Minore pensione e prescrizione: il danno da anticipato collocamento a riposo

Il danno patrimoniale causato dalla perdita di contribuzione previdenziale e dalla conseguente ridotta pensione, in ragione del collocamento anticipato a riposo per un infortunio, è una conseguenza diretta dell'evento lesivo. Pertanto, la prescrizione del diritto al risarcimento decorre da quel momento, non trattandosi né di un danno sopravvenuto né di un illecito permanente secondo l'articolo 2116, comma 2, c.c.

Il Tribunale territorialmente competente, con sentenza, ha condannato una società e la relativa compagnia di assicurazione, in solido, al risarcimento del danno biologico e morale subito da un lavoratore in conseguenza di un infortunio verificatosi durante il rapporto di lavoro. La società è stata, altresì, condannata al pagamento di un'ulteriore somma pari alla franchigia assicurativa. La Corte distrettuale ha successivamente respinto l'impugnazione proposta dal lavoratore in relazione a due capi della sentenza di primo grado: (i) il riconoscimento di una responsabilità concorsuale nella verificazione dell'infortunio e (ii) il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, relativo alla differenza tra le retribuzioni non percepite ed il trattamento pensionistico fruito in seguito al collocamento anticipato a riposto. Secondo la Corte, l'evento lesivo doveva ritenersi insorto al momento del collocamento a riposo, da cui correttamente era stata ritenuta decorrere la prescrizione. A seguito dell'accoglimento in cassazione del ricorso proposto dal lavoratore nel corso del secondo grado, la Corte d'Appello ha accertato la responsabilità esclusiva della società nella verificazione dell'infortunio, condannandola: in solido con la compagnia assicurativa, al pagamento di una determinata somma a titolo di danno non patrimoniale, (al netto di quanto già versato in esecuzione delle precedenti pronunce), oltre interessi; al pagamento di un'altra somma, a titolo di danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, con l'obbligo per la compagnia di assicurazione di tenere indenne la società da tale pagamento. Avverso la decisione di secondo grado il lavoratore ricorreva in cassazione a cui resistevano la società e la relativa compagnia di assicurazione. Danno previdenziale Con riferimento alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita delle contribuzioni previdenziali sulle retribuzioni future che il lavoratore avrebbe percepito in assenza del collocamento anticipato a riposo, la Corte di Cassazione ha ribadito l'esistenza di una stretta connessione tra la mancata contribuzione e la conseguente riduzione della prestazione pensionistica. Pertanto, l'evento lesivo deve essere individuato nel momento stesso del collocamento a riposo, da cui decorre il termine di prescrizione, come già statuito nella sentenza impugnata. Danno contributivo La Suprema Corte richiama quanto affermato dal Tribunale, ossia che solo il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria decorre dal momento in cui si verifica l'evento lesivo, salvo che sopraggiungano conseguenze pregiudizievoli ulteriori rispetto alla lesione originaria, le quali siano qualificabili come eventi nuovi e autonomi. Nel caso in esame, l'evento lesivo, secondo la Corte di Cassazione, è rappresentato dall'anticipata cessazione del rapporto di lavoro, a seguito della quale il lavoratore avrebbe potuto sin da subito richiedere il risarcimento per la riduzione del trattamento pensionistico spettante al raggiungimento dell'età pensionabile (e fino al compimento dell'80°anno di vita, previsto per il 26 novembre 2024), in ragione della minore contribuzione versata. Si tratta, pertanto, di una conseguenza pregiudizievole prevedibile e non sopravvenuta. Inquadramento giuridico La Corte di Cassazione precisa che le pretese risarcitorie relative al danno contributivo e al danno previdenziale non rientrano nell'ambito dell'articolo 2116, comma 2, c.c.. Il fatto costitutivo principale del diritto azionato è rappresentato appunto dall'infortunio occorso al lavoratore, in relazione al quale è stata accertata in via definitiva la responsabilità esclusiva del datore di lavoro. Un ulteriore elemento rilevante è costituito dall'anticipo collocamento a riposo, conseguenza della forzata interruzione del rapporto di lavoro determinata dallo stesso infortunio. Il pregiudizio lamentato non deriva da un'omessa, insufficiente o irregolare contribuzione durante il rapporto di lavoro né si configura come un illecito di natura permanente, ma si qualifica quale effetto immediato e diretto dell'evento infortunistico e del suo impatto sulla posizione lavorativa e previdenziale del lavoratore.

Presidente Doronzo - Relatore Caso Fatti di causa 1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d'Appello di L'Aquila ha respinto l'appello proposto da Di.Gi. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 13/2018, che aveva rigettato il suo ricorso depositato il 9.2.2017, nei confronti della A.S.M. - AQUILANA SOCIETÀ MULTISERVIZI Spa, con il quale ricorso aveva chiesto di sentir condannare la convenuta: a) al risarcimento del danno patrimoniale subito in ragione dell'infortunio sul lavoro occorso allo stesso in data 8.3.2000, pari alla differenza tra la retribuzione che avrebbe percepito come dipendente nel periodo compreso dal 31.12.2019 sino all'1.3.2022, data della nuova (ex c.d. legge Fornero) età pensionabile, ed il trattamento pensionistico effettivamente ricevuto, pari a complessivi Euro 26.520,46, o comunque nella maggior o minor somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; b) al risarcimento del danno patrimoniale relativo alla minore contribuzione previdenziale versata per anticipato collocamento a riposo nel periodo ottobre 2002-dicembre 2021, pari alla complessiva somma di Euro 169.422,91, in ogni caso alla maggior o minor somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione; c) al risarcimento del danno patrimoniale relativo alla minore rata pensionistica spettante per effetto della minore contribuzione previdenziale versata per anticipato collocamento a riposo, nel periodo dal 1 marzo 2022 al 26.11.2034 (compimento dell'80 anno di vita), pari alla complessiva somma di Euro 133.380,73, o comunque alla maggior o minor somma accertata in corso del giudizio, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; in primo grado, su richiesta della convenuta, era stata autorizzata la chiamata in causa in garanzia della ASSIMOCO Spa, che, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda di risarcimento del ricorrente. 2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale dava estesamente conto degli antecedenti giudiziari della complessa vicenda per cui è causa, come riferiti dallo stesso appellante, e quindi dei motivi d'impugnazione formulati da quest'ultimo. 3. Tanto premesso, la Corte in primo luogo dava atto che, nel corso del secondo grado, era intervenuta la pronuncia di questa Corte di Cassazione n. 6269 del 4 marzo 2019, che, all'esito del precedente giudizio tra le medesime parti attuali, aveva respinto il ricorso proposto dal Di.Gi. avverso la sentenza emessa in data 12 ottobre 2016 dalla Corte di Appello di Roma, in sede di riassunzione del giudizio in esito alla cassazione della sentenza della Corte di Appello di L'Aquila n. 138/2008 (di rigetto degli appelli principale e incidentali avverso la sentenza di primo grado) decisa con la sentenza della Corte di Cassazione n. 27127/2013. 3.1. Per la Corte territoriale, allora, era passata in cosa giudicata la sentenza della Corte di Appello di Roma (n. 4351/2016) che - ferma l'accertata esclusiva responsabilità di A.S.M. - AQUILANA SOCIETÀ MULTISERVIZI Spa in ordine all'infortunio occorso l'8 marzo 2000 al dipendente Di.Gi. e la già disposta condanna della società datrice al pagamento della somma di Euro 2.582,00, oltre interessi (a titolo di franchigia sul danno biologico liquidato) - aveva condannato la predetta società, in solido con ASSIMOCO Assicurazioni Spa, alla corresponsione, in favore del lavoratore a titolo di danno non patrimoniale, della complessiva somma di Euro 54.648,46, con detrazione di quanto corrisposto in esecuzione delle precedenti pronunce, oltre interessi come statuito nei gradi precedenti, nonché la A.S.M. Spa al pagamento, in favore di Di.Gi. a titolo di danno patrimoniale, della somma di Euro 159.344,43, oltre rivalutazione ed interessi legali ed ASSIMOCO Assicurazioni Spa a tenerla indenne dal pagamento di detta somma. 4. Ciò considerato, la Corte evidenziava l'infondatezza delle censure sottese al primo motivo di gravame, che involgevano per lo più considerazioni di carattere processuale (possibilità di riproporre la domanda dichiarata inammissibile perché nuova ) e che non affrontavano adeguatamente la prevalente ratio decidendi afferente il principio di infrazionabilità della domanda, il quale si pone ogni qual volta diversi e distinti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo. 4.1. Dopo aver illustrato quanto considerato e deciso nella sentenza passata in cosa giudicata (ossia, la sent. n. 4351/2016 della Corte d'Appello di Roma), la Corte aquilana conveniva con la sentenza impugnata di primo grado allorché aveva rilevato che nel preteso ricalcolo delle somme, conseguente ad uno slittamento temporale dell'età per il pensionamento, non si era in presenza di un diverso e distinto diritto di credito per diversa fonte, presupposti e finalità, ma di un medesimo credito già richiesto nel separato giudizio, che poteva essere domandato con l'indicata maggiore delimitazione temporale già nel giudizio rescindente, quando la c.d. Legge Fornero era già entrata in vigore, come affermato dalla Corte di Appello (di Roma), in sede di rinvio, quando aveva rilevato, non solo la preclusione imposta dall'articolo 112 c.p.c. in difetto di domanda, ma che il Di.Gi. aveva riaffermato la originaria delimitazione temporale (al 3.11.2019) in base alla quale calcolare il credito risarcitorio azionato anche nel ricorso in riassunzione, depositato in epoca successiva alla riforma Fornero. 5. Per la Corte, doveva essere confermata la sentenza impugnata sia nella parte in cui aveva ritenuto la domanda non frazionabile e negato il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla differenza tra la pensione percepita e le mancate retribuzioni per il periodo dal 31.12.2019 all'1.3.2022 (oggetto del primo motivo di gravame), sia nella parte in cui ha negato il diritto al risarcimento del danno patrimoniale conseguente alla perdita delle contribuzioni previdenziali sulle retribuzioni future che l'appellante avrebbe percepito se non fosse stato collocato a riposo anzitempo nel periodo dal 23 ottobre 2002 fino al febbraio 2022 (oggetto del secondo motivo di appello) trattandosi di domanda già predicata come domanda nuova dalla sentenza passata in cosa giudicata e, come tale, ritenuta non potere trovare ingresso nella fase rescindente proprio nella parte in cui la stessa è stata esplicitata nella richiesta di ulteriori somme a titolo di minor versamento contributivo nell'arco temporale di 16 anni che produrrà un minor importo della pensione di vecchiaia presumibilmente di Euro 10.000,00 per ogni anno per un numero di anni di vita del pensionato in base agli ultimi dati statistici, di 15 anni e che produrrà un ulteriore danno di Euro 15.000,00 . 5.1. In ogni caso, secondo la Corte, l'evento lesivo non poteva che essere fatto risalire al momento del collocamento a riposo, sicché del tutto condivisibilmente era stata statuita dalla sentenza impugnata la prescrizione. 6. Infine, quanto al terzo motivo di appello che, per la Corte, costituiva una sostanziale replica del secondo, riteneva che il pregiudizio con esso fatto valere nella stessa prospettazione dell'allora appellante non si apprezzava come autonomo rispetto a quello oggetto della richiesta sottesa al secondo motivo di appello, stante che l'asserito danno da pretesa maggiore entità della rata pensionistica ovvero la contrazione dell'ammontare del complessivo trattamento pensionistico era stata direttamente correlata alla riduzione della componente contributiva. 7. Avverso tale decisione Di.Gi. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 8. Hanno resistito le società intimate con distinti controricorsi. 9. Hanno depositato memoria il ricorrente e la A.S.M. 10. Le controricorrenti hanno, altresì, depositato istanze di liquidazione delle spese processuali per la fase di sospensione dell'esecuzione ex articolo 373 c.p.c. dinanzi alla Corte territoriale, che le avevano viste vittoriose. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo è rubricato: Piena ammissibilità della domanda da danno contributivo e da danno pensionistico (o previdenziale). Falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. e dell'articolo 324 c.p.c. in relazione all'articolo 360 n. 3), c.p.c. . Deduce il ricorrente che la Corte territoriale sembrerebbe rigettare il gravame in merito al richiesto danno contributivo e al richiesto danno pensionistico in quanto si tratta ... di identiche poste di danno già domandate per la prima volta nel giudizio rescindente, semplicemente riproposte con il ricorso introduttivo del presente giudizio... . E, secondo il ricorrente, dalla contraddittorietà di tale assunto deriva la falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. in quanto in merito al diritto di richiedere tale partita di danno non si era mai formato giudicato, proprio perché richiesta per la prima volta nel giudizio rescindente. Infatti, non era comprensibile per quale motivo la domanda inammissibile - mai vagliata nel merito - non poteva proporsi ex novo con un diverso e autonomo giudizio. 2. Il secondo motivo è rubricato: Danno contributivo/prescrizione/insussistenza/violazione e falsa applicazione degli articolo 2934,2935,2947 e 2948 c.c., nonché dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360, n. 3, c.p.c. . Il ricorrente rileva, anzitutto, la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, al secondo cpv. di pagina 9, dopo aver motivato circa la già contestata improponibilità della domanda, la Corte abruzzese la dichiara anche prescritta, andando addirittura oltre i limiti imposti dall'articolo 112 c.p.c. Sul punto, secondo il ricorrente, il Tribunale (vedi pag. n. 6, 2 e 3 cpv.) nulla aveva disposto in merito alla prescrizione del diritto, né le appellate avevano sul punto promosso appello incidentale. Per tale motivo, il giudice del gravame non poteva pronunciare d'ufficio - quanto meno in relazione al danno contributivo, una declaratoria di intervenuta prescrizione. Secondo il ricorrente, poi, il diritto in questione stava maturando tuttora (perché egli, secondo la vigente, normativa, se non avesse subito l'infortunio, starebbe ancora in servizio). 3. Il terzo motivo è rubricato: Danno pensionistico (o previdenziale)/prescrizione/insussistenza/violazione e falsa applicazione degli articolo 2934,2935,2947 e 2948 c.c. in relazione all'articolo 360, n. 3, c.p.c. . Per il ricorrente, valevano anche sotto il profilo del danno pensionistico o previdenziale, le medesime osservazioni in diritto proposte per il danno contributivo. Poiché, però, a differenza del precedente, in tale caso la prescrizione era già stata velatamente dedotta dal giudice di prime cure, senza ben comprendere se avesse ritenuto di applicarla o meno), la specifica questione di diritto meritava una trattazione a parte. E secondo il ricorrente nella specie era del tutto evidente che il danno in questione si produrrà alla maturazione dei requisiti necessari per il diritto alla pensione di vecchiaia e, in particolare, al raggiungimento dell'età pensionabile (nel caso di specie, 67 anni e 3 mesi). Di conseguenza, era a tale momento che si verificherebbe il danno risarcibile e, quindi, era solo da esso che iniziava a decorrere il tempo necessario a far maturare la prescrizione. 4. Ai fini di una migliore comprensione dei motivi di ricorso, giova premettere che il procedimento in cui è stata resa l'impugnata sentenza era stato preceduto da una lunga e distinta vicenda giudiziaria tra le medesime parti, snodatasi in vari passaggi decisori, come di seguito sintetizzati: I) il Tribunale di L'Aquila, con sent. n. 309/2005, aveva: condannato la A.S.M. e la ASSIMOCO, in solido tra loro, al risarcimento del danno biologico e morale subito dal lavoratore per l'infortunio sul lavoro occorsogli l'8.3.2000 e condannato l'A.S.M. per gli stessi titoli al pagamento di altra somma (pari alla franchigia assicurativa), ma disatteso le altre domande; II) la Corte d'Appello di L'Aquila, con sent. 138/2008, aveva respinto l'appello proposto dal lavoratore avverso il capo della sentenza di primo grado che aveva affermato la sua responsabilità concorsuale nella verificazione dell'infortunio e avverso il capo della stessa sentenza che aveva disatteso la domanda relativa al danno patrimoniale, costituito dalla differenza tra le mancate retribuzioni e il trattamento pensionistico percepito in seguito al collocamento a riposo anticipato dall'ottobre 2002; III) a seguito di accoglimento del ricorso per cassazione del lavoratore con sent. di questa Corte n. 27127/2013 (sul punto del concorso di colpa del lavoratore), la Corte di appello di Roma, indicata quale giudice di rinvio, con sent. 4351/2016 - disposta C.T.U. contabile per quantificare il danno patrimoniale patito per la forzata anticipata cessazione del rapporto di lavoro - aveva accertato la responsabilità della ASM - AQUILANA SOCIETÀ MULTISERVIZI Spa nell'infortunio occorso a Di.Gi. l'8.3.2000 ed aveva condannato detta società, in solido con la ASSIMOCO Spa, a corrispondere al Di.Gi., a titolo di danno non patrimoniale, la complessiva somma di Euro 54.648,46, da cui doveva detrarsi quanto già corrisposto in esecuzione delle precedenti pronunce, oltre interessi come già statuito nei gradi precedenti, nonché condannato la A.S.M. a corrispondergli la somma di Euro 159.344,53, oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge la ASSIMOCO a tenere indenne A.S.M. dal pagamento di quanto sopra liquidato a titolo di danno patrimoniale . 4.2. Come già riferito in narrativa la sent. n. 4351/2016 della Corte d'Appello di Roma è passata in giudicato nel corso del secondo grado di questo procedimento, per effetto del rigetto del ricorso per cassazione del lavoratore avverso quella sentenza, giusta ordinanza di questa Corte Suprema n. 6269/2019. 5. Ciò premesso, occorre ora evidenziare che tutti e tre i motivi di ricorso riguardano esclusivamente i capi della sentenza della Corte d'Appello attinenti al danno c.d. contributivo e al danno c.d. pensionistico (o previdenziale). Lo stesso ricorrente, infatti, prima di esporre le singole censure, ha specificato che intende impugnare detta sentenza nella parte dal 2 cpv. di pag. 8 in poi (cfr. pagg. 11-13 del ricorso); parte della motivazione che attiene appunto ai suddetti capi dell'impugnata sentenza. E di tanto, del resto, si trae conferma da rubrica e contenuto dei tre motivi. 5.1. Per conseguenza - non essendo stato impugnato in questa sede il capo di sentenza in cui è stato respinto il primo motivo d'appello che riguardava la parte della sentenza di primo grado che aveva disatteso la domanda del Di.Gi. volta ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla differenza tra la pensione percepita e le mancate retribuzioni per il periodo dal 31.12.2019 e l'1.3.2022 - su tale domanda (ossia, quella basata sulla nuova data dell'età pensionabile del lavoratore sostenuta in base alla riforma c.d. Fornero) si è formato giudicato interno. 6. Tutto ciò considerato, il secondo ed il terzo motivo, esaminabili congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati. 7. Nota il Collegio che, in apertura del secondo motivo di ricorso, il ricorrente erroneamente deduce una contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, dopo aver motivato circa l'improponibilità della domanda relativa al danno c.d. contributivo, la Corte l'ha dichiarata anche prescritta, senza peraltro tradurre tale deduzione nella denuncia di alcun vizio specifico dell'impugnata sentenza. 7.1. Difatti, la sentenza della Corte di merito si fonda, piuttosto, su una duplice ratio decidendi a riguardo. 7.2. Più nello specifico, con precipuo riferimento al preteso diritto al risarcimento del danno patrimoniale conseguente alla perdita delle contribuzioni previdenziali sulle retribuzioni future che l'appellante avrebbe percepito se non fosse stato collocato a riposo anzitempo nel periodo dal 23 ottobre 2002 fino al 28 febbraio 2022 (c.d. danno contributivo che formava oggetto in secondo grado del secondo motivo d'appello), la Corte distrettuale ha giudicato in un primo momento che si trattava di identiche poste di danno già domandate per la priva volta nel giudizio rescindente , vale a dire, nel precedente giudizio tra le stesse parti definito in sede di rinvio con la sent. n. 4351/2016 della Corte d'Appello di Roma (poi passata in giudicato), poste di danno, sempre per la Corte d'Appello, semplicemente riproposte con il ricorso introduttivo del presente giudizio nell'ambito della maggiore delimitazione temporale cui si è fatto riferimento,... (cfr. in extenso tra la pag. 8 e la pag. 9 della sua sentenza). 7.3. Vi è, però, una seconda ed autonoma ratio decidendi cui la Corte ha annesso valore dirimente nel merito, e che risulta idonea di per sé sorreggere la decisione sui capi in questione. 7.4. Ha, infatti, considerato la Corte che: In ogni caso, anche a voler dare rilievo alla prospettazione dell'appellante in termini risarcitori della lamentata minore contribuzione previdenziale versata dal datore di lavoro per effetto dell'anticipato collocamento a riposo (dal 23 ottobre 2002 fino al 28 febbraio 2022) a causa della forzata cessazione del rapporto di lavoro in anticipo rispetto al dovuto, per fatto e colpa della Società datrice di lavoro, non può non rilevarsi la diretta inerenza della stessa alla minore prestazione previdenziale che ne sarebbe conseguita - più propriamente oggetto del terzo motivo di gravame - il cui evento lesivo non può che essere fatto risalire al momento del collocamento a riposo e da cui la prescrizione statuita, del tutto condivisibilmente, dalla sentenza impugnata. A diversa conclusione non può pervenirsi neppure con riguardo alle censure sottese al terzo motivo di appello che costituisce una sostanziale replica del secondo, non potendo non rilevarsi che esiste una identità di domanda con quanto richiesto con quest'ultimo motivo, non potendo richiedersi al contempo il risarcimento del danno costituito dal mancato versamento contributivo e il danno derivante dal minore importo della pensione correlato alla minore contribuzione. Si tratta, infatti, di pregiudizio che nella stessa prospettazione di parte appellante non si apprezza come autonomo rispetto a quello oggetto dell'autonoma richiesta sottesa al secondo motivo di appello, stante che l'asserito danno da pretesa maggiore entità della rata pensionistica ovvero la contrazione dell'ammontare del complessivo trattamento pensionistico è stata direttamente correlata alla riduzione della componente contributiva . 8. Ebbene, il secondo motivo è infondato nella parte in cui vi si deduce un'extrapetizione della Corte territoriale perché si sarebbe espressa d'ufficio sulla prescrizione del diritto al risarcimento del danno c.d. contributivo. 8.1. Tale punto di censura è errato dove vi si assume che le allora appellate sul punto non avevano promosso appello incidentale . Difatti, le due società, essendo risultate totalmente vittoriose in primo grado, non erano tenute ad interporre alcuna impugnazione incidentale. 8.2. Erroneamente, ancora, il ricorrente, nell'ambito del terzo motivo, assume che, in relazione alla domanda circa il diritto al risarcimento del danno c.d. pensionistico, la prescrizione era già stata velatamente dedotta dal giudice di prime cure . Al contrario, infatti, come emerge chiaramente dal testo della sentenza n. 13/2018 del Tribunale di L'Aquila, prodotta dal ricorrente, il primo giudice, nel disattendere anche la domanda circa il risarcimento del danno conseguente al minore importo dell'assegno pensionistico spettante al raggiungimento dell'età pensionabile e fino al compimento dell'80 anno di vita (26 novembre 2034), in ragione della minore contribuzione versata dal 2002 al 2022 , si era chiaramente espresso nel senso che: Il diritto deve ritenersi prescritto su conforme eccezione sollevata dalle parti resistenti . In particolare, aveva considerato che: in tema di risarcimento del danno, solo in presenza di ulteriori conseguenze pregiudizievoli sopravvenute, il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria per il diritto inerente ad esse decorre dal loro verificarsi, purché sia ravvisabile una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l'esaurimento della condotta del responsabile, integrando un fatto nuovo ai fini del diritto al risarcimento. Nel caso in esame tuttavia, coincidendo il fatto lesivo con l'anticipata cessazione del rapporto di lavoro sin dall'ottobre 2002, determinatosi in conseguenza dell'infortunio occorso al Di.Gi., bene avrebbe potuto quest'ultimo, sin dall'immediatezza, richiedere il risarcimento del danno conseguente al minore importo dell'assegno pensionistico a lui spettante al raggiungimento dell'età pensionabile e fino al compimento dell'80 anno di vita (26 novembre 2034), in ragione della minore contribuzione versata dal 2002 al 2022, trattandosi di una conseguenza pregiudizievole non sopravvenuta . 8.3. Infine, il ricorrente non considera che la seconda ratio decidendi esposta dalla Corte di merito s'incentra anche sull'assunto, ulteriore ed autonomo rispetto alle considerazioni del primo giudice, che la pretesa risarcitoria circa il danno c.d. contributivo e quella circa il danno c.d. pensionistico erano in realtà espressive di un'unica domanda, secondo la stessa prospettazione di parte appellante ; del che fornisce conferma lo stesso ricorrente, quando nello sviluppo del terzo motivo deduce appunto che la mancata contribuzione da parte dell'Azienda datrice di lavoro, per un periodo di ben 20 anni (dal 2002 al 2022) in conseguenza della forzata anticipata risoluzione del rapporto di lavoro, a lei esclusivamente imputabile, si traduce per l'appellante in una inevitabile, consistente riduzione dell'ammontare del trattamento di pensione di vecchiaia spettante,... (così a pag. 18 del ricorso in esame). 9. Per tutte tali ragioni, il secondo motivo è inammissibile per la parte in cui vi si deduce la violazione dell'articolo 112 c.p.c. 10. Lo stesso motivo è infondato nella parte in cui vi si deduce la violazione delle norme di diritto di cui agli articolo 2934,2935,2947 e 2948 c.c.ex articolo 360, comma primo, n. 3), c.p.c. 10.1. In particolare, le pretese risarcitorie in questione (sia circa il danno c.d. contributivo che circa il danno c.d. pensionistico) non sono riconducibili all'ipotesi specifica di cui all'articolo 2116, comma secondo, c.c., come tenta di sostenere il ricorrente nell'ambito del terzo motivo. Invero, il principale ed originario fatto costitutivo anche di tale domanda è rappresentato dall'infortunio sul lavoro occorso al lavoratore l'8.3.2000, la cui esclusiva responsabilità in capo alla datrice di lavoro è ormai coperta da giudicato (esterno); il secondo fatto costitutivo è integrato dall'anticipato collocamento a riposo (dal 23 ottobre 2002), a sua volta, dipeso dalla forzata e anticipata cessazione del rapporto di lavoro a seguito di detto infortunio; con percezione, tuttavia, sia di pensione che di rendita INAIL (ed anche questi profili rientrano nel giudicato esitato alla sent. n. 4351/2019 della Corte d'Appello di Roma). Il pregiudizio che il ricorrente allega, quindi, non dipende da un'omessa, insufficiente o irregolare contribuzione in costanza di rapporto di lavoro, né riflette un illecito di natura permanente. Invece, l'illecito di cui è stata ritenuta responsabile la datrice di lavoro, sotto il profilo patrimoniale ora in considerazione, secondo la stessa prospettazione del lavoratore, ha iniziato a cagionare pregiudizio sin dal collocamento a riposo anticipato (dal 23.10.2002), e da tale data ben poteva essere fatto valere. 11. Nel corso dei gradi di merito ed anche in questa sede di legittimità non è stato posto il problema se le pretese risarcitorie in questione rientrassero nel deducibile già nel primo giudizio tra le medesime parti. 11.2. Piuttosto, era stato profilato che non ricorressero i presupposti per una tutela processuale frazionata (in base ai principi di diritto enunciati anzitutto da Sez. un. n. 4090/2017), ma con riferimento alla diversa domanda circa il risarcimento del danno pari alla differenza tra la retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito nel periodo dal 31.12.2019 all'1.3.2022 e il trattamento pensionistico ricevuto. 12. Ciò non toglie che, quando fu depositato in data 9.2.2017 il ricorso introduttivo del nuovo giudizio, fosse senz'altro maturata la prescrizione decennale rispetto alle differenti pretese risarcitorie oggetto del ricorso in esame. 13. Il terzo motivo è inammissibile per la parte in cui sono censurate considerazioni attribuite al giudice di prime cure (v. inizio di pag. 18 del ricorso). In ogni caso, per quanto già detto, esso è privo di fondamento per la parte in cui vi si sostiene una decorrenza del termine prescrizionale diversa da quella considerata dai giudici del doppio grado di merito. 14. Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, anche di recente confermato (v. nella motivazione Cass. n. 25969/2024), in caso di pronuncia fondata su doppia ratio decidendi, l'inammissibilità o l'infondatezza del motivo che investe una delle due ragioni decisorie, determina l'inammissibilità, per difetto di interesse, dei restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (Cass. n. 12372/2006). 15. Pertanto, la complessiva reiezione del secondo e del terzo motivo, attinenti alla seconda ratio decidendi in punto di maturata prescrizione, comporta l'inammissibilità per difetto d'interesse del primo motivo, che attinge la prima ratio decidendi. 16. Il ricorrente, in quanto soccombente, dev'essere condannato al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. 17. Siccome considerati nella motivazione dati relativi alla salute del ricorrente, va adottata a riguardo la statuizione specificata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ognuna di esse, in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, e, per la fase ex articolo 273 c.p.c., in Euro 2.500 per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi le generalità e gli altri elementi identificativi del ricorrente Di.Gi. a norma dell'articolo 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, come modificato dal D.Lgs. n. 101 del 2018.