La Corte di Cassazione annulla un provvedimento del Tribunale del riesame che aveva confermato un’ordinanza cautelare, pur in assenza del decreto che autorizzasse la proroga delle intercettazioni per il periodo nel quale era stata captata l’unica conversazione di rilievo indiziario a carico dell’indagato.
La vicenda Era accaduto che il Tribunale del riesame avesse confermato l'ordinanza applicativa della misura cautelare dell'obbligo di dimora, emessa nei confronti del ricorrente in relazione al delitto di cessione di sostanza stupefacente. Il difensore dell'imputato aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge con riferimento alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni, nonostante la mancata acquisizione agli atti del decreto di proroga comprendente la data in cui l'unica conversazione rilevante per la posizione dell'interessato era stata captata; d'altra parte, l'acquisizione era stata ritualmente richiesta in sede di riesame, evidenziando la conseguente lesione del diritto della difesa di esaminare il decreto in questione. La difesa aveva anche prodotto, a sostegno della propria doglianza, copia dei decreti autorizzativi mancanti appunto del provvedimento in questione, ed aveva censurato la motivazione adottata sul punto dal Tribunale del riesame - secondo cui l'esistenza del decreto ben poteva desumersi dalla presenza di quelli che coprivano l'arco temporale precedente e successivo a quello di interesse - rivendicando il diritto ad esaminare la ritualità e completezza del provvedimento. Il Procuratore Generale non ha contestato l'esistenza della lacuna, né il diritto della difesa ad esaminare il decreto rilevante per la posizione del ricorrente: ha invece sostenuto la tardività della censura difensiva, proposta con i motivi depositati all'udienza di riesame, dal momento che la lesione del diritto di difesa poteva essere rappresentata «in epoca precedente a quella di svolgimento della suddetta udienza, in modo da consentirne l'acquisizione» (ad esempio, in sede di interrogatorio di garanzia, all'epoca della presentazione del ricorso ex articolo 309 c.p.p. o con memoria depositata in tempo congruo prima dell'udienza). La sentenza La Corte di cassazione non ha condiviso la tesi del Procuratore generale ed ha ritenuto fondato il motivo di ricorso. La sentenza prende le mosse dall'orientamento di legittimità secondo cui «la mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al g.i.p. non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli articolo 267 e 268, commi 2 e 3, c.p.p., e sempre che la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità» (Sez. 4, n. 18802 del 21/03/2017). In quella precedente occasione, la Corte di Cassazione aveva ritenuto infondato il motivo concernente la mancata trasmissione, dal P.M. al Tribunale del riesame, di taluno dei provvedimenti autorizzativi dell'attività captativa, attribuendo decisiva rilevanza al rinvio ad horas che il Tribunale aveva appunto disposto per acquisire la documentazione mancante e metterla a disposizione della difesa. Sulla base di tale precedente, la sentenza non condivide la tesi del P.G. proprio perché́, anche nella fattispecie in esame, la lacuna documentale poteva essere certamente colmata attraverso una sospensione dell'udienza o il rinvio della stessa: tra l'altro, il differimento poteva essere disposto non necessariamente ad horas, essendo l'udienza stata celebrata prima del decimo ed ultimo giorno utile (ciò̀ si desume dal dispositivo dell'ordinanza impugnata, nel quale si dà atto che l'udienza si era tenuta il giorno precedente). Anche sulla scorta di quanto appena evidenziato, la Corte non ha ravvisato ragioni per ritenere intempestiva la richiesta di acquisizione formulata con i motivi depositati per l'udienza di riesame: appare, invero, condivisibile quanto evidenziato dal difensore del ricorrente, nella memoria di replica alla requisitoria, in ordine alla impossibilità di pretendere che la questione venisse sollevata già̀ in sede di interrogatorio di garanzia (prima ancora, quindi, della presentazione della richiesta di riesame), ovvero con il ricorso ex articolo 309 c.p.p. (ovvero in un momento che precede quello della richiesta del Tribunale di trasmissione degli atti). Sulla base di tali considerazioni, la Corte, in applicazione del principio giurisprudenziale richiamato in precedenza, dispone l'annullamento dell'ordinanza con rinvio per nuovo esame, anche in ordine all'utilizzabilità̀ delle risultanze captative, al Tribunale del riesame. Osservazioni Le S.U. hanno riconosciuto che il P.M. deve presentare al g.i.p., a fondamento della richiesta di una misura cautelare, o al tribunale in sede di riesame o di appello, i decreti di autorizzazione, convalida e proroga dell'intercettazione, aggiungendo che l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di comunicazioni ha rilievo anche nel procedimento cautelare per cui, sia in sede di richiesta di misura cautelare, sia nel procedimento di riesame o di appello, il p.m. ha l'onere di allegare i decreti autorizzativi delle intercettazioni e, in caso di mancata allegazione dei decreti al tribunale del riesame o dell'appello, l'articolo 309 c. 10 impone la dichiarazione di inefficacia della misura cautelare (Cass., Sez. un., 27.3.1996). Una successiva pronuncia, a Sezioni Unite, ha però precisato che l'inefficacia del provvedimento custodiale consegue soltanto al mancato invio al tribunale del riesame di tutti gli atti a suo tempo trasmessi al g.i.p.; quando invece quest'ultimo giudice aveva ricevuto gli atti in maniera parziale siffatta sanzione non opera (Cass., S.U., 20.11.1996). In questo modo il giudice può verificare la legittimità degli elementi probatori che gli sono offerti e che potrebbe porre a fondamento della sua decisione. È pacifico l'obbligo del deposito, dopo l'esecuzione del provvedimento restrittivo, degli atti trasmessi dal p.m. al giudice della misura cautelare. Infatti, la Corte, a Sezioni Unite, ha affermato che l'interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, prescritto dall'articolo 294 c.p.p., è viziato da nullità quando non sia stato preceduto dal deposito nella cancelleria del giudice, a norma del comma 3 dell'articolo 293 stesso codice, dell'ordinanza applicativa, della richiesta del P.M. e degli atti con essa presentati. La nullità a carattere intermedio è dunque deducibile solo fino al compimento dell'atto, comporta la perdita di efficacia della misura ai sensi dell'articolo 302 c.p.p. (Cass., S.U., 20 luglio 2005). Successivamente la giurisprudenza è mutata affermandosi, talvolta, che non può, dalla mancata trasmissione al tribunale del riesame, da parte del pubblico ministero, dei decreti autorizzativi, legittimamente inferire l'inesistenza dei decreti stessi che, sola, produrrebbe l'inutilizzabilità dei risultati di indagine da essi ricavati e sui quali il giudice per le indagini preliminari ha fondato il giudizio sulla positiva esistenza dei gravi indizi legittimanti l'emissione della misura (Cass., Sez. IV, 1.6.2001). Ma la Corte di Cassazione è pervenuta anche a conclusioni opposte, affermando che, in materia di procedimento di riesame di misure cautelari personali, ove il P.M., in sede di richiesta di una misura cautelare, abbia omesso di trasmettere al giudice copia dei decreti autorizzativi delle intercettazioni di comunicazioni, e la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione dei decreti in relazione alla proposta istanza di riesame, dall'omissione del P.M. nel provvedere alla trasmissione di tale documentazione consegue l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni eseguite (Cass., Sez. VI, 6.11.2017, n. 56990). Qualche altra pronuncia ha almeno ammesso che la ritualità delle intercettazioni sotto il profilo dell'esistenza dei decreti di autorizzazione è questione rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, qualora contestata, dev'essere accertata dal giudice procedente in termini di oggettiva certezza affinché, mediante il controllo della legittimità delle intercettazioni stesse da parte del giudice, sia tutelato il principio della legalità della prova (Cass., Sez. IV, 28.1.2000). Al contrario, si è affermato che la mancata allegazione, da parte del P.M., dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di applicazione della misura cautelare e la successiva omessa trasmissione degli stessi al tribunale del riesame, a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina l'inefficacia della misuraex articolo 309, comma 10, c.p.p., né l'inutilizzabilità delle captazioni, che consegue, invece, all'adozione dei decreti fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni di cui agli articolo 267 e 268 c.p.p., obbligando, purtuttavia, il tribunale ad acquisire tali provvedimenti a garanzia del diritto di difesa della parte che ne abbia fatto richiesta ai fini del controllo circa la loro sussistenza e legittima adozione (nella fattispecie, la Suprema Corte ha annullato l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva omesso l'acquisizione dei decreti autorizzativi posti a fondamento del provvedimento genetico e di quello reiettivo dell'impugnazione, sull'erroneo rilievo dell'inconferenza della deduzione difensiva, in ragione dell'avvenuta messa a disposizione, da parte del pubblico ministero, dei soli supporti informatici delle captazioni) (Cass., Sez. IV, 15.5.2024, n. 26297). Di fronte ad una giurisprudenza così confusa e contraddittoria, la sentenza in esame aderisce all'orientamento intermedio e deve quindi essere, almeno nelle conclusioni, condivisa. A stretto rigore, dovrebbe affermarsi che, siccome ai sensi dell'articolo 271, comma 1, c.p.p. i risultati delle intercettazioni non autorizzate sono inutilizzabili e il P.M., onerato della prova della legittimità della captazione in quanto da lui dedotta, non ha fornito la dimostrazione dell'esistenza del decreto di proroga dell'intercettazione, i suoi risultati dovrebbero essere dichiarati inutilizzabili. Si è infatti consumata la violazione dell'articolo 271, comma 1, c.p.p. nella parte in cui commina l'inutilizzabilità dei risultati dell'intercettazione per inosservanza dell'articolo 267 c.p.p. che esige il decreto di autorizzazione e di proroga della stessa. Di fronte ad una causa di inutilizzabilità nessuna rilevanza può avere una maggiore o minore tempestività dell'eccezione difensiva, dal momento che l'inutilizzabilità è sanzione processuale che può essere dedotta in ogni stato e grado del procedimento. La sentenza, invece, scende a valutare la tempestività della richiesta difensiva di acquisizione dei decreti di proroga ed è rispettosa dei criteri che la giurisprudenza ha, negli anni indicato, e cioè la specificità della deduzione e la prova di resistenza: quanto alla specificità del motivo, il difensore aveva accortamente indicato quale decreto di proroga mancasse in relazione al periodo in cui era stata captata la conversazione indiziante; relativamente alla “prova di resistenza” risultava pacificamente che la conversazione indiziante era l'unico elemento a carico dell'indagato e quindi senza di essa l'impianto accusatorio non poteva reggersi. Una sentenza, quindi, che, pur con un'argomentazione non convincente, perviene però ad un risultato corretto.
Presidente Ramacci - Relatore Pazienza Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 17/10/2024, il Tribunale di Catanzaro, adito con richiesta di riesame da Be.Da., ha confermato l'ordinanza applicativa della misura cautelare dell'obbligo di dimora, emessa nei suoi confronti in relazione al delitto di cessione di sostanza stupefacente (capo 164). 2. Ricorre per cassazione il Be.Da., a mezzo del proprio difensore, deducendo: 2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni, nonostante la mancata acquisizione agli atti del decreto di proroga comprendente la data in cui l'unica conversazione rilevante per la posizione del Be.Da. era stata captata: acquisizione ritualmente richiesta in sede di riesame, con conseguente lesione del diritto della difesa di esaminare il decreto in questione. 2.2. Violazione di legge con riferimento al comma 1-bis dell'articolo 270 cod. proc. pen. Si osserva che il decreto n. 228/2022 non aveva autorizzato la captazione per il reato di cui al capo 164), ma solo per una più generica attività di spaccio ascritta a Ve.Ca. , mentre l'intercettazione del colloquio con il Be.Da. doveva ritenersi casuale: doveva pertanto escludersi la fondatezza di quanto osservato dal Tribunale in ordine al fatto che la captazione era stata autorizzata anche per il reato ascritto al ricorrente (al riguardo, è stata trascritta in ricorso, a titolo esempificativo , una parte della richiesta di proroga richiamata per relationem nel decreto del G.i.p. in data 18/03/2022). Su tali basi, ed in forza di recenti arresti giurisprudenziali, la difesa deduce l'inutilizzabilità ex articolo 270, comma 1-bis, cod. proc. pen., trattandosi di intercettazione effettuata attraverso captatore informatico di una conversazione tra presenti, e non di un colloquio telefonico intercettato attraverso il captatore. 2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione del reato ai sensi del comma 5 dell'articolo 73. Si censura la motivazione del Tribunale, che non aveva tenuto conto che la vendita concordata era per soli Euro 20, e che l'inserimento del Be.Da. in un più ampio circuito di spaccio risultava meramente congetturale. 3. Con requisitoria trasmessa il 24/02/2025, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso per la tardività della censura formulata con il primo motivo, e l'infondatezza delle residue questioni di utilizzabilità prospettate. 4. Con memoria trasmessa il 28/02/2025, il difensore replica alle argomentazioni del P.G., ribadendo le censure prospettate e contestando la ritenuta tardività della richiesta di acquisizione del decreto autorizzativo della conversazione valorizzata nei confronti del Be.Da. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato, ed assume una valenza assorbente delle altre questioni prospettate. 2. Come già ricordato nell'esposizione che precede, la difesa del Be.Da. ha denunciato la mancanza, nel fascicolo trasmesso dopo la proposizione del riesame, del decreto di proroga dell'autorizzazione delle intercettazioni telefoniche ed ambientali relative al periodo (dal 28/06/2022 al 18/07/2022) in cui era stata captata l'unica conversazione rilevante per la posizione dell'indagato, intercorsa il 29/06/2022. 2.1. La difesa ha prodotto, a sostegno della propria doglianza, copia dei decreti autorizzativi mancanti appunto del provvedimento in questione, ed ha censurato la motivazione adottata sul punto dal Tribunale - secondo cui l'esistenza del decreto ben poteva desumersi dalla presenza di quelli che coprivano l'arco temporale precedente e successivo a quello di interesse - rivendicando il diritto ad esaminare la ritualità e completezza del provvedimento. Il Procuratore Generale non ha contestato l'esistenza della lacuna, né il diritto della difesa ad esaminare il decreto rilevante per la posizione del Be.Da.: ha invece sostenuto la tardività della censura, proposta con i motivi depositati all'udienza di riesame, dal momento che la lesione del diritto di difesa poteva essere rappresentata in epoca precedente a quella di svolgimento della suddetta udienza, in modo da consentirne l'acquisizione (ad es., in sede di interrogatorio di garanzia, all'epoca della presentazione del ricorso ex articolo 309 cod. proc. pen. o con memoria depositata in tempo congruo prima dell'udienza) (cfr. pag. 1 della requisitoria del P.G.). 2.2. La tesi del Procuratore Generale non può essere condivisa. È opportuno prendere le mosse dall'insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui la mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al g.i.p. non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli articolo 267 e 268, commi primo e terzo, cod. proc. pen., e sempre che la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità (Sez. 4, n. 18802 del 21/03/2017, Semilia, Rv. 269944 - 01). In forza di tale principio - condiviso da entrambe le parti, che lo hanno richiamato, rispettivamente, all'interno del ricorso e della requisitoria - la Suprema Corte aveva ritenuto infondato il motivo concernente la mancata trasmissione, dal P.M. al Tribunale del riesame, di taluno dei provvedimenti autorizzativi dell'attività captativa, attribuendo decisiva rilevanza al rinvio ad horas che il Tribunale aveva appunto disposto per acquisire la documentazione mancante e metterla a disposizione della difesa (cfr. pag. 16-17 della sentenza). Ritiene il Collegio di non poter condividere l'assunto del P.G. proprio perché, anche nella fattispecie in esame, la lacuna documentale poteva essere certamente colmata attraverso una sospensione dell'udienza o il rinvio della stessa: tra l'altro, il differimento poteva essere disposto non necessariamente ad horas, essendo l'udienza stata celebrata prima del decimo ed ultimo giorno utile (ciò si desume dal dispositivo dell'ordinanza impugnata, depositato il 18/10/2024, nel quale si dà atto che l'udienza si era tenuta il giorno precedente). Anche sulla scorta di quanto appena evidenziato, non vi sono ragioni per ritenere intempestiva la richiesta di acquisizione formulata con i motivi depositati per l'udienza di riesame: appare invero condivisibile quanto evidenziato dal difensore del ricorrente, nella memoria di replica alla requisitoria, in ordine alla impossibilità di pretendere che la questione venisse sollevata già in sede di interrogatorio di garanzia (prima ancora, quindi, della presentazione della richiesta di riesame), ovvero con il ricorso ex articolo 309 cod. proc. pen. (ovvero in un momento che, con ogni evidenza, precede quello della richiesta del Tribunale di trasmissione degli atti). 3. Le considerazioni fin qui svolte impongono, in applicazione del principio giurisprudenziale richiamato in precedenza, l'annullamento dell'ordinanza con rinvio per nuovo esame, anche in ordine alla utilizzabilità delle risultanze captative, al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell'articolo 309, comma 7, cod. proc. pen. Restano evidentemente assorbite le ulteriori questioni prospettate dalla difesa, che presuppongono l'accertata rituale autorizzazione delle captazioni. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell'articolo 309, co. 7, cod. proc. pen.