Nel caso in cui non si ritenesse necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato assente sia rilasciata dopo la sentenza impugnata, è sufficiente che l'impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
Lo ha stabilito la Suprema Corte che, con la sentenza in esame, ha avuto modo di pronunciarsi sulla declaratoria di inammissibilità dell'appello fondata sulla mancata allegazione dello specifico mandato ad impugnare e dell'elezione di domicilio dell'imputato assente in primo grado richiesta dall'articolo 581, comma 1-quater, c.p.p. A riguardo, i Giudici richiamano le Sezioni Unite del 24 ottobre 2024 (cd. De Felice), che si sono pronunciate sulle seguenti questioni controverse: «se ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell'articolo 581, comma 1-ter, c.p.p. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell'impugnazione»; «se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (articolo 581, comma 1-ter, c.p.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell'atto di impugnazione od allegata al medesimo». Le Sezioni Unite, sulla base dell'informazione provvisoria resa (n. 15/2024), hanno chiarito che «la disciplina contenuta nell'articolo 581, comma 1-ter, c.p.p. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. La previsione ai sensi dell'articolo 581, comma 1-ter, c.p.p. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l'impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione». Da tale pronuncia si ricava, dunque, che, «ai fini dell'ammissibilità di un'impugnazione rientrante nel regime ante novella, non è sufficiente che in atti vi sia una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, ma è necessario che l'atto di impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione». Pertanto, ne deriva che: è corretto fare riferimento al testo dell'articolo 581, comma 1-quater, c.p.p. vigente al momento della presentazione dell'appello; costituisce condizione di ammissibilità dell'impugnazione dell'imputato assente, l'allegazione anche di una dichiarazione o elezione di domicilio rilasciata dopo la pronunzia della sentenza impugnata; quand'anche non si ritenesse necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato assente sia rilasciata dopo la sentenza impugnata, comunque sarebbe necessario un richiamo espresso ad una precedente elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
Presidente Pellegrino – Relatore Calvisi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa, inaudita attera parte, in data 26 febbraio 2024 la Corte d'Appello di Venezia dichiarava inammissibile l'appello proposto nell'interesse dell'imputato S.D. avverso la sentenza emessa in data 14 luglio 2023 dal Tribunale di Padova, osservando che il difensore dell'imputato risultava privo dello specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente all'emissione della sentenza di primo grado e contenente l'elezione di domicilio da parte dell'imputato, ciò che imponeva l'applicazione della sanzione dell'inammissibilità prevista dall'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. 2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l'annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva mancanza di motivazione, non avendo la Corte territoriale argomentato in merito all'elezione di domicilio effettuata dall'imputato nel corso del giudizio di primo grado e al fatto, dedotto con l'atto di gravame, che l'imputato non aveva potuto partecipare al giudizio di secondo grado in quanto espulso dal territorio dello Stato. Rassegnava, in particolare, che l'imputato aveva ricevuto il decreto di citazione a giudizio mentre si trovava in stato di detenzione; che successivamente lo stesso aveva nominato un difensore di fiducia e aveva eletto domicilio, in vista della scarcerazione, presso lo studio del difensore nominato; che il 15 giugno 2023, a seguito di scarcerazione, lo S.D. era stato espulso dal territorio dello Stato e rimpatriato in Tunisia; che a causa dell'espulsione lo stesso non aveva partecipato all'udienza del 14 luglio 2023, nel corso della quale il Tribunale di Padova aveva emesso ordinanza di declaratoria dell'assenza dell'imputato, ai sensi dell'articolo 420-bis cod. proc. pen., nonostante quest'ultimo non avesse espressamente rinunciato a comparire, non essendo stato presente all'udienza per cause indipendenti dalla sua volontà; che lo stesso imputato non aveva potuto conferire uno specifico mandato ad impugnare la sentenza di primo grado in quanto, a causa dell'espulsione, si era trovato nell'impossibilità di intrattenere contatti con il proprio difensore. La difesa chiedeva inoltre che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale degli articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. per contrasto con gli articolo 24,27,111 e 117 Cost., 6 e 7 Cedu, considerato che la disciplina prevista dai suddetti commi del citato articolo 581 non era idonea ad assicurare un corretto equilibrio fra il principio dell'inviolabilità del diritto di difesa e le esigenze dell'ordinamento relative ad una celere definizione del processo penale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e pertanto deve essere rigettato. 2. Occorre precisare, in via preliminare, che la questione posta dal ricorso è di ordine processuale, sicché questa Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito dal Giudice a quo per giustificarla. La Corte di cassazione, infatti, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugnato e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand'anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (cfr., Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, Girardi, Rv. 275636; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, Iamonte, Rv. 255515; Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, Ranieri, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ruolo di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e deve accedere all'esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex articolo 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (cfr., Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304). 3. La declaratoria di inammissibilità dell'appello fonda sulla mancata allegazione dello specifico mandato ad impugnare e dell'elezione di domicilio dell'imputato assente in primo grado richiesta dall'articolo 581, comma 1-quater cod. proc. pen. 3.1. Ebbene, tenuto conto di quanto sostenuto nel ricorso - cioè che mancherebbe il presupposto essenziale per l'applicazione dell'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., considerato che la dichiarazione di assenza dell'imputato, avvenuta all'udienza del 14 luglio 2023, sarebbe viziata per il fatto che la mancata presenza dell'Imputato non era stata dettata da una sua scelta consapevole bensì dal fatto che in data 15 giugno 2023 lo stesso era stato espulso dal territorio dello Stato e rimpatriato in Tunisia - deve osservarsi che, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, non costituisce legittimo impedimento dell'imputato straniero l'avvenuta espulsione del medesimo dal territorio dello Stato, atteso che l'articolo 17 d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 gli conferisce la facoltà di rientrare temporaneamente in Italia per l'esercizio del diritto di difesa (v., in tal senso, Sez. 6, n. 15739 del 28/02/2018, Daja, Rv. 272774; v. anche, con riferimento alla facoltà di impugnare, Sez. 5, n. 21200 del 20/12/2016, dep. 2017, Celhaka, Rv. 269922, secondo cui, in tema di impugnazioni, l'espulsione non costituisce un impedimento legittimo ed assoluto, nè una causa di forza maggiore, ostativa all'esercizio dei diritti di difesa e che impedisca di proporre impugnazione, poiché la facoltà di impugnare può esercitarsi anche mediante deposito dell'atto presso un agente consolare all'estero oppure spedendo l'atto con raccomandata, ai sensi degli articolo 582 e 583 cod. proc. pen.). 3.2. La consultazione degli atti ha, poi, confermato quanto si legge nell'ordinanza impugnata, cioè che mancavano sia il mandato ad impugnare che la dichiarazione o elezione di domicilio. Se ne deve dedurre che la declaratoria di inammissibilità dell'appello oggi impugnata è avvenuta nel rispetto della normativa applicabile ratione temporis, prima delle modifiche legate alla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, che ha ristretto l'obbligo di cui all'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. al solo imputato - giudicato in assenza - difeso di ufficio. La disciplina anteriore alla legge n. 114/2024, infatti, esigeva sempre, a pena di inammissibilità, per l'imputato giudicato in assenza, il deposito con l'atto di impugnazione di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronunzia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Circa la perdurante applicabilità del testo appena ricordato anche al caso di un imputato giudicato sì in assenza, ma difeso di fiducia, un'indicazione di indubbio rilievo esegetico può essere tratta dalla recente decisione delle Sezioni Unite di questa Corte del 24 ottobre 2024 (ric. De Felice) sulla previsione di cui all'articolo 581, comma 1-ter cod. proc. pen. Tale decisione - benché concernente norma diversa da quella che deve trovare applicazione per S.D. - si rivela, infatti, utile sia per escludere che le modifiche normative successive al deposito dell'appello dichiarato inammissibile siano rilevanti nella specie, sia per verificare l'attuale rilevanza dell'altra causa di inammissibilità dell'appello, cioè la mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio pure richieste dall'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. Le Sezioni Unite De Felice si sono pronunziate sulle seguenti questioni controverse: - «Se ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell'impugnazione; - Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (articolo 581, comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell'atto di impugnazione od allegata al medesimo». Riguardo ai quesiti predetti, le Sezioni Unite De Felice, sulla base dell'informazione provvisoria resa (n. 15/2024), si è espressa nei termini di seguito precisati: «La disciplina contenuta nell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. La previsione ai sensi dell'articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l'impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione». Dalla detta sentenza si ricava, dunque, che: la novella ex articolo 2, lett. o), L. 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - che ha abrogato il comma 1-ter dell'articolo 581 cod. proc. pen. - non si applica alle impugnazioni, come quella sub iudice, presentate prima della sua entrata in vigore; ai fini dell'ammissibilità di un'impugnazione rientrante nel regime ante novella, non è sufficiente che in atti vi sia una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, ma è necessario che l'atto di impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione. In particolare, quanto a quest'ultimo aspetto, il Collegio ha rilevato come la pronuncia delle Sezioni Unite e, precisamente, dell'utilizzo della congiunzione e , non possa avere altro significato che quello secondo cui, ai fini dell'osservanza della disposizione di cui all'articolo 581, comma 1-ter cod. proc. pen. ed in mancanza di una nuova elezione di domicilio rilasciata all'atto della presentazione dell'impugnazione e sottoscritta dall'imputato, possa anche essere sufficiente il richiamo espresso ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio all'interno dell'impugnativa, ma sempre che lo stesso impugnante precisi altresì la sua collocazione nel fascicolo processuale (Sez. 5, n. 140 del 19/11/2024, dep. 2025, Giambra, non mass.). 4. Dalle indicazioni esegetiche ricavabili dall'informazione provvisoria delle Sezioni Unite, quanto alla posizione di S.D., può dunque affermarsi che: - è corretto fare riferimento al testo dell'articolo 581, comma 1-quater cod. proc. pen. vigente al momento della presentazione dell'appello, posto che le modifiche successive, che hanno riservato alla posizione del solo imputato difeso di ufficio l'onere dell'allegazione dello specifico mandato ad impugnare, non si applicano al caso sub iudice; - resta altresì ferma, quale condizione di ammissibilità dell'impugnazione dell'imputato assente, l'allegazione anche di una dichiarazione o elezione di domicilio rilasciata dopo la pronunzia della sentenza impugnata; - quand'anche non si ritenesse necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato assente sia rilasciata dopo la sentenza impugnata, comunque sarebbe necessario un richiamo espresso ad una precedente elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale. Ebbene, nel caso dell'odierno ricorrente, difettano le condizioni anzidette perché manca non solo lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza di primo grado, ma anche la dichiarazione o elezione di domicilio ovvero, pur essendo indicata un'elezione di domicilio nell'appello, non è precisato in quale occasione tale elezione sia stata rilasciata e dove essa possa essere reperita all'interno del fascicolo processuale. 5. La parte eccepisce anche l'illegittimità costituzionale degli articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. per contrasto con gli articolo 24,27,111 e 117 Cost., 6 e 7 Cedu, considerato che la disciplina prevista dai suddetti commi del citato articolo 581 non era idonea ad assicurare un corretto equilibrio fra il principio dell'inviolabilità del diritto di difesa e le esigenze dell'ordinamento relative ad una celere definizione del processo penale. Ebbene, tale doglianza è inammissibile perché la questione di legittimità costituzionale in parola risulta manifestamente infondata, come già affermato da Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Terrasi, Rv. 285900 e da Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 285324. In tal senso, si è affermato che i commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 581, cod. proc. pen., introdotti dall'articolo 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si pongono in contrasto con gli articolo 24,27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all'atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l'elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell'imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all'esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all'imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (nello stesso sostanziale senso si pone la sentenza Ben Khalifa, secondo cui gli articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., introdotti dall'articolo 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell'articolo 89, comma 3, del medesimo d.lgs., non si pongono in contrasto con gli articolo 3,24,27,111 Cost. e articolo 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell'appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, unitamente all'atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l'elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell'atto di citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, essendosi in presenza di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un'opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi in limine impugnationis ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell'ampliamento del termine per impugnare e dell'estensione della restituzione nel termine). In particolare, alle conclusioni di cui sopra, la sentenza Temasi è giunta ricordando che la volontà del legislatore del d.lgs. n. 150 del 2022 è stata dichiaratamente quella di ridurre il rischio di nullità della notificazione del decreto contenente la vocatio in iudicium e, nel contempo, di scongiurare la possibilità che, all'esito del giudizio di impugnazione, l'imputato assente possa dolersi di non essere stato messo concretamente a conoscenza della esistenza dello stesso giudizio e così ottenere la restituzione nel termine per impugnare ovvero la rescissione del giudicato che eventualmente si sia formato. Come rilevato dalla sentenza Giambra (Sez. 5, n. 140/2025), due osservazioni, tra le altre, appaiono cruciali nell'escludere una frizione dell'articolo 581, comma 1-quater cod. proc. pen. con l'articolo 24, comma 2, Cost. Una prima riflessione di entrambe le sentenze, centrale nel senso di escludere la violazione delle prerogative difensive - e nel senso di ritenere la non irragionevolezza della scelta legislativa di introdurre le condizioni di ammissibilità di cui all'articolo 581, comma 1-quater codice di rito - fonda sulla funzione di riequilibrio data dalla modifica contestualmente apportata dalla riforma alla disciplina del computo del termine per impugnare (maggiorato di quindici giorni per il difensore dell'imputato assente ex comma 1-bis dell'articolo 585 del codice di rito) e dall'introduzione di un'ipotesi, rinnovata nei presupposti, di restituzione nel termine di cui all'articolo 175, comma 2.1, cod. proc. pen. (quando l'imputato, benché correttamente dichiarato assente, provi di non avere avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non avere avuto la possibilità di impugnare nei termini senza sua colpa). Un'altra considerazione cruciale che si coglie nella sentenza Terrasi è quella che concerne l'impatto della norma sulla facoltà impugnatoria della parte, che non ne esce intaccata. Per giungere a questa conclusione, pur consapevole dell'esegesi che vede una sorta di parallelismo tra la facoltà di impugnazione spettante all'imputato e quella riconosciuta al suo difensore, la sentenza Terrasi ha escluso che se ne possa trarre la conseguenza che si tratti due distinti poteri spettanti ciascuno a differenti soggetti del processo; ciò in quanto «il potere di impugnazione resta, infatti, personale ed unico, nel senso che dello stesso è titolare il solo imputato in quanto parte necessaria del processo, mentre il legislatore può disciplinare altre possibili forme di manifestazione di quel potere, riconoscendone ad altri soggetti la facoltà di esercizio, come accade appunto per il difensore in ragione di una forma di rappresentanza legale». Di qui - conclude la sentenza Giambra - il ridimensionamento delle preoccupazioni circa la tenuta costituzionale della disposizione, che non intacca il potere di impugnazione dell'imputato ma che, anzi, in definitiva lo potenzia, assicurando che la facoltà di esercizio attribuita al difensore trovi la sua concretizzazione solo nella consapevolezza dell'assistito. 6. Il ricorso va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.