Il docente a tempo determinato che non ha chiesto di fruire delle ferie durante il periodo di sospensione delle lezioni ha diritto all'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo inutilmente invitato a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie e alla indennità sostitutiva […].
[…] In quanto la normativa interna - e, in particolare, l'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, come integrato dall'articolo 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012 - deve essere interpretata in senso conforme all'articolo 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE, che, secondo quanto precisato dalla Corte di Giustizia, Grande Sezione (con sentenze del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569/16 e C-570/16, e in cause C-619/16 e C-684/16), non consente la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite e dell'indennità sostitutiva, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante una informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro. Questo il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte con la pronuncia in analisi. Nello specifico, la controversia coinvolgeva due insegnanti che, al termine del loro incarico nell'anno scolastico 2012/2013, avevano richiesto il pagamento delle ferie maturate e non utilizzate. La Cassazione ha accolto il ricorso dei docenti, cassando la sentenza della Corte d'Appello di Bologna, che aveva negato tale diritto basandosi su un'interpretazione restrittiva della normativa. Come sottolineato dai Giudici, i docenti a termine hanno, infatti, diritto all'indennità sostitutiva delle ferie non godute, a meno che il datore di lavoro non dimostri di averli invitati a fruirne, informandoli adeguatamente delle conseguenze della mancata fruizione. La pronuncia in commento, che si basa sulla necessità di conformità tra la normativa interna, in particolare l'articolo 5, comma 8, del d.l. 95/2012 e la direttiva europea 2003/88/CE sul diritto alle ferie retribuite, ha evidenziato che il diritto alle ferie non può essere automaticamente perso senza una verifica adeguata del comportamento del datore di lavoro. Difatti, quest'ultimo deve assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare tale diritto; «a questo fine, egli è segnatamente tenuto ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo - se necessario formalmente - a farlo, e, nel contempo, informandolo - in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie in esame siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, siffatte ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato o, ancora, alla cessazione del rapporto di lavoro, se quest'ultima si verifica nel corso di un simile periodo. Inoltre, l'onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro.»
Presidente Tria - Relatore Garri Fatti di causa B.S.F. e S.G., insegnanti a tempo determinato nell'a.s. 2012/2013 fino al 30 giugno 2013, hanno convenuto il MIUR per sentire accertare il loro diritto al pagamento delle ferie non godute. Il MIUR si è costituito tardivamente. Il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza n. 166/2018, ha accolto il ricorso. Il MIUR ha proposto appello assieme all'Ufficio scolastico regionale Emilia-Romagna. La Corte d'appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 604/2019, ha accolto l'appello. B.S.F. e S.G. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il MIUR si è difeso con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articolo 115, 342, 345 e 434, come modificati dalla legge n. 134 del 2012 c.p.c. in quanto la Corte territoriale avrebbe errato a respingere le sue eccezioni preliminari di inammissibilità. Il motivo è inammissibile. Gli articolo 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla legge n. 134 del 2012, vanno letti nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., SU, n. 27199 del 16 novembre 2017). La Corte territoriale ha accertato che il gravame del MIUR rispettava i requisiti di cui sopra, atteso che contestava l'interpretazione della normativa ritenuta applicabile fornita dal giudice di primo grado, indicando le ragioni in diritto a ciò sottese e, sul punto, le ricorrenti hanno preso posizione in maniera estremamente generica. Inoltre, la Corte territoriale ha rilevato che non vi era stata contestazione in appello dei conteggi e della mancata richiesta stragiudiziale di pagamento delle ferie. 2) Con il secondo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione dell'articolo 19 CCNL scuola. 3) Con il terzo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, come modificato dalla legge n. 228 del 2012. La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che i contratti a tempo determinato dei ricorrenti erano scaduti il 30 giugno 2013, con la conseguenza che gli interessati non avrebbero avuto la possibilità di godere delle ferie, pur avendole accumulate ai sensi degli articolo 13 e 19 del CCNL Scuola. La sentenza di appello avrebbe errato nell'affermare che la normativa dettata dal d.l. n. 95 del 2012 avrebbe determinato l'azzeramento delle ferie residue al 31 dicembre 2012, così impedendone la monetizzazione. In realtà, il diritto a ricevere l'indennità in esame sarebbe sorto al momento della cessazione del rapporto di lavoro (il 30 giugno 2013); pertanto, era a questa data che avrebbe dovuto essere valutata l'esistenza di una norma preclusiva del pagamento delle ferie maturate e non godute. L'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 avrebbe già cessato di avere effetto nei confronti dei docenti a tempo determinato dal 1° gennaio 2013, ai sensi dell'articolo 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012. Le due doglianze, che, stante la stretta connessione, possono essere trattate congiuntamente, sono fondate. Al riguardo, trova applicazione il principio affermato da questa Corte secondo cui il docente a tempo determinato che non ha chiesto di fruire delle ferie durante il periodo di sospensione delle lezioni ha diritto all'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo inutilmente invitato a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie ed alla indennità sostitutiva, in quanto la normativa interna – e, in particolare, l'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, come integrato dall'articolo 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012 - deve essere interpretata in senso conforme all'articolo 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE che, secondo quanto precisato dalla Corte di Giustizia UE, Grande Sezione (con sentenze del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569/16 e C-570/16, e in cause C-619/16 e C-684/16), non consente la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite e dell'indennità sostitutiva, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante una informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro (Cass., Sez. L, n. 14268 del 5 maggio 2022). Occorre considerare, in relazione al periodo di causa (anno scolastico 2012/2013), tanto le disposizioni del contratto collettivo del personale della scuola del quadriennio 2006/2009 che la normativa di legge sulle ferie intervenuta nell'anno 2012. Il CCNL 2006/2009 per il personale del Comparto SCUOLA, del 29 novembre 2007, ha disciplinato le ferie del personale all'articolo 13. Per il personale docente rilevano i commi 9 e 10. In base al comma 9, le ferie devono essere fruite dal personale docente durante i periodi di sospensione delle attività didattiche; durante la rimanente parte dell'anno può essere fruito dal personale docente un periodo di ferie non superiore a sei giornate lavorative, subordinatamente alla possibilità di sostituzione del docente con altro personale in servizio nella stessa sede, senza oneri aggiuntivi. Il comma dieci stabilisce, per i soli docenti a tempo indeterminato, che le ferie che non possono essere fruite nell'anno scolastico di riferimento, in tutto o in parte, per particolari esigenze di servizio - ovvero per motivate esigenze di carattere personale e di malattia - sono godute, entro l'anno scolastico successivo, sempre nei periodi di sospensione dell'attività didattica. Il successivo articolo 19 dello stesso CCNL - relativo al regime di ferie, permessi ed assenze del personale a tempo determinato - dopo un generale rinvio alle previsioni relative al personale a tempo indeterminato, pone alcune precisazioni. In particolare, ai sensi del comma 2, qualora la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato sia tale da non consentire la fruizione delle ferie, le stesse sono liquidate al termine dell'anno scolastico (e, comunque, dell'ultimo contratto stipulato nel corso dell'anno scolastico). La previsione collettiva stabilisce, inoltre, che «La fruizione delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni nel corso dell'anno scolastico non è obbligatoria. Pertanto, per il personale docente a tempo determinato che, durante il rapporto di impiego, non abbia chiesto di fruire delle ferie durante i periodi di sospensione delle lezioni nel corso dell'anno scolastico, si dà luogo al pagamento sostitutivo delle stesse al momento della cessazione del rapporto». La norma deve essere interpretata nel senso che il personale docente a termine non è obbligato a fruire delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni che si verificano tra il primo e l'ultimo giorno di scuola - come fissati dal calendario regionale - dovendo intendersi in questo senso la locuzione «periodi di sospensione delle lezioni nel corso dell'anno scolastico». Pertanto, diversamente dal personale di ruolo, il personale docente a termine non è tenuto a chiedere le ferie né può essere messo in ferie d'ufficio durante il periodo dell'anno scolastico in cui, secondo il calendario regionale, si svolgono le lezioni. Le ferie non godute vengono liquidate alla cessazione del rapporto a termine. Sulla disciplina delle ferie nel pubblico impiego è intervenuto il legislatore nell'anno 2012. L'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 6 luglio 2012, conv., con modif., dalla legge n. 135 del 2012, ha così disposto: «Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (…), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile». La norma è stata oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 6 maggio 2016 che, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità sollevata sotto il profilo della violazione degli articolo 3,36, commi 1 e 3, e 117, comma 1, Cost. (in relazione all'articolo 7 della direttiva del 4 novembre 2003 n. 2003/88/CE), ha rilevato l'erroneità del presupposto interpretativo da cui muoveva il giudice remittente ovvero che il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute si applicasse anche quando il lavoratore non abbia potuto godere delle ferie per malattia o per altra causa non imputabile. In sintesi, la Corte costituzionale ha evidenziato che il diritto inderogabile alle ferie sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore; così interpretata, ha concluso la Corte, la normativa censurata, introdotta al precipuo scopo di arginare un possibile uso distorto della monetizzazione, non si pone in antitesi con principi ormai radicati nell'esperienza giuridica italiana ed europea. Nello stesso anno 2012 il legislatore è nuovamente intervenuto - con l'articolo 1, commi da 54 a 56, della legge n. 228 del 2012 - dettando una disciplina speciale delle ferie per il personale della scuola. In base al comma 54 del detto articolo 1, il personale docente - senza alcuna distinzione tra docenti a termine e docenti a tempo indeterminato - fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. Durante la rimanente parte dell'anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative, subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Il successivo comma 55 ha aggiunto un ultimo periodo all'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, sopra trascritto, precisando che la sua disciplina non si applica «al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie». La previsione non riguarda, dunque, il personale con supplenza annuale (fino al 31 agosto). Da ultimo, il comma 56 dello stesso articolo 1, ha disposto che la disciplina dei commi 54 e 55 non può essere derogata dai contratti collettivi nazionali di lavoro e che le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013. In sostanza, nel periodo intercorrente tra la legge n. 135 del 2012 (di conversione del d.l. n. 95 del 2012) e la legge n. 228 del 2012 tutto il personale della scuola, anche a termine, è stato sottoposto alla disciplina generale del pubblico impiego e, dunque, all'obbligo di godere (anche d'ufficio) delle ferie e al divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi delle ferie, con disapplicazione delle più favorevoli previsioni del CCNL 2006/2009. Con l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 54, della legge n. 228 del 2012, tuttavia, per il personale docente della scuola è stata introdotta una disciplina speciale, modellata su quella già prevista dall'articolo 13, comma 9, CCNL Scuola 2006/2009 ed estesa anche ai dipendenti a termine. Il successivo comma 55 ha autorizzato per il personale a termine della scuola, docente e non docente, con contratto breve o fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, la liquidazione della indennità sostitutiva delle ferie, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui a tale personale è consentito di godere delle ferie. La disapplicazione delle disposizioni contrattuali più favorevoli è avvenuta soltanto dal 1° settembre 2013. Il giudice dell'appello ha errato, dunque, quando ha negato che il detto comma 56 abbia attribuito perdurante efficacia fino al 31 agosto 2013 alle preesistenti clausole contrattuali in contrasto con esso e qui rilevanti; la disciplina delle ferie dei docenti a termine, per effetto di tale previsione, continuava ad essere regolata fino al 31 agosto 2013 dall'articolo 19 CCNL SCUOLA 2006/2009, a tenore del quale i docenti a termine non erano obbligati a fruire delle ferie nel periodo dell'anno scolastico destinato alle lezioni, con monetizzazione delle ferie non godute. Va precisato, poi, che la questione di causa perde rilievo in ragione della necessità di interpretare le norme interne - e, tra esse, l'articolo 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, così come integrato dall'articolo 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012 - in conformità alle norme del diritto dell'Unione. La CGUE, Grande sezione, con tre sentenze del 6 novembre 2018 (rispettivamente, in cause riunite C-569/16 e C-570/16; in causa C-619/16; in causa C-684/16), nell'interpretare l'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE, in combinazione con l'articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ha affermato che esso osta ad una normativa nazionale in applicazione della quale il lavoratore che non ha chiesto di potere esercitare il proprio diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro perde automaticamente i giorni di ferie annuali retribuite cui aveva diritto ai sensi del diritto dell'Unione alla data di tale cessazione e, correlativamente, il proprio diritto a un'indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza una previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare il proprio diritto alle ferie prima di tale cessazione, attraverso un'informazione adeguata da parte di quest'ultimo. In particolare, il giudice europeo ha precisato che l'articolo 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che comprenda finanche la perdita del diritto alle ferie allo scadere del periodo di riferimento (o di un periodo di riporto), purché, però, il lavoratore che non ha più il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto. Il datore di lavoro deve, per contro, assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare tale diritto; a questo fine, egli è segnatamente tenuto ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo - se necessario formalmente - a farlo, e, nel contempo, informandolo - in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie in esame siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, siffatte ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato o, ancora, alla cessazione del rapporto di lavoro, se quest'ultima si verifica nel corso di un simile periodo. Inoltre, l'onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro. Le condizioni de quibus possono essere ricondotte in via interpretativa al testo dell'articolo 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, in quanto presupposto della imputabilità al lavoratore del mancato godimento delle ferie, che la Corte costituzionale ha già ritenuto essere richiesta dalla norma. Pertanto, il docente a termine non può perdere il diritto alla indennità sostitutiva delle ferie per il solo fatto di non averle chieste, se non dopo essere stato invitato dal datore di lavoro a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie ed alla indennità sostitutiva. Nella specie, non risulta che la corte territoriale abbia valutato se la P.A. abbia assolto a tale onere sulla stessa gravante e, dunque, il ricorso va accolto. 3) In sintesi, il ricorso è accolto quanto ai motivi secondo e terzo, inammissibile il primo. La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite, applicando il seguente principio di diritto: ‹‹Il docente a tempo determinato che non ha chiesto di fruire delle ferie durante il periodo di sospensione delle lezioni ha diritto all'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo inutilmente invitato a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie e alla indennità sostitutiva, in quanto la normativa interna - e, in particolare, l'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, come integrato dall'articolo 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012 - deve essere interpretata in senso conforme all'articolo 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE, che, secondo quanto precisato dalla Corte di Giustizia, Grande Sezione (con sentenze del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569/16 e C-570/16, e in cause C-619/16 e C-684/16), non consente la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite e dell'indennità sostitutiva, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante una informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro››. P.Q.M. La Corte, - accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo; - cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.