 cod. proc. civ., ove è stabilito che «la parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore», ma non, per converso, a introdurre nel processo penale un'analoga previsione, in quanto la diversa natura degli interessi coinvolti nel processo penale pone in un rapporto di incompatibilità l'autodifesa esclusiva e l'obbligatorietà della difesa tecnica, sicché, nel caso di imputato-avvocato, alla specifica preparazione tecnica, di cui pure il soggetto è portatore, non si accompagna il necessario distacco utile a garantire effettività alla difesa e al contrasto all'accusa. 5. Alla preclusione dell'autodifesa esclusiva nel processo penale consegue l'incompatibilità dell'imputato-avvocato a proporre impugnativa e nel giudizio in cassazione, ove il ricorrente sia un avvocato cassazionista, lo svolgimento delle attività difensive, sicché l'obbligo di assicurare il diritto dell'accusato di contribuire con il difensore tecnico alla ricostruzione del fatto ed all'individuazione delle conseguenze giuridiche è destinato a valere solo nel giudizio di merito sull'accusa e non anche in quello di legittimità (Sez. 3, n. 19964 del 29/03/2007, Stara, Rv. 236734). 6. Dalle suesposte considerazioni, assorbito ogni altro motivo, consegue l'inammissibilità del ricorso proposto dall'avvocato M.A. in proprio, nonché la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende. 8. In caso di diffusione del presente provvedimento, andranno omesse ex lege le generalità e gli altri dati identificativi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.