La Suprema Corte ha risposto alla questione di diritto – oggetto dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale – incentrata sul tema, di assoluta rilevanza, delle carte revolving con il corollario del rimedio applicabile al contratto di apertura della linea di credito.
Due i principi di diritto enunciati dalla Prima Sezione: «nella vigenza del d.gs. n. 374 del 1999 e del d.m. 13 dicembre 2001, n. 485, anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 141 del 2010, non è consentita l'apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l'intermediario finanziario ma non iscritto nell'elenco istituito presso l'U.I.C. ex articolo 3 d.lgs. n. 374 del 1999»; «nella vigenza del d.gs. n. 374 del 1999 e del d.m. 13 dicembre 2001, n. 485, anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 141 del 2010, il contratto di apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l'intermediario finanziario ma non iscritto nell'elenco istituito presso l'U.I.C. ex articolo 3, d.lgs. n. 374 del 1999 è nullo ex articolo 1418, primo comma, cod. proc. civ.». Un consumatore chiedeva al Tribunale di Firenze di accertare la nullità di un contratto di apertura di linea di credito con carta cd. revolving concluso con la F. Banca s.p.a. per il tramite di un venditore; ciò per violazione delle norme sul collocamento e distribuzione dei prodotti finanziari, e in particolare degli articolo 3 d. lgs. n. 374/1999 e 2 d.m. n. 485/2001, in base ai quali la promozione e la raccolta di proposte contrattuali relative alla apertura di una linea di credito, utilizzabile anche mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato – in quanto costituente esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'agenzia in attività finanziaria – era riservato ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l'U.I.C., tra cui non figurava il venditore. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea e dichiarava la nullità del contratto dedotto in giudizio con l'obbligo del cliente di restituire esclusivamente le somme ricevute a titolo di capitale, maggiorate del solo tasso legale. Di qui il gravame di F. Banca s.p.a. avverso tale decisione sul presupposto che, al momento della sottoscrizione del contratto, i venditori convenzionati potevano distribuire carte di credito, essendo il relativo divieto stato introdotto solo successivamente, con l'entrata in vigore del d. lgs. n. 141/2010 e che, in ogni caso, la contestata violazione del d.lgs. 374/1999 non costituiva causa di nullità. La Corte d'appello di Firenze, dopo aver dato atto dell'esistenza di due orientamenti di merito contrastanti, pronunciava ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione. Di seguito gli interrogativi rivolti dalla Corte d'appello, tramite l'ordinanza di rinvio pregiudiziale, ai Giudici: «se nella vigenza del D. Lgs. n. 374/1999 e del D.M. 13.12.2001 n. 485, anteriormente all'entrata in vigore del D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 141, era o meno consentita l'apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con intermediario finanziario ma non iscritto nell'elenco istituito presso l'UIC ex articolo 3 D. Lgs. 374/1999 e se, in ipotesi, un tale contratto, pur in difetto di espressa previsione, debba ritenersi nullo ex articolo 1418 comma primo c.c.». L'ordinanza ha superato il vaglio di ammissibilità posto che la Prima Presidente ha condiviso la valutazione della Corte fiorentina in ordine alla denunciata gravità interpretativa delle questioni di diritto prospettate, rilevando al contempo l'incidenza attuale potenziale delle controversie sul tema che coinvolgono, quali fruitori delle carte revolving, soggetti privati qualificabili come consumatori. La carta c.d. revolving: una prima definizione Ricorda, anzitutto, la Prima Sezione che la carta di credito costituisce uno strumento di pagamento che consente al suo titolare di assumere un debito nei confronti dell'intermediario che dovrà essere saldato in un momento successivo e, dunque, diversamente da quanto avviene con la carta di debito, il titolare della carta di credito può usare quest'ultima anche se non dispone immediatamente delle risorse per effettuare un pagamento o un prelievo. Il tratto peculiare della carta di credito cd. revolving consiste nella facoltà riservata al titolare di effettuare spese, nei limiti del fido accordato, e di restituire il relativo importo, anche ratealmente, con l'addebito di interessi. Ciò a differenza della carta di credito cd. charge in cui l'utilizzatore è tenuto al pagamento delle spese effettuate con la carta (in un determinato periodo) in un'unica soluzione, con addebito mensile e senza interessi. Il titolare della carta di credito cd. revolving, alla scadenza del periodo di riferimento, potrà corrispondere quanto utilizzato, ricostituendo interamente il fido, ovvero restituire una percentuale inferiore, ricostituendo, dunque, parzialmente la disponibilità concessagli dall'emittente; nel caso in cui il titolare non comunichi alcunché all'emittente, sarà comunque tenuto a restituire quantomeno una somma di importo esiguo stabilita contrattualmente e sovente espressa in forma percentuale (c.d. rata minima). In queste ultime due ipotesi, dunque, il titolare, oltre al differimento proprio di tutte le carte di credito, potrà beneficiare di un'aggiuntiva dilazione di pagamento delle somme effettivamente utilizzate, in relazione alla quale sarà tenuto al pagamento di interessi. I due orientamenti sulle carte revolving e sulla sorte dei contratti di apertura di credito Dopo avere illustrato la cornice normativa di riferimento, i Giudici espongono i due contrastanti orientamenti di legittimità. Secondo una prima corrente di pensiero, la promozione ed il rilascio di carta di credito revolving a tempo indeterminato, nel vigore del d.lgs. n. 374/1999, non sono consentiti ai fornitori di beni e servizi non iscritti nell'apposito elenco e la violazione delle disposizioni imperative determina nullità ex articolo 1418, primo comma, c.c. Viene osservato, al riguardo, che dal combinato disposto della normativa primaria e secondaria si ricava l'esistenza di una riserva di attività di agenzia in attività finanziaria a soggetti iscritti in apposito registro e dal cui ambito sono escluse soltanto le carte di pagamento. In questa direzione, ove l'attività finanziaria risulti realizzata da parte di soggetto (il venditore) sprovvisto della apposita iscrizione nell'albo, il contratto di apertura di credito sarebbe nullo in ragione della rilevanza pubblicistica dei requisiti soggettivi richiesti a tutela del mercato bancario e finanziario, nonché della loro incidenza sulla struttura della fattispecie negoziale. Ad avviso, invece, del secondo orientamento, i contratti relativi alla concessione di credito tramite carte revolving promossi e conclusi secondo le modalità indicate non sarebbero nulli, sia perché il d.lgs. n. 374/1999 non è diretto ad introdurre una specifica tutela in favore del cliente, ma a prevenire l'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, sia perché si tratterebbe di attività riconducibile alla «distribuzione di carte di pagamento», in quanto tale non richiedente l'iscrizione nell'albo istituito presso l'UIC se non a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 141/2010 che ha modificato sul punto la disciplina escludendo espressamente la distribuzione di carte di pagamento dalle attività oggetto della deroga di cui all'articolo 3, secondo comma, d.m. n. 485/2001. La soluzione prescelta dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione Ciò chiarito, i Giudici valorizzano il primo orientamento appena esposto. La normativa di riferimento – in particolare l'articolo 3 d. lgs. n. 374/1999 (applicabile al caso in esame ratione temporis) – riserva difatti l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'agenzia in attività finanziaria – per tale dovendosi intendere anche quella consistente nella promozione e conclusione di contratti di finanziamento – ai soggetti iscritti nell'elenco istituito presso l'U.I.C. La deroga prevista all'obbligo di iscrizione in tale albo è circoscritta alla promozione e conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti di finanziamento unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (cd. credito finalizzato). Ne deriva, puntualizza la Corte Suprema, che l'attività di promozione e conclusione di contratti di credito cd. revolving, in quanto estranea alla fattispecie del credito finalizzato, non rientra nella richiamata deroga e non può pertanto essere esercitata da qualsiasi fornitore di beni e servizi, ma solo da quelli che sono iscritti nell'albo istituito presso l'U.I.C. e, in quanto tali, abilitati allo svolgimento di una siffatta attività di agenzia. Questa è peraltro anche l'impostazione della Banca d'Italia con la comunicazione del 20 aprile 2010 rivolta agli intermediari bancari e finanziari operanti nel comparto del credito revolving attraverso l'emissione di carte di credito e sollecitante una scrupolosa osservanza delle disposizioni in esame. In allineamento si è posto pure l'Arbitrato Bancario Finanziario, oltre a copiosa giurisprudenza di merito. Ad avviso della Prima Sezione, non è infine persuasivo il secondo orientamento posto che la carta di credito revolving non è assimilabile alla carta di pagamento, differenziandosi da quest'ultima per la funzione di finanziamento che le è propria e che conforma la relativa disciplina negoziale. La struttura rimediale applicabile al contratto di finanziamento: la nullità virtuale Il Collegio affronta il secondo quesito formulato dalla Corte territoriale, vale a dire se la richiamata normativa di settore abbia carattere imperativo, con conseguente nullità virtuale del contratto concluso in violazione della stessa. Viene anzitutto osservato che la normativa in esame si inserisce nell'ambito del quadro regolamentare dello svolgimento dell'attività finanziaria ed è espressamente finalizzata alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, come evincibile dalle premesse al d.lgs. n. 374/1999 e dai considerando della Direttiva 91/308/CEE del 10 giugno 1991 di cui costituisce recepimento. Non può inoltre trascurarsi l'obiettivo di tutela, sia pure in via secondario e indiretto, dei consumatori, risultante dalla previsione dell'obbligo di iscrizione dell'intermediario in un albo tenuto da un soggetto pubblico e il conseguentemente assoggettamento ai poteri di vigilanza dell'autorità preposta. Trattasi di interessi che attingono a valori costituzionali o, comunque, a preminenti interessi generali della collettività, riferendosi sia alla modalità di svolgimento dell'attività finanziaria, in relazione alla individuazione dei soggetti che possono intervenire, quali intermediari, nelle operazioni, sia alla tutela del sistema finanziario da infiltrazioni della criminalità organizzata, sia alla tutela dei singoli consumatori, e, in quanto tali, connotano la disposizione in esame, sufficientemente chiara nel richiedere l'iscrizione all'albo tenuto dall'U.I.C. per lo svolgimento dell'attività di intermediazione nella distribuzione delle carte di creduto cd. revolving, del carattere di imperatività ai fini dell'applicazione dell'articolo 1418, primo comma, c.c. e della causa di nullità ivi prevista. In breve, nel caso affrontato la disposizione violata ha una immediata valenza civilistica, interessando direttamente il diritto del venditore di agire quale promotore e distributore di carte di credito cd. revolving; essa è preordinata alla tutela di rilevanti interessi pubblici e generali, attinenti, in particolare, alla sicurezza nazionale e all'ordine pubblico interno, nonché alla tutela dei consumatori, potenzialmente esposti dalla inosservanza della disposizione medesima, e – avverte la Corte Suprema - il sistema di controlli riservati all'autorità di settore non appare idoneo a realizzare gli effetti specifici voluti della norma. Ciò trova conforto vuoi in consolidato orientamento di ABF, vuoi nei precedenti di legittimità n. 4760/2018 (in tema di contratto di deposito a risparmio concluso da soggetto privo di autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria) e n. 3372/2001 (in tema di contratti finanziari derivati stipulati da intermediario abusivo). Con poi la precisazione che qui ci troviamo innanzi a norme che introducono specifici requisiti per lo svolgimento dell'attività di intermediazione nel rilascio di carte di credito. Da ultimo, viene osservato che la nullità virtuale del contratto per contrarietà a norma imperativa opera anche se il venditore – che promuove la distribuzione della carta di credito cd. revolving – non assume la qualità di parte del contratto di finanziamento. Ad avviso del Collegio, il legislatore, nel vietare lo svolgimento di una siffatta attività ai soggetti non iscritti nell'albo tenuto dall'U.I.C. ha, sia pure indirettamente, inteso vietare anche l'avvalimento di tale attività da parte dell'intermediario finanziario e, conseguentemente, la conclusione di un contratto di finanziamento mediante l'utilizzo dell'attività promozionale del venditore non autorizzato.
Presidente Di Marzio - Relatore Catallozzi Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.