È fonte di responsabilità civile l’affissione nella bacheca condominiale dell’elenco delle posizioni debitorie dei singoli condomini senza il consenso dell’interessato

La sentenza in esame riguarda l’atto di appello di un condomino, alla sentenza del Giudice di Pace, che aveva lamentato la lesione della privacy, dell’onore, del decoro e dell’immagine, in conseguenza dell’affissione nella bacheca condominiale nell’androne, da parte dell’amministratrice, di un elenco di condomini morosi verso lo stesso condominio.

Fatti di causa Il giudice di pace aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dal soggetto qui appellante, per i danni subiti a seguito dell'illecita diffusione della sua situazione debitoria nei confronti del condominio, per il tramite dell'affissione di un elenco di condomini morosi nelle bacheche condominiali (nel periodo di novembre 2016-marzo 2017). All'atto di nomina, la nuova amministratrice condominiale si proponeva di verificare il percorso contabile/amministrativo della precedente amministrazione, chiedendo un compenso di 800€ per ciascuna annualità e, giudicando esoso e ingiustificato il compenso richiesto, l'appellante si proponeva di svolgere tali verifiche personalmente coinvolgendo gli altri condomini interessati, senza alcun costo per il condominio. L'amministratrice negava l'esibizione della documentazione contabile di cui appariva necessario l'esame e affiggeva nelle due bacheche condominiali un elenco con i nominativi dei condomini morosi, indicando a fianco di ogni nominativo la cifra dovuta. Nonostante le ripetute richieste di rimozione, invano, il deducente sporgeva querela per diffamazione aggravata e chiedeva la condanna al risarcimento del danno in suo favore. Instaurato il giudizio penale, il PM ne chiedeva l'archiviazione in quanto «l'esposizione in bacheca dei condomini morosi non integra il delitto di diffamazione ma una mera violazione civilistica ai sensi dell'articolo 15 del Decreto in materia di protezione di dati personali». Il deducente, allora, conveniva in giudizio l'amministratrice per sentirla condannare al risarcimento del danno a seguito della illecita diffusione della propria situazione debitoria nei confronti del condominio. Il giudice dichiarava infondata la richiesta attorea. L'appellante ha quindi dedotto che il GdP avesse violato il principio di indipendenza dell'azione penale e dell'azione civile statuendo che l'intervento del  giudice civile resterebbe limitato solo al caso in cui venga pronunciata sentenza di condanna; ha altresì dedotto che l'archiviazione non impedirebbe al fatto di essere definito in maniera diversa da giudice civile e che il decreto di archiviazione non può essere equiparato ad una sentenza irrevocabile; il Gdp avrebbe erroneamente ricostruito i fatti posti a fondamento della propria decisione, affermando che nulla emergerebbe circa l'elenco debitori del condominio e che non sarebbe provata la riconducibilità dell'elenco alla convenuta. Si costituiva in giudizio l'amministratrice che produceva il verbale dell'assemblea, con allegato il riparto delle spese (è comunque pacifico che l'amministratore si trovi nel possesso dei documenti riguardanti il condominio e la relativa gestione); dalle foto prodotte, dal deducente nel primo grado di giudizio emerge che l'elenco fu timbrato e sottoscritto dall'amministratore dell'epoca del condominio e da tale elenco emerge chiaramente la posizione debitoria dell'appellante, riportata attraverso l'indicazione delle cifre dovute. Ebbene, anche dalle foto allegate emerge che le 2 bacheche “incriminate” si trovano a pochi metri dal portone d'ingresso. Il GdP avrebbe anche erroneamente statuito che l'attore non abbia mai intimato l'amministratrice per iscritto, alla rimozione dell'elenco. A tale ultimo proposito, il deducente sostiene che avrebbe più volte intimato l'amministratrice alla rimozione dell'elenco dalle bacheche, lesivo della propria privacy. Tale affissione si risolverebbe nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie di indeterminata di persone estranee e quindi in una indebita diffusione e come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi dell'articolo 11 e 15 del codice della protezione dei dati, che risulterebbe aggravata dalle modifiche riportate dall'articolo 82 del Regolamento UE 679/2016. Rispetto, poi, alla quantificazione del danno l'appellante ha evidenziato che l'esposizione al pubblico della sua situazione debitoria nei confronti del condominio ha screditato la sua attività professionale di dottore commercialista, con la conseguenza di un danno che consiste anche nella violazione dell'intimità del danneggiato e nell'apprendimento di dati riservati da parte di terzi estranei. Conclusioni del condomino appellante Il condomino ha concluso per la richiesta di: accoglimento dell'atto di appello avverso la riformulazione della sentenza del Gdp e la condanna dell'appellata al risarcimento del danno di 5.000€; pagamento spese e compensi del giudizio.   Conclusioni dell'amministratrice condominiale (appellata) L'amministratrice ha contestato la fondatezza del gravame chiedendone il rigetto e deducendo che: ha correttamente ritenuto la condotta asseritamente imputata alla stessa, non antigiuridica né lesiva di alcun bene giuridico; il giudice ha correttamente statuito l'infondatezza dell'azione civile e il non potersi pronunciare sull'azione penale stante l'insussistenza di un procedimento penale; il documento prodotto dall'attore in primo grado non elenca alcuna dizione “moroso” in capo all'appellante ma riporta esclusivamente i conguagli e le rate da pagare in capo ai condomini con le scadenze future; l'appellante non ha provato o richiesto di provare che persone estranee abbiano avuto conoscenza dei dati, ovvero che gli stessi abbiano collegato il documento affisso all'appellante; l'appellante in I grado non ha dedotto nulla sulla gravità della lesione e sulla serietà del danno subito.   Il Tribunale di Taranto ha accolto l'appello. Riscossione delle somme dovute al condominio Ai sensi dell'articolo 1129 co. 9 c.c., salvo diversamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore di condominio è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro 6 mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63 co. 1 disp. att. «l'amministratore di condominio è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi, fornendo generalità complete ed esaustive». Orbene, l'articolo 63 disp. att. c.c. prevede anche che «i creditori non ancora soddisfatti dovranno procedere alla preventiva escussione dei condomini morosi, sulla base dei dati forniti dall'amministrazione, potendo agire nei confronti degli altri condomini, in regola con i pagamenti, e pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto solo nell'ipotesi in cui l'escussione sia rimasta infruttuosa». Quindi, sussiste in capo all'amministratore l'obbligo di cooperare con il terzo creditore (dovere legale e di salvaguardia) e ne consegue che nel caso in cui questi si rifiuta di farlo, il suo comportamento sarà passibile di sanzione stante che è palesemente contrario alla buona fede oggettiva, dovendosi tale dovere intendersi come autonomo dovere giuridico, espressione del generale principio di solidarietà sociale che impone di mantenere un comportamento leale e volto alla salvaguardia dell'utilità altrui, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio. Orientamento mutato con la sentenza della Corte di Cassazione n. 9148/2008 che ha statuito che «le obbligazioni contratte dall'amministratore di condominio nell'interesse di tutti i condomini non vedono solidarietà passiva degli stessi condomini, atteso che ciascuno deve rispondere solo ed esclusivamente per la propria quota». Ebbene, il legislatore ha recepito tale mutamento giurisprudenziale e, con la legge n. 220/2012, ha novellato l'articolo 63 disp att. C.c. stabilendo che «i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini». La pubblicità dei dati dei singoli condomini nella bacheca condominiale Ciò che all'amministratore non sarebbe consentito è la pubblicità indiscriminata dei dati dei condomini, dovendo osservare i principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati sono raccolti. Sull'amministratore grava il dovere di adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di terzi. Nel caso in cui l'amministratore sia tenuto ad indicare analiticamente i dati dei condomini morosi in rendiconto o in favore di terzi creditori, non può procedere all'affissione di questi nella bacheca dell'androne condominiale. In tale caso l'affissione, avvenendo in uno spazio pubblico, significherebbe la messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e quindi, di una indebita diffusione illecita e fonte di responsabilità civile (Cass. n. 186/2011). Invero, «i dati riferiti ai singoli partecipanti del condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità previste dalla disciplina codicistica di cui agli articolo 1117 e ss c.c. ed alle relative norme di attuazione, ivi compresi quelli relativi alle posizioni debitorie di ciascuno nei confronti della collettività condominiale, costituiscono dati personali, tutelati dalla specifica disciplina di protezione dei dati personali e dal Regolamento UE 679/2016». Affinché ciò sia applicabile, ovvero affinché venga considerato un dato personale, non occorre che sia un dato sensibile, giacché l'appartenenza dell'informazione alla sottoclasse dei dati sensibili comporta la previsione di una disciplina di tutela e di garanzia ulteriore contro i rischi della circolazione, in considerazione della intrinseca attitudine di questi dati ad essere strumentalizzati ai fini discriminatori. In ambito condominiale, le informazioni relative alla gestione, al riparto delle spese e all'entità del contributo, possono essere trattate anche senza il consenso dell'interessato e, per ragioni di trasparenza e di buon andamento, una comunicazione di questi dati, è giustificata. E allora, l'amministratore era legittimato all'affissione nella bacheca dei dati su condomini morosi? No, perché «la pubblicità nella bacheca dell'androne condominiale di un dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell'informazione ai soggetti interessati nell'ambito della compagine condominiale; tale affissione, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell'amministrazione comune ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli articolo 11 e 15». A sostegno della decisione del Tribunale di Taranto, la sent. della Corte di Cass. n. 186/2011 che ha ritenuto fondamentale l'articolo 2 Cost. relativamente al diritto fondamentale della protezione dei dati personali, l'articolo 8 CEDU relativamente al diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni, e relativamente al codice in materia di protezione di dati personali di cui al Dlgs 196/2003 e gli articolo 11 e 15 c.c. Inoltre, le informazioni pubblicate tramite bacheca devono avere carattere generale, ovvero avere ad oggetto informazioni e comunicazioni inerenti a beni e servizi comuni stante che la bacheca non può essere utilizzata per informazioni riferite al singolo condomino. Il danno: la dimostrazione Nel caso in cui vi siano comunicazioni relative al singolo condomino, affisse in bacheca, la dimostrazione del danno-conseguenza prodotto nella sfera personale del soggetto interessato, può derivare da testimonianze, documenti e presunzioni. Nel caso in esame l'amministratrice in fase istruttoria, in sede di interrogatorio formale, ha negato il dato fattuale dell'affissione in bacheca ma ha ammesso la ricostruzione fattuale della precedente amministrazione ed ha affermato che il riparto era stato approvato nell'assemblea dell'ottobre 2016; il portiere, invece, ha dichiarato di aver più volte assistito a discussioni tra i condomini riguardanti il diniego dell'amministratrice di consentire l'esame della documentazione contabile. Il quadro probatorio consente, quindi, dice il Tribunale di Marsala «di ritenere che l'amministratrice, dopo l'incarico conferitole dall'assemblea, abbia ricostruito la pregressa gestione contabile ed abbia individuato le posizioni debitorie verso il condominio redigendo il documento affisso in bacheca». In una recente sentenza gli Ermellini (Cass. n. 29232/2022), hanno ribadito il precedente orientamento in materia di dati personali, di cui al d.lgs. n. 196/2003. I principi sopra esposti, si devono coniugare con la precisazione di “dato personale” ovvero qualunque informazione riferita ad una persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificabile o identificabili, anche indirettamente. Orbene, ai sensi dell'articolo 15 del Codice di protezione dati personali, il legislatore ha ritenuto opportuno estendere la tutela anche ai danni non patrimoniali in quanto, il danneggiato può ricorrere alla prova presuntiva, tenuto conto della natura immateriale del bene (danno non patrimoniale) della vita concretamente leso e, salvo la natura bagatellare del danno stesso, verrà liquidato in via equitativa mediante un modello di stima prudenziale che è connaturato alla natura del diritto leso. Posto ciò, il Tribunale ha richiamato varie pronunce della Corte di Cassazione sull'argomento e ha ragionevolmente presupposto che «dall'affissione nella bacheca dell'androne condominiale di un documento attestante una condizione soggettiva di inadempimento degli obblighi di pagamento verso la compagine condominiale sia derivato per il condomino esercente l'attività professionale di commercialista un danno non patrimoniale», ed ha determinato in via equitativa il danno da risarcire nella misura di 1.000 euro.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto AA ha impugnato la sentenza n. 1951/2021, con cui il Giudice di Pace di Taranto ha rigettato la domanda risarcitoria dal lui proposta per i danni subiti a seguito della illecita diffusione della propria situazione debitoria nei confronti del condominio di via (omissis), posta in essere da BB amministratrice dello stesso, per il tramite dell'affissione di un elenco di condomini morosi nelle due bacheche condominiali, nel periodo compreso tra la fine di novembre 2016 ed il marzo 2017. L'appellante ha premesso che: il deducente è un dottore commercialista e revisore contabile ed è proprietario di due appartamenti siti nel Condominio di via (omissis), in Taranto, rispettivamente utilizzati come abitazione privata e studio professionale; per un certo periodo di tempo tale condominio è stato amministrato dalla dott.ssa BB all'atto della nomina, la BB si proponeva di verificare il percorso contabile/amministrativo seguito dalla precedente amministrazione nel biennio precedente la sua nomina, chiedendo un compenso di euro 800,00 per ciascuna annualità; giudicando esoso e ingiustificato il compenso richiesto, l'appellante si proponeva di svolgere tali verifiche personalmente, coadiuvato da altri condomini interessati, senza alcun costo per il condominio; la BB negava l'esibizione della documentazione contabile di cui appariva necessario l'esame e affiggeva nelle due bacheche presenti nell'androne di ingresso del condominio un elenco contenente i nominativi dei condomini asseritamente non in regola con i pagamenti delle spese condominiali, indicando a fianco di ogni nominativo la cifra dovuta; nonostante le ripetute richieste di rimozione, tale elenco rimaneva esposto dalla fine del mese di novembre 2016 sino al mese di marzo 2017; il deducente sporgeva querela nei confronti della BB, chiedendone la punizione per il delitto di diffamazione aggravata e la condanna al risarcimento dei danni in suo favore; veniva instaurato il procedimento penale iscritto al n. 36/1001/2017 R.G.N.R. Mod. 21/bis ma il Pubblico Ministero ne chiedeva l'archiviazione osservando che la esposizione in bacheca dei condomini morosi non integra il delitto di diffamazione ma mera violazione civilistica ai sensi dell'articolo 15 del Decreto in materia di protezione dei dati personali, in relazione all'articolo 11 del medesimo decreto ; il deducente conveniva quindi in giudizio la BB innanzi al Giudice di Pace di Taranto per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti dallo stesso a seguito della illecita diffusione della propria situazione debitoria nei confronti del condominio di via (omissis); il Giudice di Pace rigettava le richieste istruttorie formulate da parte attrice e rigettava la domanda giudicandola infondata. L'appellante ha quindi dedotto che: il Giudice di Pace ha violato il principio di indipendenza dell'azione penale e dell'azione civile statuendo che l'intervento del giudice civile resterebbe limitato solo al caso in cui venga pronunciata sentenza di condanna; il decreto di archiviazione emesso dalla Procura della Repubblica non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice civile e tale decreto non può essere equiparato a una sentenza irrevocabile; l'attore ha proposto una domanda fondata sull'illecito trattamento dei dati personali da parte della BB derivante dai medesimi fatti sottoposti al vaglio della Procura, il cui decreto di archiviazione ravvisa la violazione della fattispecie di cui al presente giudizio; il Primo Giudice ha erroneamente ricostruito i fatti posti a fondamento della propria decisione, affermando che nulla emergerebbe circa la sottoscrizione dell'elenco da parte dell'amministratrice e che non sarebbe provata la riconducibilità dell'elenco alla convenuta; in sede di costituzione la BB produceva il verbale dell'assemblea del 05.10.2016, con allegato il riparto oggetto di illecita ostensione all'interno delle due bacheche condominiali; la circostanza che all'epoca dei fatti l'appellata fosse amministratrice del condomino è pacifica, in quanto mai contestata; è pacifico che l'amministratore si trovi nel possesso e gestisca i dati relativi alle delibere e ai piani di riparto approvati dall'assemblea; dalle foto prodotte dal deducente nel giudizio di primo grado emerge che l'elenco fu timbrato c sottoscritto dal l'amministratore dell'epoca del condominio; da tale elenco emerge chiaramente la posizione debitoria dell'appellante, riportata attraverso l'indicazione delle cifre dovute, precedute dal segno meno; la medesima convenuta ha confermato nella propria comparsa di costituzione che l'elenco esposto si riferisce ai conguagli dell'anno 2015 e che per tale posizione il condominio notificò all'odierno appellante apposito decreto ingiuntivo; la qualifica di moroso non è necessaria per la configurazione dell'illecito previsto dagli articolo 11 e 15 del codice della protezione dei dati personali e dall'articolo 82 del Regolamento UE 279/2016, affermando tali norme la responsabilità per la sola diffusione di tali dati; il Giudice di Pace ha deciso in palese contrasto con le emergenze processuali, affermando che la bacheca in cui veniva affisso l'elenco fosse posta in luogo appartato, defilato rispetto all'ascensore e non visibile e accessibile agli estranei; dalla foto allegate dal deducente nel giudizio di primo grado si evince che entrambe le bacheche si trovano a pochi metri dal portone di accesso al condomino, la prima sulla sinistra, vicino alle cassette delle lettere, la seconda esattamente di fronte all'uscita degli ascensori, vicino ad altra cassetta delle lettere; il Primo Giudice ha erroneamente statuito che l'attore non abbia mai intimato per iscritto all'amministratrice la rimozione dell'elenco; ha valorizzato giuridicamente tale circostanza in modo errato; il deducente ha chiesto ripetutamente alla BB di rimuovere l'elenco lesivo della propria privacy dalle bacheche condominiali ed ha chiesto di provare tale circostanza per testi; l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell'informazione ai soggetti interessati nell'ambito della compagine condominiale; tale affissione si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee c, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli articolo 11 e 15 del codice della protezione dei dati, responsabilità che risulta aggravata dalle modifiche apportate dall'articolo 82 del Regolamento UE 679/2016; a fronte dell'illecito commesso dall'amministratrice, non era richiesta all'attore alcuna intimazione per iscritto. Rispetto alla quantificazione del danno, l'appellante ha inoltre evidenziato che: l'esposizione al pubblico della propria situazione debitoria ha gettato discredito sul deducente e sulla sua attività professionale di dottore commercialista, svolta proprio in quello stabile; la BB ha causato il danno derivante dalla illecita diffusione di dati personali dell'appellante, messi a conoscenza da parte di coloro che hanno potuto acquisirli a seguito del suo comportamento, danno che consiste quindi nella violazione dell'intimità del danneggiato e nell'apprendimento di dati riservati da parte di terzi estranei. L'appellante ha quindi concluso nei seguenti termini: per l'accoglimento dell'appello con riforma della sentenza impugnata e condanna dell'appellata al risarcimento del danno, quantificato nella somma di euro 5.000,00, o nell'altra ritenuta di giustizia, con il danno da svalutazione e gli interessi come per legge, procedendo ove occorra con liquidazione equitativa; in ogni caso, per la condanna dell'appellata al pagamento delle spese e dei compensi del doppio grado di giudizio. L'appellata ha contestato la fondatezza del gravame deducendo che: il Giudice di Pace ha correttamente ritenuto la condotta asseritamente imputata alla deducente non antigiuridica e non lesiva di alcun bene giuridico; il Primo Giudice, dopo aver asserito l'indipendenza dell'azione civile da quella penale, ha statuito l'infondatezza della prima e il non potersi pronunciare sulla seconda stante l'inesistenza di un procedimento penale; ha correttamente evidenziato che il documento prodotto dall'attore nel giudizio di primo grado non reca alcuna dizione di moroso in capo all'appellante, ma riporta esclusivamente i conguagli e le rate da pagare in capo ai condomini indicati per future scadenze; rappellante non ha provato o richiesto di provare che persone estranee abbiano avuto conoscenza dei dati, ovvero che gli stessi abbiano collegato il documento asseritamente affisso per ordine della deducente alla persona dell'appellante; l'appellante nel giudizio di primo grado non ha dedotto nulla sulla gravità della lesione e sulla serietà del danno subito. L'appellata ha concluso per il rigetto del gravame con conferma della sentenza impugnata, con vittoria di compensi e spese di lite. L'appello può essere accolto. AA, nella posizione di residente in una unità immobiliare del Condominio di via (omissis) in Taranto e di professionista (commercialista) con studio nello stesso stabile condominiale, aveva lamentato in primo grado il vulnus alla privacy, all'onore, al decoro, all'immagine, in conseguenza dell'affissione in bacheca da parte dell'amministratore p.t. del Condominio di un elenco di condomini morosi, comprensivo del suo nominativo. La convenuta, Dott.ssa BB, aveva contestato la domanda sostenendo che: l'affissione indicata dal condomino viene disconosciuta; in nessuna parte del documento, il condomino viene definito moroso; la bacheca in cui sarebbe stato affisso il documento non è visibile agli estranei; il condomino non ha proposto alcuna istanza tesa ad ottenere la rimozione dell'avviso; l'asserito danno non risulta provato. Il Giudice di Pace ha rigettato la domanda ritenendo insussistente il reato di diffamazione in ragione dell'archiviazione disposta su richiesta del PM per il reato di diffamazione aggravata e ritenendo non provata la condotta lesiva della privacy . Come noto, l'articolo 1129, comma 9, c.c., modificato dalla L. n. 220 del 2012, stabilisce che, salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore di condominio è tenuto ad agire e quindi ad attivarsi per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, comma 1, disp. att. c.c. L'amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi, fornendo generalità complete ed esaustive. Ai sensi dell'articolo 63disp. att. c.c., i creditori non ancora soddisfatti dovranno procedere alla preventiva escussione dei condomini morosi, sulla base dei dati fomiti dall'amministratore, potendo agire nei confronti degli altri condomini, in regola con i pagamenti, e pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto soltanto nell'ipotesi in cui l'escussione sia rimasta infruttuosa. E dunque necessario l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di poter agire. Sussiste dunque, in capo all'amministratore, un obbligo di cooperare con il terzo creditore: si tratta propriamente di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui l'amministratore, tenuto a comunicare ai creditori i dati dei condomini morosi, si rifiuti di farlo o sia inerte, precludendo immotivatamente il soddisfacimento della pretesa creditoria, il suo comportamento diventerà sanzionabile, in quanto palesemente contrario al canone della buona fede oggettiva, dovendosi a tale riguardo intendere un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale che impone di mantenere un comportamento leale nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio. Questo assetto è scaturito dalla sentenza dell'8 aprile 2008 n. 9148, con cui le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno mutato orientamento in materia di condominio e di solidarietà fra condomini. La Cassazione, infatti, ha statuito che le obbligazioni contratte dall'amministratore di condominio nell'interesse di tutti i condomini non vedono la solidarietà passiva degli stessi condomini, atteso che ciascuno deve rispondere solo ed esclusivamente per la propria quota. Il legislatore ha recepito l'arresto giurisprudenziale attuando una modifica delle disposizioni di attuazione del codice mediante la L. n. 220 del 2012che ha novellato l'articolo 63 disp. att. stabilendo che: 'i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini'. Ciò che, invece, all'ammi ni stratore non è consentito è la pubblicità indiscriminata dei dati dei condomini (morosi), dovendo egli comunque osservare i principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati sono raccolti. Grava sull'amministratore il dovere di adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di terzi. Così, ad esempio, pur essendo tenuto ad indicare analiticamente i dati dei condomini morosi in rendiconto o a fornire l'elenco completo ai terzi creditori, non può procedere all'affissione dei suddetti dati nella bacheca dell'androne condominiale. Infatti, in tale caso, l'affissione del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, si risolverebbe nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile (Cass, civ. sez. 11,4 gennaio 2011, n. 186). I dati riferiti ai singoli partecipanti al condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità previste dalla disciplina civilistica di cui agli articolo 1117e ss. c.c. ed alle relative nonne di attuazione, ivi compresi quelli relativi alle posizioni debitorie di ciascuno nei confronti della collettività condominiale, costituiscono dati personali, tutelati dalla specifica disciplina di protezione e dal Regolamento UE 6792016. Infatti, l'elemento qualificante dell'informazione, perché possa essere considerata dato personale, è rappresentato esclusivamente dal fatto che essa si riferisca ad un soggetto determinato o determinabile. La misura in cui ciascun condomino è tenuto a partecipare alle spese condominiali e i dati relativi alla mora nel pagamento dei contributi, hanno certamente una valenza contabile, di interesse ai fini della gestione collettiva, ma ciò non fa venir meno la loro natura di dati personali, soggetti, in quanto tali, alla disciplina del Codice di protezione e alle regole generali per il trattamento che esso delinea. Affinché questa disciplina sia applicabile, non occorre che il dato sia anche sensibile (ossia idoneo a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, ovvero, ancora, idoneo a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale), giacché l'appartenenza dell'informazione alla sottoclasse dei dati sensibili comporta la previsione di una disciplina di tutela e di garanzia ulteriore contro i rischi della circolazione, in considerazione della intrinseca attitudine di questi dati ad essere strumentalizzati per fini discriminatori. In ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle spese, all'entità del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri pregressi possono senz' altro essere oggetto di trattamento, anche senza il consenso dell'interessato. Le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano che l'amministratore possa procedere alla raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio. Del pari, ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, essendo questi investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo legittima a domandare in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti. L'affissione nella bacheca dell'androne condominiale del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell'informazione ai soggetti interessati nell'ambito della compagine condominiale; tale affissione, infatti, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell'amministrazione comune, ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli articolo Il e 15 del codice. La Suprema Corte (II^ Sezione Civile), nella decisione n.186 del 4 gennaio 2011, ha ritenuto errata la sentenza impugnata che aveva ritenuto prevalenti sul diritto alla riservatezza dei condomini le esigenze di efficienza della gestione condominiale. Secondo la Corte, tale bilanciamento non tiene conto del rango di diritto fondamentale assunto dal diritto alla protezione dei dati personali, tutelato dall'articolo 2della Costituzione italiana e dall'articolo 8dellaCarta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: un diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni che, spettando non solo alle persone in vista ma a chiunque (articolo 1 del codice) e ad ogni persona (articolo 8 della Carta) nei diversi contesti ed ambienti di vita, concorre a delineare l'assetto di una società rispettosa dell'altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza . Nella indicata sentenza è stato enunciato il seguente principio di diritto: La disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso a terzi estranei al condominio, possano essere utilizzali per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; pertanto fermo il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche su propria iniziativa, gli inadempimenti altrui nei confronti della collettività condominiale l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo partecipante al condominio, risolvendosi nella messa a disposizione di quel dato in favore di una serie indeterminala di persone estranee, costituisce un'indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli articolo 11 e 15 del codice . L'amministratore di condominio deve, quindi, garantire la tutela della protezione dei dati personali dei condomini con riferimento ai pagamenti delle spese condominiali, di cui abbia conoscenza in ragione del suo mandato professionale, omettendo di esporre avvisi di mora o sollecitazioni al pagamento negli spazi condominiali accessibili a terzi. Le informazioni divulgate tramite la bacheca condominiale devono essere di carattere generale, ovvero avere ad oggetto informazioni e comunicazioni inerenti i beni e i servizi comuni; la bacheca non può essere utilizzata per comunicazioni riferite a singoli condomini e ciò sia per i dati personali, sia per i beni ad essi riferibili. Nel caso di comunicazioni affisse in bacheca riguardanti la morosità di un condomino o di più condomini, la dimostrazione del dannoconseguenza prodotto nella sfera personale del soggetto interessato, può derivare da testimonianze, da documenti e da presunzioni Nella fattispecie, all'esito dell'attività istruttoria svolta in secondo grado, ritenuta invece non necessaria dal Giudice di Pace, devono essere valutati i seguenti elementi: 1) la dott.ssa AA, in sede di interrogatorio formale, ha negato il dato fattuale dell'affissione in bacheca del documento da parte sua come amministratrice del condominio, ma ha ammesso che, per la ricostruzione della gestione contabile precedente alla sua nomina (avvenuta nel dicembre 2014), l'assemblea aveva deliberato di conferire a lei l'incarico a titolo oneroso non aderendo alla proposta del condomino AA di redigere il bilancio della gestione pregressa a titolo gratuito; 2) la stessa, a proposito dell'elenco affisso in bacheca, ha dichiarato testualmente che sembra essere il riparto approvato in assemblea nell'ottobre 2016 ; 3) il testimone CC nella posizione di portiere dello stabile, ha dichiarato che: più volte ho assistito a discussioni tra i condomini sulla questione riguardante il diniego dell'amministratrice di consentire l'esame della documentazione contabile presso lo stabile condominiale; molti condomini si lamentavano di questo diniego; ricordo che (...) la BB mi chiese di consegnarle le chiavi della bacheca poiché le stesse dovevano essere gestite solo da lei; dopo qualche giorno vidi che era stato inserito nelle due bacheche 1 elenco dei condomini con indicato accanto l'importo di cui erano debitori nei confronti del condominio; preciso che le chiavi delle bacheche erano nella disponibilità esclusiva dell'amministratrice e che le bacheche non erano in uso di altri (...) più volte il AA chiese a me di togliere l'elenco ma io non potevo perché non avevo le chiavi; 4) il CC ha riconosciuto le fotografie prodotte dall'appellante ritraenti lo stato dei luoghi, le bacheche, il documento affisso; 5) i dati riferiti dal CC hanno trovato riscontro nelle deposizioni testimoniali dei condomini AB e AC Il quadro probatorio consente, quindi, di ritenere che l'amministratrice, dopo l'incarico conferitole dall'assemblea, abbia ricostruito la pregressa gestione contabile ed abbia individuato le posizioni debitorie verso il condominio redigendo il documento poi affisso in bacheca. Più di recente, i Giudici di legittimità (cfr. Cass. Sez. I 7 ottobre 2022 n.29323) hanno ribadito il precedente orientamento affermando che: Questa Corte ha già avuto modo di stabilire che la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (v. Cass. Sez. 1 n. 1844313), non consente che gli Spa zi condominiali, aperti all'accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere utilizzali per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; ne consegue che fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un'indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilità civile ai sensi degli arti. Il e 15 del citalo codice (v. Cass. Sez. 2 n. 18611). Il principio si coniuga con la precisazione che, ai sensi di legge, dato personale , oggetto di tutela, è qualunque informazione relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente (Cass. Sez. 2 n. 1766518, Cass. Sez. 1 n. 1516121). Nell'articolo 15 del codice in materia di dati personali il legislatore ha ritenuto opportuno estendere la tutela anche ai danni non patrimoniali, a mezzo di uno strumento risarcitorio di grande ampiezza teso a garantire l'effettiva operatività della corrispondente sanzione a carico del responsabile dell'illecito e la conseguente maggiore incisività alla norma afferente. In tema di danno non patrimoniale il danneggiato può ricorrere e anzi normalmente ricorre alla prova presuntiva, tenuto conto ella natura immateriale del bene della vita concretamente leso (v. la fondamentale Cass. Sez. U n. 2697208). Donde, una volta stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che è connaturato alla natura del diritto leso . Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'articolo 15delD.Lgs. n. 196 del 2003(codice della privacy) è determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli articolo 2e21Cost, e dall'articolo 8della CEDU. Esso non si sottrae alla verifica della gravità della lesione e della serietà del danno , in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex articolo 2Cost., di cui quello di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato ( v. Cass. Sez. 61n. 1738320, Cass. Sez. 3 n. 1613314). Ciò posto, è ragionevole presumere che dall'affissione nella bacheca dell'androne condominiale ovvero in un luogo potenzialmente accessibile a chiunque di un documento attestante una condizione soggettiva di inadempimento degli obblighi di pagamento verso la compagine condominiale sia derivato per il condomino esercente l'attività professionale di commercialista un danno non patrimoniale. Il Tribunale, considerando i tempi di durata dell'affissione (tre mesi) ed il fatto che il AA non ha tempestivamente chiesto all'amministratrice la rimozione del documento affisso, decidendo di proporre querela il 23 febbraio 2017, determina equitativamente il danno da risarcire nella misura di euro1.000,00, già rivalutata. L'accoglimento del gravame e della domanda risarcitoria implica la condanna della convenutasoccombente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel giudizio d'appello n.20492022 RG, fra le parti indicate in epigrafe, avverso la sentenza n. 1951/2021 del Giudice di Pace di Taranto, così provvede: in accoglimento dell'appello, con integrale riforma della sentenza di primo grado, ritenuta fondata la domanda risarcitoria per il danno non patrimoniale proposta dall'attoreappellante, condanna la convenutaappellata al pagamento della somma di euro1.000,00 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; condanna la convenutaappellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate negli esborsi per le iscrizioni a ruolo e nell'importo di euro 1.500,00 per compenso professionale oltre rimborso spese generali, cap, iva.