Lavoratore invalido in aspettativa sindacale: riconosciuto il diritto alla maggiorazione contributiva

Il diritto alla maggiorazione contributiva è riconosciuto, qualora sussistano le condizioni di invalidità richieste per legge, anche ai lavoratori che ricoprono incarichi sindacali a livello provinciale o nazionale, per l’intero periodo di aspettativa non retribuita.

Tale riconoscimento garantisce la piena tutela previdenziale anche durante lo svolgimento di funzioni sindacali, assicurando che i lavoratori invalidi non subiscano penalizzazioni nel loro percorso contributivo. Lo ha stabilito la Cassazione con la pronuncia in commento in materia di maggiorazione contributiva, prevista dall'articolo 80, comma 3, l.n. 388/2000, per i lavoratori con invalidità superiore al 74% che usufruiscono di aspettativa sindacale non retribuita ex articolo 31 l.n. 300/1970. Il caso in esame trae origine dal ricorso dell'INPS contro la decisione della Corte d'Appello di Milano, che aveva riconosciuto tale beneficio a favore di un lavoratore invalido in aspettativa sindacale, dal momento che – secondo l'Istituto - la maggiorazione dovrebbe essere concessa solo per periodi di effettivo svolgimento di attività lavorativa, escludendo quindi i periodi di aspettativa coperti da contribuzione figurativa. La Cassazione, chiamata a pronunciarsi, ha, invece chiarito la ratio della normativa è quella di assicurare una tutela rafforzata ai lavoratori gravemente invalidi, anche quando impegnati in attività sindacale, equiparando il periodo di aspettativa sindacale al lavoro effettivo, sia in ragione della particolare funzione sociale dell'attività svolta, sia in considerazione della tutela costituzionale riservata all'attività sindacale e alle condizioni di invalidità. Nello specifico, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso richiamando una consolidata giurisprudenza che considera il periodo di aspettativa sindacale, ai fini previdenziali, come periodo di effettivo lavoro (ad esempio Cass. n. 6430/1998) e le considerazioni espresse sul tema dalla Corte costituzionale. Quest'ultima, analizzando il percorso legislativo e la ratio delle norme di tutela, ha riconosciuto come l'attività prestata in aspettativa sindacale comporti un'esposizione a rischi professionali equiparabili a quelli delle altre categorie protette. Tale assimilazione, dunque, non si esaurisce in una sospensione del rapporto di lavoro, ma si radica nello svolgimento di una funzione reale e impegnativa per finalità sindacali, con possibili risvolti ancora più gravosi quando il lavoratore sia affetto da grave invalidità. Infine, i Giudici, dopo aver ribadito che l'esclusione della maggiorazione contributiva per i lavoratori gravemente invalidi impegnati in attività sindacale determinerebbe un effetto discriminatorio in contrasto con i principi di uguaglianza e protezione dei soggetti vulnerabili sanciti dalla Costituzione, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Il beneficio della maggiorazione contributiva, riconosciuto dall'articolo 80, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, spetta, al ricorrere delle condizioni d'invalidità stabilite dalla norma, anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali, per la durata dell'aspettativa non retribuita prevista dall'articolo 31, secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300».

Presidente Esposito - Relatore Cerulo Fatti di causa 1. - Con sentenza n. 1556 del 2016, depositata il 23 gennaio 2017, la Corte d'Appello di Milano ha accolto il gravame del signor Po.Se. e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Lecco, ha dichiarato il diritto dell'appellante di fruire della maggiorazione contributiva prevista dall'articolo 80, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per i periodi di aspettativa sindacale goduti in virtù dell'articolo 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300. A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che la maggiorazione contributiva, riconosciuta ai lavoratori sordomuti e agl'invalidi in misura superiore al 74%, richiede un servizio effettivamente svolto e che tale requisito risulta soddisfatto in caso di aspettativa sindacale, equiparata sotto ogni profilo al lavoro effettivo in base alla lex specialis dello Statuto dei lavoratori. Una diversa interpretazione disincentiverebbe l'assunzione delle cariche sindacali e susciterebbe dubbi di legittimità costituzionale. 2. - L'INPS ricorre per cassazione contro la sentenza d'appello, articolando un motivo d'impugnazione. 3. - Il signor Po.Se. resiste con controricorso. 4. - Dopo l'infruttuosa trattazione camerale all'adunanza del 26 settembre 2024, il ricorso è stato fissato all'udienza pubblica del 14 gennaio 2025. 5. - Il Pubblico Ministero, prima dell'udienza, ha depositato una memoria e ha chiesto di rigettare il ricorso. 6. - All'udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e i difensori delle parti hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi atti. Ragioni della decisione 1. - Con l'unico motivo (articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l'Istituto denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 80, comma 3, della legge n. 388 del 2000 e lamenta che la sentenza d'appello abbia considerato utile ai fini della maggiorazione contributiva anche il periodo di aspettativa sindacale, non correlato a un'attività lavorativa effettiva e coperto da contribuzione figurativa. 2. - La censura è infondata. 3. - Il controricorrente rivendica il beneficio che l'articolo 80, comma 3, della legge n. 388 del 2000 accorda ai lavoratori sordomuti di cui all'articolo 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, nonché agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, e successive modificazioni . Il beneficio consiste nell'accredito di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva , fino ad un massimo di cinque anni di contribuzione figurativa, per ogni anno di servizio, presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative, effettivamente svolto . La rilevanza dell'accredito della contribuzione figurativa è circoscritta al diritto a pensione e alla connessa anzianità contributiva e non si estende, in maniera indiscriminata, all'anzianità contributiva richiesta per accedere ad altre prestazioni non pensionistiche (Cass., Sez. Lav., 9 gennaio 2024, n. 716) o all'incremento del montante contributivo complessivo ai fini della determinazione dell'ammontare della pensione (Cass., Sez. Lav., 13 maggio 2024, n. 13102). Il legislatore attribuisce il beneficio della maggiorazione contributiva ancor prima del verificarsi degli ulteriori eventi che condizionano il diritto all'erogazione del trattamento pensionistico e si prefigge di riconoscere così una particolare e preventiva tutela a determinate categorie di lavoratori, svantaggiati dalle loro condizioni di salute (Cass., Sez. Lav., 18 ottobre 2022, n. 30636). 4. - Il ricorso interpella questa Corte sulla spettanza del beneficio nell'ipotesi dell'aspettativa non retribuita, concessa su domanda, per tutta la durata del loro mandato, ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali (articolo 31, secondo comma, della legge n. 300 del 1970). Durante l'aspettativa sindacale non retribuita, il rapporto di lavoro passa in uno stato di temporanea quiescenza, con la sospensione delle obbligazioni principali che lo caratterizzano, come la prestazione di lavoro e l'erogazione della retribuzione (Cass., Sez. Lav., 6 aprile 2020, 7698). I periodi di aspettativa, tuttavia, sono considerati utili a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive dell'assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero (articolo 31, terzo comma, dello Statuto dei lavoratori). Durante il periodo di aspettativa, l'interessato può fruire dei trattamenti di malattia a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime (articolo 31, quarto comma, dello Statuto). Tale previsione include anche l'indennità di maternità, con riferimento tanto al periodo di astensione obbligatoria quanto al periodo di astensione facoltativa (Cass., Sez. Lav., 23 aprile 2001, n. 5992, e 3 marzo 2001, n. 3112). Le disposizioni concernenti la rilevanza del periodo di aspettativa ai fini del trattamento pensionistico e delle prestazioni di malattia non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa (articolo 31, quinto comma, dello Statuto). La ratio della disciplina, interpretata in correlazione con l'articolo 51 Cost., risiede nella necessità di porre il lavoratore chiamato a ricoprire cariche sindacali nella condizione migliore per svolgere l'incarico, escludendo che l'accettazione del mandato comporti di per sé la perdita del posto di lavoro (Cass., Sez. Lav., 28 ottobre 2021, n. 30495, e, nello stesso senso, Cass., Sez. Lav., 28 giugno 1989, n. 3144). Da quest'angolazione, il periodo di aspettativa per motivi sindacali va considerato, ai fini previdenziali, sotto ogni profilo, come periodo di effettivo lavoro (Cass., Sez. Lav., 1 luglio 1998, n. 6430). 5. - Nel dirimere la questione prospettata dal ricorrente, occorre avere riguardo, per un verso, alla ratio che ispira l'attribuzione del beneficio contributivo e, per altro verso, alla specialità dell'aspettativa sindacale. 6. - Quanto al primo profilo, il particolare beneficio accordato dalla legge è limitato al periodo durante il quale l'attività lavorativa sia stata svolta in presenza della condizione d'invalidità che ne ha accentuato il carattere usurante (Cass., Sez. Lav., 12 maggio 2005, n. 9960). È in quest'orizzonte che s'inquadra e rinviene il suo fondamento il requisito del servizio effettivamente svolto, su cui si appuntano le doglianze dell'Istituto. Il legislatore ha ritenuto meritevole di particolare tutela, sul versante previdenziale, la condizione di chi continui a lavorare in presenza di un'invalidità grave, idonea a rendere più penosa l'attività svolta. Tale esigenza di protezione non è meno cogente quando il lavoratore ricopra una carica sindacale e dunque presti un'attività che, pur distinta da quella inerente al rapporto lavorativo medio tempore sospeso, in questo rapporto ha pur sempre la sua genesi. In tale ipotesi, non si riscontra una mera sospensione del rapporto di lavoro, che valga a privare di ogni rilievo l'incidenza pregiudizievole dell'elevato grado d'invalidità. Alla sospensione fa riscontro, difatti, lo svolgimento di una diversa attività, nell'esercizio di un diritto fondamentale, presidiato dagli articolo 39 e 51 Cost. Tale circostanza rappresenta il tratto distintivo della fattispecie sottoposta al vaglio di questa Corte e ne preclude il raffronto con la vasta ed eterogenea gamma delle ipotesi in cui il rapporto di lavoro risulti, sic et simpliciter, sospeso. Proprio in ragione di tale peculiarità, si ravvisano le medesime ragioni che sono all'origine dell'attribuzione del beneficio di cui si discorre: la condizione d'invalidità non cessa di ripercuotersi anche in quest'ambito e di connotare come più gravosa la funzione sindacale che il lavoratore, proprio in quanto lavoratore, ricopre. 7. - In tal senso militano anche le considerazioni espresse dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 171 del 2002, nel dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articolo 4 e 9 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e tra gli obbligati alle relative contribuzioni, rispettivamente, i lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali (provinciali e nazionali) e le organizzazioni sindacali per conto delle quali essi svolgano attività previste dall'articolo 1 del medesimo testo unico (punto 5 del Considerato in diritto). La Corte costituzionale, dopo avere ripercorso l'evoluzione legislativa che ha condotto ad ampliare il novero delle categorie protette, ha posto l'accento sulla particolarità dell'attività svolta dai lavoratori in aspettativa sotto le direttive e per le finalità dell'organizzazione sindacale e ha osservato che tale attività implica l'assoggettamento del lavoratore ad un rischio professionale identico a quello delle categorie protette (punto 4 del Considerato in diritto). Anche in questa prospettiva, emerge nitida la peculiarità dell'aspettativa sindacale. Essa, lungi dall'esaurirsi nella sospensione del rapporto di lavoro, si correla allo svolgimento di un'attività, foriera di rischi professionali comparabili a quelli delle altre categorie protette e contraddistinta, per quanto in questa sede rileva, da un più marcato carattere usurante, quando coinvolga una persona gravemente invalida. 8. - Quanto al secondo profilo della specialità dell'aspettativa sindacale, si deve rammentare che l'ordinamento detta a tale riguardo regole di particolare favore, valutandola ai fini della determinazione del trattamento pensionistico e del godimento delle prestazioni di malattia. È indicativo che la tendenziale assimilazione al lavoro effettivo conosca un'unica eccezione, per l'ipotesi in cui il lavoratore già possa giovarsi di una specifica tutela per l'attività espletata durante il periodo di aspettativa. L'equiparazione previdenziale del periodo di aspettativa al lavoro effettivo (sentenza n. 6430 del 1998, cit.) sarebbe relegata, per contro, al rango di mera declamazione di principio, ove si disconoscesse ogni rilievo alla condizione di più grave invalidità di chi presta l'attività sindacale. Un'interpretazione di tal fatta, nel disancorare la nozione di servizio effettivo dalla ratio della maggiorazione contributiva e dal regime protettivo che lo Statuto dei lavoratori delinea, penalizzerebbe chi presta l'attività sindacale in condizioni di grave compromissione dell'integrità psicofisica e negherebbe l'applicabilità di un beneficio indissolubilmente connesso con quella salvaguardia della posizione pensionistica che presiede alle previsioni dettate dall'articolo 31, terzo comma, dello Statuto. 9. - Sarebbe poi vanificata quella particolare e preventiva tutela dei lavoratori svantaggiati, che la maggiorazione contributiva garantisce (sentenza n. 30636 del 2022, cit.), e un esito siffatto sarebbe disarmonico con le stesse indicazioni sistematiche che si traggono dallo Statuto dei lavoratori. Il richiamato articolo 31 della legge n. 300 del 1970, nel confermare la spettanza dei trattamenti di malattia a chi beneficia dell'aspettativa sindacale, mostra di conferire speciale rilievo alla tutela della salute del lavoratore anche in questa particolare vicenda del suo percorso professionale. 10. - Una diversa interpretazione frapporrebbe ostacoli ingiustificati all'esercizio dell'attività sindacale, pregiudicando proprio i lavoratori che si trovino in condizioni di maggiore vulnerabilità, e si porrebbe in contrasto con i principi consacrati dagli articolo 39 e 51 Cost., che rivestono importanza cruciale nell'interpretazione della disciplina vigente (sentenza n. 3112 del 2001, cit.). In pari tempo, sarebbe svilita la tutela che la Carta fondamentale, all'articolo 38 Cost., prescrive per l'invalidità. Come ha evidenziato il Pubblico Ministero nelle conclusioni scritte (pagina 3), il diniego della maggiorazione contributiva, a fronte dello svolgimento di attività sindacale da parte del lavoratore che versi in condizioni di più elevata invalidità, produrrebbe effetti discriminatori . La coesistenza di due condizioni bisognose di speciale protezione, quella di lavoratore che svolge l'attività sindacale e quella di lavoratore gravemente invalido, si tramuterebbe, per un'evidente eterogenesi dei fini, in un trattamento deteriore. 11. - Il ricorso, pertanto, dev'essere respinto, in applicazione del seguente principio di diritto: Il beneficio della maggiorazione contributiva, riconosciuto dall'articolo 80, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, spetta, al ricorrere delle condizioni d'invalidità stabilite dalla norma, anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali, per la durata dell'aspettativa non retribuita prevista dall'articolo 31, secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 . 12. - La novità e la complessità della questione devoluta a questa Corte inducono a compensare le spese del presente giudizio. 13. - L'integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell'obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315). 14. - Si deve disporre, infine, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi del controricorrente, ai sensi dell'articolo 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti della parte, che ha instaurato una controversia avente ad oggetto la maggiorazione contributiva per l'invalidità di grado più elevato, con la conseguente attinenza a dati inerenti alla salute. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.